La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 7 - settembre 1995

ne - ma è sicuramente il fine di almeno una parte della classe dirigente. Il docente non viene interpellato perché non deve essere parte in causa, soggetto consapevole e autonomo. Ecco allora che la sua valutazione diventa strumento di una sottomissione a un sistema di potere. Per una sorta di nemesi, la libido valutativa che ha contraddistinto il tentativo (infantile e patetico) del docente di mantenere una parvenza di potere, si ritorce adesso contro di lui, e minaccia di essere altrettanto astrusa e macchinosa di quella che si è accanita contro gli stµdenti. Si è parlato di una prospettiva di carriera per gli insegnanti. Ma in realtà quella · che si prefigura è solo una gerarchia salariale. L'integraz10ne dell'insegnante, la sua accettazione di valori, pratiche, modelli organizzativi ritenuti a~spicab,ili a li".ello dirigenziale sara premiata con progressivi incentivi economici (peraltro molto modesti). · Poiché l'autovalutazione è soltanto un'ipocrita illusione, le uniche prospettive concrete saranno il ritorno ai giudizi dei capi di istituto (cioè a un sistema feudalc di vassallaggio : altro che preside manager e scuola tecnologico-aziendale !) e una umiliante raccolta dei punti-qualità, cioè di attestati più o meno fantomatici che penalizzerà i docenti che l'aggiornamento l'hanno s~mpre fatto, per conto proprio _ea proprie spese. Ma qui si innesta un'altra spinosa questione. L'aggiornamento è un discreto giro economico clientelare che può essere spezzato solo da una organizzazione molto più elastica della formazione permanente dei docenti. Se davvero vogliamo difendere la libertà di insegnamento. (che è ovviamente tutt'uno con quella di apprendimento), dobbiamo affermare con uguale forza la libertà di aggiornamento, svincolando la formazione e l'auto formazione da troppo rigidi (e troppo torbidi) limiti burocratici. Per Bottani, "senza aggiornamento, la valutazione resta un'operazione burocratica, di stampo più o meno poliziesco". Ma anche l'aggiornamento può essere altrettanto burocratico e per di più paramili~are: tutti in fila a farsi indottrinare per obbligo contrattuale. L'irregimentaYQQ. zione dei docenti (e, per loro tramite, degli studenti) è un processo che negli ultimi anni ha subito una prepotente accelerazione. Abbiamo assistito a una progr~ssiva restnz10ne dell'autonomia del docente, che è passata politicamente e sindacalmente attraverso il sostanziale azzeramento del diritto di sciopero. La proletarizzazione del docente non è quindi una tendenza esclusivamente economica, ma soprattutto ideologica e culturale: esautorato, privato di qualsiasi reale potere decisionale, l'insegnante è divenuto sempre più l'ingranaggio di un meccanismo a cui spetta soltanto inserire giudizi preconfezionati e replicare unità didattiche _prefabbricate.Il panorama editoriale è in tal senso non meno inquietante che desolante. Il libro di testo è concepito in modo tale da automizzare totalmente l'attività didattica. Il percorso informativo ed educativo è prestabilito e richiede soltanto la diligente applicazione di un docente passivo e rinunciatario. In tale prospettiva non c'è da stupirsi se l'aggiornamento viene concepito in modo paternalistico (se non addirittura autoritario) come un mero corso di istruzione e di addestramento. Ovviamente, c'è anche da considerare che la resistenza di molti docenti alla loro valutazione è una forma difensivistica di corporativismo, di chiusura, di pavido arroccamento, di indisponibilità a mettersi in discussione. Dietro le orsogliose barrricate di alcuni si cela la miseria di un'anchilosi culturale e professionale. Molti docenti hanno disimparato a imparare e si limitano a riciclare un pacchetto di nozioni sempre più schematico e impoverito. C'è da ripensare seriamente alle strategie per sottrarre l'insegnante demotivato alla sua inarrestabile regressione, allo spleen che lo attanaglia, alla sclerosi, al lassismo, al cinico disinteresse dietro il quale sovente cerca di nascondere lo smarrimento della più elementare deontolo~ia. Il problema odierno è come uscire da questa impasse per cui la scuola di massa, nell'intento di elevare il livello culturale globale della società, di fatto appiattisce quello del docente massificato e conseguentemente quello degli studenti. Ma bisogna riuscire anche a risolvere la contraddizione intrinseca al lavoro dell'insegnante, e cioè il suo essere, in quanto attività irriducibilmente individuale, fattore di disgregazione, isolamento, scarsa incisività e peso politico, esigua socializzazione delle esperienze e delle conoscenze, limitata circolazione di idee e mancanza di confronto; ma anche garanzia di una difficoltà di controllo dall'alto, ostacolo all'omologazione ideologica, assicurazione di reale pluralismo e di polifonia culturale, stimolo all'intraprendenza, alla creatività, all'azzardo. Occorre allora, una volta per tutte, misurarsi senza ipocrisie con il fallimento e il travisamento della scuola consiliar~ e ~oll_egiale,in ~ui gli ~r~ gamsmi e i momenti collettivi si sono ridotti a sterili formalità burocratiche; rituali estenuanti, ripetitivi, noiosi, nel · migliore dei casi inutili. E individuare invece nuove situazioni, non necessariamente istituzionalizzate, di dibattito e di sinergia tra gli insegnanti, in collaborazione con le famiglie e con il contesto sociale tutto. In una parola occorre una scuola più viva (o almeno più vivace). Una scuola che, senza rompere l'unità emotiva docente/ classe, superi i limiti dell'individualismo, dell'insegnante monade, senza ·incorrere nella degenerazione burocratica e nella massificazione. Ma una scuola più viva è una scuola che torni a produrre cultura senza imbrigliarla (cioè, soprattutto, senza imbrigliare gli alunni) al- . l'interno di flussi e diasrammi di rancido sapore positivista. Una simile riforma della scuola non può essere calata tutta e soltanto dall'alto. Così una studentessa ricorda (e il suo ricordo è ripreso da Daniel Pennac) Georges Perros all'epoca in cui insegnava in una scuola di Rennes: "Lui arrivava il martedì mattina, con i capelli scompigliati dal vento e dal freddo, sulla moto azzurra arrugginita. Curvo, con addosso un cappotto da marinaio, e la pipa rn bocca o in mano. Svuotava sulla cattedra una tracolla piena di libri. Ed era la vita". O la scuola impara a essere questa vita che palpita o sarà irreparabilmente il cimitero dei dinosauri. ♦

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