RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIA.Li dide raccolte di corrispondenze all' « Allgemeine Zeitung » che vanno sotto il nome di « Franzoesische Zustaende » e « Lutetia ». Chiunque le leggerà, conoscendo i tempi, resterà, senza dubbio, meravigliato della lucida esposizione, delle savie osservazioni, dei grandi avvenimenti previsti. Strano i1,vero, perchè non c'è stato uomo di lettere, che occupandosi di politica, non abbia fattoridere i posteri ed i contemporanei. Ivi troverai non solo una storia completa, ma una critica 1;,fficaceed imparziale, d'uomini e cose del tempo, dello stato della Francia e di tutta l'Europa. E tanto di Guizot, quanto di Thier3 e Lamartiné, ci son dei giudizi severi, ma giusti. Meraviglioso è pc,i vedere, come l'Heine, attraverso la descrizione dei passi giganteschi del comunismo, della questione sociale che diventa più incalzante, preveda le fatali conseguenze del debole governo di quel Luigi Filippo, che una società di « claqueurs » a dire del- nostro poeta, per cinque lire, pagate da alcuni touristes inglesi, faceva affacciare, per dieci inchinare, per quindici cantare la Marseillaise. E la Germania? Il sole le dardeggia va cocenti raggi sulle pazienti spalle. Heine s'arrabbia, di questa pazienza, e, nella descrizione che ne fa (1), pare vedere e sentire una grande tristezza, e come una voglia repressa di piangere. « Oh il gran matto che è il popolo tedesco l Pieno « di dolori, non vuole pensare alle cause d'essi, e « ride il più delle volti', per non pian 6 ere. Ricorda- < tegli: scuote la testa. Ma non temete voi dunque, « che il gran pazzo perda la pazienza, tolga il fucile « di spalla ai vostri soldtt ti e faccia spruzzare fino « alle stelle le vostre cervella? Ma io scherzo sa- < pete .... ». Basta leggere nel medesimo luogo, la protesta, fiera, dignitosa, contro la chiusura del Bendestag del 28 Giugno, per convincersi che nessuna contraddizione vi fu; e poteva esserci nella vita politica dell'Autore del Buch der Lieder. Egli non era contrario nè alla repubblica, nè alla monarchia: voleva solamente le condizioni per l'uno e l'altro regime. - Per Dio! esclama. Io non sono repubblicano, io non ammiro ciò che i realisti ammirano (2). Monarchia, assolutismo, repubblica, a tutto sono indifferente fino che dura la lotta per i princ1p11 essenziali della vita, fin che si tratta di mezzi (3). Non basta? La descrizione che egli fa (4) di quel quadro rappresentante Oliviero Cromwell, che scoperchia una bara, e contempla il cadavere decollato di Carlo Stuart: la repubblica, la monarchia - è dubbiosa, triste. (I) Pref.zione ai Franzoesische Zustànde Voi. Xl. lo mi servo nelle citazioni dell'edizione. Gotta, Stuttgart, Ileinrich Heines sftm• tliche Werke in zwolf Biinden. (2) Franzoesische Zustande Voi. Xl. (3) Der salon - Voi. VII. (4) Epistolario. Lettera al Laube. A che l'uno, a che l'altra? - pare voglia soggiungere l'autore. La prefazione alla « Germania», la più cinica, secondo alcuni, la più leale, la più nobile delle professioni di fede, per m<>,è una riprova della mia affermazione. Quel poema che sotto i sarcasmi, sotto le frasi, qualche volta anche triviali, racchiude tanta amarezza e tanto sconforto, anche oggi, a cominriare da coloro che l'hanno tradotto, non viene inteso ! Come in Café Chantant una di quelle rare canzonettiste inglesi o tedesca che portano nel petto la tisi, e negli occhi inca vati e nel viso coperto di belletto tutta una odissea di dolori, cantano le loro logubri sto1·ie, che hanno la monotona cadenza d'un lamento, al:!.ando, incoscienti, la corta gonna, ed il pubblico ride e schiamazza, mostrando d'intendere gli scherzi libertini, che, certo, certo - oh il pub~ blico è un gran sapiente l - devono contenere quelle canzonette ; così lettori e critici non sanno e non possono concepire che un Heine, il quale desc1•iv.\ loro i poeti, seduti su quei vasi dove i fanciulli fanno la cacca (1). E per tornare al poema, che orgoglio in quella prefazione, tanto più efficace dei piiignucolosf vfrsi del Freiligrath ! Das ist mein P~triotismus ! (2). Questo, il mio patriotismo ! E che tempi eran quelli per la Germania travagliata da uno spirito rivoluzionario ! Il buon Federico Gu;lielmo IV, il re dalle imprudenti utopie, non guardava lo stato d'anarchia che covava in Prussia, in cui una aristocrazia cieca an· cora attaccata ai suoi pregiud z'i, una borghesia nascente, per la quale la costituzione rappresentava un cumulo d'ambizioni, e un popolo t1·avagliato dalle dottrine Mmunistiche e dalla fame si dibs ttevano in silenzio aspettando. Era proprio quel tempo così bene caratterizzato da gli Ecrittori dell'epoca, con la frase: Deutschland ist Hamlet. La Germania è il duLbio, An,leto l La libertà compari va ogni notte., come il bianco spettro del re di Danimarca ad Amleto, che non sa• peva e non poteva decidersi: era stato troppo tempo a Wittemb~•g ! Qual mera viglia se Heine qualche volta tentenna? Non era stato poi egli scolaro di Hegel, la cui teoria delle contraddizioni, la cui filoso.fia, tante volte maledetta in versi ed in prosa, aveva così bene appresa? E scoppiata la rivoluzione, il 48, a Parigi, quella rivoluzione che s'accordava perfettamente con la definizione di R,beuf, vedendo quegli eccessi, il poeta grida : Io non sono repubblicano ! (3) Io combatto per la libertà: se la repubblica deve essere un mezzo per la menomazione di quella, io mi ritiro - voleva significare quel grido. (l) Nuovi versi - Der Tannhauser. (2) Prefazione al poema Deutschland • voi. li. (3) Die Februarrevolution • voi. XII.
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