Terza Generazione - anno I - n. 2 - novembre 1953

Il nostro atteggiamento di fronte alla realtà non è quello proprio di una parte predeterminata, ma se è qualche cosa, è de– terminato. Non a caso ad un certo punto si è parlato di generazione: è stato quan– do l'atteggiamento ha cominciato a esse– re abbastanza determinato. Ora le parole di parte sono inaccettabi– li per principio dalle parti avverse. Di qui la necessità della tolleranza, dell'agnostici– cismo, dell'assoggettamento o della sop– pressione delle parti avverse, per ottenere la pace. Per le parti l'estensione empirica è la ragion d'essere. Le classi infatti non parlano, fuori delle pie o furbe illusioni interclassiste: « lottano » e « lavorano ». famiglia alla grandezza della nazione, da certe libertà alla religione, ecc.). ... Essi sono con noi quando noi parliamo di lavoro, di famiglia, di fede, di amore, di dolore, di egoismo, di sincerità, di pace, di rettitudine; ma non possono seguirci quando parliamo, criticamente, di fascismo, di socialismo, di capitalismo, dello stato, dei partiti, di chiesa. Non possono seguirci, perchè hanno altro da fare e temono che si sgretoli loro il terreno sotto i piedi, an– che se non è il loro terreno ideale. grare una posizione in cui non si ricono– scono completamente, colla stessa libertà e per le stesse preoccupazioui per cui l'han– no scelta a base della loro sicurezza; ai secondi la condizione per creare a loro• volta forme nuove di azione e di sviluppa– re così, oltre le loro aspettative, la loro vo– cazione con maggior pienezza di quanto possono fare attualmente. Questo ha inteso Ciccardini quando con i suoi discorsi si è trovato già. virtualmen– te fuori della politica. Questo ha inteso Scassellati quando afferma che non si può Le nostre parole invece sono accettabili da chiunque. Ci sono poi i giovani per i quali i pro– blemi della politica e dello Stato sono «ra– gione di vita » e che per questo oggi mili– tano nelle parti. Essi respingono i nostri discorsi perchè in essi vedono ancora solo una critica che distrugge le radici stesse della loro azione. Non per questo però per noi, che non siamo parte, diventano parte avversa. Noi parliamo anche per lo– ro: non vogliamo toglier loro la terra sot– to i piedi per confonderli e trionfare di loro. rifiutare nulla della storia d'Italia. Questo ha inteso Paci che non accetta la cultura in funzione delle posizioni particolari pre– costituite e tuttavia non vuole rinchiudersi nella semplice obiezione di coscienza verso la cultura esistente. Questo ha inteso Mu– sizza, che vuole parlare, senza essere eti– chettato dalla paura degli altri, in sincerità agli uomini: egli stesso senza paura, senza: recitare la commedia che tutti recitano per timore del prossimo. Chi è impegnato in problemi, diversi da quelli storici della società, ma altret– tanto veri, non ha che da scegliere, tra i discorsi da noi offertigli, quello che gli pare garantire di più le cose vere che gli stanno a cuore (dalla sicurezza per la sua Se assolveremo il nostro compito, potre– mo offrire ai primi la possibilità di inte- Dare direzione a chi è deciso a non assistere . passivam<>nte La « Presentazione», prima, e il primo numero di T. G. poi, mi hanno convinto esistere nel nostro paese forze decise a maturare anzichè assistere passiYamente allo stagnarsi delle situazioni. E' prematuro, lo so, esigere impostazioni risolutive di un problema di cui avete inteso proporre l'enunciazione soltan– to, convinti che la soluzione si trova nella necessaria ricerca e chiedete, a chi sente come voi l'urgenza dello stesso pro– blema, una collaborazione. Non so se le mie parole pos– sano concretamente inserirsi nella vostra inizia ti va ; mi guardo intorno e in una valla– ta che non è tra le più povere di tradizioni nè attualmente tra le meno attiYe della pro– vinc:ia bresciana scorgo se mai, una gioventù senza ideali. A meno che ideale possa essere qu_ello di possedere una moto– retta per la scorribanda dome– nica le, il non mancare alla fe– sta danzante, l'avere una. o più ragazze, l'aspirare a un mi– glioramento economico (ripen– so alla lettera dal Molise di SalYatore D'Elia) . X on pretendo delineare in poche parole una situazione, suscettibile forse di più appro– fondita conoscenza e più auto– reYole meditazione al di là del– le parvenze. l\Ia della superfi– cialità di tali parvenze dubito molto. Allargando la mia ri– flessione oltre la cerchia d'am– biente riscontro la stessa man– canza di ideali in molti gio– vani d'oggi, perchè oggi la vita ci ha materializzato al cento per cento e il problema econo– mico è la corda più sensibile in molti, giovani e non giovani. Tutto ·il resto è sentito per lo più come problema insolubile, o non utile a risolversi o, nei casi più sofferti, come gravoso intrico di rapporti che urge chiarire, ma di cui non si vede il principio solutivo. E per non cadere nell'astrattezza, a ri– sc·hio di non spiegarmi, ritorno all'accennata mancanza d'idea– li che riduco - non arbitra– riamente - a una deficienza : manca il senso della dignità un1ana. Ai giovani che vogliono a vere fede, bisogna dare per prirp.a cosa una coscienza del loro esistere come uomini, uo- Biblioteca Gino Bianco mini" che non si preparino in– consapevolmente a soggiacere alla minaccia di un'era atomi– ca, che potrebbe avanzarsi co– me un mostro di perfezione tecnica e di persistente ripiega– mento spirituale. La dura esperienza di quelli che ci hanno preceduto, l'espe– rienza dei più anziani di noi -· mi riferisco specialmente al– l'ultima guerra dolorosa e alle sue conseguenze - potrebbe dare adito a deduzioni pessi– mistiche. E come può il mon– do attuale plaudire all'umana dignità, quando ha visto l'uo– mo fatto dolore, ricoperto di cenci e poi di insulti dall'uo– mo stesso? Potrei ci tare ad esempio il campo di concentra– mento, la documentata miseria di un sobborgo di periferia o una qualsiasi testimonianza letteraria e artistica. Il gio– vane di oggi deve conoscere la realtà limpidamente, al di fuo– ri di ogni -deformazione, decan– tare le manifestazioni e le pro– blematiche della attuale socie– tà fino a cogliere il portato di ciascuna con un consenso equi– librato da salda coscienza e fede in se stesso. Ha bisogno di questa fede il giovane d'og– gi, una fede di stampo mazzi– niano, che nessuno si è preoc- RENZO CALIGARA Discussione cupato di trasmettergli, perchè in molti è crollata (o almeno assopita) sotto l'urto di fatti che hanno storicamente deter– minato tale crollo. A chi obbiettasse che altre erano le condizioni, le neces– sità, gli scopi e gli entusiasmi dei tempi passati bisogna dire che noi non dobbiamo essere gli stanchi discendenti di ante– nati illustri, atti· soltanto a perderci in compiaciute devia– zioni psicologiche e incapaci ad accogliere la verità che ogni età ritrova sotto nuova forma. Tenteremo nello sforzo co– struttivo una strada che altri ' dopo di noi, forti della nostra esperienza, percorreranno si– curi, trascorrendo via con pas– so svelto là dove oggi è più provata la nostra fatica. Ma questa fatica bisogna affron– tarla, sorretti almeno dall'im– pegno a non trascinare uno stanco bagaglio da deporre inerte sulle spalle delle future generazioni. Forse le mie sono osserva– zioni frettolose. Intendono, se non altro, giungervi come se– gno di adesione alla vostra ini– ziatiYa. LINA ABONDIO

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