il Potere - anno I - n. 5-6 - novembre-dicembre 1970

Novembre-Dicembre 1970 il POTERE IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIGlllll:iilllllNIIIIIOIIIIIIVIIAllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllll REGIONE llllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllilllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllUIIIIIIIIIII: Un congresso d roteo L'ASSISE PROVINCIALE DELLA DC L'ULTIMO congresso provinciale del- la Dc genovese ha costituito un interessante saggio di tecnica politica dorotea. Esso infatti è stato rigorosa– mente prederminato nei suoi risultati: alla libertà dell'applauso ha corrispo· sto la servitù del voto, conseguente alla sua controllabilità. La molteplicità dei seggi elettorali, lo scarso numero di delegati votanti in ciascuno di essi, la possibilità di « con– sigliare » una combinazione di « pre– ferenze » praticamente esclusiva per ciascun delegato hanno consentito la verifica del voto di ciascuno. Nulla poteva sfuggire agli apparati delle correnti: di ciò si sono larga– mente avvalse quelle che controllano il potere. Ma ciò è accaduto sulla pelle dello scrutinio segreto e della autentica libertà di suffragio. Ne è conseguito un congresso in cui nessun discorso politico è stato in gra– do di spostare un voto. Nella sala non si sono formate posizioni politiche ope– rative: si sono fatti applausi, mormorii e apprezzamenti. Come a teatro. occhi e dice: « Carneade: chi era co– stui ? ». Cattanei, che vuol parlare con un linguaggio realista, si rifugia in un av– verbio temporale, «quando», ma se ne riserva l'interpretazione. Diverso, e un po' patetico, il discor– so di Lucifredi che si è concluso con la proposta ai tavian-cattanéi di una comune dichiarazione anticomunista. E' chiaro che non l'avrà mai: uno schie– ramento quale quello di maggioranza è del tutto inattaccabile da qualunque problema di coerenza politica. Così il « centrismo popolare » di ca– sa nostra, si consuma lentamente nel suo ruolo, ormai decennale, di stanco e sfibrato contrappunto di un dorotei– smo che lo ha battuto senza farlo mai combattere, senza avergli mai dato nep– pure la gioia di condurre, sul serio e sino in fondo, una battaglia di princìpi. Giochi diprestigio mani. Ma temiamo che il criterio con cui vi pensa sia quello di sempre: quel– lo del suo vantaggio. La proporzionale serve per impedire di essere notabiliz– zato anzitempo da un accordo Fanfani– Moro - Rumor ? Viva la proporzionale! E' possibile un accordo Fanfani - Ru– mor - Taviani - De Mita ? Viva il mag– gioritario! Noi vorremmo vedere tutti cavalcare un cavallo solo e giocare su un tavolo solo: è troppo ? Amici della nostra rivista partecipa– no al comitato provinciale dopo aver presenziato al congresso ed essere stati eletti nella lista della Sinistra li– gure. Essi vi partecipano allo scopo di riportare nella Dc genovese le con– dizioni primarie della vita di partito: il vero parlar politico (e non le poli– valenze tatticistiche che lasciano le ma– ni libere per le più diverse operazioni) ed il diritto di tutti di esercitare il loro voto senza controlli arbitrari. Ci inte– ressa che vincano delle tesi, ma ci in– teressa ancor di più che vinca un meto– do per far politica. Per noi, come per Sturzo, la morali– tà del metodo coincide necessariamen– te con la democraticità del contenuto: il problema sociale ed il problema po– litico sono inscindibili. Con questo tor– niamo alle origini. E' da queste che possiamo guardare l'avvenire. A. G. Uccellacci LA Dc genovese è ormai divisa in due categorie ornitologiche: gli uccellacci e gli uccellini. Il con– gresso provinciale lo ha dimostra– to ulteriormente. Pii ordini reli– giosi hanno escluso dal program– ma dei cineforum il film omoni– mo di Pasolini per organizzare gi– te in pullman a Genova per veder– lo dal vivo. Insomma una specie