RIVISTPAOPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI AnnoVI. - N. 7. Abbonamento postale Roma 15 Aprile 1900. Partse con-dSacenualtima Per fare approvare i prnvvedimenti politici il ministero pubblicava il Decreto-Legge; per far passare il Decreto-Legge mette•·a fuori la mozione <JambrayDigny; per aprire il varco al contenuto della mozione Cambray-Digny esco"'itava la mozione Pelloux. Non appena si finse di credere che questa fosse slata «pp1·0vata furono .... ritirati i provvedimenti politici, al servizio dei quali si era messo tutto il resto. Durata dell'operazione complessiva: qualche cosa più di un anno di vita parlamentare. Il governo che si era presentato con i provvedimenti economici nell'una mano e i provvedimenti politici nell'altra, ha durnto il primo anno della sua esistenza a distruggere quelli, il secondo ad annientare questi. E poiché, per bocca del suo capo, aveva dichiarato che il regolamento era questione di esclusiva spettanza della Camera, dalla quale il governo doveva disinteressarsi, in capo al biennio di Anche gli ajficionados (I) delle Corride, cui ho assistito tanli anni fa a Barcellona ed a Mad1·id, se dopo aver gridato: CabaUosI CabaUosI non vedevano molli di quei quadrupedi cadere sventrati nella battaglia col loro, andavano via delusi, protestando. Ma è lecito ritenere che l'arena parlamentare non possa del tutto paragonarsi agli spettacoli circensi, così ~he, a solo scopo di effeLlo scenico e di sorpresa per gli amanti delle forti emozioni, vi si debb1:1no compiere alli, i quali per avventura non servano, contraddicano anzi, allo scopo politico. L'Estrema Si~istra ha mostrato di sapere sostenere, occorrendo, alla Camera, anche il dialogo non platonico nel quale i muscoli sono i protagonisti: i più pugnaci dei suoi hanno anche falto un esperimento di violazione di quei sancta snnctorum che sono i barattoli delle votaz.ioni. E sono tutti vivi e in libertà i deputali dell'Estrema, e • di quelli esperimenti 11011hanno conservato ricordi così tenibili da portar seco la efficacia preventiva dell'intimidazione! Ma che cosa si poteva fa- sua poco gloriosa esistenza ha messo m campo tutte le risorse della violenza e della prestidigitazione per simulare l' approvazione di una riforma regolamentare. Storzi inutili. re di buono e di ·utile restando nell' aula la giornata del 2, e rinunciando ai vanta~gi indiscutibili dell'uscila collettiva insieme con la Sinistra, cioè alla più solenne messa in mora che quella votazione, nulla dalle origini, non si sarebbe riconosciuta mai valida e buona f Il governo, volendo aggiungere una unità a tutti gli zeri che rappresentano il suo attivo politico, ha tentata la votazione del 29 marzo, e nel!' autetta ridotta alle ancor più modeste proporzioni di una sala della Consulta ad uso riunione della maggioranza - senza contorno di gelati, birra e liquori - ha fatto eseguire l'essperimento della innocua votazione del 2 di aprile. ,/ Probabilmente, poiché nell'anima di questo gabinetto non vi sono pensieri né cattivi, né buoni, non vi è possibilità di propositi meditali E dalli, e tira, e frusta I ma intanto non è riuscito a farlo passare! Qualcheduno della platea avrebbe voluto forse che si occupasse preventiva mente, mal potendo espugnarsi dopo, il banco della Presidenza, senza rifletLere che la votazione del regolamento durata tre minuti in nostra assenza, si sarebbe potuta compiere in un ,ninuto solo alla nostra presenza: e poie.hè maggiori formalità si erano trascurate, anche quel- (Uomo di pietra di Milano). né di libertà, nè di reazione, non vi è preoccupazione diversa da quella di saltare dalle vacanze di Pasqua a quelle di estate, da quelle di estate a quelle di capo d'anno, probabilmente anche del regolamento avrebbe fatto a meno il generale Pelloux. Ma le truppe avevano bisogno di un'apparenza di vit toria, ed al gabinetto, che il 1° di aprile era per gran parte disposto alla proroga della Camera, anche senza regolamento, imposero l'ultima votazione burlevole, durante la quale la Camera italiana pl'esentò, la prima volta, l'aspello di quel primo ed unico Parlamento di Costantinopoli ... nel quale però alcuni ra ppresenlanti erano stati pregati di fungere da deputati di opposizione. * .... L'Estrema Sinistra, dopo una memoranda battagl:a di un mese e mezzo; dopo aver reagito con tutti i mezzi, consentiti e negati, alla votazione del ;?9, c1·edette tattica eccellente di battaglia lasciar soli i nuovi deputati Ottomani nella seduta del 2. Ma da taluni spetta tori della pia tea uscì allora questa esclamazione : « noi ci aspettavamo un atto eroico, ed essendo questo mancato, delusi protestiamo». la di far presiedere la seduta da un banco piuttosto che dall'altro poteva esser facilmente spregiata. Qualcun altro, disconoscendo la praticità di questo mezzo, ayrebbe preferito il semplice pugilato, senza riflettere però che gl'incontentabili non lo a vrebbero trovato all'altezz!} della situazione, e si sarebbero ri Lirati esclamando « E cosa vista, è cosa vecchia, ci voleva per l'occasione qualcosa di più e di diverso ~. E allora f Il ferimento grave guaribile in 15 o 30 giorni, con riserva, di qualche deputato della maggioranza o di qualche ministro f O1°a, a parte la considerazione che, portata la contesa su questo terreno, la maggioranza di 300 vale indubbiamente pe.r lo meno quanto la minoranza di 60, è certo che i deputati dell'Estrema Sinistra possono giungere colla scusante della legittima difesa a compiere nell'aula anche dei così detti reati politici, ma non hanno né mandato, ne gusto, né scopo di commettere dei reati comuni. Riassumendo, ed a parte ogni celia, la permanenza nell'aula dell'Estrema, ridotte le cose al punto che, in men che si dica, un simulacro di votazione era cosa falta, non avrebbe portato con sé che la ripetizione di un coro (i) Appa&sionati. N. d. R.
