Terza Generazione - anno I - n. 1 - ottobre 1953

Al centro della nostra vita sta il pro– blema dei nostri rapporti umani: appena ne diventiamo consapevoli, cioè appena ci si presenta come un chiaro problema, e non più come confusa sofferenza, pren– diamo a ricercarne le tracce e a ricostruir– ne la storia 1ungo tutta la nostra vita. Nell'infanzia, abbiamo soprattutto· gli occhi fissi al mondo degli adulti, buio e misterioso per noi. Esso ci sembra assur– do, perchè non capiamo nulla delle pa– role che gli adulti si scambiano fra loro ' ·1 ' ne 1 senso delle loro decisioni e azioni nè ' le cause dei loro mutamenti d'umore, del- le loro collere improvvise. Le parole che si scambiano gli adulti fra loro non le capiamo e non ci interessano, anzi ci an– noiano infinitamente. Ci interessano in– vee~ le loro decisioni che possono sposta– re 11 corso delle nostre giornate, i malu– mori che offuscano i pranzi e le cene l~ sba~tere i~provviso di porte e lo scop~ pio di voci nella notte. Abbiamo ca– pito che in un momento qualunque, da un t:anquillo scambio di parole può scatenarsi una tempesta improvvisa, con rum~ri. di porte sbattute e di oggetti scagliati .. N~i vigiliamo inquieti ogni m1n1n1a incrinatura violenta nelle voci che parlano. Succede che siamo soli e, assorti 1n un gioco, e d'improvviso s alzano nella casa quelle voci di collera: seguitiamo meccanicamente a giocare, a conficcare sassi ed erbe in un mucchietto di terra per fare una collina: ma intanto non ce ne importa più niente di quella collina, sentiamo che non potremo essere felici finchè la pace non sarà tornata in casa; le porte sbattono e noi sussultiamo· parole rabbiose volano da una stanza al~ l'altr~, parole incomprensibili per noi, non c:rc~1amo di capirle nè di scoprire le ra– g1on1 oscure che le hanno dettate, confu– samente pensiamo che dovrà trattarsi di ragioni orribili: tutto l'assurdo mistero degli adulti pesa su di noi. Tante volte complica i nostri rapporti col mondo dei n~stri simili, i bambini: tante volte ab– biamo ~on noi un amico venuto a gioca– re, facciamo con 1ui una collina, e una porta sbatt~ta ci dice che è finita la pace; ardendo d1 vergogna, fingiamo d 'interes– sarci moltissimo alla collina ·ci sforzia– mo di distrarre l'attenzione ' del nostro amico da quelle voci selvagge che risuo– nano per la casa: con le mani diventate a un tratto molli e stanche, conficchiamo accuratamente dei legnetti nel mucchio di terra. Siamo assolutamente certi che in casa del no~tro amico non si litiga Biblioteca Gino Bianco I • rapporti • umani ?1ai, non si gridano mai selvagge parole; in casa del nostro amico tutti sono edu– cati e sereni, litigare è una particolare verg~gna di casa nostra: poi un giorno scopriremo con grande sollievo che si li– tiga anche in casa del nostro amico allo stesso modo come da noi, si litiga forse in tutte le case della terra. Siamo entrati nell'adolescenza quando le parole che si scambiano gli adulti fra loro ci diventano intelligibili: intelligibili ma senza importanza per noi, perchè ci è diventato indifferente che in casa no– stra regni o no la pace. Ora possiamo se– guire la trama delle liti domestiche, pre– vederne il corso e la durata: e non ne . . ' siamo p1u spaventati, le porte sbattono e no? sussultiamo; la casa non è più per noi quello che era prima: non è più il punto da cui guardiamo tutto il resto del– l'~niverso, è un luogo dove per caso man– giamo e abitiamo: mangiamo in fretta pres~ando ~n orecchio distratto alle parole d~'?h adulti, ~arole che ci sono intelligi– bili ma che c1 sembrano inutili; mano-ia- . o mo e scappiamo nella nostra stanza di ~ors~.per non. sentire