La Rivoluzione Liberale - anno III - n. 41 - 4 novembre 1924

bi HiG INVENTARIO Di reazione in tutti e due i significati della parola si può parlare nei rigwu·di di Domenico Giuliotti e di Ginv,tnni Papir11. L loro è un tentativo di reazione-restaurazione, alla Giuseppe De Mai,trc: la deho lezza fondamentu,le di un simile tent1,livo è appunto in ciò: che essi non avvertono come lo spirito ullramontano è u,na pianlu, del LL1ltoesotica in Italia, cioè non di là delle Alpi, ma di qua dalle Alpi, o non ha mai avuto se non sporadiche manifestuzion i letterarie. li fenomeno però, per quanlo individuale, è caraU-erislico del turbarnenlo dell'ora e merita di essere studiato. Conobbi Domenico Giuliotti a.i primi del J9lS, a Roma. In quell'inverno, che fu anche rigido, una inconsueta tristezza gettava Tillessi opachi !;ulle linee pompose ed esuberanti della grande indolente. Fu quello peT Roma il primo anno di guerra ed essa p,neva che ne acquistasse coscienza come risvegliandosi da un sonno di cloroformizzala, con un fatalismo cupo non dissimile da quello, con cui porse orecchio alla pedata del barbare. Questa condizione unica di Roma, tra le capitali di Europa in guerra, facev,t una strana e profonda impressione, che produceva una tristezza, se non piiì lacerante dellò spettacolo della guerra, più graYe e severa come pel segno fatale di una estrema minaccia. La guerra toccava Roma'. T:: nessun Daniele parlava? In quell'atmosfera pregna di strane su0 ·- gestioni vidi t.alvolta a.f!ìssarsi verso lon~- nanze paurose gli occhi febbricitanti del Giuliotti, e già si sospettavano in quegli sguardi le invocazioni apocalittiche che abbiamo lette qualche anno più ta;di nelle pagine più infuocate dell'Ora di Barabba. Quel libro fu pensato e scritto quasi per intero tra gl'ultimi anni della gu-erra e i primi del dopo-guerra e resta di quei tempi bui uno dei più impressionanti documenti spirituali, sebbene voce di solitario. Ma l'ortodossia entusiasta e collerica del Giqliotti non è un prodotto cli gu;,,rra, e questo è, credo,. il suo maggiore merito, un merito, al quale è doveroso fare giustizia. Il Giuliotti, che sentì la guerra come esperienza demoniaca, già l'aveva presentita come fatalità purificatrice. Una delle prime manifestazioni del suo pensiero fu un giornale fondato col). altri pochi, toscani quasi tutti /il Tozzi, il Paolieri, il Battelli) e che uscì in pochi numeri, in poche copie, quasi ignorato, tra il novembre 1913 e il maggio 191.4, col titolo significativo: La Torre. Or_qano della reacione s'jYirituale italiana. )Joi ci professiamo reazionari e cattolici - dicent il Giuliotti nel programma del primo numero. - Reaz.ionari, invochiamo e propugniamo a viso aperto, contro i figuri demagogici, la necessità del boia; cattolici, mentre le democrazie Yacillano, difendiamo la Chiesa. La Torre si spegneva nel maggio del 19H, quasi sotto il soffio dell'uragano presentito. Quand'esso scoppiò, il Giuliotti attese e invocò la fine, con tutta la forza di un cuore dominato dal sacro terrore. Nel 1919 scriveva: L~ borghesia, vestita in maschera, sdrucciola oramai senza scampo lungo una china insaponata, in fondo alla quale c'è: la morte... Tutto ciò mi rallegra. L1Anarchia è l'ultima punizione e l'a7JangU(lrdia dell'ordine. Perciò, ...i:enga. E subito dopo le elezioni, nell'autunno di quell'anno: Crollo della menzogna patriottica sotto la menzogna bolscevica.. Dio punisce il Dia,·olo col Diavolo; e l'Italia, ti·aditrice ed apcstata, sprofonda, cieca, in un. buio più fetido, più sanguinoso e più basso. _ Eppure la nostra società del dopo-guerra è sempre ballonzolante tra la miseria e l'errore, e il Giuliotti r,esta con gli occhi sbarrati nel vuoto, ta,lvolta, stupito egli stesso d1 una conciusione, di cui i segni, ieri più minaccJosi, paiono oggi allontanarsi: Qua.udo sembrava che le 11.aiitmi doYessero morire asfissiate, da un momento all'altro nell2 caligine ,.,elenosa dei lor~ rarefatti miasmi: scop~ piarcno a11'improv,·iso (oh, inenarrabile mio ter. rare e tripudio!) i primi fulmini dnfrescanti della guerrn moJJdiale. l\1a ciò elle speravo non si è av,·erato.. L'empietà è più gra11<l'c,la pazzia più grande, la rapacità, la"corr,uZione, la bestialità cieca più grandi. Impazienze, sospensioni di cuore, stupore· pel non vedere in atto ciò che era pensato immancabile ed imminente, ed un tedio mortale, una scontentezza irosa, anche di sè stesso, che l'assale di tanto in tanto: tutti i sentimenti confusi del tormento dell'att,esa traspaiono tra le pagine dell'Ora cli Barabba e fanno la vera bellezza del libro, danno movimenti lirici· a formule fin d'allora troppo pietrificate. Mentre il Giuliotti si tormentava in questi pensieri, il Papini, da poco allontanatosi dalle acrobazie impudiche dell'Acerba, ci teneva tuttavia ad essere pn « brillante letterato», _nel senso eh~ meno poteva es:,el'e LA RIVOLUZIONE LIBERALll DI CULTURA uccetlo al GiulioUi. E con la data del JfJ gennaio 1920 troviamo nell'Ora di Baro/Jbo una lettera indirizzala per l'appunto al Papin i, in cui l'investiva per la superficialità con cui parlava del Cristianesimo, e insieme faceva un commosso u,ppello a lui (« Io sono un pover' uomo molto debole e molto imperfetto, e vivo più di pen~ieri che d' opere ... Tu, forte ed armalo, potrai, convertendoti, ciò che io non posso»). A quosLa letlera segue una postillu,, aggiunta forse sulle bozze di stampa (la 1.' ediz. dell'Ora i• dell'autunno, de1 '20, so ricordo bene) e nella quale si annunzia l'avvenuta conversione. li Giuliolti dunque ha avuto una parte direLLae potentissima nell'avvenimento ed io penso che non si possa p,ulare cli lui n~nche oggi come un collaboratore del Papini," s1bbenc come un ispiratore. Sarebbe cosa poco agevole sceverare quello che del Giuliotti è nella Vita di Cristo;-ma anche a non conoscere il Giuliotti personalmenLe, basta aver letto attentamente l'Ora di Barabba per aver sentore della vena «iulio\- tiana nelle parti sostanziali di quel libro. Purtroppo il Giuliotti s' illudeva sulle qualità dell'amico e sulle forze latenti, che quello avrebbe messo a servizio della Chiesa. TI Giuliotti nella sua modestia e insieme nel suo entusiasmo di credente si sentiva piccino al compito sognato e affrettava col desiderio- il momento di poter guidare nella via del bene uno scrittore che vedeva tanto superiore a lui, quantunque fino allora sterile, e di potergli dire poi: -- Ecco, spazia per questo campo sconfinato, corri verso le mète più luminose. Il suo entusiasmo non gli permetteva di sospettare che il Papini avesse già, nel 1922, percorsa tutta la sua esperienza di vita - parlo qui della sua vita d, scrittore: la vita della sua coscienza è cosa sacra, che gli appartiene interamente e che va altamente rispettata - e che, passato quasi- d'improvviso da una vita non solo letteraria, ma di vagabondaggio e di scapig-liatu.ra letteraria, ad· una vita spirituale, che :richiede insieme ampiezza di vedute e severa, continua disciplina introspettiva, si trovasse a disagio, squilibrato e_ .soffocato dal grave fardello e proprio allora cadesse nella sterilità. Sie ad uno sguardo superficiale il nuovo Papini può parer nuovo, di fatto è il medesimo vecchio Papini, che, per non essersi potuto rinnovare nella nuova materia, soggiace completamente all'influenza dell'amico più forte e più volitivo, e fa un lavoro non molto dissimile da quello dei monachetti medioevali, che alluminavano le iniziali dei messali sotto la guida del padr,e superiore. Il Papini « brillante letterato » è diventato un « brillante - letterato cattolico», un decoratore del pensiero di Domenico Giuliotti. E così, quando il Giuliotti viene meno - come nel 11ecentissirnp Dizionario dell'Omo salvatico - il Papini non l'aiuta a rilevarsi, anzi l'aiuta a ben morire. Il Giu liotti ha avuto il grave torto di pietrif)- carsi nell'atteggiamento dell'Ora di Barabba; anzi, mentre quel libro risente cli tutto il tumulto dei sentimenti, coi quali lo scrittore aveva rivissuto a suo modo la crisi della guerra, e quindi resta un lipro vivo, malgrado le troppe influenze letterarie di Veuillot, Bloy, Hello, ecc.; quest'ultimo libro, svuotato proprio di ciò che dava vita all'altro, oscilla tra la rip,ocluzione ormai meccanica di una specie di iormulario e anti-civi~e » e una malinconica schermaglia di un umorismo cavilloso da settimanale cli provincia. Trovo a pag-. 