il Potere - anno I - n. 5-6 - novembre-dicembre 1970

pag. 2 RAPPORTI INTERNAZIONALI Il patto atlantico esiste non . ' p1u HA ancora senso il patto atlanti- co per l'Italia? Il generale de Gaulle riteneva che l'alleanza a– tlantica fosse ormai priva di signi– ficato militare. La ragione era che gli Stati Uniti, secondo lui, non a– vrebbero usato mai il deterrente a– tomico contro un aggressore del– I'Europa occidentale. ùai primi an– ni sessanta il processo è andato ancora innanzi, al punto che gli Sta– ti Uniti intendono ridurre le loro forze in Europa, già al di sotto di ogni possibile paragone con le for– ze convenzionali dell'Unione So– vietica. Così dalla teoria della ri– sposta atomica ad un attacco so– vietico all'Europa con armi conven– zionali (Truman, Dulles) siamo pas– sati alla teoria della risposta pro– porzionata, cioè della risposta con armi convenzionali ad un attacco con armi convenzionali (Kennedy, Johnson) ed infine al disimpegno delle stesse forze convenzionali americane in Europa (Nixon). Ciò significa che la garanzia Usa all'Europa è soltanto politica, non più militare. In altri termini: gli Usa si riservano di apprezzare se– condo il loro int('jresse l'atteggia– mento più conveniente da opporre di fronte ad un'eventuale pressio– ne militare in Europa. Con ciò non diciamo che gli Usa starebbero si– lenziosi ed immobili nel caso in cui si verificasse quella passeggiata militare sovietica oltre l'Elba che la diplomazia russa minacciò do– po i fatti cecoslovacchi. E' vero in– vece che la loro decisione è ormai puramente unilaterale e non più di– pendente da quella valutazione pa– ritaria e bilaterale che è espressa in un trattato d'alleanza. li trattato formalmente paritario d'alleanza ha di fatto coperto sem– pre un'altra realtà: che il rapporto degli Usa con l'Europa non era pa– ritario e che quest'ultima costitui– va semplicemente una zona di in– fluenza del potente alleato. O RA questa realtà è venuta gra- dualmente alla luce: gli Stati Uniti hanno mutato unilateralmente la struttura della loro politica in Europa senza che l'Europa avesse veramente nulla da dire o da fare. Ciò apparve chiarissimo quando Johnson abbandonò al suo destino un uomo politico tedesco, Erhard, che aveva concepito tutta la sua politica in funzione della presenza americana in Europa e ricercato u– no status per la Germania all'in– terno di una rigorosa e puntuale appartenenza, come marca di con– fine, all'impero americano. Abbandonando Erhard, Johnson diede ragione a de Gaulle ed a colui che ne aveva sposato la po– litica in Germania, cioè K. Ade– nauer. Il governo Kiesinger-Brandt, che conteneva J'Ostpolitik come l'uovo contiene la gallina, fu il frut– to della chiaroveggenza del vec– chio cancelliere. Egli compì silen– ziosamente un rovesciamento d'al– leanza, la cui fecondità va molto al di là della presente politica social– democratica in Germania. Ma con ciò era chiaro che I'al– leanza paritaria e formale era fini– ta. Gli americani valutavano la loro presenza in Europa come una va– riabile della loro politica comples– siva: la carta atlantica, la carta del Potomac, che era stata la base ideologica della partecipazione a– mericana alla seconda guerra mon– diale e quella stessa del patto at– lantico, venivano definitivamente superate. Non sono più i principi che tengono l'America ferma in Eu– ropa, ma soltanto le opportunità. Q UESTO cambiamento si situa– zione preesisteva al la presi– denza Nixon. Merito dell'attuale presidente è di avere non solo re– sa chiara la situazione, ma di aver mostrato che gli americani, che non consideravano più né carta atlantica né patto atlantico dei sa– cri principi, non avevano poi la pre– tesa che i loro alleati fossero mo– ralmente e politicamente impegna– ti a considerarli tali. li conservatorismo politico degli ideologi del centro-sinistra ha in– dotto costoro a dare la propria be– nedizione a Kennedy e, salvo il Viet-Nam, a Johnson che ne conti– nuava la politica. Questa politica, idealmente