tutte quelle parole inutili: e possiamo essere molto felici an– c~e se gli adulti intorno a noi litigano e s1 tengono il muso per giorni e giorni. Tutto quello che ci importa non succede più fra le pareti di casa nostra, ma fuori per la strada e a scuola: sentiamo che non. possia~o .essere felici se a scuola gli altn ragazzi c1 hanno un po' disprezzato. Faremmo qualunque cosa per salvarci da questo .d~sprezzo: facciamo qualunque co– s~. Scriv~amo delle strofette comiche per piacere a1 nostri compagni, e le recitiamo loro con buffe smorfie di cui dopo ci ver– gognamo; facciamo raccolta di parole sconce perchè ci stimino un poco andia– ~o a caccia di parole sconce per 'tutto il giorno fra i libri e i vocabolari che ab– biamo in casa; e poichè ci sembra che fra i nostri compagni abbia successo un modo di vestire vistoso e sfarzoso, noi contro la _volontà di nostra madre ci sforziamo di insinuare nei nostri abiti sobri qualcosa di un po' vistoso e volgare. Confusamente sentiamo che se ci disprezzano, è soprat– tutto per colpa della nostra timidezza: chi sa, forse quel lontano momento in cui fa– cevamo una collina di terra col nostro amico, e le porte sbattevano e risuona– v~no voci selvagge e la vergogna ci bru– ciava le guance,, quel momento forse ha -f__ le_t_tu_r_e_ gettato in noi le radici della timidezza: e pensiamo di dover spendere la vita in– tera a liberarci dalla timidezza, a impa– rare a muoverci nello sguardo degli altri con la stessa baldanza e sbadataggine di quando siamo soli. La nostra timidezza ci appare come il più grave ostacolo a otte– nere la simpatia e il consenso universaie: e abbiamo fame e sete di questo consenso: nelle nostre fantasticherie solitarie, ci ve– diamo andare a cavallo trionfalmente per le città, in una folla che ci acclama e ci adora. A casa, quegli adulti che per tanti anni ci avevano pesato addosso col loro assurdo mistero, noi li castighiamo ora con un pro– fondo disprezzo, col mutismo e l'impe– netrabilità del nostro viso; ci hanno osses– sionato per tanti anni col loro mistero e . ' noi ora ci vendichiamo opponendo loro il nostro mistero, un viso impenetrabile e muto, degli occhi di pietra. E anche ci vendichiamo sugli adulti di casa nostra del. disprez~o che hanno i nostri compa~ gn1 per noi. Quel disprezzo ci sembra che investa non la nostra sola persona, ma tutta la nostra famiglia, la nostra con– d~zione sociale, i mobili e le suppellettili d1 casa nostra, i modi e le consuetudini dei nostri genitori. Scoppiano di tanto in tanto per casa le collere d'una volta, magari adesso de– s~ate da noi, dal nostro viso di pietra: c1 assale un turbine di parole violente, le porte sbattono ma non sussultiamo: le porte sbattono adesso per noi, contro di noi che restiamo a tavola immobili, con un superbo sorriso: più tardi, soli nella nostra stan~, si scioglierà d'un tratto quel n?stro sorriso superbo e scoppieremo a piangere, fantasticando sulla nostra soli– tudine e sull'incomprensione degli altri per noi; e sentiremo uno strano piacere a versare lagrime scottanti, a soffocare nel cuscino i singhiozzi. Sopraggiunge al– lora nostra madre, si commuove alla vi– sta delle nostre lagrime, ci offre di por– tarci a prendere un gelato o al cinema– tografo; con gli occhi rossi e gonfi ma di nu~vo il viso impietrito e impenetrabile, sediamo accanto a nostra madre al tavo– lino d'un caffè mangiando il gelato a pic– colissimi cucchjaini: e tutt'intorno a noi si muove una folla di gente che ci sem– bra serena e leggera, mentre noi, noi sia– mo quello che c'è di più tetro, goffo e de– testabile sulla terra. 23

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=