Rivista popolare di politica lettere e escienze sociali - anno III - n. 7 - 15 ottobre 1897

RIVISTPAOPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI Direttore: Dr. NAPOLEONE COLAJANNI DBPUTATO J..l. PAB.LAMSNTO 1TALIA: anno lire 5; semestre lire B ..:.. ESTERO: anno lire 7; semestre lire 4. Un numero separato Cent. 20. Anno lii. - N. 7. Abbonamentopostale Roma15 Ottobre1897 Sommario. Dr. N. CoLAJANNI- Il presente e l'avvenire di fronte ai SO· cialisti italiani. CAES\R - Come si disfà l' Italia (a proposito dei disordini di Roma). EDOARDOPANTANO- Cronaca Azzurra - I due Umberti (La notte del I 7 Dicembre I 88 3 in Roma). GARIBALDOBucco - I Refrattari del Caucaso. PAOLO VALERA- I baccaristi di "Tramby Croft,, e il Principe di Galles erede del trono dei Brunswick. Sperimentalismo Sociale. Varietà. Rassegna delle pubblicazioni economiche sociali. Rivista delle Riviste. Recensioni. ""~ ........ ~ . ......_,,....,_,,, ' ...... . .. . ........ ....,,,.... ._,......_ ... ....... Si pregano vivamente i nostri abbonati a volersi mettere in regola coll'Amministrazione. Solo quelli che lo /aranno sollecitamente avranno diritto a ricevere in premio il libro dell'on. Napoleone Colajanni sul SOCIALISMO. IL PRESENTE E L'AVVENIRE di fronte ai socialisti italiani Certa stampa in Italia trasse argomento da un articolo severo, ma giusto ed opportuno, di Filippo Turati per affrettarsi a proclamare che il partito socialista italiano era moribondo ; granchè se non lo dichiararono morto e seppellito, come lo fu il partito socialista francese all' indomani delle giornate di Giugno 1848 e della semaine sainglante del 1871. Se i partiti politico sociali non avessero altra ragion d' essere che le buone qualità degli individui che li organizzano e li dirigono, forse la profezia delle frettolose prefiche del partito conservatore italiano potrebbero verificarsi. Sottolineo il forse, perchè a parer mio la parte più intelligente e colta del socialismo ufficiale italiano, sebbene ancora in minoranza, comincia ad avvedersi che si trova su di una falsa strada ; e se non rende giustizia a chi segnalò gli errori commessi e ne fu ricambiato con buona dose di calunnie e d'insolenze, almeno confessa di essersi ingannata. Ciò si può desumere sino all'evidenza e dall'articolo menzionato dal Turati e da altri argutissimi di un Travet sul partito socialista d'Imola, che si applicano a tutto il Socialismo italiano. Gli articoli del Travet mi furono cagione di vivissimo compiacimento, perchè contengono giudizii ed apprezzamenti da me altra volta emessi in forma più mite, ma che pure valsero a provocare contro di me le calunnie e le insolenze, cui accennai poco fa. Di questi miei rapporti col socialismo italiano ·e della giustizia che mi ha reso il gran galantuomo, il tempo, dirò in luogo e momento pi1ì opportuno; per ora mi basta ripetere che ha torto la stampa conservatrice nel prepararsi a cantare il Deprofundz"s al socialismo italiano, perchè nè gli errori dei suoi uomini sono comuni a tutti ; nè i partiti sorgono e muoiono per virtù o per còlpe di uomini. I partiti vivi e vitali hanno la loro base reale nelle condizioni di una data società e non possono scomparire se non quando siffatte condizioni generatrici sono state tolte o modificate profondamente; e quelle che hanno generato il partito socialista sono tanto vere ed efficienti, che anche gli avversari del socialismo - dai cattolici, ai liberali, agli intervenzionisti ; e tra noi, da Mamiani, ad Ellero, a Leone XIII, che tutti convengono nella critica degli orJimm9nti presenti - solennemente per tali le riconobbero : Queste condizioni sono più vere ed efficienti in Italia che altrove; tanto che, sebbene manchino nella penisola le piìt adatte circostanze - grande industria, coltura, solidarietà tra i lavoratori - per lo sviluppo del partito socialista, questo ha avuto. sì rapido incremento, da indurre i governanti a ricorrere a quei mezzi scellerati e spicciativi, che si· chiamano ; domicilio coatto, galera e piombo. Fatto ancora più notevole : il socialismo fra noi si è diffuso tra piccoli proprietari e classi agricole, che in Francia, in Germania e in Inghilterra si sono dimostrati inacessibili alla sua propaganda. A parte, infine, della esistenza delle condizioni, per così dire, negative, che danno origine al socialismo, come partito politico militante, esso trae

-122 RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI la sua forza ideale dall'aspirazione ad un maggiore benessere e ad una maggiore giustizia, che sta in fondo dell'anima collettiva e che al di fuori della scienza e del valore dei suoi propugnatori, come bene osservarono Merlino e Chiappelli, le assicurano un substratum popolare e collettivo. Quando avrà cessato di agire siffatta aspirazione, in Italia o altrove, si potrà prognosticare la morte del Socialismo. Queste premesse fanno comprendere che dal punto di vista generale i congressi in generale e quello di Bologna in ispecie, sui destini del partito socialista non possono in complesso esercitare che una scar-,a infl.1tenza.Quale si svolse, poi, il congresso felsineo non 'può autorizzare affatto gli entusiasmi di alcuni ; e molto meno può indurre a trarre un oroscopo confermante le induzioni affretta te tratte dall'articolo del Turati. A mio modesto avviso il congresso di Bologna non fu scandaloso, come quello di Firenze per certi suoi episodi caratteristici, che misi a suo tempo in evidenza (Rivista popolare anno II. r. 2) ; non passò senza infamia e senza lode e non potrà esercitare alcuna particolare azione sull'evoluzione del partito Socialista italiano. Non è mia intenzione intrattenermi dettagliatamente del Congresso : arriverei in ritardo; e molto meno rilevare gli incidenti secondari e le contraddizioni e i paralogismi e quella specie di confusionismo sorgente dagli applausi che seguivano ugualmente a proposte opposte tra loro. Come indice della logica di una certa tattica cara agli intransigenti, noto questo solo : Enrico Ferri concentrò la sua ammirazione sui compagni torinesi perchè portarono candidati socialisti operai, dando così un voto di biasimo esplicito agli elettori del Mantovano che elessero lui, avvocato e professore. E viceversa Quirino Rossi, l'eletto dei lodati torinesi, col buon senso che lo distingue, appoggiò il Turati, che si trovaYa in opposizione al Ferri. Questi rilievi d'indole affatto secondaria li chiudo avvertendo l'amico Turati, che non mi è sembrata degna di lui la logismografia cui si è abbandonato nel commentare il numero dei voti ottenuto dall'ordine del giorno Ferri, per concluderne che se _diverso fosse stato l' ordine della votazione, la sua proposta avrebbe ottenuta la maggioranza. Queste mi sembrano (Onfortanti considerazioni della stessa indole cli quelle cui si dà l'opposizione di Sua Maestà ogni.volta che viene battuta a J\Iontecito1·io. Meglio confessare, sic et simpliciter, la propria sconfitta e trovare conforto nella propria coscienza e nella convinzione che la causa buona, contro )'odiosa intolleranza di alcuni, presto o tardi trionferà. .. .. .. Al c.ongresso di Bologna si è rimproverata la molteplicità dei rinvii ; rimprovero sotto un certo aspetto immeritato, giacchè non si sa perchè, i socialisti italiani, avrebbero dovuto trovare la soluzione di ardui problemi che