Terza Generazione - anno I - n. 1 - ottobre 1953

convergenti tra studenti, operai e contadini. Per sviluppare que– sta unità e arrivare a realiz– zarla, non si possono che por– re all'ordine del giorno i pro– blemi realmente comuni, quelli legati allo sviluppo della vita in Italia, con la richiesta di ideali, fatti, idee nuove attra– verso l'esplosione di sentimenti, fantasie, invenzioni nuove. Per questo, a noi, la « generazione » appare come un fatto nuovo, potenza di nuove umanità, co– me una reale via aperta. Essa non nasce, come le « generazio– ni di guerra», da un incontro di uomini dinanzi alla morte, ma come affermazione t:u vita in una società ridotta a una staticità corporativa. Se i gio– vani studenti, operai e conta- I • capi giovanili L'iniziativa è il banco t:u pro– va della nostra generazione. Se pensassimo sufficienti, af– finchè i giovani escano dalla condizione t:u attesa, t:u indeci– sione, di malessere, le provvi– denze dello Stato o il manife– starsi delle élites culturaU della generazione, cadremmo in un sofisma, in un errore, che avreb– be delle conseguenze incalcola– bili. Di fatto smentiremmo con il nostro atteggiamento pratico quello che aneuamo via via di– cendo: ossia che la gioventù è dal bloccarsi storico dello svi– luppo della società umana rele– gata ed esclusa a ogni signifi– cativo apporto e che deve con– tinuamente scegUere fra il « po– sto », - un lavoro qualsiasi, fungibile con qualsiasi altro, in cui non è minimamente richie– sto un impegno di partecipa– zione e di rinnovamento secon– do la sensibilità, la formazione e la tensione dei giovani - e la Propria vocazione, la maniera propria, ricca e inventiva t:u servire agU altri e alla società. In tale situazione restano escluse le massime potenzialità dell~ generazione e nessuno og– gi è in grado di riconoscerle ~ di salvarle se non i giovani stessi. E questo possono fare facen– dosi imprenditori delle proprie possibiUtà, sviluppando nella collaborazione le proprie capa– cità, mettendo a frutto l'inven– tiva di ciascuno. Per far questo occorrono un atteggiamento particolare, un ti– po di iniziativa nuovo, e in– fine dei capi giovani di tipo nuovo. L'atteggiamento ha da esse– re quello di somma avventura e rischio: esso non può venire che dalla coscienza di un gran- - de compito da compiere. Molti pensano che ai giovani manchi un « mito >: qualunque sia il significato che si vuol dare a questo termine esso appare troppo generico e troppo lega– to - oggi - alle mitologie esistenti di conservazione per– chè si pensi a rispolverare qualcuno dei modi irrazionali– sti di cui ci si serve continua– mente per captare le simpatie e l'entusiasmo dei giovani. • <lelM '8tci laneo dini riusciranno a compiere dei fatti in comune, inspiegabili secondo la logica odierna del– la società italiana, e se da que– sti fatti nascerà una cultura, strumento di coscienza per al– tri fatti, si verrà costituendo una unità morale della nazione nata finalmente dal basso e non sovversiva, nella pace e non nella lotta a un qualche « se– colare nemico », con una base di massa quale invano sogna– rono ai loro tempi un Giober– ti o un Mazzini. In questa speranza e con questo scopo invitiamo alla ri– flessione e alla discussione. B. S. invito all'iniziativa Ma in realtà un ideale di comportamento, al quale ten– dere tutti gli sforzi, le capacità e le speranze va proposto alla nostra generazione. Su queste pagine noi lo cer– cheremo assieme e lo proporre– mo, utilizzando i contributi di tutti: non siamo maestri nè ca– pi di questa generazione. Ma se gli altri riconosceranno in noi, non gli « arrivati » ma dei gio– vani nella condizione di tutti gli altri, avremo colto nel segno. L'ideale che proporremo e l'atteggiamento conseguente ci verrà dettato dalla comprensio– ne della situazione storica del– l'umanità.. e del nostro paese, l'atteggiamento dalla coscienzrt del fardello storico che abbia– mo ereditato. Ci avventuriamo in nna zona nuova senza ri/or– nimenti o scorte che siano tali, forti nel rifiuto di abdicare al nostro compito per lasciarci in– serire come singoli nel sistema esistente. Cercheremo di pro– muovere questa coscienza fra tutti i giovani, la svilupperemo, ne faremo cultura, la diffonde– remo con le iniziative. E chiun- I que la senta matura in sè, si fac– cia avanti a condividere con noi il rischio. Il fine è un tipo di iniziativa nuovo, che abbia a suo centro una comunicazione reale, la cui forza non sia il profitto ineuvi– duale, ma l'accrescimento delle potenzialità esistenti in un grup– po umano a servizio di tutti. Dovremo classificare gli esperi– menti, procedere alle autocriti– che, dare un linguaggio cultu- rale a questo sfo·rzo, ma siamo certi che la ripresa dell'inizia– tiva in Italia passa attraverso la nascita di uno spirito comuni– tario. Ci sono paesi in Italia, dove, senza pretendet·e di compiere straordinari esperimenti socia– li, si potrebbero ritessere i fili di una comunità disgregata e incapace di iniziative, allo stato pre-moderno e spesso pre-cri– stiano, si potrebbe ridare spe– ranza e fiducia all'umanità of– fesa., se i giovani si unissero, commilitoni in una pacifica bat– taglia, ristabilendo dei rapporti, inventando ed offrendo quei servizi, quelle possibilità teori– che, quelle consulenze e qttelle 41

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