'l(_I'YIS'f.JP.OPOLARE 'DI POflf:IC.J. LETTERE E SCIENZE SOCIALI òi sdegnose proLesle, assai meno eloquenli di tJuella colleLLivamenLe compiuta. E che, allo sLalo cui eran giunle le cose, fosse l' abbandono dell'aula la deliberazione più savia ed insieme più fiera, lo dimosLrarono gli avversari con le loro confessale impressioni. Lì per lì dell'uscita furono tu Lti bea Li: era un terribile incubo che, dopo nolti inlere passate sognando rivoltelle, devastazioni, defenestrazioni occorrendo, si veniva a togliere loro di sullo stomaco; ma all'ind,)mani i più inlelligenti non seppero affatto rallegrarsi di quanto era successo. Capirono che l'operazione solitaria compiuta in quei cinque minuti non avrebbe poLuto mai fecondare che una parvenza di riforma destinala a salvare le convenienze di una giornala campale, ma giammai ad insLaurare cosa vi va e durevole. .. Il 15 gennaio, nell' ipolesi dell'alto eroico che forse dalla intonazione della Gerusalemme Liberata sarebbe passato facilmente a quella dell'Orlando Furioso, cioè all'alt•> eroi-comico, noi ci saremmo ripresentati alla Camera come i reduci di un grande eccess0 in mezzo al quale, in un modo qualunque, ed in parte coonestato dalle violenze materiali, una riforma sarebbe staLo volata. Cos·,, invece, noi possiamo dire, e con noi deoe dir·e la Sinistra Costituzionale: questo regolamento 11011 chè riconoscel'lo non abbiamo nemmeno la for·Lunadi co · noscerlo. E non appena il Presidente si appresLasse per esempio a dare dei congedi di sua autorità, o a dichia1·a1·e approvritv il verbale senza votazione, noi avremmo tutta l' oppot·Lunità di chiedergli in quale .mai regolamento dell'Austl'ia, della Gelì'mania o della Polinesia sieno consacrate simili facoltà'? Insomma, l'epilogo dignitoso e sdegnoso alla seconda parte del pl'ogramma, i11iziato lo scor:;o giugn·o, rende possibile di cominciare la terza con alLreLLanta cligniLà, solennità ed efficacia. Esso prepara il miglior terreno alla dichiar·azione che quel lriste zibaldone che usurpa il nome di regolamento (del quale non ìa facoltà delle espulsioni ci offende, non le semplificazioni della pro~edura, ma la bal'ta dala alla maggioranza di sequestrare il dir·iLlo della parola e del voto!) è pet· noi privo - ora e sempre - d'ogni esistenza giuridica e fisica! Ora e sempre .... a meno che non vi si aggiunga un articolo lransitorio così concepito: « Le nuove disposi1ioni si applicheranno ai soli depuLati che le hanno votate l » Avv. SALVATOREBARZILAL Deputato al Parlamento. X>----«:X, >-~>00--<><>0--0C<:>---<:x'.>O--<A""'-X>-~O/VV'Ov--OCO---<X Anche per questo numero dobbiamo rinviare· la risposta del nostro Direttore alla lettera dell'on. prof. Maffeo Pantaleoni. I presucnotimpldiciAi cciarito Le responsabilità rivelate dal JJrocesso La commozione inspirala dalle rivelazioni di Acciarito, l'indignazione suscilata dalla figura di Angelelli, impedirono a noi tuUi di considerare serenamente la natura dei fatti addebitali al direttore dell'ergastolo di Sanlo Stefano e la serie dei responsabili che meriterebbero con lui obbrobrio e pena. Ci siamo limitati sinora a proteslare conlro i metodi di inquisizione esperimentati sul cuore di Acciari Lo, e fu così violenta e sopraffatlrice la pietà per lui e la collera pel suo carnefice che non ce1·- cammo se Angelelli avesse miralo ad altre viLLime e se fosse mosso da segreti lontani incilamenti. Oggi, a menle serena, ci sia consentito di far quella ricerca. E sarà facile e breve, e basterà ricordare alcuni episodii de: diballimento di Teramo_, dai quali risulta semplicemente questo: il diretlore dell'ergastolo di Santo Stefano - mandato colà dopo che il cav. Doria facendovi un'ispezione, vi aveva provata l'impressione clie Accia1·ito, convenientemente blandito, avrebbe par-lato - aveva un programma preciso : sventare l'organizzazione anarchica in Italia, per mezzo di Acciarito colpendone i capi, e svelare i complici che questi avesse avuti. E comrnciò là dove avrebbe dovuto finire: cominciò dall'assumere notizie alla questura di Roma colla quale mantenne poi rapporti epistolar·i continuati: la nostra non è ipotesi, ma verità accel'talasi nel diballimento di Teramo non solo per le insistenti dichiarazioni che ne fece Acciarito, ma anche per le contraddizioni in cui incorse 11 testimone Troise Alessandro, segretario dell'ergastolo di Santo Stefano e collaboratore dell'Angelelli. Quesli dunque sapeva bene nomi e biografie dei so- . cialisli e degli anarchici invisi alla polizia di Roma: e quando delegò all'ergastolano Pdilto l'incarico di spiare e tormental'e Acciarito 1 gli intimò anche di farsi designare i capoccia: ed i disgrazia Lo Petitlo nel suo epistolario si affanna a dar prova dell'abilità con cui tentava di far parlare Acciarito su Berenini, Costa, Merlino ed altri, senza però poter venire a conoscenza di fatti precisi. Ogni volta che Accia rito alcoolizzato di suggestione, stimolato coi pungoli morali ormai noti, parlava dei suoi amici, ne lamentava l'abbandono, ne esaltava le atliludi11i, o ne rimpiangeva l'affettuosità, Petilto lo inlerrompeva per osservargli : - sì, Lutto ciò sta bene, ma costoro sono poveri operai; e Lu comprendi che, r·ivolgendoti al Re per chiedergli la grazia, non puoi fargli nomi di persone umili, ma devi nominare grandi personaggi! - Per fortuna della giustizia Accia1·ito ha una psiche disordinata ed elementare, ma inetta a 1 la vor-'10delle invenzioni coordina le e verosimili : non avendo nessun fatto da aUribuire a Berenini, a Costa, a Merlino ed agli altri uomini politici che Io si voleva indurre a designare come determinalori al regicidio egli vi si negò. Ed a questo punto prevedo un'interru~ zione: si potrà chiedermi: - ma, su tale è la psiche di Accia1·iLo, i faLti clie nelle sue islanze-denunzie attribui ai quallro ostinalamenle definiti dalla stampa presunti suoi complici, sono veri~ Rispondo subito : sono falsi, ma erano stat.i coordinati in un complesso di relazioni possibili, se non verosimili del tutto, dalla polizia di Roma, che appunto contro Diotall,wi. Ceccarelli, Gudini, Collabona aveva per ben due volte proceduto, quando volendosi Lrovare dei complici ad ogni costo, si era creduto di poterli scoprire in quattro amici di Acciarito. E ~ontro tali infelici, perfettamente innocenli, il magistrato aveva compiuto un' istruttoria chiusa per insufficienza d'jndizii, perché, come scrisse il procuratore generale Tofano, quegli indizii non erano vivificati dalla conferma del correo Accia rito. Orbene; il lavorìo suggestivo dell'ergastolano Petitlo e di tulti gli Angelelli - direttore, segret11rio, capo-guardia ecc. - di Santo Stefano consisté nel far ricordare ad Acciarito tutti i fatti raccolti - e vedremo or ora come - dalla questura romana a car-ico dei presunti complici. La salurazione di suggeslione. nello spirito di Angelelli non si compì che dopo due mesi, circa, e specie per la ubbriacatura sentimentale che Pelilto ed AngelelJi gli avevan prodolto, inventando strazianti lettere della sua amante Pasqua Venarubba ed alti pianti di un suo figliuolo, che la carcerazione del padre dannava alla più dolorosa miseria! Torquemada e Guzman con gli imitatori tutti del primo e tutti i seguaci del secondo non avrebbero poLulo trovar nulla di più turpcmenle doloroso e lacerante; ed io stesso ho bisogno di dislrarre la memoria dalla veemente emozione che provai per tali episodii nel dibatlimento, se vo~lio conservare la obbiettività analiLica impostami sin dalla prima parola di questo arlicolo. Dunque, quando la saturazione psicologica della suggeslione fu complela, Angelelli Lrasse nel suo gabinello Accia1·ilo, e di notte, estenuatolo per selle ore con discorsi commoventi, lo indusse a SCl'iv, re. « Il direttore Angclelli - con la sua esasperazione di dannato, gridava l'infelice nella Co1·te d'Assise di Teramo - mi Lo1rnenlò nel suo gabiuelto, dal tramonto sino all'una dopo mezzanotte. Mi lesse una lettera di Pasqua, e rimproverandomi acel'bamente perché non tentavo di uscire in libertà per occuparmi di mio figlio, rni insinuò di sc1·ivere un'istanza al Re, rivelando tutto, assicurandomi che i rniei compagni non avrebbero avuto pene. Oppresso, senza forLe, scrissi l' isla11za, che mi fu dettala integ,,almentc da Angelelli. Egli poi maudò a pren - dere una bottiglia di marsala, ed inneggiò con un brindisi alla grazia. Era mezzanotte. Così pure scrissi un'al•.
