Terza Generazione - anno II - n. 6-7 - marzo-aprile 1954

E' probabile che alcuni notabili non vedano in questo frangente dell'umanità altra occasione che quella di meglio dominarla e più sicuramente possederla e guidarla secondo le vecchie regole di potenza e di forza, più che una im– provvisa pietà per gli uomini comuni. l\1a se pure questo fosse vero, e di dimensioni più grandi ancora di quanto non sia lecito sospettare, questi appelli rivolti all'uomo comune, o ai grandi della terra, a traverso l'uomo comune, hanno una verità ed una forza propria al di là delle intenzioni e dei disegni - o della stessa comprensione della gravità dei fatti - di coloro che li pronunciano. Infatti i potenti della terra denunciano soprattutto una verità: finora gli eventi della storia, le distruzioni erano fuori del controllo degli uomini comuni, ma erano nelle mani dei potenti che potevano volerle od evitarle, in ogni caso assoggettarle al compito che si erano prefisso. Oggi non più: gli stessi potenti non conoscono più la loro forza, nè sanno più controllarla, nè sanno più s.e i si– stemi che hanno costruito non siano destinati a distrug– gersi per la forza stessa dei principi su cui si basano. Infilata la discesa, non sanno più se il mezzo &u cui sono saliti, procede per forza propria e quindi può essere governato, frenato e diretto, o se invece è ormai in balìa della velocità e della forza di gravità al punto che nessuno potrà fermarlo, se non la catastrofe. La bomba atomica è uscita dalle mani ·dei suoi co– struttori. E' uscita materialmente dalle loro mani per la sua forza, ma più ancora è uscita dalla loro possibilità di com– prendere i fatti, di muovere la storia, di dirigere l'uma– nità: è fuori degli schemi della loro filosofia; non basta più la legge della necessità storica e del successo per giu– stificare un atto che sarebbe un suicidio. Ma che cosa dunque propongono per sè e per tutn gli uomini perchè la loro volontà, la volontà di sopra vv1- vere da uomini, diventi operativa? Essi propongono la richiesta d'interdizione della bom– ba oppure il controllo sui complessi produttivi che potreb– bero fabbricarla. Sia l'una che l'altra proposta è inoperante nella situa– zione mondiale allo stadio delle idee e della organizza– zione sociale dell'umanità, allo stadio della sua stessa ci– viltà. Ambedue le proposte, per essere efficienti presup– porrebbero l'unità del mercato mondiale e l'omogeneità po– litica e l'organizzazione unitaria degli Stati. Vale a dire che i problemi posti della bomba possono essere risolti solo se passano in primo piano rispetto agli attuali contrasti ed alle attuali divisioni; se ottengono la precedenza assoluta, non solo nelle testate dei giornali, ma anche nelle scelte opera– tive, morali, culturali e pratiche di tutti gli uomini. Questo momento prima o poi doveva pur venire. Già prima d'ora persone coscienti della crisi e delle . condizioni dell'umanità si domandavano se era stata im– boccata la strada gius.ta , se i continui progressi nelle in– venz~oni, ~el_le possibilità di dominio della natura e degli stessi uom1n1 fossero prove in sè sufficienti del progresso dell'uomo. BibliotecaGino Bianco Già molti si erano domandati: a che fine tutto qu~ sto? Dove tutto questo sta conducendo l'uomo? Cosa vuole raggiungere l'u1nanità, attraverso questi strumenti? Queste domande sono ora sulle labbra di tutti: ora che gli uomini posseggono la bomba atomica, ci si accorge che essa non è una risposta a queste domande. Non a questo fine tendeva l'umanità. S'impone quindi una più attenta revisione dei prin– cipi basilari della nostra società, che da un lato hanno per– mes5,o il sorgere di un pericolo incontrollabile e dall'altro hanno frustrato, con il permanere di condizioni di lotta, di non omogeneità nei fini degli uomini, tutti i tentativi di unità e di sviluppo omogeneo. La proposta di interdizione, come quella di controllo sono dunque insufficienti. Nessuno si illuda che esse possano scongiurare il pe– ricolo: nessuno si illuda che qualsiasi via proposta oggi, per quanto venga messa in atto con la migliore buona volontà, sia sufficiente ad impedire che domani la fiducia nella propria ragione, la volontà di far affermare la propria verità non impedisca ai potenti di scatenare il disastro. Nessuno si illuda che questo freddo meccanismo che ab– biamo creato e a cui ci siamo legati, che tante volte e pun– tualmente ha segnato l'ora della guerra e della distru– zione, possa essere convertito alla pietà. Quante mai volte nella storia dell'umanità si sono com– battute guerre con la promessa che sarebbero state le ul– time? Quante mai volte sono partiti degli uon1ini con l'idea di difendere una giusta causa e sono ritornati con l'idea che non vi sono giuste cause se difese con mezzi ingiusti; oppure a loro volta incattiviti al punto da perdere il senso della giusta causa. E nel mentre tutti debbono sperare ed operare per– chè nel sistema - che pure esiste - vengano me&se in atto tutte quelle forme di prudenza e di garanzia che la situazione può offrire, contemporaneamente nessuno deve negarsi ad un'opera che dia strumenti di azione storica alla volontà dell'uomo, che neghi la radice di fondo e dell'uso della bomba atomica e di tutte le idee, i sistemi che hanno dato luogo alle violenze, alla guerra, alla di– sgregazione dell'umanità. Alla radice della grande malattia c'è il fatto di aver dimenticato il comune destino dell'umanità: di aver pre– teso per degli uomini che governano la vita di altri uo– mini differenti leggi da quelle del senso e della moralità comune; di aver perduto l'unanimità &ui fini incontrover– tibili, sulla bontà degli uomini e del loro destino storico. Il nemico da combattere è nella concezione che al– cuni uo~ini possono essere padroni della storia degli altri uomini, formula questa più sottile e disperata di proprietà dell'uomo sull'uomo che non quella schiavistica. Fare l'unità degli uomini, vale a dire elevarli tutti alla medesima legge che governa la vita quotidiana, fare della speranza dell'uomo comune e della sua maniera di supe– rare le difficoltà col dolore, la regola che guidi la vita dell'umanità intera e della sua storia non è compito di poco conto. Noi viviamo in una legge nella quale ciascun mister Hyde, a cui venga affidato il compito di operare nella storia, di guidare ed educare altri uom1n1, diventa per ciò 3

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