Terza Generazione - anno II - n. 6-7 - marzo-aprile 1954

Gli • • UOmIIll • comuni e la Oggi agli uomini semplici di tutto il mondo, a tutti coloro che conservano l'antica forza di superare i fran– genti della vita con le possibilità e le risorse della propria umanità, viene chiesto di preoccuparsi di un pericolo in– combente, quello pos.to in atto dagli impensati risultati delle ricerche sull'energia atomica. Ma gli s.trumenti che gli uomini comuni hanno a di– sposizione per vincere le difficoltà della loro vita non sono oggi sufficienti per lottare contro un pericolo così vasto, per poter affermare la loro volontà di fronte a degli atti che non sono mai stati sotto controllo dell'uomo comune. Finora ad essi non era mai stato chiesto nulla di si– mile: dei grandi rivolgimenti storici essi avevano cono– sciuto ooltanto le conseguenze che toccavano la loro vita di tutti i giorni: avevano lottato contro la fame, contro la disoccupazione, contro le malattie; avevano cercato di sal– varsi la vita in guerra e di salvarla a coloro che si trova– vano in pericolo e che venivano ad incontrarsi nel raggio della loro umanità di tutti i giorni. Quando l'abitudine di uccidere non li aveva corrotti, essi cercavano di fare il proprio dovere, imposto loro da chi aveva responsabilità di comando, cercando che questo dovere fosse il meno malefico nei confronti di chi era a sua volta padre, figlio, fratello di qualcuno, come essi. E spesso andavano al di là del proprio dovere, salvando la vita a coloro che secondo l'opinione dei grandi dovevano essere i loro nemici. Ed in questo si confortavano con il patrimonio e la moralità della loro vita comune, delle loro tradizioni, della loro umanità quotidiana. Cercavano sempre di frapporre all'urto spietato della storia cieca contro poveri e singoli uomini un raddolci– mento e un lenimento: frapponevano continuamente il loro modo umano fra le necessità della storia ed i propri simili. Così quando il sistema economico e sociale condan– nava a morte migliaia di individui essi li accoglievano nella loro wlidarietà e cercavano di attutire la legge, dì rendere inoperosa la sentenza storica e spesso ci riuscivano. Ed in questo erano abili, temprati da secoli di lotta contro le avversità, abituati a sopportare con dolore le av– versità dei propri vicini, oltre che le proprie, convinti di avere qualcosa in comune con gli uomini che conosce– vano. Anche essi in questo modo di fare erano buoni e cattivi: amavano il loro pros.simo e l'odiavano anche; ub– bidivano alla legge della generosità e si lasciavano vincere dalle leggi dell'ira e dalle passioni. Ma sempre tenevano a mente la regola: sapevano sempre quand'erano in errore e quando no, anche se cercavano di nasconderselo. E cercavano allora che l'attivo fosse più alto del pas– sivo, sapendo sempre quello che della loro vita potevano mettere nel passivo, quello che cioè avevano fatto contro ' "bliotecaGino Bianco bomba H gli uomini, e quello che potevano mettere in attivo, quello che cioè avevano fatto a favore degli altri uomini. Ci sono stati dei periodi della storia in cui questo com– portamento dell'uomo comune usciva dalle case misere, dalle lotte quotidiane e alzando la fronte veniva sulle so– glie delle case dei potenti a chiedere ragione del sangue, dell'iniquità, in nome della legge comune, in nome del senso comune. Ma ormai da molti secoli nella storia questo non si verificava più e le leggi che aiutavano gli uomini a vivere erano schernite quando varcavano la soglia dei potenti. Per i potenti era stata fatta dall'intelligenza degli uo– mini un'altra legge a cui sottostare, la ferrea legge della necessità storica, la legge del successo: che aveva nella cul– tura, nella filosofia la sua teorizzazione contro la quale il buonsenso della vita di tutti i giorni era disarmato. Non è la prima volta che la moralità degli uomini ri– fu.gge dai mezzi estremi che i potenti hanno nelle mani per distruggersi a vicenda, non è la prima volta che i metodi della lotta per avere il possesso del mondo susci– tano l'orrore dei mansueti e dei pacifici. Perchè dunque oggi coloro che hanno nelle mani l'ener– gia atomica e i mezzi di distruzione più grandi che la storia dell'uomo abbia conosciuto, oggi si rivolgono a noi per chiederci di porre un limite alla loro potenza, per im– pedire che il sistema che essi hanno instaurato porti alla estrema distruzione? Gli uomini comuni non hanno armi contro la bomba all'idrogeno, più di quanto non ne avessero contro i bom– bardamenti delle città, i campi di sterminio e più indietro contro la distruzione delle civiltà arretrate condotta dal co– lonialismo. Il loro buonsenso era impotente di fronte alla .filosofia dei notabili. Allora potevano rispondere a questi atti di disumanità chiamando a raccolta tutte le energie della loro umanità. Non altrimenti oggi con gli strumenti che hanno a dispo– sizione nella vita quotidiana potrebbero rispondere alla ini– quità delle distruzioni atomiche. Eppure c'è nella gravità della situazione un premo– nimento tale da far sperare che nuovi mezzi e più effi– caci possibilità siano offerte al senso comune degli uo– mini pacifici. Perchè coloro che hanno in mano il destino delle genti oggi si appellano agli uomini cornuni? E' probabile che in questo appello vi sia una buona dose di propagandismo, vale a dire che più d'un capo di stato, o scienziato, o autorità morale sia indotto ad inter– pretare la comune ansia per il destino delle genti per capta– re la benevolenza ed il consenso delle masse ad una linea politica od ideologica.

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