RIVISTA 'POPOLAREDl POLITICA LETTERE E SCIENZE SOClALl tra istanza al guardasigilli nell'infame gabinelto del direttore Angelelli, il quale aggiungeva che il cimitero era già pieno. InfaUi io stesso vidi il capo delle guardie ricevere ordini di tor-ture e sentii grida di torturati». Ed aggiunge : « Angelelli mi dettò le suppliche mentre ero più morto che vivo. Io, il perdono lo avrei chiesto citando fatti genuini; ma era impossibile. La questura voleva chiudere tutta Italia nelle carceri. « Angelelli mi disse : Perché !!On metti anche Saverio Merlino~ Io risposi: Saverio Merlino non c'entra. Egli mi r"ispose : Non imp0rta, metticelo lo stesso ! Ma mi rifiutai». Era dunque un vero e preciso inciLamento alla calunnia - un reato - che Angelelli compiva ! E tutto questo fu da Acciarito urlato, con evidente strazio, in piena Corte di Assise, e fu da !ui confermato nel confronto che ebbe con Angelelli stesso ; e non vi fu un pubblico ministero che, vindice della moralità, della giustizia e della legge, ricordasse di aver il dovere di iniziare o chiedere un procedimento a carico di chi veniva apertameute accusato del più vile tentativo. Ma non è tutto ! seguivano le contestazioni del presidente ad Acciarito, cui si ricordava: voi però avete scritto di Gudini., Collabona, Ceccarelli e Diotallevi particolari precisi. ... Ed il presidente glieli enumerava. Ed allora, a misura che l'enumerazione proseguiva, din- • che, a garanzia della quiete sociale, della legge, della incolumità nosLra e dei nostri diritti, noi preponiamo all'amministrazione della giusLizia ed alla difesa della legge. * ,,.,,. Ed arrivato a questo passo io ho esposta una parte ed ho accennalo all'altra della dimostrazione che m'ero assunto di fare: ho esposto, cioè, che Angelelli ed i suoi cooperatori sono colpevoli di un reato preciso previsto e punito dall'art. 212 del nostro Codice penale messo in rapporto coll'art. 63: concorso di più persone nel reato di calunnia. E sono inollre colpevoli di quel tale abuso di autorità che il Codice prevede e punisce nel suo articolo 175. Le torture morali inflitte ad Acciarito, le fole dolororose del figlio e della grazia e del tesoro di Avellino - miraggi rosei o lugubri coi quali si volle fiaccare il cuore del disgraziaLo, Lutti i metodi di istruttoria che esaltarono la nostra pietà ed il nostro sdegno non devono farci dimenticare il lato meno - direi - commotivo, ma più precisamente penale dell'opera di Angelelli; il magistrato mostra di non accorgersene ed è un maggior nostro dovere incitarlo, sottraendoci alla rete sentimentale nella quale il nostro cuore restrinse sino ad ora il nostro giudizio. I reati di Angelelli e dei suoi - dall'abuso di autorità IL NUOVO REGOLAMENTO I compilatori del nuovo regolamento parlamentare per essere imparziali si sono occupati anche della maggioranza, ed agli antichi metodi di richiamo telegrafici e telefonici hanno Mstituito il seguente metodo ministeriale per raccogliere il numero legale. nanzi alla folla enorme ed indignata che invadeva l'aula, Pietro Acciarito esclamava: - Ma l' han detto loro I ma me l'ha fatto scrivere lui! ma sono invenzioni di Angelelli I Ma è falso ! ma è falso ! - Tutto l'edifizio artificioso dell'accusa contro i prernnti complici cadeva e pareva che ogni pietra ci colpisse nel cuore, lanto ne eravamo turbati; ma, in verità, ii nostl'O cuore era solo addolorato, però i frammenti dell'accusa odiosa ed iniqua cadevano, percuotendoli forte, sugli istituti della Patria, e specialmente sulla polizia politica e sulla magistratura! .... E quando Acciarito disse : « Scrissi nella mia istanza, fra l'altro, che Ceccarclli e Diotallevi si dovevano trovare sul poslo dell'altenlato per ~ettare delle bombe ; ebbene, questo è falso! Angelelli me lo fece scrivere. El'a l'una dopo mezzanotte ». quando Acciarito finì di segnalare quest' altro particolare della calunnia, un mormorio di collera pervase la sala ed un fremito di angoscia le anime: solo il procuratore generale era impassibile, come se nel suo cospetto un infame reato contro quattro innocenti non fosse stato denunziato. Egli compiva, col suo silenzio, in quel momento, un atto più pericoloso e più initante della stessa infamia segnalata da Acciarito: perché il reato può dolerci, può offenderci, può nuocerci; ma quel che ci proccupa e ci riempie di ansia è vedere inerti o legati col colpevole nella complicità del silenzio coloro (Asino di Roma). al concorso nella calunnia - sono molteplici: tutta la coscienza italiana, sollevatasi nell'orrore, chiede che si pro.ceda nelle forme di legge, ed attende per sapere se 1 criteri di moralità e di. legalità che la informano siano diversi davvero da quelli che reggono il senno e determinano l'opera dei giudici togati ! Nessuno dei cittadini dimentichi I e tutti esigano con voce d'ìmpei·o - con la voce del loro diritlo e della loro coscienza - la punizione della banda di Santo Stefano. E scrivevo di aver enuuziata la seconda parte della mia dimostrazione, che è questa: la responsabilità specifica di Angelelli, perseguibile in un giudizio penale, non ci deve far dimenticare la serie di coloro, che, pur non polendo esser colpiti come lui da una pena, meritano però di essere riprovati per la parte che ebbero nel dramma giudiziario dall'ergastolo alle Assise. E vorrei enumerare le colpe dei funzionarii di pubblica sicurezza nelle varie fasi del processo: ma è compito così faticoso e lungo che mi limiterò a citare esempii isolati, desunti, come tutto il resto, dalle prove raccolte nel pubblico dibatLimento, a Teramo. Non dirò dell'influenza_ che la questura esercitò sulla istrutrnria compiuta nell'ergastolo dal galeotto Pelitto e dal direttore Angelelli; dei nomi e dei fatti che la questura torniva ad ambidue perché intorno agli uni ed agli altri raggruppassero le memorie di Acciarito; della complicità della questura con ambidue nella simulazione della let-
'R..l'P'lSTÀPOPOL,ARE'Dl POUTICA LETTERE B SCIENZE SOClÀLl tera di Pasqua Venaruba (1), che PeLitlo scrisse, Angelelli corresse, e la polizia sped1 da Roma ad Acciarito ~ raccomanda La. Sorvolerò sulle storie di Santo SLefano: ma come la polizia creasse le prove, sforzasse gli indizii, presumessa le rivelazioni, ci indicarono all'udienza del 30 marzo il prof. Vincenzo Grassi e la .sua signora; i quali dichi'a1·arono alla Corte clic una loro sliratr·ice, squilibrala e s,uggeslionab!le, che si chiamava Jezzi, un giorno, dopo 1attentalo, s1 presentò loro per riferire clie Pasqua Venaruba la aveva pregala di scriverle una !etlera da dirigersi a Pietro Acciarito detenuto a Regina Cooli. In questa lettera si doveva stimolarlo a rivelare i nomi dei complici. Ebbene, Pasqua non aveva mai pensato di scrivere o di far scrivere una simile letLera, che era solo una subdola manovra di polizia diretta a far ciarlare Acciarito per incitamento di Pasqua Venaruba. ' Ma v' è di peggio: nella stessa udienza il tesLimone lVlar?bini di_cl}ia:ò qua_nl? segue: quando i quattro presunL1 comphc1 d1 Acnarito furono arrestali la prima volta, la madre del. Diotallevi, del quale il Mara bini avev_a accettata la difesa, gli mostrò un biglieLto che un sedicente ex detenuto di Regina Cooli avevale portai.o - diceva - da parte del figliuolo. In quel biglietLo si sollecitava la madre a pregar Pasqua Venaruba e Cherubino Trenta di voler modificare le loro