travagliano i socialisti di tutto il mondo. Oh! allora perchè riunir3i a Congresso ? chiedono alcuni ; e questa domanda mi sembra più logica e della sua giustezza si mostrarono convinti alcuni congressisti, che sconsigliarono le riunioni annuali, che nella migliore delle ipotesi riescono inutili dal lato scientifico e politico; dannose dal lato economico. Ciò che deve richiamare l'attenzione è la diversa tendenza accentuatasi tra i socialisti italiani convenuti in Bologna nella discussione sul programma minimo e sulla quistione agraria; gli uni si chia rirono disposti a tener conto del presente per preparare un migliore avvenire ; gli altri disprezzando le condizioni del momento vorrebbero battagliare sventolando soltanto la bandiera dell' ideale, di fu. tura ed anche remota realizzazione. Non nascondo una mia impressione sulle dichiarazioni di Turati relativa al programma minimo. esse sono insidiose. Hanno ragione gl' intransigenti,· che vorrebbero un programma, per così dire, minimo-massimo, da distinguerli sempre ed in ogni luogo dai borghesi di ogni gradazione ; ed hanno ragione perchè un programma minimo, che tenga conto del presente e cerchi modificarlo e migliorarlo al più presto possibile, riesce alla condanna esplicita della tattica intramigente ed all'alleanza intima cogli odiali partiti affini - compresi i ridicoli socialistoidi del mio stampo - lasciando a messer Domeneddio il compito di scrutare nelle coscienze dei prnpugnatori delle riforme utili, e possibili entro l'orbita dell' ordinamento attuale, e decidere in che la riforma rappresenta il fine e in che il mezzo. L'on. Tu!'ati nonostante le sue sottigliezze, le sue distinzioni, i suoi accorgimenti, non riuscì a minchionare gl' intransigenti. Questa diversità di tendenze emerge spiccata dal discorw di Berenini, che volle fare sfoggio di abilità curialesca tentando eliminare tutte le apparenti contraddizioni - anche quelle tra gli applausi alle proposte contraddittorie ! - e conciliare tutti i pareri; ma che fu pieno d'intuito e di sapienza politica quando, nel sostenere l' ordine del giorno Turati, dichiarò : che il partito socialista non doveva essere partito di accademici o d'idealisti, che promettono al proletariato, travolto dalla crescente miseria, una lontana felicità, che giungerà quando essi saranno morti di fame; che accanto al programma massimo il partito doveva tracciarsi una via col programma minimo, il quale nell'ordinamento presente trovando la sua applicazione, riesca m qualche modo di sollievo al proletariato; e che in conseguenza, se nei rartiti borghesi si trovano

RIVISTA POPOLAREDI POLITICALETTERE E SCIENZESOCIALI dei sostenitori del programma minimo, sarebbe da sognatori se si rifiutasse a loro l'appoggio per attuare tale programma. Meglio non poteva dire ; ma più recisamente non poteva condaunare l' intransigenza, che trionfò a Reggio Emilia, a Parma, a Firenze ed a Bologna. Questa divergenza si confermò nella discus ione sul contegno da tenere verso le classi agricole ; nella quale discussione, giustamente, il Domanico e il Graziadei, da osservatori sinceri della realtà, ricordarono ai teorici non essere vero che la piccola proprietà scompaia. Se ne sono accorti anche i socialisti francesi, che da un pezzo - senza temere di procurarsi l'accusa di socialistoidi - nei congressi e nel parlamento, ne hanno assunto le difese. Di questa verità pare che debba essere convinto un tantino anche il relatore Gatti, che non esitò a dire: « i contadini e i mezzadri non e' inten- « dono se si parla dell'abolizione delle coin- « teressenze e delle mezzadrie, perchè tengono « troppo alla sicurezza del domani. » Figuriamoci se li intenderebbero i piccoli propriètari cui si vorrebbe parlare della messa in comune di ciò che hanno, per costituire la proprietà collettiva ! E il Gatti ben convinto anche di questa ripugnanza dei piccoli proprietari all'auto-soppressione, consigliò di far propaganda socialista per dimostrare la progressiva proletarizzazione dei proprietari e nello stesso tempo organizzarne la difesa contro la concorrenza della grande proprietà, contro il fiscalismo e contro l'usura. Il consiglio era saggio ed inspirato alla conseguenza delle condizioni psicologiche ; perciò dalle classi agricole venne respinto ed accettato un ordine del giorno di Agnini, che a me sembra degno di Pilato. Que3to voto. fa degno riscontro col silenzio lasciato sul latifondo nel memorandum presentato dai socialisti siciliani al Conte Codronchi. L'estensere del memorandum, persona d'ingegno vivace, richiesto da me su quel silenzio, colla ingenuità caratteristica e alquanto disdegnosa degli individui saturi di una teoria, mi rispose che il latifondo non era desiderabile che scomparisse, perchè la sua esistenza favoriva il passaggio dalla proprietà privata alla collettiva..... Noto per debito di lealtà che Enrico Ferri a Bologna, decampando alquanto dalla sua abituale intransigenza, fu contrario al sistema di lavar.~i le mani della quistione dei piccoli proprietari. E questo può servire a compensare i suoi elettori del biasimo loro inflitto ... per averlo eletto. Concludo: L'intransigenza nel partito socialista italiano, se si deve tener conto dell'esigua maggioranza che si riunì sull'ordine del giorno Ferri, è agouiz,aut<i. E me ne rallegro. Quando propositi più ragionevoli prevarranno - propositi intesi a migliorare il presente, senza arrestarsi mai, senza perdere di vista l'avvenire, con tutte le trasformazioni che ogni progresso compiuto potrà rendere po.~sibili - mi auguro che i socialisti tenendo conto della realtà, vorranno distrurre il male che hanno fatto sinora e darsi ad un'attiva e siucera propaganda repubblicana. N~lla repubblica, infatti - come la concepiva Giuseppe Mazzini e fu tentato praticamente in Roma nel 1849 - è possibile la realizzazione di tutto il programma minimo compatibile col presente e s3nza alcun pregiudizio pel futuro. Nella repubblica come io la intendo, sarà possibile il socialismo di Stato della miglior lega - e se non piace quel nome alquanto discreditato lo chiameremo intervenzionismo - eh' è il più efficace e sicuro preparatore di un migliore avvenire. Se gl'intransigenti continueranno a trascurare il presente ho grande paura che in un avvenire, pur troppo non remoto, le falangi socialiste, armi e bagaglio, passeranno al clericalismo, che, promettendo la beatitudine in cielo, si adatta ai tempi e cerca di assicurare ai fedeli un piccolo acconto in terra. Dott. N. COLAJA~~I. Come si disfà l'Italia a proposito dei disordini di Roma Ancora una Yolta le armi italiane si sono rivolte contro petti ital.iani. A noma, sotto gli occhi dei ministri, a due passi clal i\linistero dcli' Interno, gli ag-cnti dell'ordine banno ripetuto gli eccidi elle, commessi lungi eia noi, sembravano incredibili, e pur avendo Yisto con i nostri occhi non sappiamo nascondere la sorpresa. Una processione che si reca dal Campidoglio a Piazza Navona, desiderosa di conoscere il responso che la conferenza fra i rappresentanti della città ccl i ministri avrebbe dato, non poteva e non doveva portare a simili eccessi. V' ha cl1i vuole giustificarli col pretesto della provocazione, coi sassi lanciati dalla folla contro i vetri di Palazzo Ilraschi, coi bastoni ecl i selci indirizzati ai carabinieri; ma questa provocazione non è stata essa stessa proYocata? e si poteva acl essa rispondere colle scariche cli fL1cileria?Ecco quello elle la esposizione clei fatti può chiarire. La folla elle ctal Campielogliomosse in corteo ordinalo clictro al Yicrsindaco e ;ii rappresentanti elci Commercio e clclla Borsa, era cli venti o trcntarnila persone. Non erano tulli negozianti certamente, ma non sono i soli negozianti quelli che soffrono per un rincrudimento di tasse; loro ricevono la prima (erita, il popolo in millc forme ne risente gli effetti. Ed ecco che nella dimostrazione ciel giorno H a

