Terza Generazione - anno II - n. 8 - maggio 1954

Una seconda funzione assegna il prof. Vito alla Università, quella della prepara– zione professionale. E qui, dopo il quadro sopra tracciato, sarà facile vedere come non basti dare allo studente docenti numerosi, biblioteche o seminari, ma occorra prospet– targli la situazione storica in cui la sua opera di intellettuale andrà ad incidere, i presupposti econom1c1, sociali e politici dell'ambiente che lo accoglierà, l'imposta– zione culturale nella quale inquadrare il suo studio di oggi e la sua attività di doma– ni. E' chiaro che finchè l'Università for– merà soltanto dei tecnici più o meno pre– parati nelle singole discipline, l'opera di comprensione e di soluzione dei problemi della comunità, cui sono chiamati appunto dalla loro vocazione culturale, resterà in- compiuta: in altre parole essi non diverran– no mai dirigenti, ma al massimo abili mec– cani ci di un organismo che sfugge loro continuamente nelle sue dimensioni e nelle sue direttive di progresso. Quanto al terzo compito, quello della diffusione della cultura ben poco ci resta da dire: praticamente questa diffusione non si verifica; all'infuori della preparazione degli studenti, le Università hanno da tem– po rinunciato ad essere centri di diffusione culturale. chiudendosi in un accademismo sempre più superbo e lontano, che si con– densa in pubblicazioni estranee alla vita culturale stessa del paese. Ormai il compito della. diffusione della cultura è assolto, più o meno improvYisatamente, da altre forme come il cinema, la radio, il sindaca- Italia disoccupata . ' p1u 42.000 Non è senza significato che da più parti ci si renda conto dell'esistenza di una di– mensione giovanile e si cerchi di risolvere i suoi problemi. Anche il Governo - spin– to forse dalla constatazione del fatto che i giovani sono stati una delle componenti es– senziali del voto del 7 giugno - sta pre– disponendo delle niisure per ·venire loro in– contro : la messa a concorso di quasi 42.000 posti in ruolo nell'organico della Pubblica A1nministrazione, attualmente scoperti, vor– rebbe essere una di queste ed è probabil– mente la più vis tosa. Non è nostra intenzione giudicare su– biettivamente i propositi che hanno presie– duto a questa scelta, nè se i proponenti si illudano di avere in tal modo provveduto a risolvere il problema dei giovani intel- 1 et tuali. Ci sembra, invece, che oggettiva– mente possano distinguersi alcuni chiari significati delle 1nisure in questione. Evi– tiamo così, non avendo a disposizione tutti quegli elementi che sono in mano al Go– verno, di chiederci se, anche dal punto di vista della Pubblica Amministrazione, non sia un poco fuor di tempo il riempimento dei ruoli in un momento nel quale si vor– rebbe, in altra sede, affrontare il riordi– namento della burocrazia. Ammesso, per altro, che così non sia, resta il fatto inne– gabile che - esclusi taluni corpi, viventi di una propria tradizione, e che costitui– scono quasi dei piccoli Stati nello Stato - la condizione di efficienza della Pubblica Amministrazione è talmente scarsa, tanto vecchie sono Le regole rispetto alla realtà che si ha di fronte (non si dimentichi che le nostre leggi a1nministrative più impor– tanti risalgono tutte al secolo scorso), così limitate le prospettive di un'opera nella quale · la propria responsabilità abbia un peso, che non si vede come un giovane che BibliotecaGino 1anco sia realmente tale e disponga di un suo patrimonio da investire nella vita, possa veramente aspirare ad una carriera buro– cratica. E se questo è vero, non significa forse che i numerosi concorsi cui vedrerno affluire ben più di 42.000 giovani e non più giovani sono semplicemente uno stru– mento al quale si ricorre per assicurarsi la sopravvivenza? L'esperienza dovrebbe averci insegnato, dopo il fallimento clamoroso di un'ideologia che su tale presupposto era fondata, che da questa " lotta per la vita " assai difficil- 1nente potrà nasrere un bene comune. Se1n– bra, anzi, possa dirsi che la stessa Pub– blica Amniinistrazione verrà a perdere al– cuni elementi che nei suoi quadri avreb– bero potuto dare il massimo della loro possibilit(l. Si vuole, allora, prendere per fame 42.000 giovani ed assorbirli indivi– dualmente nell'apparato ed eliminare un co– spicuo numero di malcontenti? Se così fos– se - e torniamo a ripetere che ci rifiu– tiamo di credere questa sia sta l'intenzione dei proponenti, pur se ne è oggettivamente il significato - si sarebbe dimenticato che il problema della dimensione giovanile del Paese è oggi vero, non perchè consista nella somma di molti casi simili di " adattamen– to " alla società, ma perchè è fondatamente radicato nella struttura della società italiana. Non è per una mera coincidenza che circa il 50 per cento dei disoccupati sia costituito da giovani, e che sia proprio in questi uno dei "capitali uniani" più ricchi dei quali l'Italia disponga. E' per tale motivo che, a nostro avviso, il problema dei giovani non può essere considerato in maniera distinta da quello del Paese e che solo nella niisura . . in cui si risolve quest'ultimo si risolve anche · il · primo. to, il partito, l'impresa, cosicchè l'Univfr– si tà si allontana sempre più, anche nella coscienza populare, dalla sua funzione di studio e di elaborazione critica di tutti 1 problemi della comunità. Se una conclusio– ne si può trarre da questi appunti è quella della necessità di affrontare i1 problema dell'bniversità nei suoi giusti termini, il che soltanto permetterà di preconizzare, se non le soluzioni, almeno le giuste linee di sviluppo. L'Università italiana non potrà che giovarsi di questa chiarificazione, che le permetterà di affrontare i suoi compiti in modo veramente rispondente alle neces– sità sociali, e di riprendere la sua funzione nell'ambito della comunità, della quale sempre più oggi s1 avvicina ai margini. PAOLO TRIONFI Di fronte alla realtà di un Paese che sta perdendo la sua indipendenza, che non riesce ad uscire dalle contraddizioni di un siste– ma che lo paralizza, che non ha unità vera, non è la prospettiva di uno stipendio fisso che può acquetare. Si dirà che il Governo non poteva fare di più e che il metter a concorso, con un provvedirnento di ordinaria amministrazio– ne, i posti vacanti della Pubblica Ammi– nistrazione, era l'unico concreto fatto con– sentito dalla situazione parlamentare. Ma è appunto per ciò, che siamo convinti della necessità, per i giovani, del " farsi imprenditori di se stessi ", del creare sui problemi reali quell'unità della generazione che può essere una delle principali pre– messe per la ripresa civile del nostro Paese. In altri tennini, se non voglia,no parlare di " colpa ", è tuttavia certo che provve– dinienti di questo tipo risultano del tutto insufficienti a garantire lo sviluppo, e prima il mantenimento, del « capitale umano » giovanile, quindi ad assicurare alla gioventù che studia un lavoro al livello dei suoi de– sideri e delle sue intenzioni e prospettive di direzione della storia italiana; i giovani sono presi per fame e sono costretti a rinun– ciare a una selezione umana tra i diversi impegni e compiti che ognuno sente il dovere di assu1nere di fronte alla storia. D'altro canto sta ai giovani unirsi per "farsi imprenditori di se stessi"; finchè questo non avverrà noi tutti soggiaceremo alla corruzione; finchè non sapremo met– terci di fronte ai proble1ni reali, discuterli, cercarne le vie di soluzione, e quindi le vie di selezione per ognuno. F. A. G.

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