legata alla carta atlan– tica, al patto atlantico, all'ideologia wilsoniana, era tradizionale nel par– tito democratico ed era ben espres– sa nello slogan del primo interven– to americano in Europa: « the world safe for democracy ». Che era, poi, una bella giustificazione dell'impe– rialismo e dell'interventismo con la democrazia. L'impero americano doveva appa– rire come il regno della libertà e del diritto: chi vi si sottraeva era un nemico della libertà. Il kennedi– smo fu l'ultimo tentativo di usare dell'ideologia per consolidare un impero. Nixson ha avuto il buon gusto di rinunciarvi. De Gaulle, che lo capì, riservò tutte le sue bene- bibliotecaginobianco il POTERE dizioni al nuovo presidente ame– ricano. Con la presidenza Nixon, appare chiaro che gli americani non inten– dono più usare dell'ideologia per garantire il loro potere, e si consi– derano corrispettivamente liberi di prescindere dall'ideologia nello sta– bilire i loro rapporti internazionali. Il non-intervento americano in Ame– rica Latina (di cui hanno beneficia– to sia i militari brasiliani che i co– munisti cileni) e l'indifferenza del– l'amministrazione Nixon verso i re– gimi politici .nelle altre parti del mondo (di cui beneficiano da un lato Grecia, Portogallo, Sud - Afri– ca e dall'altro la Cina, come il ri– conoscimento canadese del gover– no di Pechino sta a dimostrare) so– no i risvolti pratici di tale atteggia– mento di fondo. Lo slogan wilsoniano che suonò progressista nel 1917 era diventa– to negli anni sessanta uno slogan da santa alleanza: « il mondo sal– vo per la democrazia » era ritra– smesso come « l'America gendar– me del mondo ». Con Johnson cadde tutta la poli– tica europea del partito democra– tico, quale risultava dopo Wilson, e dopo il primo intervento ameri– cano in una guerra europea. Ma con Nixon finisce l'ideologia della garanzia americana alla de– mocrazia europea, che significava, in concreto, l'inclusione dell'Euro– pa nel sistema americano, nello spazio imperiale americano. Con Nixon le costanti di cin– quant'anni di politica americana cambiano. IL patto atlantico non esiste più. 11 problema politico non consi– ste nell'accettarlo o nel rifiutarlo, ma nel capire o no che esso è fi– nito. Ciò non significa, certo, che Usa e Italia non abbiano più interessi comuni, né che sia insostenibile l'armonizzazione della nostra poli– tica con quella americana. Solo che il patto atlantico non è più considerabile come una scelta di civiltà, anche se la vischiosità di. certe consolidate figure rettoriche fa pensare a molti che la sua fine significherebbe ipso facto una no– stra supina adesione alla volontà di Breznev. Si deve capire che l'assoluta co– pertura militare degli Usa all'Italia o la concreta e paritaria armonizza– zione delle due politiche nazionali nell'area del patto sono cose che non esistono più da un pezzo. La realtà dei nostri rapporti interna– zionali non muterebbe di una linea se il patto atlantico finisse. Noi perderemmo soltanto la nostra con– dizione di ospite delle basi milita– ri americane che sono nel nostro paese non in funzione di esso, ma della potenza americana nel Medi– terraneo. Cioè più a vantaggio di Israele o del partito arabo mode– rato che nostro. Sergio Romano Lo • zampino LA mancata visita di Tito sembra un romanzo giallo: perché il Pre– sidente si è così adontato per l'accen– no di Moro alla « zona B »? La Jugo– slavia è da molto tempo sotto pres– sione da parte dell'Urss: la pressione è di vario tipo e usa di mezzi diversi: ma al centro di essa vi sono le ten– sioni tra le nazionalità jugoslave e le questioni di confine. Per Tito l'accen– no alla « zona B » ha significato che l' Italia ricordava la discutibilità di una frontiera jugoslava: ciò voleva di– re creare un precedente per le pres– sioni bulgare sulla Mecedonia, ben al– trimenti rilevanti che il nostro plato– nico ricordo che la Jugoslavia ammi– nistra e non governa Capodistria: die– tro la Bulgaria infatti vi è l'Urss. Ma il fatto non sarebbe stato così