R1'7ISTA POPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI Roma, ai tre o quattrocento esercenti, colpiti clalla minaccia fiscale cli un aumento nella imposta sulla Ricchezza mobile, si univa quell'altra innumerevole folla cli negozianti i cui affari da parecchi anni vanno a rotoli, tutti quei lavoratori che per tal dissesto generale soffrono la clisoecupazione temporanea o permanente, tutta cruclla massa di popolo che dal bel regno cl' Italia non ha avuto elle il vantaggio cli pagar più c.iri i viveri, gli oggetti di sua prima necessità, cli diventar nullatenente se era proprietaria, di ingolfarsi nel precipizio elci debiti, cli conoscer eia vicino la penuria e la rame. Era insomma il lamento ciel popolo, e coglieva la occasione di cruc ta nuova fiscalità per protestare contro tutte quelle passate, subite con patriottica rassegnazione. * * * E Roma non è l'oasi elci sacrificio. L'ultima statistica Giudiziaria pubblicata, dal Alh1istero cli agrico/l111"a, 1·cgislJ•aquesta SJ)aventrvolc p1·0gressio11e nelle vendile fo1·zate per mancato pagamento cli imposte: -189l l8!)3 J.8!)5 9.l l4 ,·enclite ,J3.375 vend. L 7.73-t. vend. Cift•e che dimostrano lo sfa ciarsi rapido della classe dei piccoli proprieta1·i per opera dello stato, il quale, conviene avvertirlo, è l'ultimo verso il quale il cittadino si dichiara insolvente. · E altrettanto accade nel campo comme1·ciale dove il fallimento assurge alla importanza cli istituzione riconosciuta: Nel ,J87l ci furono 113 n1llimcnti )) 1885 cc ne furono ll06 )) )) -L88G )) )) 1300 l) )) 1887 )) )) 102:1 )) )) 1888 )) )) 2200 )) )) 1880 )) )) 2075 )) )) 18!)0 )) )) l!>l2 )) )) 1891 )) )) 2021 )) )) 18!!2 )) )) 2213 )) )) 18!)3 )) )) 2190 )) )) 18!H )) )) 2338 )) )) 18!)5 )) )) 2351 )) (') Al cospetto cli simili climo trazioni, la protesta elci cittaclini tutti, soliclali coi colpili cli oggi, si comprende e si legittima; tanto è vero elle non solo a Roma, ma per tutta Italia la soliclarictà si è dimostrata. iUa qui in noma, la manilestazionc aveva assunto un carattere pacifico cli alla impol'Lanza. Alle due precise, tult i i negozi vcnian chiusi, ccl un cartellino annunciava ch'erano chiu i in segno cli protesta contro il Fisco insaziabile. L' iniziaU,·a, e la cli1·czio11l',assunta dal cèlo commerciale, composto cli gente SCl'ia e amante clcfl"ordinc, non aspil'anle pel' l'abituale tolleranza a ricorrere ai 111l'ZZiv olenti; una e•, Dell'anno 90 non sono ancora complete le cifr", si vt?de che l'Ufficio di Statistica e le cancellerie dei tribu· nali non rJccvlgono i loro dati per illuminare la politica ma per servire all'archeologia. C. protesta cli indole eminentemente borghese contro i rappresentanti piLLschielti dalla borghesia; garantiva il go,·erno elle non ci arebbe stato cliso1•dincdi sorla. E infatti, seguendo il corteo e soffermandoci tra la folla in Piazza i\'avona, non Ycclemmo alcun allo cli prorncazione, la gente aspelta,·a lranquillamente che i 1·apprcsentanti della città tornassero con una ri posta conciliativa; dopo avrebbe ringoialo l'amarezza della triste condizione p1·escntr colla soddisfazione cli essere stata almeno una volta ascoltata, e la speranza di tempi migliori - poichè l' italiano è riclotlo fatalista come il maomettano e spera sempre. Il governo invece guastò questo indirizzo. 'on si era provveduto a rinforzare per misura cli precauzione il picchclto dei poliziotti a Palazzo Braschi e si fecero venire con ordini telefonici, e passarono in mezzo alla folla calma, delle compagnie cli carabinieri e elci soldati a baionetta inastata, minaccianti colla loro presenza più cbe col numero loro. Solo allora cominciarono le proteste; i poliziotti, rinforzati, sotto gli ordini cli qualche delegato giovane ansioso di clislingucrsi, dettero !orza alla tromba e, come poteva facilmente p1·evcclc1·si,la folla calma sino allora cominciò a pro1esta1·e, a motteggiare, a inveire a difendersi <ruanto più era caricata e respinta. La dimostrazione ordinata e pacifica, degenerò in tumulto, quando la forza si provò a caricare e dinseguire la folla e alla minaccia delle fucilate risposero dei sassi. Non è qL1ì il luogo cli raccontare come avvennero per due ore con ecutivc i combattimenti fra gli inermi che fuggivano, e i solclali che li incaJzavano. Si tirò fucilate contro le lìneslre, si ferirono cli fucile e di 1•ivoltclla parecchi cittadini, uno se ne uccise, un numero consiclcrcvole se ne arrestò Conch1 ione indiscutil)ile: che il clisorclinc prorncato dal minacciante apparire della forza pubblica, ha pol'- talo ali~ fucilate, pc1· quel solito abuso elle si fa elci soldati i quali aggirando i fuggiaschi, prendendoli f'ra due luochi, incalzancloli colle baionette, eseguiscono come hanno eseguito per le tortuose e strette viuzze adiacenti a Piazza '.\avona, degli esperimenti di imlrnscata come in tempo di guerra. Siamo clm1quc a queslo: al cont1·ibuenle che giustamente reclama, prima cli rifiutat·si a pagare, perchè gli siano evitate le persecuzioni del fisco, il goYerno risponde colle bocche dei suoi fucili. Il governo, oblioso delle sorti dei lavoratori, combatte e si aliena gli abbienti, dimostrando elle non ne comprende e che non ne vuol riconoscere i bisogni cd i <li1·ilti;chi dunque rappresenta questo gruppo cli uomini che governa I' Jlalia? Una p1·oposta era stata esternnta eia un negoziante cli noma al Comizio cli nomenica lO Ottobre. " Chiudete, egli cliccn1, i negozi, gli stabilimenli inclnslriali, gli ullici, le ollicine, il giorno in cui l'esattore verrà a chiedervi la rata impostavi; vedrete se quando le migliaia, anzi i milioni cli individui oggi occupati mancheranno di lavoro e di mezzi, e la vita sociale si arresterà, quando non saranno più I soli

IUVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEI\E E SCIENZESOCIALI 125 negozianti, e scrccnli e incluslriali a 1·isenlirsiper que sto repentino ristagno clella vita sociale, veclrete se allora il Govemo continuerà a fare il sorcio». J,a proposta piazzata cosi nettamenle, non sarà attuata solo perchè non clrlla legalità cli que ta loro passiva azione i capitalisti si preoccupano, ma del piccolo clanno eme1·genteeia una temporanea sospensione cli lavoro; ma se non l'attuano essi, la ,,a attuanclo lentamente il Governo il quale così continuando sgretola a poco a poco le sue basi, ro,-inanclo la piccola e la grande proprietà, il commercio minuto e quello cli speculazione, e marciando con alla testa i clrappelli cli armati, all'annientamento cli tm popolo. CAESAR. CRONACA AZZURRA I DUE UMBERTI" (La notte del 17 Dicembre 1883 in Roma). La notte è fredda e buia; ma lo splendore che fa difetto alle stelle, sovrabbonda nei mille becchetti fiammeggianti di gaz; il calore che manca all'aria eccede nelle stufe infuocate dei palazzi signorili. Dall'alto di una finestra il mio sguardo corre sull'eterna città circonfusa di luce, per !'ampie strade immerse in una semi-oscurità nei quartieri deserti. Laggiù, verso gli 01-ti di Cesare, delle vampe ora rosse, come aurora boreale, ora rnrdi come bagliori di smeraldi, salgono, quasi sprigionandosi dai sotterranei d'una fata, a circondare di spruzzi fantastici l'ampia mole del Colosseo e la torre del Campidoglio, mentre, ai riflessi d'una luce incerta, sventola sugli spaldi del Quirinale la bandiera con lo scudo sabaudo, e l'orologio di an Pietro batte la sua monotona cadenza come il non possumus dei suoi abitatori. Questo spettacolo m'assorbe: mi sembra di veder rivivere sotto i miei occhi secoli di splendori e di miserie. Rifaccio con la mente la via del passato e penso che a piedi di quella torre s' è assiso, per cinque secoli, il genio della libertà. Parmi di rivedere il Campidoglio in fiamme, e fra i chiarori sinistri di quel!' incendio, il profilo della grande morente, sformato dagli spasimi dell'agonia. Veggo la sua culla tramutata in pira, divenirne la tomba; e sulla pietra funeraria, rigida, immobile, la figura di Catone, mentre gli echi lon- • Questo primo Ca;>ilolo con cui ,·rnnc iniziata e poi pr<Jsegu·ta nel 1881 - sul Fascio dl'lla Democra:;;ia - la Cronar:a A:;;..:urr-a, fu scritto e pubblicato in occasione della venula ia Roma ti: Federico Guglielmo, allora Principe ereditario dell'Impero germanico. N. d. R. tani ripetono ancora il grido di Spartaco e la profezia dei Gracchi. Poi nella mente agitata si affacciano le ultime disperate lotte dei superstiti - una democrazia turbolenta e corrotta da quelle stesse leggi agrarie che dianzi avrebbero potuto salvare la libertà e che ora son fatte arma di despotismo: - e più giù ancora Bisanzio, il Basso Impero, i Barbari, il Patto di Carlomagno, la lotta secolare tra il Papato e l'Impero: - e in questa lotta terribile, ostinata, il grido dei Comuni repubblicani che chima a raccolta i disper~i, guida i naufraghi fra le reliquie dell'antica coltura italica, e li sospinge alla conquista di nuovi e più alti ideali. Ecco il mille. " .... I rintocchi della campana funebre, che chiamava il genere umano a cospargersi di cenere la testa per la prossima fine del mondo, si sono lentamente acquetati. Il milfonnio - apoteosi della miseria popolare - non era stato che un immenso strumento di rapina e di servaggio in mano del clero, cumulante tesori sflpra tesori quasichè dovesse galoppare verso il paradiso portando attaccati i beni terrestri ai sandali celesti. Perocchè mentre· le popolazioni atterrite disdegnano gli averi, i frati - che commentano dai pergami la terribile profezia dell'Apocalisse - si fanno fare donazione di quegli averi, con attirogati per mano di notaro, da servire probabilmente per le questioni che potranno insorgere dopo distrutto il mondo. La paura invade anche i castelli dei baroni laici i cui servi vagano liberc:1mentefacendo atti di pietà, laddove quelli soggetti alle signorie Yescovili son tenuti fermi al giogo. Ond' è che mentre più tardi queste turbe vaganti, rassicurate e strette dalle necessità della vita, lungi dal tornare agli abbandonati castelli, formano altrettanti nuclei di liberi comuni, o si agglomerano attorno a quelli già esistenti, le sole signorie a tipo monacale fioriscono sul Mille. E tale fu quella, che noi Yediamo, per la prima volta nel 1003, discendere in Italia attraverso le aspre giogaglie della Savoia, per venire a montare la guardia in Pavia e nelle pianure di Roncaglia, alla tenda imperiale di Corrado il Salico. " .... Nutricata nelle chiese e nei monasteri, fra i miracoli e le reliquie, le origini della dinastia sabauda si perdono in quel fermento di duchi, di conti e di baroni che pullularono, sul ceppo corrotto dell'impero di Carlomagno, fra lo strepito dei cilizii flagellanti i magri fianchi dei popoli incretiniti dai terrori del millennio.

126 RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI Il contrasto fra le due correnti, la corrente feudale e la corrente popola1·e - contrasto che dovrà segnare più tardi le due grandi linee della storia Italiana - si affaccia fin d'allora senza equivoci e senza sottintesi. Allorchè, spenta la casa Sassone, venne detto imperatore, dalle cinque nazioni germaniche raccolte insieme Corrado II il Salico, costui sognò di ri starare l'impero di Carlomagno. E disceso in Italia per assoggettare i Comuni repubblicani fatti già potenti nelle lotte virili contro i feudatari - padroni del Carroccio, divenuto l'ara sacra delle battaglie popolari - usò prepotenze ed infamie d'ogni misura. Accampava a Pavia per tenere alta Corte di giustizia; cioè per far tagliare teste e troncare mani e faceva chiamare a suon di tromba i vassalli maggiori onde guardassero il suo scudo e la sua tenda mentre egli giudicava i ribelli. Fra codesti vassalli maggiori è Umberto dalle Bianche mani, il quale montò così bene le. guardia allo scudo tedesco che da semplice conte di Salmerence ne ha in dono la Mariana di cui divenne signore. Ma indarno Corrado, aiutato dai suoi grandi vassalli, combattè contro i Comuni. Le armi imperiali si rompono dinanzi alla difesa del popolo di Milano. È costretto a levare le tende dalla pianura di Roncaglia ove aspetta indarno che le armi imperiali e le scomuniche papali sottomettano i comuni ribelli. Ed io lo veggo risalire iroso e sconfitto le Alpi, coi baroni e i duchi che gli fanno scorta - tra i quali Umberto dalle Bianche mani - mentre odo le trombe comunali che chiamano i popoli intorno al Carroccio; e mi par già di sentire il cozzo delle spade nella pianura di Legnano - di vedere lo stendardo vittorioso sventolare dall'alto delle torri lombarde. • * * Mentre assorto in questi pens1en io vedo sfilarmi innanzi agli occhi tutta la storia dei secoli che sparvero, mi percòtono le orecchie le note aspre di una musica guerriera. Guardo attorno. Le vampe sono estinte e svanite come fuochi fatui. Sotto le arcate flaviane del Colosseo s'ode distintamente lo scalpitio ed il nitrito dei cavalli e si scerne fra i ruderi immani un agitarsi con~ fuso, come se le ombre dei martiri e dei gladia_ tori si siano rideste dal sonno millennario. Ma non sono i gladiatori che si agitano nel Co_ !osseo - non sono le trombe di Corrado il Salico, che echeggiano a piè della vecchia torre del Campidoglio, emblema dell'antica fierezza italiana. - Sono le note del!' inno tedesco àella casa Hohenzollern: del diletto da Dio Guglielmo re. È lo spirito dell·evo medio che, come vulcano pria di spegnersi, s'agita sotto la superficie livellatrice del mondo moderno ed erompe e gitta lampi o scoria feudale dai suoi cratèri: il Vaticano ed il Quirinale. É la vecchia città dei Cesari che festeggia l'erede di quel risorto impero Germanico che, sui ruderi del vecchio mondo con una mano ha risollevato lo stendardo cieli'egemonia Tedesca in Europa, e con l'altra - arbitra della lotta del secolo - vorrebbe gittare il guanto imperiale nell'arena del combattimento fra il privilegio e l'uguaglianza. Come allora Corrado il Salico, componendo le vecchie liti tra l' Impero e la Chiesa, venne in Roma a stringere il patto d'alleanza contro la libertà fiorente dei Comuni, così oggi, mutate le forme ed i tempi, Federico