di cinema-verité. Tutto questo è merito del con– gresso che ha messo ogni piuma nella sua giusta luce. Vediamo di fare un rapido esame, per chia– rezza dei lettori; ma, niente paura, abbiamo la consulenza d'un noto naturalista. Condor. Com'è noto è il più grande degli uccelli. Vive nelle Ande, cioè nel " mezzogiorno » del- l'America. E' un uccellaccio, ma è un buon diavolo, in fondo, pur– ché non lo si provochi. Il condor « asso pigliatutto » è stato il leg– gendario re di Bavari, il quale ha scatenato una serie di suoi « au– siliari » che hanno spazzato via il campo dei vivi e dei morti. Sparviero. Ce n'era uno - Mas– simino Del Prete, ideologo nazio– nale della Dc, coautore (col pugile Arcari) d'un trattato su Tonio/o e Murri - che ha dato il colpo di grazia alle attese escatologiche D'altronde ciò rientra nella logica del doroteismo e nei margini di liber– tà che esso consente all'interno degli spazi che controlla. Maestro Una breve chiosa merita il ruolo gio– cato dalla «sinistra», che non chia– meremo basista, ma facciniana. Il suo esponente, entrato nella lista tavianea, ha incassato senza batter ciglio i voti organizzati da Paccagnini. E' stato elet– to al quinto posto e dice di rappresen– tare la sinistra di Base. Quale Base ? La Base integrata con Taviani? Che ne pensano Galloni e Granelli? Non sappiamo. Ed il povero Vanoni copre, con il suo nome, queste faccinerie: non c'è proprio più rispetto per nessuno. "L'URBANISTASONO ME,, e discepolo Dorotei si nasce, non si diventa. Da– teci un clericalismo senza religione e ci avrete dato il doroteismo. Esso, di– sintegratosi come corrente politica, re– sta come concezione e costume: consi– ste nell'utilizzare tutto a fini di potere. Al congresso i discorsi dei dorotei di ieri e di oggi, sono stati sfumati e poli– valenti ed hanno evitato, come il peg– giore dei rischi, ogni impegno su tesi precise; ciò è facile per chi, essendo libero dalla logica dei princìpi, può eludere i problemi scivolando su temi vagamente patriottici. La patria, qui, beninteso, è il partito, ed il patriotti– smo scade a fatto corporativ:,, seppur reale. Si leggano, nella versione del « Cor– riere del pomeriggio », sempre così di– ligente nell'esporre con ampiezza e pre– cisione le opinioni dei notabili (e solo le loro), i discorsi di P. E. Taviani e di Cattanei. Ne risulta delineata, con fermezza, l'adesione a qualcosa che può consentire, però, anche di fare l'oppo– sto. Si veda come maestro e discepolo gareggino in abilità. Sul tema dei rapporti tra Dc, Psi e Pci, Taviani ha detto: « dobbiamo dun– que ribadire che il nostro atteggiamen– to sarà un atteggiamento realistico che non ignora le cose come stanno, che non si rifiuta di vedere quello che c'è da vedere, ma si guarda bene dal con– fondere le situazioni in atto con quelle sperate». E Cattanei: « un governo Dc - Psi significherebbe di fatto l'inserimento del Pci nell'area governativa quando non esistono le condizioni per una ge– stione del potere con il Pci ». le lamentazioni dicentristi Taviani è più bravo: ha detto meno di Cattanei, ma con più pathos e dut– tilità. Taviani ha fatto semplicemente un apologo: vedere significa guardare e non chiudere gli occhi. Ibis, redibis. Taviani « ha chiuso» a qualcosa ? Cer– to no: se, domani, il Pci gli va bene, lo guarda e lo vede; se no, gira gli Noi esercitiamo il diritto di critica senza malanimo: non vogliamo emar– ginare nessuno. Un franco discorso è atto di libertà, mentre il felpato arbi– trio del potere è atto di tirannide, an– che in democrazia. Parlar franco è par– lar da amico. Noi chiediamo semplicemente alla maggioranza di dire con chiarezza ciò che vuole. Chiediamo, poi, di studiare insieme la condizione di un congresso in cui sia veramente garantita la liber– tà di voto del singolo iscritto. Chiedia– mo il diritto alla politica ed il diritto