270, sotto ,lut'omobile: « La carrozza diabolica dell'arricchito e del nobile involgàrito e incanaglito », e via così per una diecina di righi. PersonalmentP non amo l'automobile, che ha sciupato !0 passeggiate in campagna ; ma Leone XIII non era della mia opinione e fece entrar() l'automobile nei giardini vaticani. Oggi non c'è cardinale che non ce l'abbia. Tutte canaglie? Bisogna esorcizzare in Vaticano? Que~to breve esemp,io ha un ;valore non definitivo, ma indicativo, di uno stato d'animo. . * * Sulla riva opposta si notano· gruppi d'intellettuali, che sentono il problema reli«ioso italiano in modo non meno ur«ente r::a in un se,nso tutt'afiatt'o diverso, ci~è m~ralistico-protestante. Il gruppo più compatto è quello che da oltre un decennio si è andato raccogliendo intorno alla rivista Bilyclwis (fondata nel 1911), che ha avuta meritata fortuna per la serietà dei suoi propositi, nello svolgere il suo programma di studi religiosi e filo-sofici, nel senso più ampio, r con larghezza d'idee. Molto più recente (dal 1922) è il settimanale Conscùmtia, che cli quella rivista è una filiazione. Queste pubblicazioni, insiome con libri ed opuscoli, sono emanazione cli una chi-esa protestante anglo-sàssone e ciò ha attirato dubbi ed accuse <Lperte- specialmente contro Conscien. tia, per sua natura più combattiva, e che entra anche in campo politico - di servirsi della cultura per fare opera di proselitismo. lo penso invece che il giorno in cui cominciassero a svolgero un programma rJi proselitismo a favore di questa o di quella chiesa. protestante, la diffusione delle loro pubblicazioni e il credito della loro opera scadrebbe cli colpo. t..:n'opera di propaganda in questo senso è destinata a rlon avere echi in Italia; ma ben differente può essere il valore di una prote.1ta non contro un dO/?- ma specifico od a favore di una chiesa spécifica u,vversa a quella di Roma, ma contro i mali atavici incancreniti nel sangue da quando gl'/taliani aooettarono passivamente la Contro-riforma. La P7otesta di Galileo - pensala, se non detta, con le parole, eh,, la fantasia popolare seppe ruhare dalle lab bra serrato del martire - s' eleva tuttoru ammonitrice dalla sala deHa M.inerva, e gli spiriti liberi sentono quanto siano oggi vive e presenti quella voce e le premesse idea.li, che emanano da essa, e le esigenze etiche che ne conseguono. ' ' Questo problema clell' uomo italiano in quanto entità civica e sociale ci fa entrare direttamente nel vivo dei problemi, che hanno travagliato il nostrn paese dal Rinascimento al Risorgimento, e che questo anche per una serie di sciagurati avvenim-en(i esteriori - ciò è vero -, ma sopratutto per la nostra impreparazione interiore, non riuscì a risolvere che parzialmente ed in modo precario e superficiale. Ecco perchè il movimento, che fa capo • a quelle due riviste, accettando la discussione sopra questo terreno, al di fuori cli particolari conressioni religiose, si è visto avvicinare liberi studiosi alieni da spirito _settario, i qual( senza un progetto preso, hanno man mano mcanalato la discussione nell'alveo già· scavato dalla critica di quella, che può dirsi la « scuola napoletana » del Risorgimento (i due Spaventa, De Sanctis,e, su questo probLema, ancora più radicale il De Meis), e la cui potente influenza educativa si risente egualment-e nel pensiero del Missiroli e nello spirito