La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 4 - giugno 1995

sempre stato eguale, sarò sempre lo stesso? e quindi è una domanda sull'identità. . È anche una domanda sugli altri: gli altri sono fatti come me? Cambiano come me? E in che direzione cambiano? Bisogna vedere con quanta angosciata attenzione i bambini seguono e si trasmettono tra loro notizie riguardanti l'infanzia, per rendersi conto dell'interesse di queste domande per loro:. bambini ritrovati nei cassonetti, bambini uccisi dagli squadroni della morte o della guerra, bambini uccisi dalle automobili, bambini maltrattati dai genitori o dai grandi. C'è una paura antica e primordiale che viene tenuta viva da queste notizie: coloro che danno la vita possono dare anche la morte. Esiste una congiura dei "grandi"? I grandi sono antropofagi come riteneva il protagonista di un racconto di Lu-Hsun? È quindi una domanda sull'appartenenza e suHasicurezza. E ancora è una domanda su ciò che era e non è · più: il bambino comincia a rendersi conto che perde l'infanzia, cioè che letteralmente passa dalla "non parola" alla parola lasciando al tempo stesso lo stato di "fusione" con chi gli presta le cure parentali; c'è quindi anche la nostalgia di un mondo che va scomparendo, quello che nelle favole viene introdotto dal "c'era uria volta, al tempo in cui i desideri si realizzavano, un re e una regina ...''. La nostalgia del tempo dei desideri si confonde e prende corpo come nostalgia di uno stato di natura senza costrizioni sociali. Dunque se facciamo i conti con il bambino e non con la storiografia vengono fuori innanzi tutto sentimenti, domande mute riguardanti il proprio essere piuttosto che il proprio sapere. In questo senso - qualcuno ha già analizzato il problema - infanzia e storia sono termini antitetici, · così come sono considerati antitetici - a torto - sentimenti e ragione. La scuola che vedeva il bambino "tutto sentimento" aveva coerentemente ridotto la storia a favola senza tempo: Orazio Coclite sul Ponte Milvio, Leonida alle Termopili, Orlando a Roncisvalle, Cesare Battisti al Buonconsiglio, Enrico Toti fissato nell'istante del lancio della stampella sono le irnrnagini, non a caso virili, che sono state impresse nella memoria di generazi'oni di scolari in modo indelebile rispondendo più al bisogno di mito che non alla necesKl.l.QM sità di autentica conoscenza storica. La reazione a questo modo di presentare la storia è stato il tentativo di trasformare i bambini in "storici" o scimmiottando le nuove correnti storiografiche o pretendendo di iscriverli in uno schema hegeliano - crociano e/o materialistico-storico. Secondo questa visione, affermata in modo esplicito nei programmi delle ele~ mentari, il bambino diventa cittadino solo se si iscrive e subordina alla tendenza storica ufficialmente riconosciuta e convalidata dalle istituzioni democratiche del paese. È possibile un insegnamento storico che insieme risponda alle domande fondamentali sul, vivere e sia anche rigoroso e scientifico? · · La mia risposta è che in generale, in qualsiasi campo del sapere, il rjgore e la scientificità debbano necessariamente coincidere con il valore umano delle conoscenze. Se si affronta l'indagine e la conoscenza spogliandosi di bisogniideologici e di necessità sociali contingenti, si ottiene una conoscenza profonda radicata nell'essere. E allora ritengo che la prima e fondamentale domanda a cui bisogna dare risposta è quella riguardante il tempo, ossia la tortuosità del tempo che non è lineare e omogeneo, che non si stende rettilineamente tra due punti ben definiti, ma che trova strade diverse e tortuose per poi magari ricongiungersi in alcuni punti che gli storici riescono a identificare e datare. Anche nella storia prima di voler ritrovare i fattori unificanti e normalizzanti bisogna considerare la diversità come ricchezza. È questo che ci da il' senso dei cambiamenti possibili, il senso di una umanità che non è sempre uguale a se stessa ma che si costruisce, che è anche il senso della vita del bambino che costruisce se stesso senza sapere a priori quale sarà il suo destino o la sua meta. Che è il contrario di una idea di ineluttabile "progresso" in una direzione predeterminata. La ricchezza della diversità non consiste nella proposta di "curiosità" e stranezze storiche, ma nella conoscenza delle interazioni sociali necessarie che rendono una formazione sociale in sé coerente e "valida". In una società di raccoglitori e cacciatori l'infanticidio e l'abbandono dei vecchi e malati costituisce una necessità sociale. I ragazzetti di otto anni discutono se quelli che uccidono il gemello, il bambino nato deforme, che abbandonano il vecchio malato, siano "infami" o obbediscano a delle necessità. In un simile dibattito si scoprono le interazioni sociali, le necessità della vita, i vincoli di un "modo di produzione", di una divisione ·del lavoro, di un rapporto con la natura. Alla fine di un simile dibattito alcuni bambini dicono con un senso di sollievo che questo non può più succedere. Ci si rende conto che la "spiegazione" è stata_ rassicurante, che la conoscenza "scientifica", il rigore possono essere efficaci per mettere sotto controllo. una paura radicata. Da un lato abbiamo acquisito che l'infanticidio esiste, che c'è stato un tempo in cui era addirittura necessario, che esso appartiene ali' esperienza umana come ogni altra cosa, e che se ne può parlare, ma·insieme sappiamo che c'è stato un cambiamento sociale che confina l'infanticidio tra i delitti che la società cerca di impedire. Allo stesso modo alcuni bambini dopo a_yerdiscusso sulle società animali, scrivono: "E stato bello vedere questi ànimali che ciascuno vive il suo modo" che dice in termini un po' sgrammaticati che ogni vivente è in sé perfetto. Allo stesso modo, lavorando su alcuni bre-

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