deposizioni, in favore di Diotallevi ! Ebbene, il Diotallevi non scrisse mai una tal cosa a su a mad~e; era un'altra insidia della polizia, che aveva tentalo d1 sorprend~1·e la semplicità, e l'affetto di una povera madre, pe_r_111durla far cosa che avrebbe_ potuto nuocere ternb1lmente al di lei stesso ficrlio ! E mostruoso di perfidia oHre che di loiolesca artifici:òsità ! Ho citato a caso e solo per segnalare il sistema. Passo oltre. . Narrando le varie falsità con le quali si era lascialo mdurre a 1o~andar la grazia ed a denunziare i suoi am1c1, .i\cc~ar1t~ ebb_e_delle frasi dolorose· come il pianto, e dei ri_cord1 um1hanti per Angelelli come una frustata. Sentite: « Angelelli mi promise che sarebbe andato egli stesso a Roma _per p1~esentare ai piedi del Trono la mia domanda d1 grazia. Ed aggiunse: pure io ho figli, e prendo a cuore la tua sorte. Poi rivoltandosi al suo segretario che er~ rresente, lo avvertì che il perdono sarebbe venuto d1 s1curo, e che appena fosse stato concesso gli av~~bbe teleg_rafalo per farmi prendere la misura degli ab1t1 borghesi _che vol~va regalarmi! Ma Angelelli and?to_ a Roma mvece d1 presentare la mia supplica ai p1ed1 del 1:rono, la presentò ai piedi del Questore ! » t'; Quest'ultimo lamen Lo di Acciarito è una rivelazione: in verità Angelelli fu inquisitore crudele straziatore che ' ' (1) Per far ricordare come quesla invenzione dovesse eccitare lo spirito di Acciarito, tr11scrivo qui in gran partP il documento. Eccolo : è in data del 28 novembre 1898: • Se sapessi, adorato Pietro, le mie sofferenze, le wfferenze di questo figlio tuo, ho perfino pochissimo latte per nutrirlo. Dai tuoi amici, per causa dei quali ti sei sacrificato, non ho mai avuto un aiuto, nessuno si è mài fatto vedere a me, eppure essi sanno che tu hai questo figlio, il quale se avesse fuori il padre, avrebbe il suo nome e la sua assistenza. - Io non ti voglio attristare, nè farti rimproveri, ma ti assicuro che quelli che ti hanno ingannato avrebbero almeno il dovere di dare un soldo a questo innocente bambino, mentre se tu dicessi il loro nome, essi pure sarebbero perduti e scacciati dai compagni, mentre poi tu potrest.i ottenere di vedere il figlio tuo e non restare in eterno nel fondo di una pr:gione, dalla quale non uscirai che per andare al campo santo. ... Se tu fossi in libertà, comme saremmo felici ! Il mattino saresti il primo a baciare sulla sua fronte purissima il figlio tuo, e la sera, ritornanrlo dal lavoro, egli ti verrebbe incontro e tu lo prenderesti nelle tue braccia e lo trastulleresti sulle tue ginocchia e la domenica andremmo con lui fuori porta ... E la lelte1·a finisce con un nuovo colpo di martello sul cuore di Acciar·ito: Ora siamo nel lutt.o e nella miseria: io vedova ed egli orfano! Questi pensieri mi fanno quasi divent:i.r pazza per il timore che forse perderemo questo gioiello del nostro amore, perché egli è macilen~o e ma~ nutri~o; ti ripeto che non ho nemmeno un soldo per chiamare il medico, comprar le medicine e sono da tutti abbandonata. abusò dei mezzi di inquisizione, che violò le leggi umane e divine: ma non agì insindacato, ed i suoi sistemi inquisitoriali non rimasero segreti: da quando li compiva, al giorno in cui i difenso1 i dei presunti complici di Acciarito li esponevano al pubblico in Corte di Assise passarono molli mesi e molte elevale intelligenze di magistrati le vagliarono: il procuratorci generale di Roma che ricevetle la domanda di grazia in base alla quale requis1 per la riapertura del giudizio a carico dei pretesi complici; la Sezione di Accusa, che, avocata a sé l'ist1·ultoria complementare, la comp'1 e rinviò i quattro accusati dinnanzi ai giurali; il sostituto procuratore generale che compilò la requisiL01'ia di rinvio al 6'1udizio di Corle d'Assise; i presidenti delle Corli, i procuratori generali cli udienza a Roma come a Teramo .... ELbeue, tutti questi altissimi magistrati conobbero Angelel i, lo sentirono parlare, ne appresero le gesta dentro le car-te del processo, ne seguirono le orditu1·e e gli inganni per più di un anno, e non uno ebbe una p~rola che riassumesse l' imp1·essione dolorosa del pubblico ! non uno credette che fosse dover suo JJollare i sistemi dei quali gli istruttori Pelilto ed Angelelli si ernno va~si ! noi! uno eb_bequ~lla fori:na d'intelligenza che consiste nel presentire la 1mpress10ne amara che di un rroc~diment_o eretto su base immorale sarà per risen t1re 11pubblico, non uno ebbe quella forma ,di pudore che consiste nelle manifestazioni di r·ispello della sensibilità etica collettiva ! Questi altissimi magistrati ai quali noi non solo affidi~m? l'onore ed i~ dover~ ~i garenlire la ~ostra proP~'1eta e_la nostra 111colum1Lam, a anclie affidiamo la cura d1 far rispettare la legalità civile dei giudizii di fronte alle frodi turpi delle quali la banda dell'ergastolo di Santo Stefano si era servila per impiantare un processo malaugurato, non ebbe uno scatto dell'anima indignala non un motto del!' ingegno nobilmente educato nel!~ d~scipline del ~iritto e ribelle a sanzionare il torquemad1smo angelelhano ! Quando la magistratura, custode della giustizia e depositaria della legge, prese la parola per bocca del procurator generale Paletti, alle Assise di Teramo, fu solo per dire, con un::t ingenuità che da parte di un giudice fa rizzar i capelli sulla testa: « Ma di che cosa vi stupite~ Angelelli non era direttore di un seminario ma di un ergastolo, quel che fece fu a fin di bene, ed Acciarito ha esagerato! » Come se agli ergastoli i direttori fossero preposti per perpetrarvi reati, e per torturarvi i reclusi; come se le accuse di Acciarilo fossero state infirmate; come se it fin di bene non si fosse convertilo in una mala fine pel decoro di tutti gli istituti I Io non voglio già dfre che i magistrali della Procura Generale del Re e della Sezione di Accusa siano meno che intelligentissimi e moralissimi; ma vocrlio solo arr-iva1:e al\a. C:on_clusioneeh_~in questo proc~sso dai riflessi poht1c1 1·1velarono prn zelo che serenità, più crud_eltà c~e. equ~tà, p_iù fretta di requisire che preoccupaz10ne d1 1llum111a·rs1. .. È_la più pericol0sa specie di quella deformazione professionale che,_ appunto, studiai sui magistrati e per la quale un mio autorevole collega in giornalismo definì i rappresenLariti del pubblico ministero così: sono impresari di condanne. A q1:1aleverità, a quale giustizia, a quale istituto, a quale mteresse si inspiravano quando ad istituire il pro~ cesso del complotto eYoearono dalle celle di Santo Stefono la figura di Acciarito f io son troppo rispettoso della magistratura del mio paese, nonostante i suoi errori - o meglio, nonostanle gli errori di qualcheduno dei suoi capi, più frettoloso di arrivare che di far arrivare la giustizia - per rispondere. Ma un risultalo è palese: si volle la condanna di quattro innocenti e la coscienza pubblica si ribellò e condannò gli auloci del processo; si vollero perseguitare degli anarchici e si rivelò una furibonda anarchia in certe pubbìiche amministrazioni; si vollero dannare all'ergastolo dei presunti regicidi in fieri, e si riuscì a rendere commovente il caso e simpatica la figura di uno pseudo regicida, di Pietro Acciarito, che apparve il :'olo e_ssere dotato. di viscere umane passato att1·averso 11gabmello del direttore dell'ergastolo di Santo Stefano! Grnv ANNI CrnAOLO.
