Terza Generazione - anno II - n. 6-7 - marzo-aprile 1954

Il Molise tra la Tra le zone depresse in Italia, il M,olise è certamente una delle più sconosciute: gli studi, le indagini, le relazioni sulla situa– zione della regione non vanno oltre la sem– plice cons(atazione. Ultimo esempio è l'inchiesta parlamenta– re sulla miseria. « Poche regioni d'Italia - dice il professor Barbieri nella sua relazio– ne - presentano come gli Abruzzi e il Molise, difficoltà quasi insuperabili ad uno studio d'insieme intorno ad un dato feno– meno, sia esso di ordine fisico, economico e sociale. Schematizzando al massimo, la spie– gazione può essere individuata nelle carat– teristiche geofisiche della regione di cui trattasi e nel loro influsso sull'ambiente so– ciale forma tosi nel corso dei vari millenni della sua storia ». E dalla povertà delle con– dizioni naturali deriva, ancora secondo il professor Barbieri, « l'atavica accettazione dello stato della povertà » e « la riduzione dell'uomo ad un puro essere vegetativo » ... « abissus abissum invoca ». L'analisi, esatta dal punto di vista della constatazione, ci sembra non esauriente nel– le spiegazioni: non a caso i « rimedi » pro– posti dalla delegazione parlamentare si ri– solvono in un generico appello all'inizia– tiva delle popolazioni molisane: « Lo spi– rito associativo delle forze economiche lo– cali - troviamo seri tto nella relazione - dovrebbe soprattutto manifestarsi nel campo dello sfruttamento delle risorse agricole, zootecniche, e forestali locali, attraverso la creazione di imprese di tipo societario e cooperativistico e nel campo dello sfrutta– mento altresì delle possibilità offerte dai grandiosi impianti idroelettrici della regio– ne, nonchè in quello delle attività turistiche che potrebbero costituire una primaria fon– te di reddito per le zone montane della regione ». Non è affrontata cosl, nell'indi– cazione dei mezzi per combattere la mise– ria, la complessa realtà del Molise, regione in cui si ritrovano tutte le caratteristiche delle aree depresse: un grave squilibrio tra popolazione e risorse, la mancanza assoluta di inziativa, l'assenza di uomini capaci di impostare in giusti termini il problema del– lo sviluppo. Insoddisfatti delle spiegazioni correnti, abbiamo provato a mettere a frutto la no– stra, sia pur limitata, esperienza in materia di inchieste per cercare di « capire » un po' di più del Molise e dei suoi abitanti. A Sie– na e a Coreno Ausonio (vedi i nn. 1 e 3 di T. G.) la storia ci era servita a spiegare la situazione attuale di una città e di un pae– se. Abbiamo pensato che il metodo potesse andare anche per una regione e ci siano provati a riscoprire la storia del Molise: una storia difficile, senza monumenti, che racconta, pur nell'incertezza delle fonti, i rapporti degli uomini tra loro, degli uomi- BibliotecaGino Bianco • storia e l'inchiesta (I) ni con le cose, e le influenze delle cose su– gli uomini. Perchè è indubbio che la storia del Molise è soprattutto la storia dei rap– porti tra la situazione ambientale e le at– tività degli abitanti. Durante il corso dei secoli infatti il si– stema migliore, l'optimum di vita, che si in– staura nel Molise, è quello dell'equilibrio tra la popolazione e le risorse naturali: quando la popolazione è eccedente, viene cacciata dal territorio (con il « vere sa– cro » presso gli antichi abitatori e con l'e– migrazione in tempi più recenti): quando invece i cataclismi naturali o gli eventi bellici fanno diminuire il numero degli abi– tanti, le immigrazioni di genti etnicamente diverse risolvono il problema del ripopola– mento. Un tale « sistema di equilibrio » non pone grossi problemi all'inventività degli uom1n1: si dà per scontata l'impossibilità dello sviluppo e si cerca soltanto di livel– larsi ad una situazione naturale data, per– fezionando l'unico mezzo (quello dei tra– sferimenti umani) a cui si può ricorrere quando l'ordine imposto dalle cose si spezza. Non a caso quindi il l\tlolise è caratteriz– zato dalla mancanza pressochè