Guglielmo, in nome dello stesso Imperatore Germanico, conservatosi propugnacolo della corrente feudale in Europa, cercando sopire i dissidii fra protestanti e cattolici, viene in Roma a stringere un patto d'alleanza fra il trono e l'altare onde combattere le forze democratiche del secolo XIX. Ma delle stirpi dei grandi vassalli che circondavano la tenda di Corrado il Salico - inghiottiti dall'onda nazionale - non ne sopravvive che una sola: la stirpe sabauda. La quale fedele alle sue tradizioni - come allora montava la guardia allo scudo tedesco - oggi rende gli onori al Principe Imperiale che va a San Pietro. Ciò che non poterono né Papi né Imperatori; ciò che non ottennero né spade mercenarie, né la tiara dei Medici, né il veleno dei Borgia; ciò che non raggiunse né Ildebrando coi suoi fulmini, né Bonifazio VIII con la sua potenza; l'Italia Monarchica, l'Italia indipendente l'ha ottenuto: ha fatto inchinare la nazione dinanzi al passaggio d'un Imperatore tedesco che va a Canossa per ossequiare colui che vorrebbe conficcare i chiodi della croce nel cuore della patria italiana. Ma mentre all'ombra di San Pietro lo spirito feudale tenta di riannodare il filo spezzato della Storia e della Ragione umana - appiè del Campidoglio veglia il genio del popolo italiano che saprà salvare, ancora una voi ta, la bandiera della civiltà, come la salvò ai tempi di Umberto dalle Bianche mani. E mentre in alto i palazzi sono magnifici di luce, di vestiboli, di giardini illuminati per festeggiare la visita del principe dell'Impero al principe degli Apostoli ; - in basso, nella penombra, si agitano pallidi visi che raffigurano il dolore, balde giovi-

RIVISTA POPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI 127 nezze che sognano spade e brandi sfavillanti al sole delle battaglie nazionali; un cupo rumoreggiare di coscienze che si ridestano alla luce vivificante del martirio - che si stendono la mano congiurati alla redenzione in mezzo alla corruzione, al sacrificio in mezzo all'egoismo: - che s'inginocchiano muti, pallidi, frementi per onorare la tua santa forca, o GuglielmoOberdan ! Essi onorano il loro Guglielmo: noi onoriamo il nostro. Le goccie d'acqua che il vento del Nord spinge, in queste notti fatali, attraverso l'~lpi Giulie per le vallate italiche, son goccie di lagrime e di sangue che bagnano la nostra fronte. Noi non vogliamo sentire altri inni che quelli che ci vengono dalla lira le cui corde sono i fili del capestro dei martiri - delle quali ogni strappo è una tempesta, ogni accordo una melodia sacra all'eterna giovinezza del pensiero nazionale. Lasciamo che altri pieghi le ginocchia innanzi a chi dall'alto del suo trono di malachite e di smeraldi scomunica, in nome di Dio, il risorgimento italiano, i suoi martiri, le sue bandiere, i suoi trofei, le sue vittorie. Le nostre ginocchia si piegano soltanto innanzi a queste ossa nude che nella notte buia mandano lampi e faville nel cimitero di Trieste; lampi e faville che attraverso le Alpi coronate di tempeste alimentano nei nostri petti la fiamma del sacrificio. E i nostri cuori non odono che questo grido del martire morente ripercosso di rupe in rupe, di fiume in fiume, di vallata in vallata, dagli echi d' Italia: rivendicate alla Patria i suoi confini - al Popolo la sua Libertà - alle nazioni la Fratellanza - a tutti .la Giustizia. EDOARDOPA:ìT.\:ìO. ~/",..../"-./'....~~""-/"'-./..._.,,."\.../'-../"\.../'\.../....._,,,... I Refrattari del Caucaso Mostruosi fatti attualmente avvengono nei domin'i dello Czar. Più di quattromiJa esseri umani vi periscono di fame e di rifinimcnto e soccombono ai colpi, alle torture cd alle persecuzioni d'ogni sorta, di cui son prodig·lle clisinvolte e diuturne, le russe autorità. Codesti martiri sono i Donkhobortzis clcl Caucaso, contl'O ai quali le sevizie atroci di più in più acuiscono, sol perchè la loro reUgionc s'oppone alle uccisioni e ad ogni e qualunque atto cli violenza inumana, dircllo ocl indirctto che sia. In questi llltimi mesi, così nella stampa russa come nella Stl'aniera, qualcosa venne detto intorno agli uomini straordinari cle' quali noi parliamo. ~aluralmente, le notizie germinanti nel campo autocratico furono, per così clire, daziale al baliatico clelJa paterna censura. Ciò che venne, ripetutamante distesa· mente, onestamente mostrato nei periodici, specie occidentali, il pubblico russo, a stento e in piccola misura, naturalmente, riseppe. Ed ecco pcrchè non crediamo far opera vana quì narrando a grandi tratti, ma pur suITTcientiali' ira e allo sdegno elci generosi e dei civili il dramma tristo che si svolge nel Caucaso, sintetizzandone le circostanze che lo provocarono. I Donkllobortzis apparvero nell'Impero Russo alla metà dell'ultimo secolo. Al cominciare del decimonono, il principio della loro dottrina era così nettamente elaborato e gli aclerenti all'Idea sì numerosi che Governo e Chiesa ortodossa se ne impensierirono grandemente; e, dopo aver classificata coclcsta nuova setta fra le più dannose, diedero mano alle persecuzioni. La dottrina doi Donkhobortzis consiste nella credenza che lo Spirito-Santo risiede nelJ'anima cliognuno ed all' anima inspira il dovere. Essi, i martoriati, interpretano l'incarnazione cl,iCristo, i suoi atti, le parole sue, la sua passione in un senso puramente spirituale. Secondo essi, Cristo volle, con esempio di sangue, insegnare agli uomini come clebbasi soffrir sublime per la giustizia terrena. E Cristo sotlre ancor oggi per l'uomo che secondo i comandamenti suoi non viva e secondo lo spirito del Vangelo e l'amore pcl prossimo. Adoratori cli Dio in uno spiritual rapimento, codesti pcrseguìti non hanno un luogo sacro al culto nè riti speciali ccl opinano che la Chiesa si trovi dove alcuni fedeli son riuniti nel nome di Cristo. Pregano interiormente cd a qualunque ora. Pei giorni festivi organizzano comunità religiose; allora leggono preghiere, intuonano cantici - o piuttosto, com'essi dicono, salmi - e si dmmo fraternamente il benvenuto, si salutano con amore sviscerato, perchè crcdo11Oche ogni uomo porli in sè la divinità. La dottrina dei Donkllobortzis è basata sulla tradizione. Questa essi chiamano il libro della vita, da poi che vive nel loro spirito e nel cuor loro. Della tradizione meclesima una parte è formata eia salmi estratti daU'Anlico e dal Nuovo Testamento; un'altra parte, dai rcsultali dcli'cspcricnza còlicliana. Sono basate sull'amore le relazioni cle' nonkhol)ortzis fra di loro e cogli altri uomini. Da codesto popolo anche le bestie sono trattate con estrema bontà. ])ali' idea di amore esso passa naturalmente a quello clifraternità e d'eguaglianza; e, logico fin nei suoi rapporti col Potere pubblico, non si crccle obbligato a rispettare gli ordini superiori, quando quegli ordini sono in conLraclizionc con la voce clclla sua coscienza. Si sommette, per altro, a tutto ciò che gli pare non si opponga alla divina volontà; volentieri si sommette agli agenti clcll'Autoritù, co111c /osscr6 scn,plicemenle 110111i11i, se11!;;a veste officiale. Stima contrari alla sua coscienza ccl alla volontà clivina l'assassinio e la violenza, in generale, ogni atto verso gli esseri viventi, men che eiettato clall' amore. Laboriosi e tcmprra11ti, i ))onkhol)Orlzis son ligi alla verità, ché la menzogna è per essi peccalo grave, inumano.

