Terza Generazione - anno II - n. 6-7 - marzo-aprile 1954

I • • comp1t1 della I problemi della Rappresentanza universi– taria, degli Organismi Rappresentativi e so– prattutto la loro esperienza in questo dopo– guerra sono a mio avviso molto significativi, perchè si sono posti e si pongono in un mo– mento particolare della storia dello Stato con particolare riguardo alla formazione del– le classi dirigenti in Italia. Nei Paesi dove esiste uno Stato consolidato e principi con1uni che hanno presieduto alla sua formazione largamente accettati, e omogeneità strutturale ed infine sicurezza nei metodi che portano alla formazione del– le dirigenze,i problemi posti all'attenzione degli studenti e alla loro rappresentanza sono assai diversi dai nostri. Sono proble– mi in qualche maniera di ordinaria ammi– nistrazione, volti ad ottenere la ripetizione di un costume ed una coscienza già in atto piuttosto che ad una necessaria opera di com– pletamento nell'educazione e nella formazio– ne della classe dirigente. Da noi il problema che si pone a tutti in– distintamente è quello di fare l'unità del– lo Stato, di creare uno Stato da cui nessun cittadino si senta escluso, di impostarne lo sviluppo omogeneo provvedendo di conti– nuo alla formazione di dirigenze responsa– bili: questo è il problema storico che oggi ci sta di fronte e che dà un particolare co– lore ai problemi dibattuti tra gli universita– ri, nelle loro associazioni, e soprattutto in quel fatto nuovo nella vita universitaria che sono gli Organismi Rappresentativi. Oltre che ad educare al metodo democra– tico, più che a servire alla conoscenza della tecnica della discussione e delle decisioni di assemblea, più che a difendere interessi di categoria, gli universitari, nelle loro for– me di rappresentanza sono chiamati a por– si il problema della loro coscienza e della loro· vocazione civica cioè a dire dclla loro specifica partecipazione alla vita dello Sta– to come cittadini verso i quali la società ha compiuto 1 un atto di fiducia, fornendoli del– la possibilità di fruire dell'educazione uni– versitaria. Credo che questo debba essere sostanzial– mente il punto di vista dal quale affrontare i problemi degli Organismi Rappresentativi: ed allora noi potremo trovare aperti di fron– te alla responsabile discussione dègli univer- BibliotecaGino Bianco Rappresentanza sitari quegli stessi problemi che ·oggi assil lano la società nazionale.. Gli Organismi Rappresentativi non hanno ancora fatto tut– to il loro doYere e tutto il possibile su que– sta strada: essi sono stati un fatto nuovo ed importante, in essi hanno avuto spunto . discorsi di grande interesse ed attualità, ma essi risentono ancora di molti limiti. Come non ricordare che ancora non ~i è riusciti a passare dallo stadio puramente organizzativo all'Organismo vero e proprio, non si è riusciti cioè a inserire la rappre– sentanza nell'Università 1n modo tale da farla divenire un complemento necessario alla formazione degli tudenti? Ritroviamo un altro limite nel linguaggio tenuto dalle élites che operano nella Rappresentanza uni– ver itaria, linguaggio molto pesso lontano dagli interessi, dai problemi e dal modo di parlare di tutti gli studenti; vediamo un al tro limite quando si constata la profondct scissione che spesso esiste fra coloro che s1 occupano degli Organismi e il resto della com unità uni versi taria, scissione che può portare anche a forme di professionismo e di politicismo tecnico. Ci troviamo di fronte 1n molti casi an cora a strutture predeterminater studiate sulla carta da un gruppo <li persone, deli. neate dai compromessi delle associazioni e che tali rimangono perchè non riescono ad attingere la loro forza e la loro vita dalla realtà universitaria. Questi limiti sono giustificabili dalle ori– gini a,cora recenti degli Organismi Rappre– sentativi : in un bilancio della· esperienza noi non potremmo non cogliere l'aspetto posi– tivo di questi anni: l'avere assolto una fun– zione di rappresentanza, l'aver cercato un compito di integrazione all'Istituto Univer– sitario da parte della comunità studentesca, l'aver posto il problema di adeguare sem– pre più lo studio universitario alla realtà odierna. Sono dati positivi questi, ma non possiamo non guardare con impazienza ai compiti che ci si pongono, primo fra tutti l'opera di formazione civile che la scuolil non esaurisce. Non ci si può più conten care di voler essere unicamente il governo degli studenti fra i quali le associazioni debbano funzionare un poco come i partiti politici. Dobbiamo invece tendere a chè gli Universitaria Organismi di ventino strumenti naturali e necessari nella vita della comunità univer– sitaria, una comunità che bisogna creare di nuovo, lottando contro la disgregazione, con– tro l'atomizzazione, contro forme educati– ve necessariamente individualistiche, contro le condizioni materiali che impediscono agli studenti di partecipare come dovrebbero al• la vita universitaria. Bisogna che gli Orga– nismi diventino un movimento di tutti gli universitari teso verso impegni sempre più precisi e più qualificati nei confronti della società, nella comunità universitaria rico– struita nei suoi scopi, nei fondamenti della sua cultura, nella sua omogenea funzione di educazione e di ricerca, perchè troppo spesso finora la partecipazione all'Organismo Rappresentativo può essere stata, come la vocazione politica, un'esperienza individuale. Può essere interessante notare come la ge– nerazione che ha visto crollare lo Stato in Italia è uscita dalla normalità degli studi in maniera, che tutto sommato ritengo uti– le. Infatti quando si parla di ritorno alla normalità forse i più intendono questa nor– malità come un ritorno alla routine degli anni in cui i problemi venivano accanto– nati: oggi questo non è più possibile e la normalità da conquistare è a più alto livello, raggiungibile quindi solo con impegno stra– ordinario da parte di tutti, per cui non ci si deve meravigliare se a volte, proprio per– chè viene a mancare questo impegno, si re– gistrano gravissimi inconvenienti. A volte la classe universitaria è responsabile di que– sto stato di cose, a volte è l'incomprensione di certi professori che non fanno scuola, che non sanno essere maestri: l'organizza– zione stessa degli studi ne risente ed in– dubbiamente riesce difficile pensare ad una seria comunità di studio quando, tanto per citare uno degli aspetti più gravi, certi cor– si di lezione non superano, tutto sommato i tre mesi del cosidetto ccanno accademico ». Altre volte è l'origine sociale degli stu– denti che si oppone come ostacolo, da un lato perchè alimenta un individualismo de co ed esasperato che è proprio dei ceti me di, dall'altro perchè eredita dal mondo bor ghese una specie di presunzione nel consi– derarsi classe dirigente di fatto consideran– do l'Università esclusivamente quale ultimo 39

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