Terza Generazione - anno II - n. 6-7 - marzo-aprile 1954

I , Una proposta: condurre assieme a voi un 'inchiesta al mio paese re la terra non c'è alcuna con– venienza, meglio quindi iscriver– si all'ufficio di collocamento. La comunità va disgregandosi: sorgono gli egoismi, le invidie tra i pochi cher estano. Tutti vi diranno che a Calice, tra qual– che anno, non ci sarà più nes– suno: rimarrà il vecchio castel– lo a guardia della valle, muto testimone di passate miserie .. Ed è con angoscia che si guarda a questo rapido spopolamento: i giovani più fortunati se ne so– no andati nella Celere, nei Ca– rabinieri, a fare i boscaioli in Francia o i minatori nel Belgio. Tutti partiranno a poco a poco, anche se ricorderanno, nel di– sordinato aggirarsi delle grandi città, la quiete della loro terra, che pur non ha saputo soddisfa– re le loro esigenze. Caro Scassellati, anche in questo sperduto pae– se della Lunigiana è giunta Ter– za Generazione. Ti dirò subito che ho accolto con grande en– tusias1no l'idea lanciata dalla vostra rivista, la quale sembra sintetizzare, pur nel suo ancora incerto e nebuloso linguaggio, le ansie, le prcoccu pazioni di tutti quei giovani che vorrebbero fa– re qualcosa per superare la crisi attuale. Il sentirci legati ad al– tri giovani con le nostre stesse an ie, i nostri problemi, ci dà un nuovo senso di umana fiducia, in un mondo che minaccia di uccidere in noi ogni fede, ogni entusiasmo. Confesso che molti problemi, molti dubbi, mi si sono affac– ciati alla lettura di T. G.: in li– nea generale però condivido le vostre idee e trovo in questo in– contro di giovani l'ancora di sal vezza della nostra generazione. ì\1a non per questo ti scrivo og– gi: a Torino mi auguro di po– ter parlare ancora con voi e di chiarire molti atri punti. perdita sia compensata da un corrispettivo acquisto di « civil– tà ». Sotto questo apparente pro– gresso c'è un ·umanità che dob– biamo riscoprire, che dobbiamo destare e valorizzare. Non è una facile impresa: il pregiudizio e l'ignoranza in connubio con una ormai acqui ita sfiducia negli or– ganismi politici stanno sommer– gendo i valori umani degli abi– tanti. Al di sotto di un superfi– ciale conformismo, di un 'oppur– tunistica adesione a formule po– litiche c'è un'umanità che de,·e essere riscoperta. E' evidente che questi problemi, co ì prospettati, tra cendono le po ibilità di una immediata pre a di coscienza dei nostri abitanti. In essi è però or– mai diffusa la coscienza della loro miseria, c'è un fermento che turba il millenario silenzio delle nostre montagne. la questo agi– tarsi sembra non avere una via di uscita : si attende, s1 spera, s1 campa alla meglio. Nessuno qui vuol rimanere, dei giovani: il cantiere scuola, la strada, l'asilo, i corsi di qua– lificazione, sono solo « occasio– ni " per sbarcare il lunario nel senso più stretto del termine, che qui si tratta molto spesso del pane: è il pane che manca an– cora in molte famiglie. I giovani se ne vanno : sanno benissimo che il corso di zootecnica servi– rà ad essi solo per prendersi le trecento lire giornaliere, come sanno che il diploma da mura– tore conseguito al corso di qua– lificazione non servirà a nulla, essendo essi tecnicamente impre– parati. Tutto s1 accetta come mezzo provvisorio in attesa di tempi migliori e a questo scopo s1 lavora nei partiti poli– tici: ha capito che a lavora- Questa, in sintesi, la situazio– ne calicese, una situazione che va tuttavia vagliata attentamen te per trarne più mature conclu– sioni. E' per questo che oggi vi chiedo la vostra collaborazione: un'inchiesta metterà a fuoco i problemi e troverà le soluzioni possibili. ALMO PATTA Una proposta avrei da farti: vorrei condurre in ieme a voi, qui a Calice, un 'inchiesta, di cui c'è