128 RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTERE E SCIENZESOCIALI Tali sono, brevemente riassunte, le credenze per le quali codesta nobile gente è stata sempre fatta segno alle più crudeli persecuzioni. In llll rescritto ciel 9 DicemlJre -J.816, l' Jmperatore Alessandro I così si esprime: « Le misure cli rigore clic, per trent'anni e « fino al 1801, fm·ono escog·itate contro i Donkhobortzis, « lungi dal distruggere codesta setta, non Icccro elle « accrescere gli aclepti ». Intanto, l'Imperatore propone di trattarla più umanamente. Fosse ipocrisia o non il desiderio, fatto sta, che le persecuzioni non fltrono attenuate d'un punto. S'accentuarono, piuttosto, sotto il regno di i\icola I cbe comanclò di trasportare quei disgraziati, di Tauride dov'erano sin dalle prime, nelle provincie transcaucasee, sulla frontiera tm·ca. E in una risoluzione approbativa del 6 Febbraio ,1825, il Comitato de' ministri aggiungeva: « La « utilità di questa misura è d'una evidenza inconte- « stabile. Esiliati al di là del Caucaso, obblig·ali a di- " fendersi dalle colonie incivili delle montagne, i « Donkllobortzis saranno indotti a proteggere beni e « famiglie con le armi alla mano;» vale a dire,costrctti a trasgredire alla loro fede. Aggiungasi a ciò cbe l\Iok.rya Gory - la località destinata a riceverli in gran numero e cbe appartiene oggi al clistretto di AkJrnlkelak, nel governo di Tiflis - è situata a !>'mila piedi s1ù livello del mare, sotto acl un clima talmente rigoroso elle l'orso può appena vivervi. Il resto clei Donkbobortzis fu domiciliato nel paese elle forma oggi il governo cl'Elisavetpol. l\Ia nè il rigore ciel clima nè il tutt'altro che allegro vicinato coi montagnardi guerrieri e barbari scossero la fede etc' perscgtùti. I quali, oppostamente, continuarono a menare una vita laboriosa e conforme ai precetti cli Cristo e, nel breve lasso di cinquant'anni, trasformarono in colonia fiorente l'arido cleserto cli l\Iokrya Gory. Però, come sempre avviene, seppero meno bene resistere alle tentazioni della ricchezza che non ai rigori dell'avversità; e così, fecel'Opiegare un poco l'esige11zc tiella loro dottrina; solo in ciò elle concerne le manifestazioni. ester·iori clella vita. Interiormente, non abbandonarono mai la loro religione. Bastò sempre un avvenimento, capace di 1·om1Jcre la calma cleJJa loro vita materiale, perchè lo spirito delle lol'O dottrina - codesto spirito eh' avcva guidato i padri - subito si svegliasse. ì\'el 1887, stante il scr·vizio militare obbligatorio, quelli stestìi a Clù la 1·eligionc intcrcliceva cli portare le armi e che un tempo avrebbero potuto farsi soslit1ùrc, furono cos11·clli a servire. Presi alla sprovvista eia una tal misura) i Donk110lJortzis finsero di sommettervisi. l\la, in ronclo alla coscienza, non cessal'Ono cli considerare la guerra come un crimine. Essi raccomanllal'ono ai fig·li,chiamati sotto le bantlierc autocratiche, cl'cseguil'e automaticamente gli ordini clei capi, ma senza far mai uso, per qualsiasi rnoti1'0, clcllc armi micicliali. E coclesti uomini, che consideravano la morte e la violenza come un peccato, presern a rirtettCl'C sulla incompalibilitù della loro !'rclc religiosa col se1·1'izio militn1·e. Nello stesso tempo, per sentenza cl'un tribunale u(~ ficiale, i beni posseduti in comune dai Donkbobortzis, elci più piccolo clei loro cluc gruppi, e pregiali un mezzo milione. furono devoluti a quegli che aveva rinnegata la Iccle per interesse personale. Proteste quasi unanimi si levarono contro l'cnormitù ciel nuovo beneficiario di cruci IJcni e contro i magistrati colpeYOli d'essersi lasciati corrompere non senza sbrulli. Dopo elle molti dei protestanti - e fra essi il gerente che, i DonklJobortzis a volta a volta eleggono all'amministrazione clei beni comuni - fw·ono esiliati nel governo cl'Arklrnngclsk, il movimento morale della setta meglio si precisò. Il maggior numero clei Donkbobortzis, 12,000 uomini circa, decise d'attenersi, d'allora in poi, rigorosamente, alle tradizioni dei padri, a quelle tradizioni elle momentaneamente avevano abbandonate. Esso rinunciò all' uso ciel tabacco, del vino, clella carne e d'ogni superflt1ità. l\Iisc i beni in comune, amncllè venissero egualmente ripartiti e r·isarcirono così quelli clei correligionari, caduti in bisogno. Nello stesso tempo cruci '12,000 refrattari realizzarono un nuovo fondo comune riservato a' pubblici interessì. Tornati, in tal modo, alla severità de' loro primi principi, rifiutarono, coerenti, ogni partecipazione alla violenza e, per conseguenza, al servizio militare. Per rnost1·arc cd alfermare la sincerità delle loro pacifiche risoluzioni, pacifìchc pur anco nei casi di difesa personale, durante l'estate ciel J 895 i DonkJ10bortzis bruciarono le armi che clctcnevano, come ne ctctcng·ono tulli i montagnardi elci Caucaso, e quelli cli loro, cll' cran giù sotto banclicrc, rifiutal'ono cli continuare il servizio. Per bruciare le anni, cli 101·0esclusiva proprietà e di cui liberamente poteva n clisponc, fissarono, presi g·li accorcli, la notte clal 28 al 20 Giugno. L'autoda('è, accompagnato clal canto cle' salmi, aveva luogo simultnncamenle ne' governi di Tiflis e cl'Elisavctpol e nella provincia cli J<arsk. Solo in quest'ultima l'ayvcnimcnto si svolse senz'ostacolo. In- ,,ece, nel govcmo ll'Elisavetpol si arrestarono 40 J)onk.hobortzis che sono ancora, miseri!, sotto chiave e catena; e in quello cli Tiflis l'amministrazione locale si lasciò anelare, senz'alcuna provocazione, acl atti di una lJarbar·ie inauclita. Precisamente, il villaggio di Gorieloè - ove risiedeva il piccolo gruppo elciDankJ10- ])ortzis, quello spogfa1to c1c·beni - era stato scelto per l'autoclafe clcllc armi. Fosse pCI' timore oppure fJCrinviclia, quelli clell'anzi- <lctlo piccolo gn,ppo clcnunciarono i concligiom11·i ciel grande, accusancloli cli prepan11·c una sommossa e cli attaccare il villagg·io a mauo armata. Le autorità locnli, senza controllare I'attcnllibilità clell;i denuncia, inviarono sul luogo fanteria e Cosacchi. I soldati giunsero ;il villnggio cliGo1·icloèdi buon mattino, nrll'm·a che finiva t1·csting·11crsi il ,·ogo sul quale ranni avevano brucialo . .Dirclcro la carira, IJcn cluc rolte, a quegli uomini elle volontariamente avevano rinuuciato ad. og•ni mezzo cli cli!csa e che colle loro clonnc, innalzavano cantici. Poi, ocliosnmentc li maltrnttarono. E fu l'esorclio ti.i tutt'una serie cli persecuzioni contro i DonkhoJJortzis clel gran gruppo. Per cominciare

