Terza Generazione - n. 0 - agosto 1953

Roma, agoeto 53 P er presentare una rivista bisogna obbedire ad alcu– ne regole di prammatica: per parlare in pubblico occor– re dire a che titolo e da qua– le tribuna si parla. Questo è cosa facile se ci si propone di essere spettatori in una situazione: allora basta de– nunciare il punto di vista dal quale si intendono trarre giu– dizi e commenti. Volendo pro– porre un'azione politica, si de– ve sottoporre al pubblico il giudizio sulle forze politiche e– sistenti ed il rapporto fra es– se e l'azione politica proposta. Se si crede di avere qualcosa da insegnare, si ha il dovere di situarsi in un punto pre– ciso dello schieramento cultu– rale, e di denunciare le proprie origini, la propria paternità. Presentarci in una simile maniera, che chiameremo clas– sica, è per noi difficile. Non è nelle nostre intenzioni di fa re nè una rivista di com– mento, nè una rivista politi– ca, nè una rivista culturale. Abbiamo soltanto una ipo– tesi di lavoro: che og~i, nella società nazionale, esista una zona di umanità, ricca di de– sideri e di speranze, che non trova udienza nelle forme e negli istituti esistenti. Questi esclusi non sono più, ormai, soltanto coloro che lo furono per definizione, d delf età moderna, C rnente esclusi, gli forma diversa, i sono anche molt tJre di più, man situazione di crisi si aggrava: - giovani, intellettuali, im– prenditori, - ridotti al mar– gine dalla situazione, disgre– gati e muti. Fra questi ci troviamo an– che noi, che non potremmo per ora altrimenti classificai– ci che come giovani. Ma non possiamo da soli nè rappresen– tare la giovane generazione, nè descriverne le esigenze, nè dare voce alle sue speranze. Giunti a coscienza della no– stra situazione ci proponia1no perciò di creare un punto di richiamo, dove questo sia pos– sibile fare, dove chi abbia qualcosa da dire la sottopon– ga al paragone, ritessendo i fili di una solidarietà che si è perduta, facendo riaffiorare una realtà, che nessuno sem– bra prendere in giusta consi– derazione. Ciò che ci muove non è per– ciò un programma, articolato in punti e comma, 1na soprat– tutto una sorta di atteggiamen– to umano, volto a riscoprire i valori comuni a tutti gli uo- 1nini, proprio in una epoca in cui sempre più fitte e spesse· si levano muraglie fra grup– po e gruppo, fra individuo ed individuo. Questo atteggiamento non è solo nostro, ma opera già in molti: per esso si cercano ini– ziative, contatti, si incomincia– no imprese. Forse si sta crean– --.-.a vera zona di movi- , estraneo alla staticità parti esistenti. uesta zona vogliamo es– specchio, legati quindi alle sue forme, alle sue possi– bilità, alle sue difficoltà: non possiamo perciò predire il fu– turo. Partiamo da quota zero: da una discussione sostenuta con amici di varie città e di diversa provenienza, e cresce– remo solo se crescerà avanti a noi l'opera di raccolta e di orientamento delle energie di– sponibili del nostro paese, se cresceranno le iniziative, se cre– scerà nella nuova generazione la coscienza delle necessità del– la situazione. Abbiamo preferito quindi.: più che presentare un pro– gramma, offrire uno stato del– la discussione fra noi ed altri su alcuni problemi concernen– ti l~ nostra ..!:Potesi di lavoro. oggi, agosto [9 . - - Abbiamo pensato, che la formula delle lettere meglio esprimesse la provvisorietà, l'attualità e la limitatezza, ne– cessarie e volute. Il nostro di– rettore ha perciò rivolto una lettera ad alcune persone: fra le risposte, abbiamo preso le più complete e significative per invitare alla futura discus– sione. Altre lettere sono venu– te e verranno. Altre ancora speriamo che siano sollecitate da questa nostra presentazio– ne. Esse dovrebbero essere il contributo reale, di quanti. sentendosi nella nostra condi– zione, ritengono giusto di met– tere a disposizione un po' di esperienza personale. È un contributo che speria– mo sempre più largo e più at– tivo, senza il quale non po– tremmo pensare di affrontare da soli la più piccola impresa. numero in attesa di autorizzazione La politica era tutto Cari am1c1, questa mia lettera è una ri– chiesta: purtroppo non so dir– vi bene di che cosa precisa– men te. Forse il « che cosa » do– vrete tirarlo fuori voi stessi dalle cose che vi dirò. Mi rivolgo a voi perchè ho avuto la fortuna di conoscer– vi, ma probabilmente la ri– chiesta è valida per tutti co– loro, maestri antichi e nuovi o non ancora maestri, che a– vranno qualcosa da dire su questi problemi, meditato giu– dizio, frutto di studio e di pen– sieri, consiglio o rampogna. Ci sono oggi dei giovani di formazione cattolica che, nel– le mutate condizioni del no– stro paese - i cattolici al po– tere - sono stati portati a scoprire l'intera dimensione della vocazione civile, e a im– pegnarsi sui problemi dello Stato e della società, in un modo quale forse non era possibile alle generazioni pre– cedenti, formatesi all'opposi– zione. Io sono uno di questi. Non vi scriverei se non sen– tissi di non essere solo, cioè se non sentissi di esprimere, seppur personalmente e forse in maniera irriconoscibile da altri, le esperienze che altri anche di diversa formazione hanno fatto con me e di con-

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