alla libertà, non per noi, ma per tutti. I pontieri e laproporzionale Ma iI congresso ci ha offerto poche speranze. A questo problema Taviani ha risposto con un discorso critico del– la proporzionale. Ma dove sarebbero i « pontieri » senza la proporzionale ? Di– mentico dell'ieri, Taviani pensa al do- bibliotecaginobianco L A lettera cli 1Gabrielli, del numero di ottobre del «Potere», volta a pun– tualizzare il mio articolo «•L'urbanista sono me», mi trova sostanzialmente d'ac– corcio. Devo, tuttavia, precisare che: 11) I limiti di spazio e di impostazione propri di un articolo giornalistico, e non altro, hanno impedito le «sottolineature» e il poco spazio riservato a taluni aspet– ti dei problemi trattati. Anche Gabrielli, d'altronde, non potendo di meglio, si limi– t~ in più punti a citazioni e rinvii, ine– vitabili per contenere entro limiti appro– priati e facilmente accessibili un discor– so di tanto impegno quale quello della partecipazione alle scelte urbanistiche. 2) La scarsità della mia informazione presunta da 1Gabrielli - anche se sono certo che non sottende alcun spirito da « addetto ai lavori » - deriva probabil– mente dal fatto che egli ignora la mia partecipazione, an·che se di minoranza, al– la commissione urbanistica della Dc, gra– zie alla quale ho avuto la possibilità di seguire vicende e consultare documenti in modo forse non molto dissimile al suo. G) Concordo sostanzialmente con l'iter formativo di un piano schematizzato da Gabrielli, salvo ritenere che il « momento delle scelte» debba avere almeno due fasi non confondibili: quello della scelta dei grandi obiettivi e quello delle indicazio– ni particolari. Ebbene, lo si voglia o me– no, il documento di sintesi corrisponde di fatto alla prima delle due fasi. Se 'è sta– to quindi negativo, nel caso di Genova, il non avere consentito la partecipazione al momento delle scelte metodologiche (in ciò concordo pienamente) certo più grave è la mancata partecipazione effet– tiva che si sta verificando al momento delle grandi scelte, dato che, se si vuole essere obiettivi e realisti, essa è stata ridotta a un sommario e formalistico « rito del venerdl ». 4) Circa l'operato della commissione Astengo, esiste forse l'unico dissenso con Gabriclli. Premesso il giudizio da me espresso sulle responsabilità dei politici, mi pare tuttavia che proprio quanto egli adduce come giustificazione per la com– missione (gli impedimenti frapposti dal– l'amministrazione comunale ad una qual– siasi forma di partecipazione) sia invece la conferma della mia valutazione. Se la commissione Astengo di fatto non fosse stata pervasa da una mentalità « cari– smatica n ed avesse veramente ritenuto indispensabile la partecipazione popolare non solo per motivi « esterni » ma per intima convinzione, avrebbe accettato di passare alla seconda fase del lavoro sen• za prima aver discusso e verificato la prima con le forze reali della città? Una normale etica professionale sembra esclu– derlo. La verità, a mio giudizio, 'è che questa esigenza la città ha cominciato a comprenderla per autonoma presa di co- scienza, determinatasi soprattutto con la crisi conseguita al licenziamento di Asten– go e non certo perché, sia i tecnici che i politici direttamente responsabili del di– scorso urbanistico, l'abbiano in qualche modo favorita. 