animatore della battaglia politiec1.ingaggiata da Rivoluzwne Liberale contro il presente regime, ultima - e, speriamo definitiva - manif,estazione del vecchio italiano, di quello che De Sanctis bollava con l'epiteto: « uomo di Guicciarclini "· Non sulla riva destra e non sulla rirn sinistra,. ma fluttuante sulle acque, t-a.lvolta alla deriva, talvolta in lotta contro la corrente,_ ci appare il Borgese degli anni rii maturità, specialmente nella fisionomia cli artista che si è rivelata dopo il 1914. I suoi primor'cii, come si sa, sono crociani e lievemente vociani. Egli fu del Leonardo, e del l/egno; _maalla Voce si accostò poco, e dopo 11suo viaggio 111 Germania lo vedemmo di-' stacc_arsi, quantunque lentamente, con pause clmcertezze e d1 nostalgie, dall' Estetica del Croce. Temperamento si!lo«istico casuistico, egli prevedeva con lucidità che 'l'abbandono delle posizioni crociane non poteva avvemre senza la rinunzia insieme a tutto un emisfero di pensiero filosofico. Bisognava lasciarsi dietro le spalle la filosofia dell'immanentismo; ed egli non vedeva la possibilità di un' affermazione trascendentale o mistica. Oggi stesso non può dirsi che la veda ; ma non l'esclude e comunque, il suo animo di fronte a'i problema della vita è1 profondament-e mutato e non gli fa sentire più il bisogno di unn soluzione dialettica. Verso la- filosofia sente come un senso di disullusa stanchezza. E' un desenchanté, però non uno scettico - verso lo scetticismo non sente nessuna propensione. Vede in lontananza, come dipinti in un quadro, gli anni dei suoi giovanili tornei filo-sofici; ma il cuore è sgombro cli desiderio, e pregia di più, come il re di Tuie, la fine coppa di oro che stringe fra le dita. Che cosa egli trova in essa, onre che l'ispirazione dell'artista? Il Borgesc, per quan. to oggi rasserenato, sente tutto il turbamento dell' oni, e la sua opera presente vuoJ'essere senza dubbio, oltre che una parola di poesia, una parola di pace interiore. Egli sente tl turbamento dell'ora ed hi!, acquistata - direi ha conquistata - la convinzione, che ad un mondo, che si è avvicinato a forme elementari di ,·iolenza belluina bisogna parlare con forme semplici di rel ig-iosiLà.Egli è pel Se,rmone delhi monLagna e non pei dibattiti clèi cirncilì, forse anche pei' I' Evangelo di S. Luca piuttosto che per quello di S. Giovanni. Q11eslopotrebbe condune a un rinnovato francescanismo, non da salotto - come prima della guerra -, ma da tugurio; pe1'ò una simil,e eventualità non si concepisce senza la negazione del ~erebralisrno - sia sotto la forma titanica dell'ante-guerra, sia sotto quella relativistica del dopo-guerra - e del!' immanentismo, e senza un rttorno alle vie del cuor'e. Il problema centrale diventa quello della grazia: i termini sono posti nettamente da padre Mariani quando confessa Rubé: \"oi. llgliolo mio, !-icte un gu.erriero, un Yio1e11to, come tntti i ,·ostri contemporanei; quelli che hanno fatta la guura e auelli che non l'hanno fatta, gli eroi con1e voi ~ i eodardi. Voi siete vt-nuto <la un povc:.ro sc..-•n·odi Dio come se voleste estOTcerrni a viva farza Ja grazia ... Voi . voJctc conqui:,,tare il regno di Dio pc.--rscommessa e r·l)n un colpo di mano. Xo, no. La fortezza di DirJ non .~i prt.--ndc{>Crstratagemma nè <l'a:..:-alto . ◊n si espugna. Le !'me porte sono innumerc~ ,·oH ~rl ar,c..-rteai mansueti. Alla Bsaltazionc, fittizia, malata. di Rubé succede la r!