RIVISTA POPLOARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI -1.29 n gravar la mano tirannica.s'impose a tutti i vilJaggi dei Donkhoborlzis il soggiorno delle truppe manciate alla repressione. Gli abitanti, corpi e beni, furono abbandonali alla /J11011gara::,ia degli ufTiciali,dei soldati e dc' cosacchi tcnicnti guarnigioni tra i refrattari; i beni clc' quali YCnncro subito slJocconccllali e venduti a vii prezzo; la cui spiritualità venne beffeggiala e(I insullilta; le cui carni brutalmente vennero battute e, in mille g·uisc, seviziate. Le clonnc, specialmente, deboli disgraziate, vennero frustale a colpi cli 11agai/iis ( 1). Col.oro che, in numero <li t1·cccnto circa, aveano rcfiutato d'entrare nella riserva e una trentina cl'alt1·i che pure avevano rdiutalo il servizio attivo, furono imprigionali o mandali alle compagnie di clisciplina. Infine, più cli quallroccnto fomiglic cl'Akhabkelak furono strappate alla pace ciel focola1·c cd ai lavori della terra; esiliate, dopo la vendita elci loro beni nei quallro altri. distretti del governo cli Tiflis, dove vennero abbandonale alla loro sorte. Nell'ultimo autunno, delle epidemie, come la febbre tifoiclc, la cliltcrite, la dissenteria, ecc., scoppiarono fra gli esiliali. Oggi, la mortalità s'è climolto accresciuta, specie tra' fanciulli. Essendo stati brutalmente sfrattati da un paese freddo e montagnoso e mandati acl abitar valli dal climn caldissimo, ove gl' indigeni stessi contraggono febbri invincibili, i Donkbobortzis tanto più son soggetti a malattie ffuanto più costretti a p1·entlere albergo in anditi augusti cd a vivere di precarie risorse cd irrisorie. Non hanno altra sorgente cli misero compenso alle fatiche che quella che li obbliga a curvare giornalmente la schiena per conto degli abitanti del villaggio, senza poter cercare cli meglio e di meno umiliante altrove. I guadagni, minimi cl'ortlinario, acor più scarsi fw•ono l'anno passato, la po1Jolazione locale avendo sofferto insolitamente elci cattivo raccolto e delle inondazioni. Quelli, che banno la fortuna d'abitare un villaggio vicino alla ferrovia, possono trovarvi lavoro tm po' più remunerativo, ma, anche così, è forse sufTicientcmente sollevala l'estrema miseria? La condizione, clunque, dei Donkhobortzis di giorno in giomo si fa più penosa e insostenibile. Per nutrimento, qucgl' infelici non hanno che pane solo, e spesse volte pur questo viene a mancare. Gran parte cli essi presenta sintomi cli gravi malattie provocate dalla fame. La mortalità non cessa (li accrescere la pc1·- ccntuale. i\cl distretto di Signakb, su cento famiglie, centosei persone morirono nel corso d'un solo anno. In quello cli Goriisk, la proporzione è cli novant'una persona per ccntoclicci r..1111igliie\.cgli altri clistretti la cifra elcimorti, non è ancora precisamente conosciutn; ma si è certi elle la situazione non è meno compassionevole. Dobbiamo aggiungere elle, oltre alla mortalitù, pc1· così dire, naturale, casi straordinari di morte, J)rovocali clai pessimi trattamenti e dalle compagnie di disciplina, costantemente si avverano con ispaventosa proporzionalità. (I) Scudiscio cortissimo e durissimo che produce terite terribili. Cirillo Konkinc fu la prima Yillima clclle acuentisi lm1talilù, intanto che il villaggio era abbandonato al lJcncpiacito delle truppe. i\lorì, sulla via dell'esilio, in p1·ccla alla febrc sopravvenuta, mentre lo si fustigava. ::\cll'Ag·osto del •1886,iUichelc Stchcrkine fu torturato sino a morte col.lo staflilc e colla J;o/Jyla {l). De' prigionieri, perirono parccclli; non si saprebbe dire preciso come, ma certo non dolcemente. E allo stato presente delle cose, pm· troppo si possono preYcdc1·c decessi nuovi tanto fra la popolazione libera quanto fra i pri,;-ionicri e le compag·nic di disciplina. Gli esuli, dccilllali dalla fame e clallc lllalattic e i loro fratelli, volali a morte lenta nelle compagnie di. disciplina, sopportano il martirio senza lamentarsene e senza invocare aiuti, pcrchè amano la causa elle costa il soffrire. (Continua) GARIBALDO llvCCO. I baccardisit"iTranbCyro,f,t B il PrincidDiGe allesreddeeltrondoeBi runswick LA UEGilU (Continuazione e fine • Vedi Num. prec.). Tra i domestici spampanati nei clue volumi regali cc ne sono parecchi che io dovrei, per una ragione o per l'altra, far conoscere. !\la che sagrilico per lasciare lo spazio ad un uomo immortale. Senza .lohn nrown la vita cli sua maestà non sarebbe completa. Cbi era .lohn Jlrown? Voi troverete nel Regno l'nito un imbeeillc che non saprà dirvi chi fosse Wellington, ma non mai una persona d'alta o bassa condizione, che non abbia sentito parlare di questo personaggio che, da semplice gillic, divenne l'uomo piLt importante dovunque era la sovrana. Nessuno, per quanto alla sommità sociale poteva vederla senza incbinarsi profondamente a .fohn Brown. ·on ci fu ministro o premier, da Palmcrston a Salisbury, che non sia stato lieto e orgoglioso di stringergli la mano o di vuotare con lui un bicchiere di whisky o di champagne. Pur restando scrva:nt~ la sua potenza fu tale elle neppure il principe di Galles poteva passare negli appartamenti clella madre senza il suo permesso. Un giorno la regina non voleva ricevere il figlio, per non perdonargli una clclle sue solite scappate cl1e sgretolano il trono elci Urunswick; Jonh Jlrown si mise tra lui e l'uscio con un imperativo assoluto, yon sltall 11ot knocl, al hcr door, sir - YOi non busserete al suo uscio signore. In pubblico la regina non era più che la signora Urown. La si vedeva e .la si aclclitava col Tltcrc is ,,11rsBrow11. iUolti deputati, nena conversazione, sostituivano im·ariabilmentc, alla maestà la « signora llrown ». E a Corte? :\cssuno osava parlame. !\la il Jkown era nella testa cli tutti. La ragione? Era della <lcvozionc eccessiva o era una calunnia nazionale? Potrà essere l'una o l'altra cosa, ma è certo che sua (I) Attrezzo di ginnastica navale, oggi divenuto intimissimo della disgraziata pelle russa.