JUP1S1.4POPOURB Dl POLJTIC~ LBT'f ERB B SCJBNZB SOCJ~Li AVVISO AGLI ABBONATI È avvenuto che molti de' nostri abbonati abbian rivolto lagnanze all' Amministrazione per non aver ricevuto il bel libro del prof. E. Ciccotti il quale ha avuto così splendida accoglienza nel mondo letterario e politico. Ora noi avvertiamo nuovamente i lettori che per aver diritto a questo interessante Si sa che molti interpetri di Marx hanno intesa la teoria del profitto come la massa j hanno giudicato, cioè, che il profitto è, nella dottrina marxista, un'usurpazione. Il professore Loria l'ha detto nel modo più netto, ma il professore Labriola l'ha, a questo riguardo, violentemente censurato (1) accusandolo di far parlare Marx con lo stile di Proudhon; ma sarebbe più esatto dire cbe Loria ha fatto parlare Marx con istile marxista. Io non credo tolti da scritti libro illustrato, come premio, bisogna aggiungere Centesimi 60 al prezzo d' abbonamento alla Rivista Popolare. Differenti punti di vista. inutile riprodurre qui due passaggi recentissimi di Giulio Guesde, che è l' interpetre riconosciuto dalla democrazia sociale di Francia. Il 31 luglio 1898, parlando dell'esposizione di e:onomia sociale, preparata pel 1900, scriveva nel Socialiste: « Il « bene ottenuto da quelle che si è « convenuto chiamare delle lode- « voli e generose iniziative non è e che una restituzione parziale, al- « trettanto insufficiente nel fondo « quanto umiliante nella forma, di « tutti i beni creati dalla classe oc peraia, e di cui essa si sente sem- « pre più spossessata. Tutte le opere « e le istituzioni destinate a miglio- « rare la condizione fisica e morale « dei salariati non suppliscano nè « suppliranno mai per quelli al pro- « dotto integrale del loro lavoro... che « è loro dovuto, e che non potrebbe « essere raggiuuto se non con l'a- « bolizione del salariato. » Qui Gues..ìe precede esattamente, come io diceva al principio di questo paragrafo : egli paragona la società attuale con una società ideale eh' egli costruisce nel suo spirito ; in essa non più salariato, ma attribuzione a ciascu ao del prodotto intero del suo lavoro; è in questa utopia comunista soltanto che ciascuno riceve ciò che Il libro del Ciccotti è posto in vendita a L. 3.50, e nei 60 centesimi richiesti è compresa la spesa postale per l'invio del volume. l'Amministrazione. IpostudleaMlti anifCesotmounista (Continuazione Vedi N. 5). II. Engels è molto imbarazzato quando deve spiegare l'opinione dì Marx sul profitto industriale nello stesso modo che gli antichi filosofi e teologi hanno condannato il prestito ad interesse come contrario alla natura delle cose, ingiusto e assurdo nelle sue conseguenze logiche, ma Marx ha forse anche condannata la produttività del rapitale? Engels fa una distinzione: egli dice che il suo amico non ha fondata la sua teoria comunista sull'in giustizia che resulta dal fatto che « la più grande parte del prodotto non appartiene ai lavoratori che l'hanno creato »; ma, aggiunge esso, si deve tener conto del « sentimento morale della massa » che considera il profitto come ingiusto, e questo sentimento morale si produce quando il fatto incriminato è una sopravvivema, o quando « altri fatti eco- « nomici si sono prodotti, grazie ai « qu~li il primo è doventato insopIl Principe tli Galles: « Lasciatemi invidiare quei che muoiono laggiù per la noslra regma ». gli è dovuto ; è paragonando il mondo attuale con questo modello che si può riconoscere l' ingiustizia del primo. c portabile, insostenibile. ,, (1) . Tutto ciò non è molto chiaro ; e la spiegazione che dà Engels della formazione del sentimento morale della massa è una pura tautologia, e vi è una rivolta contro una situazione quando essa doventa insopportabile. Negll ospedall al 'l'rausva.al. Adesso saranno contenti a Londra! In un altro articolo del 27 novembre 1898, rispondendo a delle osservazioni di Carlo Limousin, egli seri• veva nello stesso Socialiste (organo officiale del marxismo francese) : « Quanto a Marx, se egli ha, nella « sua magisflrale analisi, dimostrato « che il capitale non è che del lavoro « non pagato, e che il lavoratore, in « regime capitalista, è, di conse- « guene1a l' eterno de1·ubato » .•. Io sarei assai curioso di conoscere questa analisi magistrale che rammenta il capitolo dei cappelli d'Ippocrate ci - Uiò che deve arrestare la nostra attenzione è che, a confessione di questo autore, i s~cialisti trovano cattiva e ingiusta l'esistenza del profitto, mentre Marx non aveva emesso un apprezzamento etico su questo fatto; bisogna dunque qui ben distinguere, secondo il solito, tra Marx e i marxisti; questi hanno confuse le teorie del loro maestro con le idee in voga nelle antiche scuole socialiste. Quanto a Engels io mi domando se esso non pensasse come « la massa »: dire che l' ope. raio non riceve ciò che ha creato nen è forse affermare che egli subisce un danno? ( Cri de Paris). tato da Scranarello nel Jllledicosuo malgrado di Moliére. Non è du~que dubbio che la scuola si è molto allontanata dal maestro, perchè è risaputo con quanta cura questi si sforzi di dimostrare che nel processo della produzione capitalistica le operazioni si fanno sempre seguendo le regole di eguaglianza, e che l'intraprenditore realizza il suo profitto senza prendere mai altro che ciò che gli spetta. Come dunque delle operazioni legittime nel loro dettaglio sarebbero ingh1ste nel loro complesso? La teoria di Marx è stata resa oscura in seguito al l'impiego dell'espressione lavoro non pagato. Egli dice, (1) Misérc dc la Philosophic; edizione francese; prefazione (1) Discot'rcndo cli Socialismo e cli Sociologia; pag. 32 pag. 12. note.
