Terza Generazione - anno I - n. 2 - novembre 1953

Invito alla • ricerca Sulla realtà della • generazione Uno stesso attegB·iamento di fronte all'essere è il fondamento del nostro incontro , Alla lettera di Ciccardini hanno risposto varie persone, che si sono riconosciute nella sua esperienza, e nell'esperienza delle quali trovano la ragione di incontro i pro– ·motori della rivista che ne pubblicano le lettere e che li a~sociano alla loro ini– ziativa. Anche io mi riconosco nelle lettere pubblicate: eppure la mia esperienza è molto più diversa dalle esperienze di Ciccar– dini, di Scassellati, di Paci, di quanto quelle non lo siano tra loro. La mia è un' espe– rienza « privata » - se si può dire così - per contrapposizione al carattere « pub– blico », politico, delle loro, anche se non è un'esperienza di esclusione personale, come quella di Musizza. Moltissimi altri lettori sentono di poter unire le loro pa– role a quelle di « Terza Generazione» senza che l'esperienza di ciascuno di loro ricopra le esperienze degli altri. Io voglio qui esaminare la realtà e il significato di questa situazione perchè mi pare che ciò possa permettere ai lettori e agli stessi promotori una più chiara ·presa di coscienza del valore di questa iniziativa. Se ci incontriamo, non è tanto perchè comunichiamo con una parte almeno della nostra esperienza a un'esperienza comune, quanto perchè comunichiamo appieno in una stessa condizione, e, per questo, non ci limitiamo a qualche approvazione par– ziale, all'attesa, alla curiosità, ma parteci– piamo appieno all'iniziativa e le nostre voci diverse non sono semplicemente giu– stapposte sulle pagine di una palestra gio– vanile. Sentiamo di fare, assieme, uno stesso lavoro, altrettanto proprio e comune per ciascuno. Ciò che ci unisce non è un minimo comun denominatore, anche se questa espressione potrebbe sembrare sufficiente– mente allusiva. Se ci unisse una parte mi– nima di caratteristiche comuni a tutti, que– sta potrebbe essere soltanto quella di es– sere magnificamente dei giovani. Ma non è solo perchè siamo giovani, che abbiamo le esperienze, le esigenze e le vocazioni che abbiamo. Tutti sono stati giovani e hanno fatto altre cose: tanti sono giovani oggi come noi, e non credono per questo di aver niente di comune con noi, e ce lo hanno detto. Infatti non è per questo - per il /atto di esser giovani - che ere- . diamo di trovare una nuova unità fuori delle parti esistenti, in cui non ci rico– nosciamo. L'unità della generazione non è un fatto di estensione, un fatto statistico. Le unità Biblioteca Gino Bianco .. che sono richieste oggi da varie parti, si appellano a qualche minimo comun de– nominatore, che è spesso un elemento co– mune anche alla nostra personalità, ma che non può per noi essere motivo per associarci con certe persone, per assumere certe posizioni, per approvare certe linee di condotta. Tanto meno, dunque, accette– remmo di collaborare accomunati semplice– mente dall'aver vissuto con una certa età questi ultimi 8 o 1O anni. Le lettere di Ciccardini, di Scassellati, di Paci, di Musizza, questo mio stesso inter– vento, non stanno assieme come i campioni di una inchiesta sotto un certo titolo. C'è molto di più, lo sentiamo bene tutti. Su questa strada dobbiamo cercare di chiarire ciò che ci accomuna. Tutti noi, che abbiamo fatto e pensato cose diverse in momenti e in luoghi di– versi, abbiamo cercato di non tradire il nostro essere, ciascuno in un suo modo. Ci siamo accorti che appellarci al nostro essere, significava, parlando, dire ciò che è, non ripetere un discorso. consacrato in un certo ambiente. E le nostre parol~, allora, non avevano corso. Però gli altri le capivano anche se rifiutavano o teme– vano di tenerne conto, anche se ci face– vano vedere l'impossibilità di tenerne conto. Noi eravamo liberi di fronte a queste parole, perchè le scoprivamo per la prima volta assieme all'essere a cui si riferivano, mentre altri attorno a noi rabbrividiva come se maneggiassimo la nitroglicerina. Non solo non ci facevano paura, ma ci riempivano di gioia, perchè le m~ttevamo noi, da soli, al posto di quelle che pochi anni prima - quando sapevamo solo le cose dei nostri interessi infantili - la so– cietà ci aveva insegnato a ripetere per– chè le avessimo già pronte per _il giorno in cui avremmo sperimentato le cose a cui si riferivano. Non abbiamo potuto amarle, le parole compromesse, perchè non abbiamo potuto usarle neppure una volta. Quando poteva– no significare ancora, bene o male, qual– che cosa, le ripetevamo come una lezione: quando abbiamo avuto a che fare con le cose a cui si riferivano, noi abbiamo visto che le cose erano diverse, tutte e tutte in– :iteme, in modo estremamente e tragica– mente evidente: dall'estate del '43, quando quelle cose ci si sono parate davanti prima che fossimo stati in grado di cercarle da ' soli (eravamo giovanissimi allora) via via, al '45, al '48 e dopo, quando quelle cose le abbiamo cercate sempre più intenzional– mente e sistematicamente. Tutti noi ci sentiamo uniti in questo identico fondamento ingenuo sulla realtà; ciascuno in un certo punto e con certi mezzi, per cui siamo veramente diversi, e veramente necessari gli uni agli altri. Tutti interessati all'essere delle cose, qualunque sia, perchè, lungi dal poterci dispiacere, , ci piace e ci libera. Tutti interessati a pa- role che ci permettono di cogliere le cose come sono. E non come si vorrebbe che fossero da un punto di vista che non ci è veramente dato di poter raggiunge– re. Tutti interessati a pa.role che per– mettano il riferimento razionale della realtà a noi, oggi, e non ad altri tempo fa o a chissachi chissaquando. Come le favole che hanno servito ai nostri padri, quelle che essi ci hanno trasmesse perchè non entrassimo sprovveduti nella vita, o come quelle che ci sono proposte, come luci eterne accese sopra di noi a prescin– dere dai problemi che abbiamo effettiva– mente da risolvere. Io non ho avuto parte nelle esperienze degli amici vecchi e nuovi di « Terza ge– nerazione ». Ma vedo in esse, diversamente configurata in rapporto a cose diverse - punti, obiettivi della loro inserzione nel– l'ambiente storico, strutture soggettive del– le attitudini e delle vocazioni - la stessa esperienza che io ho fatto a modo mio con altre attitudini, con altre preoccupa– zioni, in altre occasioni. E' lo stesso atteggiamento di fronte al– l'essere, qNello che ci permette di ricono– scerci e di trovarci uniti fin dal primo di– scorso. Ciascuno lo avverte con i suoi mez– zi, ma tutti capiamo che intendiamo ap– punto questo. Perciò non siamo una parte e non sia– mo contro nessuna parte. Io non so quali possono essere i limiti storici della gene– razione, ma è certo che se il nostro atteg– giamento si individua nei limiti della no– stra generazione, questi limiti non sono la sua ragione d'essere ma una ragione del- 1' essere di una cosa che si situa tra le altre cose, e che perciò ha i suoi limiti empirici come le hanno tutte le cose sensibili; cia– scuna i propri, secondo che sono questo o quello. Nessuna cosa potrebbe essere ciò che è, senza essere limitata in modo da essere questo e non altro. 35

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