Terza Generazione - n. 0 - agosto 1953

responsabili, - e quanto ~,·avi per noi! - l'esclusione dei gio– vani, partendo da una constata– zione ormai da tutti verifica– bile. E quando Scassellati fa la critica degli atteggiamenti e dei tentativi dei giovani rispetto ai loro problemi, sia quando po– ne i termini di una iniziativa 1iovanile che riesca a superare questi limiti, sia quando indica i nodi culturali e storici che questa generazione deve risolve– re - il problema della com– prensione del fascismo, e del salto da operare per riprender lo sviluppo dell'Italia moderna e ritrovare con esso il signifi– cato della vocazione nazic>na– le, - egli parte da un presup– posto senza il quale non po treb– be sviluppare alcuno di questi argomenti: dal fatto che nelle punte più mature della genera– zione affacciatasi dopo il fasci– smo e' è stato un'inizio di presa di coscienza dei compiti suoi propri, senza la risoluzione dei quali ogni via di uscita sarebbe preclusa. Come avrebbe potuto in/atti proporre l'ipotesi del su– peramento dell' anti/ascismo, se esso non fosse già un /atto, py,r con i suoi limiti, nell' esperien– za di gran parte dei giovani? Cose analoghe mi verrebbero da dire quando Gianni Baget pone il problema, non più culturale, ma etico di questo genere cli e– sclusi. Come avrebbe potuto Ba– get additare nel compito di una scopertura umana del modello nuovo, un messaggio etico in te– rio re, se già questa esigenza non fosse nata, seppur distorta in forme illusorie, nel cuore dei giovani: se già nei giovani non fossero entrati in crisi i modelli etici del successo, i modelli eti– ci edonistiici che furono alla base del modello umano dei no– stri padri? E Giugni avrebbe forse po tu– to parlare di un nuovo tipo di rapporti fra cattolici e laici, di una opera da svolgere in co– mune, facendo la critica al mo– do tradizionale di contrapporsi di queste forze, se già nei fatti, nell'esperienza, giovani cattoli– ci e laici non si fossero trovati assieme per risolvere qualche problema immediato e non a– vessero scoperto di avere aspi– razioni comuni e comuni ideali, rispetto alla società civile? È questa la validità del parti– re da zero. Perchè a livello ze– ro, nella realtà della genera– zione esclusa, ci sono /atti ed esperienze e persone che rap– presentano già dei punti di par– tenza certi per chiunque voglia muoversi, lasciando alle spalle questo presente. Un fatto importante è stato il prendere coscienza dei giova– ni dell'esistenza di una « terza generazione». lo sono d'accordo con le critiche espresse da Scas– sellati alle forme organizzative o giovanilistiche con le quali si è espressa e propagandata questa idea. Ma c'è un fatto: che tutti i giovani ci si sono riconosciuti, dai liberali ai co– munisti. In realtà l'errore non era nell'intuizione, nel pensare cioè che questa generazione a– vesse problemi nuovi e comuni, ma nella maniera di esprimersi. Nell'esprimere cioè questa esi– genza, valida per tutti i giovani, come un /atto interno alle forze ed ai partiti esistenti. Un altro errore era quello di contare le generazioni rispetto al fascismo ( e questo è giusto perchè il f ascisnio è il fatto più significativo e più grave della nostra storia contemporanea) escludendone però i fascisti: è USCIRÀ A SET1~EAtlBRE evidente che una generazione non è un /atto ideologico, e perciò non può escludere nessu– no. Mettendo in termini esatti questa esigenza, daremo anche ai giovani fascisti la possi{.>ilità di riconoscersi. Si tratta quindi, se non erro, di dare alla « terza generazione » il suo significato esatto. Toglier• la cioè dalla tattica interna dei partiti, mondarla dal giovani– lismo, depurarla dalla psicolo– gia dell'« incontrismo », farla at– tenta ai reali problemi che essa ha di fronte. Svilupparne sopra– tutto le energie e metterle a Jr ut– to in un grande sforzo comune con iniziative e con coraggio, additandole un atteggiamento umano che sappia ricostituire un atteggiamento di lavoro co– mune, la collabora::;ione nelle cose da /arsi, la solidarietà /ra giovani e non piu giovani, la comunione delle aspirazioni al nuovo. Questo è il << vero » dell'in tui– zione della « ter::;agenerazione ». A questo « vero » io stimo ne– cessario ri/arsi. Fare quindi una rivista giova– nile? No. I o sono d'accordo con Giugni, quando mi mette in guardia dal giovanilismo: sono convinto che orniai, nel mo– mento stesso che ci poniamo questi problemi, nel momento in cui ricerchia,no l'autonomia su basi reali e non anagrafiche, dia,no prova di ciiven tare adulti. Possfomo ancora chiamarci « terza generazione » ma que– sto è un nome provvisorio. Il nostro nonie, quello vero, quel– lo della nostra età sarà dato dai contenuti, dalla maniera con cui risolverenio i problemi della no– stra età. Ma anche con un no- me provvisorio una realtà esi– ste ed è viva: il primo compito è quello di salvarla dall' equi– voco, di aiutarla a rompere il . suo guscio. Qui mi sembra necessario ac– cennare ad un altro problema: al rapporto con gli uomini del– le altre generazioni, e special– mente con quelli che, come i giovani, sono stati ùuttati ai margini della vita culturale e politica, e che sarebbero stati i maestri naturali della genera– zione. Anche qui penso che ci siano ragioni che ci spingono a non cadere nel giovanilismo, nel– l'autosufficienza giovanile. Se e– siste una realtà nuova che biso– gna far uscire dal guscio, ven– gano maestri vecchi e nuovi, vengano i capi e le dirigenze di tutte le generazioni a dire la lo– ro parola. Poichè penso che la problematica dei giovani è una ricchezza che può essere impie– gata da tutti, un patrinionio nazionale al quale non sarebbe male ponessero occhio uomini di scuola e statisti, ricercatori e dirigenti. Queste sono le linee, sulle quali penso bisognerà muoversi. La prima iniziativa sarà l'u– scita di una rivista. Proprio per i motivi detti ho pensato che « Terza Generazione » sarebbe il titolo suo proprio. È un tito– lo impegnativo, perchè presup– pone uno sforzo per rompere le incrostazioni che la maniera politicistica di usare questo ter– mine ha depositato su di esso. Ma, proprio l'impegnarsi su questo piano, ci impedirà di ca– dere nel frontismo e ci costrin– gerà a quei chiarimenti e a quelle autocritiche che saranno . necessarie. BARTOLO CICCARDINI TERZA GENERAZIONE Rivista di ricerca e di iniziativa BibliotecaGino Bianco Direttore: Bartolo Ciccardini

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