126 RIYISTÀ POPOLA'R..EDI P()LI'flCÀ LETTERE E SCIENZESOCIÀLI per esempio (1): « Ogni plus valore - qualunq_uene « sia la forma particolare - profitto, interesse, rene dita etc. - è in sostanza la materializzazione d'un « lavoro non pagato, Tutto il segreto della facoltà pro- « lifica del capitale è in questo semplice fatto : ch'esso « dispone di una certa quantità di lavoro che esso « non paga. » L'espressione lavoro nari pagato è anteriore a Marx, ed io credo appunto eh' egli l' abbia impiegata perché era nella lingua corrente dell'operaio inglese ; egli cita una testimonianza dei fornai (2) che chiamano itmpaid laboiir, il lavoro supplementare che certi padroni ottengono dai loro operai al di sopra della du,ata normale della giornata per procurarsi un extra beneficio. Marx fa osservare che il profitto ordinario e il profitto straordinario appartengono al medesimo genere. « Il sedicente prezzo normale del lavoro contiene an- « che una certa quantità di lavoro non pagato, ed è « precisamente questo lavoro non pagato che è la sor- « gente del guadagno normale. » Le discussioni ingaggiate a proposito della fissazione della giornata massima del lavoro, avevano reso molto popolare in Inghilterra, tanto tra i fabbricanti che tra gli operai, l'idea che il profitto risultasse dall'impiego di un certo numero d'ore occupate a lavorare pel padrone: il profitto era paragonato alla rendita feudale ottenuta mediante la corvée fornita dai contadini durante un certo numero di giorni all'anno. Marx fa d'altronde questa assimilazione, ossj:lrvando che la sorgente del profitto è nascosta dalle apparenze del contratto del salario, mentre la sorgente della rendi~a feu • dale è evidentissima per trtti. ,: La teoria di Senior sull' ultim' orà aveva fatto fortuna tra i manifatturieri, ed era stata invocata per dimostrare ,:,.heogni riduzione della giornata sopprimerebbe il profitto; importa poco esaminare qui in quale misura i calcoli di Senior fossero falsi o male espressi; noi dobbiamo arrestarci solo alla maniera adottata per rappresentare il profitto. Marx cita anche un industriale che diceva in un'inchiesta : « Se voi mi per- « mettete di fare lavorare ogni giorno dieci minuti cli « più del tempo legale, voi metterete ciascun anno « mille lire sterline nella mia tasca > ; e aggiunge: << in questo ambiente la formazione del plus valore per « mezzo del sopralavoro non è un segreto .... ». Io non credo che Marx abbia inteso fare una grandi scoperta quando ha perfezionato e regolarizzato il metodo inglese, che consisteva nel tradurre il profitto e • i salari in tempo. Quando si mette da una parte la classe operaia e dall'altra la classe capitalista, la ricchezza prodotta dalle fabbriche si divide in due parti: durante un certo numero d'ore le macchine girano per produrre i salari, durante un'altro numero d' ore per produrre i profitti, rendite e interessi. In un esempio ch'egli prende da una contabilità di una filatura, una settimana (nel 1871) avrebbe consumato 342 lire sterline di cotone, avrebbe dato luogo ad una spesa in carbone, illuminazione, fitto e consumo di macchinario di 36 sterline, e prodotto 510 sterline di filati col mezzo di 52 sterline di salari. Marx dice che la ricchezza prodotta è stata di 132 sterline di cui 52 sono andate agli operai e 80 ai capitalisti, e rappresenta questo fenomeno dicendo che su 10 ore per giorno vi sono 3 ore e 59160 impiegate in lavoro salariato e 6 ore e 1160 impiegate in lavoro riservato ai capitalisti. La prima parte è il lavoro pagato, e la seconda H lavoro non pagato. Queste ultime espressioni sono infelici perchè suppongono che il capitalista non paghi ciò eh~ spetta all'operaio, mentre che egli ha pagato il prezzo corrispondente all' oggetto del contratto. non solo il prezzo convenuto, ma anche il prezzo che rap- (1) Capital, traduz. francese, pag. 230 col. 2. (2) Cupital, traduz. francese, pag. 238 col. 2, presenta il valore proporzionale della cosa venduta nell' insieme delle cose prodotte; le espressioni impiegate da Marx si trovano ad essere in contradizione con tutta la sua teoria. Si può domandarsi per quale ragione Marx ha adottato il sistema della rappresentazione inglese in tempo pagato e tempo non pagato; io credo che ciò sia perchè egli voglia fare rientrare l'economia salariata in una concezione generale abbracciante tutta l'economia non comunista. Egli voleva mettere in evidenza che vi è sempre un padrone ed un servo, che una parte del tempo del servo è stata sempre impiegata a produrre la rendita del padrone, e un' altra parte a mantenere in vita lo stesso servo sotto le condizioni imposte dal padrone. Egli creava così una maniera uniforme di trattare le relazioni economiche col mezzo delle più gri,.n,di varietà giuridiche. La servitù diventava il tipo di questa costruzione, come ho detto più sopra. (Continua). G. SOREL. Lasituazione p litincFarancia E e opera di Millerand (Continuazione Vedi N. 5). Questa situazione rivoluzionaria sorprese, ad un tempo, i dottrinari del moderatismo borghese come quella del rivoluzionarismo socialista. Gli uni si rifiutavano a compiere le divisioni della società in classi, sotto pretesto che i principi della Rivoluzione del 1789 ne sarebbero stati turbati, e ciò scusava la loro cura di non far niente pel miglioramento della classe operaia, e anche quello di prendere delle misure contro di essa sotto pretesto che i suoi organi collettivi, gruppi e sindacati, potevano, negli scioperi e nelle manifestazioni, turbare l'armonia nazionale. Gli altrì, i socialisti dottrinari, si erano addormentati sul concetto della divisione in due sole classi distinte, e sotto pretesto ch'esse sono antagoniste, e che lo Stato non rappresentava che gl' interessi della classe possidente, si rifiutavano al lavoro, evidentemente complesso, di delucidare le questioni pratiche, e di ottenere dallo Stato una libertà d'azione, delle garanzie e delle leggi miglioranti le condizioni della classe operaia. Guesde ha riassunto questo concetto quando diceva al Congresso generale del partito socialista che dello Stato « non « si può impadronirsene che nel periodo rivoluzionario, « a colpi di fucile » • Bisogna dire che ciò sia sembrato strano all'insieme degli operai socialisti che si domandarono, con ragione: « Ci si parla dopo 20 anni d'impadronirsi dello Stato « a colpi di fucile; Il.'! dove sono dunque i fucili? » E questo concetto sembrava loro tanto più strano che, non solo si lasciavano i fucili, vale a dire l'esercito che ne aveva il solo uso, nelle mani della reazione, ma si era rifiutato _di prender parte alle battaglie contro il militarismo nell'affare Dreyfus, sotto il pretesto, che doventa incomprensibile, che la sola soluzione per l'abolizione degli eserciti permanenti, era nell'avvenimento della società socialista, e che, infine1 in queste frazioni dette rivoluzionarie non si pensava di dare alla classe operaia delle armi difensive, che ci si rideva dell'azione sindacale, questa sciabola di legno, come Guesde l'aveva chiamata al Congresso nazionale del Partito operaio francese a Parigi ; mentre la cooperazione non era, nella bocca dei suoi camerata, che una trappola borghese, l'ultima parola dell'abilità borghese contro la classe eperaia. E si mostrava agli operai la Borghesia come un tutto, dalla sua estrema destra alla sua estrema sinistra, battezzando i ministri, chiamati ultimamente col ministero Waldeck-Rous-
