Terza Generazione - anno II - n. 6-7 - marzo-aprile 1954

di questa parola abbiano la bocca piena tanti giovinetti, i quali per aver preso i voti dopo essere riusciti simpatici agli amici del proprio corso, si credono veran1entc di essere j futuri dirigenti dei contadini, de– gli operai dei ceti medi italiani. Questa presunzione sta viziando e decom– ponendo le energie migliori della gioventù universitaria, le fa isterilire intorno ad un discorso che dice continuamente: bisogna partire per trovare nuovi rapporti tra cultu- Gli • • • un1vers1tar1 La scuola ci dà, delle nozioni storiche e scientifiche, le quali sono destinate ad es– sere conservate a titolo di patrimonio di– stintivo dell'uomo colto oppure ad essere trasmesse ad altri attraverso la ripetizione scolastica. Gli insegnanti stabiliscono talvolta con noi dei rapporti umani, che influiscono sul– la formazione del nostro carattere e sulla detreminazione delle grandi linee del nostro atteggiamento nella vita. Noi, se abbiarno incontri ed esperienze, che ci fanno scoprire delle attitudini oltre a quelle scoperte nel rapporto con l'inse– gnamento scolastico; se siamo stirnolati da qualche inetresse, diverso da quello scola– stico, utilizziamo l'insegnamento e i rap– porti umani dell'ambiente, secondo fini che attingiamo sopratutto fuori della scuola. L'università, con l'impoverùnento dei rap– porti tra docenti e allievi e con l'ulteriore specializzazione dell'insegnamento, porta al massimo, ad introdurci semplicemente al dominio teorico di un certo campo del sa– pere. In questo modo l'università non ci avvia all'assunzione di funzioni e di responsabi– lità nella conservazione e nello sviluppo del– la società. Ci dà tuttalpiù un titolo per esercitare certe professioni private e per aspirare a certi posti di direzione e di responsabilità sociali giuridicamente stabi– lite. Quanto a sè, l'università ci fa, appunto, dei dottori; cioè, secondo l'idea ottima, ci avvia a padroneggiare un certo ra'!lo del sapere in un modo ordinato alla conserva– zione e all'incremento delle sue discipline attraverso l'insegnamento e la ricerca scientifica. Per il resto, la laurea è soltanto un lasciapassare e gli studi conipiuti, che essa attesta, sono più o meno impropri ed insufficienti. Ora quando si parla dell'università come BibliotecaGino Bianco ra e società, senza che si decidano mai di partire realmente. Fa sl infine, che queste prec;untuosc minoranze gloriose solo di aver preso più voti dei comunisti all'università (come se il voto dell'elettorato di domani fos e solo dato dagli universitari), vengano lodati, coccolati, cantati e via dicendo, da tutta la stampa borghese italiana, da tutti gli intellettuali con poco seguito e vengono frettolosamente con uno strabiliante « largo ai giovani » messi a sedere nel piccolo aren- go di questa classe pseudo-dirigente dai gior– ni contati. " Quella battaglia che oggi è viva e vi• tale nelle Università, non fuori di esse, e a cui guardano tutti i settori più sensibili del– la classe politica del nostro Paese ", ebbene, noi crediamo non si.a una battaglia, altri– menti sarebbe fuori delle università e quei settori che guardano non sono sensibi]i e forse non sono neppure classe politica, altri– menti non se ne curerebbero. B. C. sono classe dirigente 1 del luogo dove si formano i futuri diri– genti o, con termine più ambiguo, la clas– se dirigente, non si tien conto che l'univer– sità ci fornisce, al massimo assienie alle co– noscenze storiche e scientifiche, un orienta– mento spirituale ed un costume morale che potrà acconipagnarci quando e se, per al– tri motivi, sapremo e potremo esercitare delle funzioni dirigenti per la società. In– fatti l'effettivo esercizio di una funzione di– rigente nella società, normalmente, dipende dal sistenia sociale, che opera naturalmente delle leve e delle selezioni. In una società statica solidaniente fon– data, nella quale, cioè, sono ancora consi– stenti le sue forze conservatrici, si può di– re che passano per le sue istituzioni scola– stiche e che ricevono lì una certa fonna– zione i giovani della sua classe dirigente, i suoi futuri dirigenti; ma non si può dire neppure in questo caso, che sia l'universi– tà, l'università del tipo di quella che ab– biamo frequentato, a fare la classe diri– gente. Tuttavia, in una società di questo tipo, dove non costituisce problema la produzio– ne dei dirigenti, è ammissibile che, la pre- , occupazione fondanientale sia quePla del– l'orientamento spirituale e morale dei gio– vani che, usciti dall'università, diventeranno dei dirigenti nel loro Paese. Quando, invece, come nel nostro Paese, non c'è nessuna salda ed indiscl,(ssa tradi– zione statale: quando la società tende alla disgregazione e non c'è una posizione so– ciale, occupando la quale, per il fatto stes– so, sia possibile preservarla dalla degrada– zione e pr01nuoverne il processo contr~rio, di ripresa e di sviluppo: quando la società non ha una vitalità, per il cui dinamismo sia selezionato ed educato un personale ca– pace di intendere e di mobilitarne le forze latenti e di comporre tutte le sue spinte in un movimento che soddisfi le vocazioni e le speranze, gli interessi ed i bisogni di tutti: quando siamo in queste condizioni, è ridicolo impostare il problenia della for– mazione che le scuole devono dare ai gio– vani studenti che saranno la classe diri– gente di domani. Non c'è oggi un diritto di nascita nè una spinta sociale, che possano garantire che i giovani che frequentano le nostre scuole, doniani dirigeranno la società italiana. A nieno che si voglia intendere per dirigenti tutti coloro che esercitano delle libere pro– fessioni e coloro che occupano un qualsia– si posto direttivo pubblico o -privato e sia- 1 no, perciò, responsabili dell'operare di al– tre persone. Ma sono, costoro - medici, av– vocati, professori, funzionari delle pubbli– che amministrazioni, padroni, amministra– tori di società, direttori d'aziende e di la– boratori, scrittori, editori di giornali, cinea– sti, ecc. - che dirigono la società? Forse che la nostra società ha una direzione, una linea di sviluppo, in cui si compongono le sue spinte e le sue aspirqzioni: che mette a fuoco le._sue forze: che orienta le sue pos– sibilità? Pure, quando si parla di classe dirigente con riferfrnento a ciò che esiste oggi, si parla di queste persone, a questo termine classe dirigente - ed i problemi che gli si connettono ci traggono in inganno, non ci danno il senso del vero problema della direzione e dei dirigenti della nostra so– cietà. Una di queste persone, il professor Vali– tutti, che ha una responsabilità ed una au– torità nel campo scolastico ed educativo, occupandosi dell'educazione dei futuri diri– genti ( 1 ), precisa, appunto, che intende trat- (1) - Salvatore Valitutti: « L'educazione della gioventù come classe dirigente ». Ro– ma, Avio, 1953. 37

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