Terza Generazione - anno II - n. 8 - maggio 1954

Una cultura Il «Giornale dell'Università», organo dei docenti universitari italiani, ha pubblicato un articolo di Francesco Vito su « L'Uni– versità dinanzi alla crisi sociale del nostro tempo », nel numero 1-2 di quest'anno. Preliminarmente vengono tracciate alcu– ne linee istituzionali: il sistema scolastico può o tendere a conservare « l'esistente stratificazione sociale o ad accrescerla, o anche a ridurla con l'intento di eliminar– In ». la aggiunge subito che « tali effetti dipendono in gran parte dalla misura in cui l'accesso all'istruzione è consentito ai diversi strati sociali ». Fissato questo punto, l'articolista studia i mezzi più opportuni per permettere a tutti i meritevoli di attingere l'istruzione superiore: e incomincia col criticare co– loro che auspicano una riduzione delle tas– se uni versi tari e. Primo problema è quello del sovra– popolamento, che pone una esigenza nu– merica di docenti, cui il Prof. Vito pro– pone di ovviare con la distinzione fra professori totalmente impegnati nella n– cerca (full time) e solo parzialmente im– pegnati (part time), e con l'introduzione della nuova categoria dei docenti privati stcondo una proposta tedesca (Studien– dozenten e Studienprofessoren). L'aprire l'istruzione superiore a tutti 1 meritevoli, pur restando il problema prin– cipale, non esaurisce, afferma l'articoli– sta, i doveri dell'Università verso la crisi ociale. E' necessario che l'Università studi i problemi sociali, si assuma la responsa– bilità della formazione della classe dirigen– te, serva al benessere della società. l\tla oc– corre esaminare concretamente i problemi: il primo è quello della eccessiva specializ– zazione, cui si deve ovviare con la « cono– scenza generale del mondo » e « nell'armo– nia dei valori che formano l'eredità della storia » Il prof. Vito, per ovviare i difetti della eccessiva specializzazione fa una se– rie di proposte di provenienza straniera: una commissione tedesca vuol dedicare il primo anno cli Università ad uno studio generale. Un'esperienza, segnalata come «si– gnificativa» è quella presa dall'Università cli Chicago, in cui « un gruppo di dotti, preoc– llf pati che l'istruzione universitaria con– tribuisca all'elevamento del livello culturale del poJ>olo », hanno studiato un'« ardita » riforma, istituendo uno speciale organismo, Committee on. Socia} Thought, che « ha il compito di coordinare il lavoro scientifico ». Passando all'Europa il professor Vito propo liotecaGino Bianco l'Università 1 ne di essere più larghi nel permettere agli studenti di seguire corsi di altre facoltà. Viene successivamente posta l'istanza della educazione alla comunità, in cui van– n0 inquadrati i rapporti fra 1naestro e di– scepolo e successi\ amen te quelli fra pro– fessionisti e n1ondo sociale. Cita come ap– plicazione di spirito con1unitario l'esempio dell'aun1entata assi tenza medica agli stu– denti (fatto in grandissin1a parte burocratico e comunque nascente da naturale evolu– zione di tutta Ja società, rispetto alla quale, emmai, l'Università si trova in ritardo). Si conclude étffern1ando che si è già sul– la buona via e che l'Uni, ersità si avvia ad assumere scn1pre più le sue responsabilità. Dinanzi a questo panorama, vien fatto d1 chieden,i se la classe docente italiana abbia chiari i tern1ini reali del problema dell'Università contemporanea. Nè si dica che ~i tratta, nell'articolo del prof. Vito, di una trattazione parziale, perchè la vastità e l'in1pegno dell'articolo e la fiducia con cui vengono prospettate numerose soluzio– ni, non permettono dubbi sull'atteggiamen– to complessivo e sulla diagnosi che ne consegue. Fondamentalmente il prof. Vito, parten– do da una implicita ma chiarissima dichia– razione di soddisfazione per l'impostazione culturale e scientifica dell'Università di oggi, riconosce semplicemente l'esistenza di alcune « frizioni » strutturali da eliminare con riforme di vario genere; e ciò, si badi bene, iniziando la propria indagine dalla « crisi sociale del nostro tempo )> di cui viene richiamato, nella frattura fra Oriente cd Occidente, un sintomo rilevantissimo. Ora a noi pare che, ad un esame anche superficiale del problema, non possa sfug– gire la radicale insufficienza di questa im– postazione. Ci pare cioè che la crisi del– l'Uni, ersità conten1poranea , ada bene al di là di uno scarso afflusso di studenti proletari, o di un insufficiente finanziamen– to, o di una so,rapopolazione scolastica ecc., e tocchi direttan1ente l 'l sempre più palese insufficenza dell'Università stessa a svolgere la sua funzione. E accettiamo pure i tre compiti che al prof. Vito sembrano riassumere la funzione dell'Università: sviluppo della scienza, pre– para.t10ne alle professioni, diffusione della cultura. Quanto al primo aspetto, l'articolista stesso denuncia il pericolo della specializ– za7ione, che potrebbe portare alla distruzio– ne della civiltà stessa, pur <.:redendo succes- si vamente di ovviarlo con rimedi del tutto estrinseci ed inutili, come i contatti fra le diverse discipline. Ora è invece chiaro co– me dietro il termine « specializzazione » usato nella sua accezione negativa, si celi propriamente la frantumazione della scien– za, che, da sistemazione organica e razio– nale della realtà quale dovrebbe essere, è sempre più ridotta a somma di nozioni sud– divise nelle varie discipline, incomunicabi– li ed imparagonabili scientificamente fra le discipline stesse ed all'interno di esse, come vedremo fra poco, ed acquisite secondo me– todologie contraddittorie che ne infirmano la validità. Ci troviamo così di fronte ad un primo fatto incontrovertibile: il lavoro di ricerca scienfica viene condotto, nell'ambito di ciascuna disciplina, senza alcuna garan– zia metodologica, cosichè i dati man mano acquisiti si sovrappongono gli uni agli al– tri, il che equivale a rinunciare a spiegare e sistemare la realtà attraverso la loro uti– lizzazione. Il panorama si fa ancora più confuso pas– sando a considerare i contatti fra le diverse dscipline, le quali procedono ignorando per lo più in maniera assoluta i risultati delle altre, e senza nozioni precise circa i rispet– tivi limiti: infatti un fecondo scambio di punti di vista e di acquisizioni concrete non può nascere che nell'ambito di una prospettiva comune, che valga ad assegnare a ciascuno il proprio campo di lavoro e le possibilità di contributo positivo, prospet– ti, a che, mancando all'interno delle sin– gole discipline, a maggior ragione manca nelle reciproche relazioni. l\1a occorre andare più in là: la cultura scientifica di oggi manca di una v1s10ne del mondo che le permetta di spiegare la realtà, ed i singoli fatti le si presentano come entità separate di un tutto inconosci– bile, sui quali non può quindi emettere giudizi reali, cioè definitori e che permet– tano un'azione giustificata, per cui deve accontentarsi di ipotesi successive per con– tinuare in un lavoro sempre più frammen– tario e senza meta. E ciò mentre la realtà della storia procede, sempre eccedendo sulle categorie di giudizio esistenti; e quindi svolgendosi in modo caotico e distruttivo, proprio perchè manca una riflessione cul– turale che la studi in tutte le sue dimen– sioni, e la spieghi, e le dia i criteri per procedere ordinatamente.

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