&pressiorie di f~liseo GadrJi r I riri r, i morti)_ E' sulla stessa linea ma quellr, stat,, di depressione [,J pfJM.a a,;1 un ripiegamento su se stesso, alla rinunzia dell'amore, ed alla contemplazione della morte. :'\,Jn è ancora la liberazione : ma mentre Rubi!, assassino per caso, muore per caso, confuso nella folla, Garldi giunge alla morte per lo menr, in uno stato di prostrazione lu. cida. li BorgeSf: Yede ancora lungo, erto e spinoso il camminr,, per cui una generazione di orgogliosi potrà giungere alla redenzione. Tale. in riassunto, mi pare l'alto valore sintomatico di quest,, ingegno fiammante e poliedrico, duttile ed aperto alle C•JITenti del pensiero contemporaneo, ed insieme intimamente agitato ed insoddisfa,Uo. . •• Queste a me paiono le piu importanti forze spirituali, dalle quali si possano trarre auspici per l'avvenire. Prima di chiudere questo sommario, mi sia concesso di fermarmi ancora un momento su cli un equivoco capitale, che, secondo me, ar;olge tutta la cultura della fine del secolo XIX e dei primi di questo. Io penso che, se •i riuscirà a chiarire questo equivoco si ritroverà una base di equilif>rio, senza produrre una violenta soluzione di continuità, la quale, per altro, non avrebbe fin adesso una nuova seria prospettiva culturale da offrire. Lo storicismo - o faustismo, per dirla con lo Spengler -, infine la cultura correlativa alla civiltà della prima rr.età del :ecolo XIX, implicava tre elementi essenziali, che venivano dall'idealismo kantiano e immediatamente post-kantiano (specialmente Herder, Schiller), cioè: 1°) Il fondamento etico e sociale, collegato alla visione pant-eistica della vita (rapporto indissolubile tra l'uomo singolo, l'umanità e tutto il creato) ed alle rimanenze tuttora vitali del movimento illuministico settecentesco. La nuova religione è il faustismo; ma, per farcene un'idea chiara, non si può rinchiudere il Faust in una formula. ma bisogna tener conto di tutta !"armonia del poema. Ora si dimentica troppo spesso chie Faust si salva per la visione finale, per la sua professione di fede nel laYoro benefico di una sociatà incivilita ( « Io apro uno spazio per milioni cli uomini, che verranno ad abiJlia.rlonon in oziosa sicurezza, ma con la speranza di fruire di una libera attività ... Sì, io mi sento rntato a questa idea, ultimo fine di ogni saggezza ... »). 2°) CoHegato col principio etico precedente è il mito del progresso, sviluppato dal secolo XVIII e ripreso e sYiluppato a sua volta dal positivismo (!' evolucione non è che l'aspetto biologico del mito del progresso). Però, sotto qualsiasi aspetto, è implicito il critlerio di dis'tinzione di male e di bene, di bene e cli meglio, che è il fondamento della morale. 3°) Conseguenza del collegamento dei principì precedenti: l' ottimismo c"ioè in definitiva, l'impulso verso il bene, 'verso' uno stato etico superiore, e il desiderio che esso si attui e si conservi. Arnlso l'individuo dalla società e lasciato cadere l' imperativo categorico kantiano -- 11 che fu opera della rea~ione volont-aristica cli Schopenhauer ~ la Yisione della ,·ita diYenta fatalmente pessimistica. Schopenhauer conclude_va per r annullamento (il nirvana) : pos1z10ne a lungo andare insostenibil~,poichè la vita reagisce nelle sue forme primigenie. Questa oscura reazione vitale ci spiega Nietzsche,· il quale capovolge il processo dialettico schopenhaueriano col mito del superuomo. L'umanità è annullata egualmente, ma perchè vi,-ano i semidei: ciò è più nell'ordine delle nostre id_ee.Ma, vista la. cosa più da vicino, la dottrrna del superuomo è un annullamento ancl1'essa, poichè è un'ipostasi puramente arb_itraria di un'immaginazione poetica. Ciò s1g-mfìec1.avere annientata la vi'ta e la reallù. Perchè l'equilibrio si ristabilisca bisogna che l'equivoco sia dissipato e che la culturn ristabilisca effettivamente una linea di continuità con tutto il pensiero del secolo XIX\ riconoscendo quali furono i fondamenti di quello: l'imperativo categorico kantiano e l'aspirazione sociale di Faust. Quando avranno bevuto nuovamente alle fonti della propria tradizione ed aVTanno ripreso la propria sanità, allora è probabile che 0·!i uomini di o-ggi costruiranno qualche cisa per l'avvenire; altrimenti come le « g-,enti superbe» del Sennaar costruira.nno con pietre di terracotta e con cemento di bitume. (FINE) :\JARIO VINCIGUERRA

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