5) Per quanto concerne la dimensione territoriale da interessare col piano, l'ave– re Gabrielli concordato sul fatto che lo studio di Astengo « non v'è dubbio che avrebbe dovuto riguardare un'area più vasta e ciò non fu fatto», è motivo che mi pare sufficiente per ritenere errata la difesa acritica dell'operato di Astengo fatta da una parte della sinistra che pure era ed è validamente impegnata nel di– scorso urbanistico. Sono tuttavia d' ac– cordo sul fatto che l'ampliamento delle dimensioni territoriali non deve essere un pretesto per ì tecnici e per i politici col quale coprire il perdurare dell'attuale disordine edilizio e che, in attesa delle scelte di fondo, occorrano immediate de– cisioni, almeno in ordine a determinate zone, atte a salvaguardare la realizzabi• Iità delle scelte che si stanno compiendo. Quello che però ritengo assai grave - Gabrielli non lo nega di certo - è la mancata ricerca del consenso delle realtà interessate all'area metropolitana o com– prensoriale che dir si voglia. Consenso che doveva essere ricercato prevalente– mente, al di là dell'esistenza o meno di strumenti giuridici per formalizzarlo. 6) La citazione di Hazon da me fatta non voleva essere una difesa di esperi– menti forse non completamente soddisfa– centi. L'ho fatto soltanto perché non rite– nevo giusto appropriarmi di un giudizio sulla partecipazione molto efficace ed obiettivamente· valido in sé, senza per questo far riferimento a fatti che non erano in discussione. D'altro canto - lo ricorda anche la relazione di sintesi - il fatto che oggi nel comprensorio milane– se non venga approvato alcun programma di fabbricazione o piano regolatore comu– nale senza il parere di conformità del IPim 1(rPiano intercomunale milanese), è un fatto obiettivo col quale la situazione genovese al momento attuale non regge il confronto. 7) Le mie preoccupazioni in ordine al futuro urbanistico della regione ed a chi ne avrà la responsabilità non sono cer– tamente minori di quelle di Gabrielli an– che se ad esse ho dedicato soltanto quella che egli definisce « chiusa brillante». Co– me sempre, l'uomo condiziona con la sua coerenza ai princìpi e la sua capacità realizzatrice i fatti politici concreti. L'af. fermazione nenniana secondo cui le idee camminano sulle gambe degli uomini conserva tutta la sua validità. Ed a Ge– nova le gambe degli uomini si sono fino– ra dimostrate incapaci di reggere il peso di una coraggiosa politica urbanistica. Ugo Signorini pag. 3 e uccellini degli uccellini di cui parleremo tra poco. I suoi avvo toi e nibbi - la « maggioranza silenziosa », uccel– li che non cantano mai, né al partito né a casa - sono venuti fuori all'ultimo momento dal ci– lindro di Bavari. Sì, perché il vec– chio condor s'era presentato con il frak di Mandrake e faceva usci– re le colombelle (in realtà i sullo– dati falchi, sparvieri, avvoltoi, Del Prete & c.) per la delizia dei pre– senti. Gallinelle padovane. Le « don– ne » della Dc: Boffardi, Massardo, espressione dell'intelligentzia fem– minile. Coperte dalle ali del con– dor, sono rimaste nella maggio– ranza, zampettando nel cortile. Senza perdere una penna. Uccellini. Queste le vere vittime: il calibri Di Pasqua, l'anatroccolo Dagnino, lo scricciolo (nero) Cat– tanei. Erano sicuri di vincere, co– me Herrera. Gli uccellacci, bene orchestrati (a differenza della banda dell'Ami che stonava ma– ledettamente), li hanno fatti a pezzi. Sibilla, per consolarli, di– rottava i suoi ottoni per intonare « Addio sogni di gloria » al pove– ro Checca che aveva il capino re– clinato sotto l'ala, Dagnino tan– to per darsi un contegno, inta– volava una conversazione di teo– logia con Del Prete, in sanscrito (sempre con Arcari interprete): ma si sa, questi son tutti pallia– tivi. La sconfitta c'è stata e co– cente. Checca, dopo aver spiegato a Gabriele che la battaglia era ri– mandata al prossimo decennio («Eroderemo, eroderemo lenta– mente »), uscì dignitoso scavalcan– do una mandra di gufi che dormi– vano (come del resto per tutto il congresso): « Beati loro» pensò. Erano i lucifrediani. I gufi fecero appena in tempo a travestirsi da pavoni. Gli altri si misero la di– visa da allocchi. « Così mi piace– te » disse il vecchio Condor. « Gut– ta cavat lapidem » trillò da lonta– no, nel buio, l'uccellino Checca, prima cli versare l'ultima lacrima sul guanciale ricamato. Bébert

RkJQdWJsaXNoZXIy