La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 7 - settembre 1995

UN DISSENSO CHE ANCORA NON FA PAURA Barbara Alighiero Barbara Alighiero, giornalista, lavora all'Ansa. È stata per otto anni corrispondente da Pechino. ♦ Si conosce poco in occidente del dissenso cinese e non solo perché si sa tanto poco della Cina, in generale. Ci sono almeno tre ragioni. Il fenomeno è rimasto essenzialmente limitato alla ristrettissima cerchia degli intellettual1 - e a un numero sparuto di operai che si sono "elevati" a ideologi-; il dissenso è stato fino al 1989, seppur in modo ed espressioni molto differenti, più un "non consenso" che non metteva in discussione il sistema in sé, bensì le "storture" di cui erano responsabili singoli individui; infine, i dissidenti cinesi, a differenza di quelli sovietici, non sono mai serviti per demonizzare il comunismo, quindi sono stati tranquillamente ignorati, così come sono state "dimenticati" quei milioni di persone che Mao Zedong spedì nei gulag nelle varie "campagne di rettifica" o in quelle contro la "destra" o durante la "Rivoluzione culturale". È con la tragedia di Tiananmen, nella prÌqiavera del 1989, quando centinaia di persone vennero sacrificate per risolvere la lotta di potere che si trascinava da oltre un anno ai massimi vertici del partito, che il dissenso cambia tono. Fino a pochi giorni prima dell'entrata dell'esercito nella capitale cinese, gli intellettuali "dissidenti" chiedevano alle migliaia di studenti di sospendere le dimostrazioni e lo sciopero della fame, di rientrare· nelle università e di avere fiducia nel segretario generale del partito - Zhao Ziyang, che fu destituito subito dopo la repressione con l'accusa di avere fomentato la "ribellione controrivoluzionaria". Ma quando dai carri armati l'Esercito del popolo cominciò a sparare contro la gente, disarmata, allora, solo allora, quegli uomini che nel partito avevano quasi tutti militato per decenni o addirittura erano stati gli artefici della sua ideologia (come Su Shaozhi, dell'Istituto per il marxismo-leninismo e il Mao Zedongpensiero dell'Accademia delle scienze sociali di Pechino) o le teste d'uovo (come Ruan Min, . già segretario personale del capo del partito Hu Yaobang negli anni '80. o il sociologo Yan Jiaqi, consigliere di Zhao Ziyang) denunciarono la dittatura, i soprusi e le ingiustizie che per cinquant'anni avevano giustificato contro ogni evidenza, nel nome di Mao e per il bene del popolo. "Quando nel 1957 venni criticata come di 'destra' e mandata à 'riformarmi' in campagna, credevo che Mao avesse ragione, che io avessi PIANl:'TA TERRA Btb'iot peccato di individualismo, di alterigia da intellettuale ... Poi, quando nel 1971 morì Lin Biao' (il delfino di Mao, perito in un incidente aereo mentre cercava di fuggire a Mosca dopo un fallito attentato, ndr) capii che qualcosa non andava, ma ancora credevo si trattasse di un errore, come dire, umano: Mao era diventato vecchio e si stava facendo abbindolare", raccontava Ge Yang nel giorno del suo settantaquattresimo compleanno, nell'inverno del 1988. Ge Yang è una delle pochissime donne che fecero la Lunga Marcia. Diceva che fu meno dura dei vent'anni passati in Mon~olia, per volere di Mao. Oggi è di nuovo un'esiliata, per volere di Deng Xiaoping. È dovuta scappare nel 1989. Venne accusata di essere una delle menti dietro la protesta. Era direttrice dell'unica rivista indipendente mai comparsa finora in Cina, "Xin Guancha" (Nuovo osservatore). Si distingueva per le inchieste sociali, spesso partendo da denuncie di abusi di signorotti del partito incuranti della legge; pubblicava anche tanti articoli ideologici, critici dello strapotere del partito, ma mai contro il sistema socialista. Si animava, Ge Yang, nel difendere la "superiori tà" del socialismo. Erano stati fatti errori, ammetteva, ma era una questione di inesperienza. Ge Yang vive negli Stati Uniti, ha nostalgia della sua Cina, dei suoi amici, delle oziose discussioni politiche. Collabora a organizzazioni per la tutela dei diritti umani nel suo paese. Molti dei collaboratori della sua rivista, che ovviamente non esiste più, hanno passato mesi o anni in prigione dopo la repressione di Tiananmen - la rivista si schierò con un accorato appello in difesa degli studenti - o sono all'estero, come lei, negli Stati Uniti o in Francia. Gli anni Ottanta; ricordati soprattutto per le riforme economiche introdotte da Deng, furono un periodo· di vivace dibattito politico, con esplorazioni e valutazioni del marxismo e critiche del maoismo, mai fino a quel momento azzardate, anzi, come dicevano i cinesi: "prima neanche si osava pensarle". Deng Xiaoping. aveva usato ani.piamente il ''dissenso" del Muro della democrazia a Pechino nel 1978 per liberarsi dei "maoisti" (guidati dal delfino designato da Mao, Hua Guofeng). Aveva lasciato gridare la condanna del culto creato intorno al Grande Timoniere, denunciare le vittime dell'assurdità della rivoluzione continua, della collettivizzazione fo_rzata, del Grande Balzo in avanti che riuscì a uccidere per fame 24 milioni di persone. Aveva permesso che fosse rivendicata la "quinta modernizzazione", come aveva battezzato la democratizzazione Wci Jingsheng, l'elettricista che dopo aver scontato quindici anni·di galera è stato rilasciato nel settembre del 1993 con sei mesi di anticipo nella speranza di veder assegnate a Pechino le Olimpiadi del 2000 e oggi è nuovamente in prigione per aver tentato di organizzare le famiglie delle vittime di Tiananmén. Ma, quando Deng si rese conto che il movimento rischiava di assumere dimensioni pericolose e di mettere in discussione non più solo Mao, bensì tutto il Partito, scattò la repressione. Quando Liu Qing uscì di prigione dopo . aver scontato undici anni per aver partecipato alla Primavera di Pechino del 1978, aveva .tic agli occhi ed era scosso da improvvisi brevi tremiti, non ci vedeva quasi più e ripeteva solo che in quel periodo di detenzione aveva subito tutto timmaginabile e forse anche di più. Liu

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