La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 7 - settembre 1995

biosfera e dell'umanità). Bisogna dunque riscoprire e praticare dei limiti: rallentare (i ritmi di crescita e di sfruttamento), abbassare (i tassi di inquinamento, di produzione, di consumo), attenuare (la nostra pressione verso la biosfera, ogni forma di violenza). Un vero "regresso", rispetto al "più veloce, più alto, più forte". Difficile da accettare, difficile da fare, difficilepersino a dirsi. Tant'è che si continuano a recitare formule che tentano una contorta quadratura del cerchio r.arlando di "sviluppo sostenibile" o di "crescita qualitativa, ma non quantitativa", salvo poi rifugiarsi nella vaghezza quando si tratta di attraversare in concreto il fiume dell'inversione di tendenza. E invece sarà prol?rio questo ciò che ci è richiesto, sia per ragioni di salute del pianeta, sia per ragioni di giustizia: non possiamo moltiplicare per cinque-sei miliardi l'impatto ambientale medio dell'uomo bianco e industrializzato, se non vogliamo il collasso della biosfera, ma non possiamo neanche pensare che 1/5 dell'umanità possa continuare a vivere a spese degli altri 4/5, oltre che della natura e dei posteri. La traversata da una civiltà impregnata della gara per superare i limiti ad una civiltà dell'autolimitazione, dell' enoughness, della Genugsamkeit o Selbstbescheidung, della frugalità sembra tanto semplice quanto immane. Basti pensare all'estrema fatica con cui il fumatore o il tossicomane o l'alcoolista incallito affrontano la fuoruscita dalla loro dipendenza, pur se magari teoricamente persuasi dei rischi che corrono se continuano sulla loro strada e forse già colpiti da seri avvertimenti (infarti, crisi...) sull'insostenibilità della loro condizione. Il medico che tenta di convincerli invocando o fomentando in loro la paura della morte o del!' autodistruzione, di solito non riesce a motivarli a· cambiare strada, piuttosto convivono con la mutilazione e cercano rimedi per spostare un po' più in là la resa dei conti. Ecco perché mi sei venuto in mente tu, San Cristoforo: sei uno che ha saputo rinunciare ali' esercizio della sua forza fisica e che ha accettato un servizio di poca gloria. Hai messo il tuo enorme patrimonio di convinzione, di forza e di auto-disciplina a servizio di una Grande Causa apparentemente assai umile e modesta. Ti hanno fatto - forse un po' abusivamente - diventare il patrono degli automobilisti (dopo essere stato più propriamente il protettore dei facchini): oggi dovresti ispirare chi dall'automobile passa alla bicicletta, al treno o all'uso dei propri piedi! E il fiume da attraversare è quello che separa la sponda della perfezione tecnica sempre più sofisticata da quella dell'autonomia dalle protesi tecnologiche: dovremo imparare a traghettare dalle tante alle poche kilowattore, da una super-alimentazione artificiale a una nutnz10ne piu equa e più compatibile con l'equilibrio ecologico e sociale, dalla velocità supersonica a tempi e ritmi più umani e meno energivori, dalla produzione di tropJ?Ocalore e troppe scorie inquinanti ad un ciclo più armonioso con la natura. Passare, insomma, dalla ricerca del superamento dei limiti ad un nuovo rispetto di essi e da una civiltà dell'artificializzazione sempre più spinta ad una riscoperta di semplicità e frugalità. Non basteranno la paura della catastrofe ecologica o i primi infarti e collassi della nostra civiltà (da Cernobyl alle alghe del!' Adriatico, dal clima impazzito agli spandimenti di petrolio sui mari) a convincerci a cambiare strade. Ci vorrà una spinta positiva, più simile a guella che ti fece cercare una vita e un senso diverso e più alto da quello della tua precedente esistenza di forza e di gloria. La tua rinuncia alla forza e la decisione di metterti al servizio del bambino ci offre una bella para bo la della "conversione ecologica" oggi necessaria. • 'iQQ.

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