1.30 RIVISTA POPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI maestà fece di tutto per farne nascc1·c i sospetti. Seguitela dalla morte del marito, cioè clal '61, e non troverete più che llrown intorno alle gonne reali. E' Brown che torreggia su tutti. E' Urown elle sbuca da ogni avvenimento. 'ci cliarii 1·eali il suo nome è il cri-cri delle pagine. Incespicate in esso acl ogni riga. Egli era uno scozzese supcrlJo, alto e forte, con una testa che pareva un capolavoro sulle spalle gagliarde. Coi suoi occhioni luminosi e la sua faccia grassotlella e completamente sbarbat.i, li sbronciava o ti metteva cli buon umore. Vicino a lui era il sentore della sa- 'lute. Nel costume clegli ltigltlcmders, che lascia nuda la parte più carnosa della gamba sotto il ginoccbio, sembrava un elio. La sua sfigurazione crudele era visibile solo quando smascellava clalle risa. Allora gli si vedevano i canini sbattuti via dalla violenza. Beveva come beveva e beve la regina, ma nessuno lo vide mai brillo. Un amico del seguito che fosse superiore alla sua classe, era per lui un pretesto acl offrirgli un bicchiere di wihisl,y o di champagne e per brindare alla salnte di sua maestà. Dovunque era una gazzarra reale llrown o iniziava i brindisi o ne proponeva se dimenticati. In Inghilterra i suclcliti non possono sedere a tavola in dieci o dodici senza alzare i calici e bere alla salute di sua maestà e della famiglia reale. Anche i giornalisli non sanno pranzare o banchettare senza onorarla elci primi loasts. Malgrado però questa brindomania generale nessuno può vantarsi di averne fatti tanti come nrown. Egli è rimasto il primo toasler del regno. Sulla cima elci cairn elle ricorda il matrimonio del cluca cli Cannaught si riempirono e si vuotarono i bicchieri con tre salve cli acclamazioni per gli sposi. Venne la volta cli sua maestà e si bevette alla sua salute, poi Urown disse che si clovcva brindare alla saulte della principessa Beatrice ». Il l3 settembre ,1882, sua maestà ricevette un telegramma da Tcl-el-kcbér che le mandava Wolsclcy per annunziarle elle alle cinque elci mattino aveva fatto attaccare la posizione cli Arabì e che all'una le guardie cli sua maestà erano padrone del campo nemico. Vi fu nel pomeriggio una bicchierata io faccia al castello, mentre sua maestà ritornava da una scarrozzata. Le cornamuse, che svegliano ogni mattina Vittoria qltando è sulle montagne scozzesi, riempivano l'aria di concenti. Sua mncstà discese. Brown aveva fatto preparare per gli highlanclers in sottana un tavolo di vecchio whisky scozzese. Venne salutata colle solite gri(la di « viva la regina ! » Dopo il brindisi alla sua salute, Brown si fece innanzi e disse presso a poco queste parole : Signore e signori, uniamoci in una buona acclamazione scozzese pcl duca e per la duchessa d'Albania, possano essi vivere a luogo e morire felici - and die happy. - Un brindisi che sua maestà disse che piacque a tutti e elle tutti applaudirono. La carriera cli Brown fu rapida. Nel '49 non era elle gillie. Nel '51 sua maestà lo promosse, afliclanclogli il suo pony. Nato domestico come si nasce poeti, mise tutto il suo ingegno e la sua pazienza a disposizione della padrona, e la regina lo fece entrare nel suo diario come un « servant la cui bontà e la cui fedeltà non possono esser superate». l\Iorto il principe consorte la salute cli sua maestà che aveva sot~ ferto orribilmente - sempre secondo il cliario - i servig·i cli Urown divennero indispensabili. Così nel '65 la regina lo elevò al grado di upper scrvanl ancl my pcrso11al alle11clcm.l - vale a dire al graclo cli servo superiore cd esclusivo di sua maestà. Per capire l'alta posizione cli Brown bisogna ricordarsi che in Inghilterra sono servi di sua maestà anche i ministri e i primi ministri. In una nota ciel diario Urown è incorniciato in queste parole. reali: « Egli ha tulti i sentimenti di indipendenza e cli elevatezza, peculiari alla razza elci montanari scozzesi. E' franco, ingcmw, gentile. Egli è sempre pronto a rendermi un servigio ed è di una discrezione assolutamente rara ». Da cruesto momento i dolori e le gioie cli sua maestà diventano i dolori e le gioie cli Urown, come i crepacuori e le soddisfazioni di Urown diventano i crepacuori e le soddisfazioni della regina. Nel '63, a un'ora da Balmoral, il cocchiere Smith anelò sur un macigno e rovesciò la cal'l'ozza nella quale erano sua maestà, la principessa Alice e una damigella d'onore. La regina era a tc1Ta vicino alJa mota cielveicolo, colla faccia escoriata. « Urowo, disperato, gridava: Possente Idelio,ahbiate pietà cli no i! » E nell'aiutai·la a rimettersi in piedi, aggiungeva: Chi ha mai veduto una cosa simile! Credevo che foste rimaste tutte uccise ! Sua maestà lo ricompensò nel diario come un Urown « pieno cli p1·cmu1·cccl inl11licabile ». La sottana scozzese (lii/I) inzuppata daH'acqu,1zzone spellò a Jkown le gambe. Sua maestà se ne impietosì e condensò la sua anlizionc clicenclo il suo dolore cli avere veduto che le gambe ciel povero Ul'Own erano state orribilmente tagliate al (lo1·sociel ginocchio dalla estremità ciel k.ill bagnato. « Lui non ci diceva nulla, ma oggi una cli esse divenne così infiammata e gonfia che egli potcvR muoversi a stento» Ventiquattr'ore dopo : ,, la gamba cli Jli-own è assai migliornta e domani potrà anelarsene in campagna ». l.Uuore il padre cli llrown? Sua maestà dedica allo strazio del persoual servcmt un capitolo intiero nel quale sono la giornataccia, la mestizia, i dolenti, il cadavere, Ja macll'C cli llrown, i tre zii di 131-own,i quattro fratelli di lll'own, l'al)battimento lii n.. own, nrown vicino alla bal'a, i regali di lutto falli alla mamma e ai fratelli cli Brown e llrown elle deve ritornarsene a casa a pl'endcrc il thé con tutta In famiglia ciel babbo morto. E poi sua -maestà che assiste al funerale, che consola la moglie lici clcfunto, cbe segue il convoglio a piecli e che beve, scconclo il costume scozzese, del whisky con dell'acqua e che mangia ciel formaggio ! Ah, questo llrown ! Se sua maestà non mi avesse arciconvinto ch'egli era veramente buono, devoto e intelligente, io finirci per o(Liarlo anche allesso che è morto. Sono sazio del suo nome. Sua maestà me lo ha sen-ito migliaia di volte a cassella della sua carrozza, colle reclini in mano elcisuoi ponics o del suo

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