RIVISTA POPOLARE DI POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIALl u7 seau Millerand, i « fondi del potere» della Borghesia, preparanti nuove imboscate contro il proletariato. Una riforma che venisse da parte di questi ministri non poteva essere che sospetta., e Vaillant al Comitato generale del ;I>artito socialista ha lanciato la parola che caratterizza tutta questa ragazzata: « i vantaggi in- « scritti nella legge del lavoro che racchiude la legge « del 1892 non sono fatti che per carez~are la classe «operaia~. Si capisce che i fatti e il buon senso degli operai hanno finito col trionfare di queste stupidità, e ch'essi ormai mettano da una parte questa teoria utopistica, malgrado l'apparecchio scientifico di cui si piace spesso di ornarla. Per dare un'idea del modo col quale la classe operaia apprezza la cooperazione, e quindi tiene un conto mediocre delle dichiarazioni rivoluzionarie, basti dfre che dopo 5 mesi del Congresso, quattro coop~rative di produzione (orologeria a Baderel nel Doubs, conserve alimentari a Guegnon in Saone e Loyre, metallurgica al Creuzot nel medesimo dipartimento, e infine una cooperativa ag icola a Belfort) sono in via di costituzione. Se saranno esse fortunate come la vetreria operaia di Albi o di quelle diamantifere del Jura, per non citare che quelle che hanno dato nas~ita a dei gruppi socialisti, ciò non lo si sa denti (Federazione dei lavoratori socialisti di Francia) e dagli allemanisti (Partito operaio socialista rivoluzionario). Va da sè che, al di fuori di queste organizzazioni socialiste, l'insieme dei sindacati e delle cooperative operaie ha applaudito alla sua entrata nel ministero. Essi erano, infatti, direttamente interessati, e la q1-1estione sta tutta nel sapere se non sono essi che segnano in questo momento il punto estremo del movimento operaio, se essi non traducono il massimo di coscienza e di potenza della <:lasse operaia, s' essi non formano la materia concreta del movimento socialista. Le frazioni socialiste non sembrano comprenderlo; esse prendono un'att,itudine, più o meno giusta, di fronte alle leggi operaie, ed esse non si curano troppo di domandare il parere del mondo sindacale e coopera tiv J, prima di proclamare il loro. Essa hanno anche trovato il modo sin oggi di fare le loro discussioni, di lasciare segreti i motivi delle deliberazioni sulle questioni di legislazione operaia, decisioni ch'esse avrebbero poi la pretesa di rendere obbligatorie. Si sono già da tutte le parti elevate delle pretese, e se queste discussioni non saranno rese pubbliche, servendo co3Ì come elemento di argomentazione ai sindacati ed ai gruppi socialisti, è certo che saranno tenute per nulle dall'insieme della ancora. E questa una questione di fatto che bisogna saper risolvere, e il proletariato, preoccupandosene sempre più, avrà una più grande coscienza della situazione economica e politica che deve far servire ai suoi benefici per la propaganda socialista e cooperativa. L'attentato a] Principe di Galles. classe operaia. Sono anche le stesse associazioni guesdiste e blanquiste che s'oppongono a questa pubblicità, che rifiutano di rischiarare la via ove esse vogliono me~tere il partito socialista. E vero che si tratta di discussione su di una legge riformata da Mille, rand, e queste organizzazioni, che hanno fatto il silenzio nelle riforme precedenti di Millerand, e hanno prote• stato contro la legge operaia quale il ministro del commercio proponeva di rifondere, non vogliono offrire alla classe operaia che le sole violenze di linguaggio che hanno :finora spacciate. I concetti degli operai socialisti si allontanano sempre più daU'utopia, e in mancanza dei fucili e di una situazione economica favorevole alla società colletti vista, si preoccupano di fortificare e di migliorare la loro condizione politica ed economica. Ciò è, d'altronde, tanto più urgente, perchè la situazione del ministero attuale è troppo rivoluzionaria, perchè si possa con- - Che ragazzaccio ! Prendersela col Principe di Galles, - i\Ia ! Forse credeva che il 1ì1lio dell'Imperatrice dovesse essere il pili formidabile guerriero inglese che combattesse contro i Boeri! (Pasquino di Torino). ,!: tare su di una scadenza soltanto un po' lontana, e che, invece, di avere a fare con una rivoluzione socialista, si possa aspettarsi in Francia una nuova lotta feroce, benchè gesuitica, degli elementi reazionari che hanno compreso tutto quel che potrebbero sperare dalla piccola massa borghese. Le elP,zioni senatoriali, come abbiamo detto, hanno ancora messo in luce questo pericolo, e noi ci avviciniamo in questo momento e a delle elezioni municipali, e poi alle elezioni legislative. Il disordine nel quale si trova la frazi,one socialista non può che favorire questo pericolo. E dunque sulla base, sul movimento operaio, che bisogna fondarsi. E su quello ci si basa sbarazzando il terreno dai propagandisti piccoli borghesi che i centri parigini della organizzazi$ne mandano in rrovincia. Si organizzi e si utilizzi l' aiuto che si può trovare nella frazione democratica della borghesia e dallo Stato attuale che è la sua espressione, e che ha, per la prima volta, riconosciuta la classe operaia come una classe avente i suoi sindacati, eome organi distinti che devono concorrere alla vita della nazione, e che, inoltre, nella persona di Millerand, ha riconosciuto il partito socialista con:ie un fattore politico. E così che Millerand è entrato nel ministero, rispondendo a questa necessità repubblicana ed operaia. Quest'atto è stato approvato dai socialisti indipen- *.* Ma vediamo ora gli atti ministeriali di Millerand perchè la loro semplice esposizione sarà sufficiente-mente eloquente. Noi abbiamo veduto quali condizioni éccezzionali avevano portato al potere il ministero Waldeck Rousseau-Millerand. Si tratta ora di conoscere gli atti di Millerand. Questi formano, lo si può dire, una serie logica, e riguardano l' insieme delle condizioni delle classi operaie. Si possono considerare tre ordini di atti. I primi riguardano la messa in esecuzione delle leggi operaie attuali e alla loro reale sorveglianza con gli ordini esistenti. Questa serie di atti non ha solo un carattere passivo. Millerand, a questo riguardo, tende, al contrario, a trarne tutte le possibili conseguenze e ad orientare gli organi amministrativi ( prefetto, ispettore del lavoro etc) verso un nuovo senso giuridico. Ciò si rileva particolarmente dal suo commento alle leggi sugli accidenti del lavoro contenuto nella sua circolare ai prefetti del 24 agosto 1890. Per la prima volta, benchè questa legge dati dal 7 aprile 1898, il ministro del commercio, appena salito al potere, indicava ai prefetti il carattere nuovo che essa imprimeva, creando un « diritto operaio » , come ormai si può chiamare. Egli non si contenta di dare la procedura di questa legge, d'indicare il campo di applicazione; Millerand spiega che si è compiuto con