assoluta nei suoi abitanti di spirito imprenditivo. Si può anche dire che ci troviamo di fronte a una regione la quale non ha mai avuto « gran– di uomini )). Vincenzo Cuoco e Gabriele Pe– pe sono molisani soltanto di nascita. Nel corso dell'esposizione che segue ci siamo sforzati di dire questo attraverso la storia. Siamo partiti dalla constatazione che in tempi recenti gli abitanti del Molise sono oggetto di storia e siamo risaliti nei secoli per ritrovare gli uomini attivi di fronte al loro domani. Siamo cosl arrivati fino ai Sanniti anche se poi ci siamo accorti cfie alla loro indi– pendenza politica non corr-ispondeva affatto un sistema in sviluppo. In quel tempo in– fatti vigeva in pieno il « sistema dell'equi– librio )): le terre messe a coltura erano ap– punto quelle sufficienti al consumo degli abitanti. I Sanniti vivevano di rendita nelle loro montagne, non avevano problemi da risolvere: la loro civiltà ferma all'età del ferro, non aveva modo di svilupparsi. Ad un certo punto, per l'aumento della popola– zione, i Sanniti si espandono nelle Puglie, seguendo l'antica tradizione delle m igrazio– ni: qui vengono a contatto con i Romani, che giusto in quegli anni con1inciavano la loro espansione. Le guerre fra i due popoli durano a lungo: alla fine però i Romani hanno ragione dei Sanniti. E la superiorità di Roma sul Sannio (per questo abbiamo creduto opportuno fermarci a lungo sulle lotte tra. i due popoli) non è un fatto magico, ma la conseguenza inevitabile dell'urto di due sistemi opposti: il sistema statico non può non soccombere a quello dinamico. L' ambien.te naturale. E' difficile avere un'idea anche approssi– mativa delle ragioni della situazione attua– le e delle vicende di una regione CO"fe il Molise, se non si cerca di fissare bene nella memoria il panorama dell'ambiente fisico, pianura e montagne, fiumi e paesi, quale può risultare da una carta stereoscopica o m~glio da un plastico. In un ambiente come questo, l'elemento natura ha avuto sempre una parte importante nel corso dei millen– ni e dei secoli, ed ancora oggi, di fronte all'aspetto degradato del paesaggio e all'as– senza di industrie, non si può dire che l'uo– mo sia riuscito ad affermare in 1nodo pieno un suo giusto dominio sulla natura. Il l\l olise è una regione di basse monta– gne, di medie e basse colline, disposte in modo piuttosto caotico, su cui si è molto esercitata l'azione dell'erosione e in cui molto hanno scavato i bacini dei tre fiumi adria– tici, il Trigno, il Biferno e il Fortore e l'al– to Garigliano che la percorrono. Più che di pianure si può parlare di limitate zone di altipiani (Isernia, Boiano, e in un certo sen– so anche Venafro) e di una fascia costiera larga non più di una quindicina di chilo– metri: altrove, sempre colline e montagne dai 400 ai 700 metri (1). Questa non seguo– no linee precise, parallele tra loro e per– pendicolari alla costa, ma un anda1nento a più direzioni nel quale i fiumi, alimentati da sorgenti perenni, si sono aperti passag– gi e hanno valli abbastanza anguste. Di questo stato di cose sono massima mente responsabili la metereologia e la geo– logia, con i forti venti che battono la regio– ne (Campobasso è a causa del vento una delle città che registra le temperature più basse di Italia), e sopratutto con le pioggie· abbondanti che cadono su un terreno facil– mente accessibile !li fenomeni dell'erosione. La maggior parte del 1\1 olise ha infatti una struttura di rocce calcare o argillose, con macchie ,narnoso-arenacee e la fascia di bas– sa collina costiera sabbiosa e conglomerata; a parte vanno poi considerati gruppi come il Matese e i monti della hf eta, per natura geologica (calcari terziari) simili alle mon– tagne d'Abruzzo. lvi a così anch'essi e i f e– nomeni tellurici (nell'epoca storica recente si ricordano terremoti nel 1315, 1349, 1456, 1461, 1703, 1706, 1915) hanno contribuito a ( 1) Distinguere fra montagna geografica e montagna agricola (in relazione alla costa).

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