assolutamente bisogno. on starò a dirti che la situazione ca– licese forse non è molto dissimile a quella di mille altri paesi d'I– talia; ciò non to·glie tuttavia che non sia necessario agire tempe– stivamente. Più volte avremmo voluto fare qualcosa, ma non sa– pevamo dove e come agire. Al– tri giovani avevano pensato di battere le vie della politica ma ora si stanno accorgendo che per sanare i mali calicesi non basta il cantiere scuola, non basta la realizzazione dell'asilo e dell 'ac– quedotto. C'è qualcosa che stri– de, che non va, uno svegliarsi di aspirazioni disordinate, una catena di esigenze insoddisfatte, e al ·di sotto di tutto questo sem– pre miseria, una miseria non vin– ta dai soccorsi invernali e dai corsi di qualificazione. Questa è l'amara constatazione di coloro che avevano creduto di solleva– re le condizioni calicesi in que– sto modo. Non è difficile coglie– re nella nostra situazione uno squilibrio, un urto, tra il « pro– gresso » e i valori tradizionali, i quali vanno irrimediabilmente sgretolandosi, senza che questa I • maestri possono dare piu degli • • • universitari Caro Ciccardini, leggo nel numero di T. G. di Gennaio una lettera di Beatrice Viggiani sulla Lucania. Mi inte– ressa; mi porta anche a cono– scenza di una tua « proposta agli universitari ». Ho qualcosa da di– re, perciò ti scrivo. La Viggiani, pur 1nantenen– dosi sulle generali, abbozza di queste regioni un quadro assai vero, che si potrebbe del resto estendere a tutto il Sud. Ella di– ce poi che si propone di scuote– re gli universitari per dar loro coscienza, in 1nodo di farli agire. Ritengo che ella fallirà lo sco– po, perchè semplicemente ad es– si manca ancora la « capacità di intendere », nè la potranno ac– quistare nel terrnine di qualche mese: sarebbe troppo semplice. Io sono fiorentino. Atli trovo qua a seguito degli ulthni con– corsi magistrali, e da cinque me– si insegno nella scuola rurale di « !\!armo », una « masseria» nel BibliotecaGino Bianco comune di Picerno. Dispersi qua e là sono altri insegnanti del nord, poichè abbia1no concorso da ogni parte d'Italia, e si è ve– rificato il fatto che i vincitori sono quasi tutti di altre regio– ni. Credo non ti sfugga il signi– ficato di questo. Ha ragione la Viggiani; gli universitari, che dovrebbero esse– re la speranza, sono simili al pantano; la loro vita è un letar– go perenne. J\J a non sono soltan– to loro: è il sud. La gente non si muove; cerca di occupare la sua sedia e non chiede altro nè sogna altro. Un bravissimo in– segnante di una frazione a me vicina è potentino; è anche lau– reato in legge. Ali diceva che il suo desiderio è solo di occupare il posto di segretario in un tri– bunale: « un posto simile dà prestigio; è questo che interes– sa! ». E' così. L'impiegato stata– le è il principe azzurro delle ra– gazze; il carabiniere o l'agente di polizia è la più rosea speran– za che possa nutrire la quasi totalità delle madri quando pen– sano al futuro dei figli. Gli universitari logicamente non esulano dalla misura comu– ne: sono come gli altri; non si scuotono, nè pensano ad una pos– sibilità di scuotersi; non si con– cepisce la conquista di altro. L'i– niziativa privata langue, ma non soltanto per mancanza di capi– tali; c'è una inerzia congenita; il desiderio di quella « sedia » con la certezza che, avutala, .,i possa dormire finalmente in pace. Col tuo appello agli universi– tari, nel 1neridione ritengo fa– rai poco. Perchè invece non pensi ai maestri? i maestri della terza generazione intendo. Il niaestro è il solo che possa svolgere una azione capillare, "in loco ''. I maestri giovani quaggiù in gran numero sono del nord, cioè possono già inten– dere una azione concreta, non 35

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