Terza Generazione - anno II - n. 8 - maggio 1954

I e la Abbiamo letto in uno degli ultinii nume– ri di « Cronache » un articolo di Mario Ferrara dal titolo, per noi suggestivo, « 1 giovani hanno ragione ». R1spondendo ad alcune affermazioni di Nlmztale - che parlava, in uno scritto pubblicato dallo stesso settimanale, di S(;ttticismo e di sfiducia della nuova gene– ra:..·ione - Ferrar a arriva a delle conclusio– ni particolarmente interessanti che si diffe– re11ziano nettamente dal modo usuale con cui in Italia gli uomini della cultura e della politica affrontano il « problema dei giovani ». « Nello stato d'animo della nuova ge– nerazione - dice Ferrara - in questa co– sidttta crisi della gioventù è da scorgere ... la disgregazione di una società che ha rag– giunto il suo punto limite, ha esaurito o sz 1 uotato talune sue forme e cerca in gran tra.vaglio il suo nuovo ordinamento. Piut– tosto che pensare ad una crisi della gioven– tù, bisogna studiare, nella gioventù, la crisi di una società più che adulta invecchiata ... Comunque lo si consideri il fenomeno della nuova generazione rispecchia la crisi di di– sgregazione del vecchio Stato ». Ed ancora: « Questa che noi chiamiamo crisi della gio– 'l.11:rt-1ì. altro non è dunque se non la crisi dello Stato, la dispersione della gioventù e la impossibilità della nuova generazione a pa-1·tlcipare pienamente alla vita dello Stato, rù,pecchia una crisi di disgregamento, una i111-j,otenzaa reggere nei vecchi ordini i nuovi i11:pulsi di verità ». Ci siamo un po' dilungati nelle citazioni perchè ci sembra che al fondo del discorso di Ferrara ci sia un'intuizione molto impor– tante. Dire che i giovani non hanno la pos– s.ibilità di riconoscersi nello Stato e quindi tnancano di strumenti per esprimere e libe– r,zre ie loro energie significa ammettere la esistenza di un sistema in « crisi »: di un sùtcma cioè in cui le dirigenze statali non hanno più la possibilità di garantire lo svi– lu1,po della società civile, per cui, accanto ad una realtà sociale « statica », esiste un apparato statale ridotto a strumento di con– seri.azione, incapace di assorbire nuove forze, in continua lotta contro i pericoli di disgre– gazione che ogni movimento contiene. Si tocca cioè finalmente con niano quello che le ideologie correnti non hanno mai am– messo: che la liberazione delle energie uma– ne, intellettuali, morali e tecniche non solo non è « autonoma », ma diviene addirittura imjJossibile in una situazione in cui l'inizia- BibliotecaGino Bianco • • cr1s1 dello Stato tiva privata non serve e lo S lato no:1-ha più le capacità nemnieno 1nateriali di assicura– re -il nzovimento. I giovani risentono forse più di tutti di una tale situazione: non appena provano ad inserirsi nella vita sociale si accorgono che c'e un salto tra le loro aspirazioni e le pos– sibilità che la società offre: nella maggior parte dei casi il lavoro per guadagnare il pane rappresenta un adattamento, un ab– bandono di speranze e di aspirazioni, in so– stanza una « falsificazione ». Lo Stato di di– ritto, il culto della libertà;, l'iniziativa pri– vata, le riforme di cui parlano i politici sono cose tremendamente lontane: ci sono dei pro– blemi molto più grandi e più urgenti, più immediati, che i giovani devono risolvere e di fronte ai quali si ritrovano soli. In questo senso si può ancora essere d'ac– cordo con Ferrar a · quando dice che « la no- 5 tra società ( 1), della produzione di massa, il nostro Stato di diritto, non è riuscito a de– terminare un nuovo culto dei valori umani: esso ha raffinato tutti i suoi strumenti e li ha portati ad una perfezione tale che hanno perduto ogni capacità di attingere valori universali: l'economia, il diritto, le scienze fisiche e matematiche, non hanno più con– tatto