Il piccolo Hans - anno IX - n. 36 - ottobre-dicembre 1982

Il dominio di Arnheim The domaine of Arnheim («Il dominio di Arnheim») gode mediocre favore presso i lettori di Poe. Questo rac– conto può apparire da un lato un puntiglioso esercizio di pedanteria descrittiva, finalizzato a un topos, quello del «locus amoenus»; dall'altro, una catena di enunciati di carattere filosofico-estetico sulla felicità, il concetto di bello, il rapporto arte/natura e alcune technicalities sulla connessione fra particolare e composizione, eccesso e di– fetto e naturalmente sugli stili del landscape-gardening. In effetti, la lettura si svolge secondo tre livelli, insieme successivi e interrelati: il livello del sapere saggistico; il livello della diegesi; il livello dell'articolazione simbolica ossia dell'itinerario di senso che conduca al «tu es cela» per usare la formula lacaniana dove «gli si rivela (al rac– conto? al narratore? al lettore?) la cifra del suo destino mortale». Il modello diegetico qui messo a profitto da Poe è uno dei suoi più tipici, e dunque dei più ricorrenti, se– condo retorica: il viaggio. Questo viaggio, come un fiume emissario, prende capo dalle varie pronunce saggistiche per sfociare nella (presunta) costruzione del «locus amoe– nus», che è nello stesso tempo fisico (paesaggistico) e mentale (etico). Il movimento del viaggio dunque si rad– doppia: è verso qualche cosa, un luogo, ma anche da 53

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