grave agli occhi di Tito, se esso non avesse rivelato quanto povera fosse la solidarietà che i leader politici dc era– no disposti a concedergli nel suo ruo– lo di antemurale del mondo atlantico verso l'Est. Che fossero i fanfaniani a sollevare il problema della « zona B » non fa Novembre-Dicembre 1970 I ZONE VERDI I L'altalena degli indici urbanistici e ON l'entrata in vigore del decreto ministeriale del 2 aprile 1968 il problema degli indici o standard del verde pubblico ha assunto in Italia un aspetto nuovo, quello giuridico. I quo– zienti derivanti dal rapporto tra il verde «fruibile}) dai cittadini ed il nu– mero dei cittadini che direttamente ne usufruiscono non è, quindi, più una semplice considerazione a disposizio– ne dei cultori delle discipline urbani– stiche ma una precisa imposizione giu– ridica che ogni uomo politico, ogni urbanista, ogni tecnico di grande o piccolo comune deve rispettare. In tale decreto, all'articolo 3, si pre– scrive, infatti, che occorre mantenere una « dotazione minima inderogabile per spazi pubblici o riservati alle at– tività collettive, al verde pubblico o a parcheggio con esclusione degli spazi destinati alle sedi viarie )), Si stabili– sce anche che per ogni cittadino si dovranno 1nettere a disposizione 18 m2 per le attività collettive in genere, dei quali ben 9 m 2 dovranno essere dispo– nibili per spazi pubblici « attrezzati a parco e per il gioco e per lo sport ». Da qui l'effettiva importanza urba– nistica degli indici del verde che po– tranno essere considerati una cosa se– ria solo se si sapranno determinare con sufficiente precisione i due fatto– ri del rapporto. Se l'indice o quoziente del verde, che dir si voglia, sarà aleatorio, se la sua determinazione continuerà ad essere frutto di una impostazione preconcet– ta per sostenere aprioristicamente cer– te tesi, allora lo spirito e la stessa so– stanza della legge saranno falsati. Ed è quello che spesso sta succedendo in Italia, ove gli indici del verde dopo aver ricevuto per la prima volta i ca– rismi della legge vengono stiracchiati in modo che con essi si riesce a di– mostrare, praticamente, ciò che si vuole. Già nel 1968 a Monza in un conve– gno di responsabili del verde pubblico l'architetto Mercandino di Milano av– vertiva che « purtroppo manca un ac– cordo internazionale che stabilisca il valore dei termini da usare, una volta per tutte)). In un successivo conve– gno tenuto a Monza quest1anno, a cu– ra della associazione dei dirigenti e tecnici dei pubblici giardini, da parte di diversi oratori è stato trattato il tema delle valutazioni degli indici del verde. Si faceva presente la grave situazio– ne nel settore e si affermava che « ogni funzionario stante l'attuale confusio– ne esistente in materia di determina– zione degli indici può dimostrare che la stessa città è ricca o è povera di verde>>. Sempre in quel convegno ve– nivano presentati ed approvati coef– ficienti da applicare per ogni tipo di verde in funzione della « fruibilità>> da parte dei cittadini. Oggi si possono, infatti, alterare i valori sia al numeratore che al deno– minatore dei rapporti. Vi sono cosl due modi per sviare il problema e, conseguentemente, far ap– parire ricca di verde una città: si può gonfiare il numeratore o stringere il denon1inatore. In primo luogo accet– tando da ogni parte della città ogni tipo di verde, sommando le abbondan– ti aree periferiche e al limite tutte le fasce gerbide agricole o forestali pe– rimetriche della città. L'altro sistema è di considerare al denominatore la sola popolazione residente o legale al di Fanfani meraviglia: ciò corrisponde al fatto che fanfani ricalca la politica verso l'Est che fu di de Gaulle. Vi è inoltre certamente nel Pci un peso specifico della politica sovietica che condiziona, in forme che non si possono valutare, la linea più occidentaleggiante di Lon– go e di Berlinguer. Ufficialmente il Pci si è dissociato da Moro, che non ha avuto altro che il consenso della destra e dell'estrema destra (così, paradossalmente i candi– datissimi si sono trovati ambedue con l'appoggio della sola destra in un deli– cato argomento di politica estera). Ma non era verso il M si che guardava Mo– ro: era verso Mosca. Questo ha fatto capire a Tito che nessuno dei due can– didati utficiosi della Dc al Quirinale, neanche Moro, può essere per il mare– sciallo un partner sicuro. Andare a trovare Saragat (questo, sì, sicuro) al– la fine del suo mandato non ha più significato politico. Con il suo gesto Tito ha voluto dire agli americani che nc,n si fida dell' Ita– lia: il clamore suscitato ha un grosso significato da non sottovalutare. posto della popolazione presente o ef– fettiva. E' assolutamente necessario nella va– lutazione degli standard del verde ri– conoscere e valutare separatamente i diversi tipi di verde: di arredo, deco• rativo, sportivo, scolastico, sanitario, di quartiere e suburbano. Non è questa la sede per sviluppare sotto profili tecnici questi problemi ma può essere utile chiarire, per i ri– ferimenti sociologici e politici che com. portano, come la divulgazione e l'uti– lizzazione di certi indici, per sostenere certe tesi nelle redazioni di piano rego– latore, può modificare o meglio far apparire falsata l'oggettiva realtà della città. Con esempio banale ma molto dimostrativo si vuol rilevare che non è possibile ritenere razionale, nella compilazione di un qualsiasi piano re– golatore, rapportare allo stesso modo il verde decorativo (spartitraffici, aiuo– le decorative, fioriture) ed il verde di quartiere (oasi alberate di riposo per vecchi, campi sportivi in zone verdi, complessi per il gioco dei piccoli). A questo punto è giocoforza affer– mare che lo studio della determinazio– ne del verde pubblico è ancora ai pri– mi passi. Ciò che potrebbe essere una equazione matematica è ancora ele– mento elastico che si piega facilmen– te alle sollecitazioni di chi opera pre– fissandosi un risultato ancora prima di avere svolto una analisi o di chi opera per i sistemi tradizionali che non tengono conto delle diversità di ambiente e di fruibilità per la popo– lazione delle diverse tipologie del verde. Bisogna, inoltre, a nostro avviso ~011:_riporre sempre credibilità negli 1nd1c1del verde cittadino intesi in sen– so globale. Le città italiane, strutturate in genere con un vecchio centro stori– co poverissimo di verde e zone con– centriche, più moderne, in cui il con– cetto della zona verde appare già timi– damente, non p~:>Ssono essere comprese, se non a scapito della razionalità, in un unico indice. Bisognerà determinare delle « zone di fruibilità » che si posso– no identificare abbastanza bene nei quartieri cittadini. Esistono anche delle città in cui vi sono ampie zone verdi attrezzate, co– me ad esempio Centrai Park a New York, Regent Park e Hyde Park a Lon– dra, il Valentino a Torino e le Casci– ne a Firenze, aventi una funzione di richiamo del pubblico da quartieri di– versi, per cui la redazione di indici cittadini di verde può assumere - in questi casi - un apprezzabile signi– ficato. Si può quindi concludere che man– cano termini di confronto obiettivi e omogenei nella valutazione tra le di– verse città: se non saranno ancora chiariti ed applicati criteri di fondo che permettono precise valutazioni i piani regolatori resteranno, almeno nello specifico settore del verde, stru– menti inservibili, un ulteriore regno di confusione nel già tanto travagliato ed inquieto mondo urbanistico italiano. luigi Viacava DIREZIONEPOLITICA BRUNO ORSINI FILIPPO PESCHIERA DIRETTORERESPONSABILE ALBERTO GAGLIARDI INDIRIZZO:Casella Postale 1665 16100 Genova Aut. del Trib. di Ge11ova n. 14/70 del 4/4/1970 Una copia lire 100 Abbonamento annuo lire 1000 li versamento va effettuato usufruen– do del c/c postale n. 4/6585 intestato a • li potere• Casella Postale 1665 16100 Genova PUBBLICITA'L. 150 al mm/colonna Distributore: Tardito, via S Stefano 32 Genova Tipografia: Grafica BI-ESSE. Genova Telefono 58.18.60

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