Terza Generazione - anno I - n. 1 - ottobre 1953

Il problema Non avremmo potuto co– minciare a richiamare l' atten– zione e a sollecitare lo studio su un qualsiasi problema: un approfondimento del fatto e del concetto di « generazione > è secondo noi essenziale per la chiarezza di tutto il lavoro che ci proponiamo. La nostra ipotesi può formu– larsi così: il fatto nuovo, oggi, del crearsi di una generazione dall'unità sostanziale - anche se in larghissima misura non ancora visibilmente realizzata - dei giovani italiani, solleci– ta la definizione e la successiva acqu1s1z1one culturale di un nuovo concetto, di una nuova categoria, quella appunto di « generazione >. E la chiarifi– cazione e la definizione della categoria appare come una con– dizione indispensabile al pieno sviluppo e al realizzarsi del fatto. E' chiaro che la ricerca, sia dal punto di vista storico sia da quello più propriamente teo– retico, deve svolgersi nei mo– di e sulle linee proprie, ma è di estrema importanza sottoli– neare il legame con cui dal– l'inizio essa ricerca si pone con il « fatto > della spontanea ma– turazione storica della genera– zione, e con una iniziativa volta a favorire il suo manifestarsi ~o!1~reto. Co?1e questo legame 1n1z1ale potra svolgersi in un rapporto non oneroso ma espansivo, è problema squisi– tamente di metodo e in un cer– to modo oggi prematuro: esso ' . potra essere posto 10 un modo non astratto solo quando si sia riusciti a definire cosa peculiar– mente sia la « generazione > in ' ' se e nelle sue forme proprie di manifestazione e di sviluppo. Perchè se la « generazione > apparirà un modo di essere reale, secondo cui gli uomini si riconoscono e si distinguono, - non legata per esempio all'or– ganizzazione sociale, alle fun– zioni sociali e produttive, come la classe, - ma legata dina– micamente allo sviluppo stori– co umano e in qualche modo realtà umana collettiva origina– ria, allora si proporranno mol– ti problemi nuovi e anche il problema di metodo potrà pre– sentarsi sotto una luce origi– nale. A giudicare dalla letteratu– ra sull'argomento, (cfr. la bi– bliografia fino al 1927 in fondo al saggio di K. Mannheim in Essays in the Sociology of Knotuledge, Londra, 1952), 10 10eca \.jlno della • generazione [__ in_v_i_t_o_a_Il_a_r_ic_e_ _ ] sembra che la ricerca sul pro– blema che a noi sta a cuore sia stata oggetto finora di una spe– culazione eminentemente astrat– ta, affacciatasi ai margini della problematica positivista e sto– ricista, per scopi di verifica e non per un diretto specifico in– teresse. Nel migliore dei casi, pur sempre entro i limiti so– praindicati, in Germania, la ri– cerca è nata sotto la sollecita– zione dell'unità psicologica del– la « generazione della guerra 1914-1918 >. Ciò condusse al– cuni, una volta diventati pro– fessori universitari, a definire a loro uso il concetto, quale ca– tegoria di giudizio storiografico (di storia artistica e letteraria). E' assai probabile che a un più maturo livello problematico ~oche noi veniamo a proporci, 10 questa ed in altre occasioni ' questioni, distinzioni e risulta- ti che la cultura tedesca dal 1920 al 1930 ha già affrontato. (Si tratta dopotutto di una cul– tura in cui affiorarono i proble– mi del mondo in crisi e dove più vivamente, anche se non chiaramente, si avvertì l'impor– tanza della prima guerra mon– diale, ed emerse il senso della rottura di un'epoca della storia umana). Tuttavia è bene affer– mare subito che l'origine tutta diversa da cui si motivano le ricerche non solo comporta di– versi punti di vista, e quindi necessità di completi riesami, ma sta forse addirittura a si– gnificare un diverso modo di concepire la funzione stessa della ricerca culturale. Credo perciò occorra giusti– ficare esplicitamente il valore che noi attribuiamo a questa ri– cerca sulla « generazione >. I motivi sono essenzialmente due. ~n primo luogo, è nostra ipo– tesi _che un lavoro di sviluppo t~or1c? effeì!ivo, cioè di riqua– ltficaz1one sistematica delle ca– tegorie di giudizio che sono og– gi il cardine fondamentale del nostro patrimonio culturale (per intenderci, ad esempio: società, stato, nazione, ecc.), non possa diventare inizio di un lavoro collettivo di ricerche collegate a catena, ove si svi– luppi come semplice lavoro di ridefinizione, senza che si tro– vino e si definiscano altre ca– tegorie del tutte nuove, ciò che comporti un reale allarga– mento del campo della cono– scenza. Esiste una legge per cui anche le parole, veicolo dei concetti, vengono