con i grandi problemi morali » (Sia mo d'accordo, ben s'intende, sulle constata– zioni. Noi non. abbiamo mai sperato, per nostra fortuna, che lo Stato di diritto riu– scisse a « determinare un nuovo culto dei valori umani »). Sarebbe illusorio però pensare che in I ta– lia tutti i giovani hanno piena coscienza del– la situazione : accanto ad alcuni che si pon– gono il problema, ce ne sono mille altre che non lo sentono oppure lo affrontano male (e molti di questi ultimi profiabilmente mili– tano in quei partiti di massa e di opinione, dove sono già visibili, secondo Ferrara, « i primi germi del rinnovamento ») : compito dei più sensibili sarà quello di aumentare o di migliorare le conoscenze non illuniini– sticaniente, diffondendo le acquisizioni dal– l'alto, ma permettendo a « tutti » i giovani di ritrovarsi nel 1nodo di affrontare i proble- 1nz e di condurre i discorsi: non è sul piano delle rivendicazioni e su quello dei discorsi sulle responsabilità di governo che i giovan1 si metteranno insieme: l'unità della gene– razione si realizzerà in un punto che viene prima dell'attività politica: in un lavoro co– mune che superi l'individualismo e che dia la più a1npia prospettiva possibile ad tma generazione che deve affrontare non Quaderno un qualsiasi problema dello Stato, ma la crisi di una civiltà. Perchè a pescindere dal numero di quelli che ne hanno coscienza, i giovani e con loro tutti gli italiani ( i pro– blemi della generazione maturano con la generazione, ma sono evidentemente proble– mi di tutti) si trovano obiettivamente di fronte non alla crisi dello Stato storico nato dal Risorgimento, ma alla crisi dello Stato moderno e della cultura e delle ideologie che lo sorreggono. Ogni lavoro, ogni ini– ziativa dei giovani della generazione non può prescindere dalla coscienza che un si– stema storico - quello dell'illuminismo, del– l'individualismo e, in definitiva, del comu– nismo - sta finendo. Dietro a quella che Ferrara chiama « la preparazione di un nuovo Stato del quale i giovani sentono l'esistenza », c'è tutto questo: la necessità di vincere la stanchezza e la sfiducia per uscire dal ricatto di una società e di una cultura che non permettono più il libero mani/ estarsi delle possibilità umane. Su questo sfondo va visto il problema del– l'inserimento della nostra generazione nella storia: non si tratta di riorganizzare uno Stato, ma di fondarlo. E per fondarlo si devono affrontare tutti i problemi pratici e teorici, la soluzione dei quali è condizione per superare le ideologie e la cultura di un'epoca. Bisogna riacquistare la fiducia, risvegliare l'inventività e l'imprenditorialità negli uomini, stabilire nuove relazioni tra loro, arrivare ad una migliore conoscenza del nostro paese, produrre cultura in rappor– t'J ai problemi aperti, riscoprire la funzione degli intellettuali, trovare nuovi modelli di comportamento umano, ridare importanza al senso comune, riportare a livello gli uomini tagliati fuori dalla ston:a, sviluppare le co– munità per una effettiva unità d'Italia, sco– prire il significato della nazione italiana; e in tutto questo riaffermare che l'opera di rinnovamento deve venire dagli uomini e non dall'amministrazione statale. La modi– fica dell'apparato statale è l'ultimo proble– nia che si deve aver di fronte: essa verrà nella tnisura in cui si sapranno ·risolvere in modo giusto i problenzi veramente grossi, di fondo, che toccano l'uomo. Lavorando nella società civile, si lavora oggi per la fonda dazione del vero Stato. Anche se per concludere così siamo dovu– ti andare oltre le intenzioni di ·1vlario Fer- rara. AGOSTINO PACI (1) - La « nostra >): quella degli intel– lettuali politici della generazione <e anziana ». 23

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