128 'IUVIST.t4POPOLAREDI 'POLITIC~ LETTERE B SCIENZE SOCIALI essa nel nostro diritto una rivoluzione in favore della classe operaia. Per comprendere l'importanza di una tale circolare ai prefetti bisogna rammentare l'attitudine dei prefetti stessi sotto Méline e sotto tutt.i i ministeri precedenti; e bisogna ricordare che alla formazione del ministero Waldeck-Rousseau, i prefetti e i sotto prefetti avevano da intervenire nei grandi scioperi di Saone et Loire, in una regione dove gli operai avevano dormito 30 anni sotto il giogo politico ed economico d~gli Schneider e dei Magot, ed ove sembrava, per conseguenza, che sarebbe stato facile farli rientrare nel silenzio, tanto più. che niente sarebbe sembrato più. legittimo agli occhi della maggioranza del Parlamento e della nazione, a cui si erano vantate le opere di beneficienza di Schneider e di M agot. Leggete quel che Jean Bourdeau scriveva nella Revue politiqite et parlamentafre del 10 agosto 1899 : « Sotto la dire- « zione di Schneider il Creuzot aveva goduto per 30 « anni di una pace profonda, dopo il grande sciopero « del 1870, che fu il segno dell'effervescenza generale e che si manifestava nel mondo operaio alla fine dele l'impero. Numerose istihtzioni di carità, d'ed1i,cazione, « di consitmo, create da Schnt::ider, e mantenute dai « suoi figli, si sono però rivolte a suo danno. Gli ope- « rai vogliono organizzare le società di consumo in « modo che, in circostanze date, vi trovino le sussi- « stenze per un grande sciopero. I tempi del padro- « nalismo benevolo e intelligente sono passati. Gli o- « perai reclamano la loro indipendenza nella vita pric vata. Schneider è deputato del Creuzot, ~a ad ogni « elezione il numero dei voti socialisti aumenta. > Il Bourdeau segnala così, in queste linee, l'immenso resultato rivoluzionario che si ottiene a mezzo delle cooperative. È quella del Creuzot che ha permesso a questi operai di riparare la disfatta del 1b70, di fare per la loro emancipazione politica e pel miglioramento delle loro condizi0ni, ciò che non aveva potuto la rivolta polWca del 1870 Ma era necessario anche un governo che permettesse a questi sforzi di svilupparsi liberamente e che non facesse intervenire l'esercito e i tribunali in favore dei capitalisti. Fu ciò precisamente la nuova attitudine del nuovo ministero che colpì l'attenzione degli or~ani borghesi stupefatti della pronta risoluzione dello sciopero di Montceau-les-Mines. È quel che constata particolarmente il Bourdeau, che scrive nella medesima rivista: « Gli operai di Mont- « ceau hanno ottenuto ciò che chiamano il loro aff1·an- « camento morale, il riconoscimento del sindacato for- « mato in seguito allo sciopero, la dimissione dei sor- « veglianti, la paga a quindicina, la pensione propore zionale ~opo il terzo anno di lavoro. Il loro successo « può essere stato favorito in certo modo dall' enh'ata « al ministero di ilfillerand. » La medesima osservazione vi fu nella Reforme Sociale. Era dunque una rivoluzione nei rapporti dello Stato con gli agenti di produzione, ed era il medesimo spirito che animò costantemente e che finì coll' arbitrato di Waldeck-Rousseau che mise fine allo sciopero del Creuzot, e che permise agli operai di St. Etienne di farE> accettare dai padroni delle miniere la scelta di Jaurés come loro arbitro. Era la prima volta che dei capitalisti accettavano di trattare, riguardo ai loro interessi, con un rappresentante del partito socialista. Il fatto è unico in tutti i paesi, e colpisce soprattutto in Francia, ove l'opposizione t.ra capitalisti e ope::-,i aveva sempre rivestito una forma intransigente tl appassionata, e ove la classe operaia non è ancora pervenuta a una coscienza morale sviluppata, a un'organizzazione sindacale potente. Il arbitrato di Jaurès viene, lo si vedE>,direttamente dal . fatto della presenza di. un socialista al Ministero. V~ è, qualche cosa di cambiato nelle condizioni padronai1. E impossibile, lo si capisce, che ciò non abbia per corollario una modificazione nella concezione della classe operaia intiera che prenderà più confidenza in sè stessa, nelle sue risorse attua.li e nella necessità d'un governo democratico. Comprendendo che nulla nelle leggi esistenti obbliga H padrone a trattare con il sindacato operaio, e che il lavoratore può trovarsi isolato di fronte alla volontà padronale ed intelligente, il governo attuale ha presentato un progetto di legge che emenda e completa la legge del 1884 sui sindacati professionali. Con questa nuova legge i sindacati avrebbero il diritto di stare in giudizio, d'acquistHe senza autorizzazione degli immob·li, e di fare atti di commercio. I sindacati potrebbero anche doventare delle società anonime o delle coopera1ive facenti il commercio della mercanzia lavoro. Sarebbe col sindacato, o con l'unione dei sindacati, reclutanti l' insieme degli operai, coi. quali il padrone dovrebbe trattare. Questo sindacato, potrà anche trovare più facilmente dei capitali) e processerà o metterà all'indice il capo dell'intrapresa che violasae o impedisse l'applicazione delle condizioni del lavoro fissate dal sindacafo o dall'unione dei sindacati. E questa una riforma decisiva, che mette in rivoluzione i rap• porti· tra capitale e lavoro, e che è stata domandata invano dai socialisti belgi cbe cono3cono l'importanza delle cooperative e dei sindacati. Essa completa l'opera di arbitrato provocata e accettata dal ministero Valdeck-Rousseau Millerand. * * * Vi è poi una seconda serie di atti nell'opera di Millerand che lo riguarda personalmente. Questa consiste soprattutto nell'associare la classe operaiP, a mezzo dei suoi sindacati, all'elaborazione dei regolamenti pelle officine, al controllo delle leggi del lavoro e dell'igiene industriale ; ed essa è sul punto di finire con un progetto che estende a tutta l'industria l'organizzazione dei delegati minatori, e cioè ad una legge creante dei delegati operai pagati dall'industria, controllanti continuamente le condizioni del lavoro, e segnalanti le colpe o gli abusi al corpo degl'ispettori del lavoro. Prima di Millerand, erano gl"ispettori del lavoro, nominati direttamente dal governo, che vegliavano all'esecuzione delle leggi sul lavoro. Venendo nominati direttamrnte dal governo è evidente che il loro zelo dipendeva molto dalla vigilanza e d1g1l'interessi di questo g0verno. Sotto il ministero Méline il ministro del Commercio Boucher riuniti gl'ispettc-ri divisionari del lavoro aveva detto loro: « La consegna è di russare». Hebon, all'epoca in cui era ministro del commercio, nel 1895, scriveva alla Camera di Commercio di Tourcoing che e delle istruzioni sono date agl'ispet- « tori del lavoro perchè essi usino una grande tollee ranza là dove non vi sono abusi, e perchè chiudano « gli occhi nelle industrie ove il lavoro non oltrepassa « le undici ore al giorno » Si trattava dell' applicazione delle l O ore di lavoro ai fanciulli. Io non credo che vi sia stato un ispettore per fare al ministro la risposta che gl'ispettori inglesi fecero al ministro che domandava loro di applicare con moderazione la legge che era stata votata dal Parlamento l'anno precedente: e Signor ministro, voi non avete il potere dittatoriale « che vi permetta di sospendere la legge ». Si trattava, d'altronde, in Francia, in quel momento, d'una legge riconosciuta da tutti applicabile; ma era bene m0strare come il governo intendesse servirsi degli ispettori mettendoli a disposizione soltanto dei padroni. Al suo arrivo al ministero, Millerand, al contrario, ingiunse agli ispettori di far rispettare dappertutto le }eggi operaie: e le sue non furono delle vane parole. E così che gli orfanatr0fì e -laboratori religiosi violavano la legge del 1892 in tutte le sue disposizioni sui fanciulli Un ispettore di divisione si era. contentato di ascoltare i religiosi e di dar loro così carta b'anca. Millerand biasimò quest'ispettore e ordinò una seriç1,e completa inchie~ta che finì specialmente a Mar-
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