amministrate dall'uso corrente il quale ne 1anco fissa il significato in un deter– minato contenuto. Non è pos– sibile mutare tale significato se non per riferimento a nuovi fantasmi evidenti al senso co– mune; solo allora si può apri– re un discorso non equivoca– bile, cioè acquisibile nei suoi si– gnificati e nel suo valore nuo– vo. Così, per esempio, se qual– cuno riuscisse a dare oggi una definizione nuova della cate– goria « nazione », non per que– sto di per sè la nuova defini– zione sarebbe acquisibile dal– l'uso corrente, non per questo essa entrerebbe nel patrimonio culturale e sarebbe capace di suscitare innovazioni fuori o entro il campo della cultura politica dominante. E' nostra ipotesi che la « ge– nerazione » sia una delle cate– gorie del tutto nuove che deb– bono essere introdotte: intorno ad essa si possono affermare tutta una serie di altri concet– ti, possono nascere una serie di parole nuove, capaci di comin– ciare a creare un ciclo di di– scorso, fuori da quello ammini– strato dall'uso corrente. Così, a suo tempo, la categoria « na– zione > obbligò a un nuovo ci– clo tutti i termini del discorso politico. E' ovvio che, perchè questo avvenga, occorre che la catego– ria non sia fittizia, ma effetti– vamente rappresentativa di qualcosa di reale e di storica– mente maturato di fronte alla coscienza umana e assimilabile alla ragione. E' quello che ap– punto pare stia avvenendo og– gi per « generazione ». In tali casi, nulla valgono gli inevita– bili tentativi di coloro che ten– dono a ridurre sempre il nuovo al vecchio e a dichiarare inesi– stente una realtà, quando ne hanno distrutto il concetto con un gioco di bravura dialettica. E si viene scalzando così alla base l'intellettualismo, pur sen– za cadere nell'empirismo. In secondo luogo, a noi pare che si debba andare a fondo su questo concetto proprio per avere un punto a cui richia– marsi, un punto che garantisca l'unità e l'autonomia del discor– so, pur non precostituendo una cultura già data. Senza una rea– le autonomia di termini di di– scorso - così come correlativa– mente senza un'automia di ini– ziativa concreta sul piano delle azioni - non è possibile che la generazione storicamente vi– vente dei giovani apporti un qualche contributo originale di sviluppo di vita e di verità. Senza questo discorso invece di una coscienza e di un crite– rio di generazione, capace di giudicare e di apportare nuove indicazioni, si correrebbe il pe– ricolo di parlare di temi, fatti, uomini e cose alla luce di una semplice più o meno individua– le sensibilità giovanile, assunta più o meno arbitrariamente co– me esigenza di generazione. An– che l'intuizione, che la proble– matica culturale e storica in Italia si rinnova risolvendo i problemi posti dai giovani, po– trà acquistare un valore reale solo se riusciremo a far sì che si pongano i problemi dopo aver fondato una reale proble– matica della «generazione». E' su di essa che possiamo garan– tirci una uscita effettiva dalle parti culturali e politiche. In tal · modo i dubbi e le discussioni potranno essere sempre risolti positivamente, senza contestazio– ni, e la rivista potrà risponde– re con fedeltà al suo impegno: quello di essere uno strumento di presa di coscienza, di auto– educazione, di cultura. Il senso di un destino 10 qualche modo degli elementi fare emergere ne» dal puro anagrafico. ' comune e uno essenziali per la « generazio– dato naturale, Nelle epoche antiche questo destino era riconosciuto in ter– mini religiosi e di ciò testimo– niano, ad esempio, sia la Bib– bia che le tradizioni degli anti– chi popoli italiani. Nell'epoca moderna, tale destino è ormai generalmente riconosciuto in termini storico-politici: si rico– nosce post-factum, come dato da uno o più eventi che sono sta– ti vissuti insieme e che ormai psicologicamente condizionano il futuro sicchè nel loro ricor– do si potrà sempre stabilire, al di sopra di tutte le divisioni di altra origine, una comunio– ne di fedeltà (basti pensare al– la « generazione del Piave »). Sostanzialmente sempre negli stessi termini, i regimi totali~ tari di tipo fascista hanno cer– cato di creare miticamente una unità di destino con compiti volti al futuro. Tuttavia questi compiti non nascevano nè dal- 1' autonoma coscienza dei giova– ni nè dall'intuizione di una mi– steriosa « entelechia » non sot– toponibile a indagine razionale - sul tipo di quanto avevano proposto alcuni storicisti tede– schi - perchè nascevano dal 39

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