Il piccolo Hans - VI - n. 23 - luglio-settembre 1979

versante di :un'accentuazione della conservazione si siano venuti a trovare particolarmente gli esponenti di un gruppo già, almeno in parte, elitario; dalla parte del­ l'innovazione gli intellettuali più propriamente «pic­ coo�borghesi», socialmente assai più sradicati? E non potrebbe questa ipotesi analitica riverberarsi anche sul contrasto nazionalismo culturale/cosmopolitismo, che è un'altra delle opposizioni riscontrabili nelle vicende della cultura dei comunisti italiani dalla Liberazione ad oggi? E' un peccato che il libro di Ajello non giunga sino agli anni di una seconda occasione cruciale - dopo quella del «Politecnico» - di valutazione e di scontro all'interno della intellighentsia comunista: gli anni dello «sperimentalismo» e del «gruppo '63». In questa oc­ casione la tensione ebbe certo meno risonanza esterna, ma non perciò fu meno acuta, se è vero che intorno ad essa si giocò - in gran parte - il ruolo politico di Rossana Rossanda come responsabile della commis­ sione culturale del partito, e di Michele Rago come resp_onsabile del supplemento di «Rinascita», «Il Con­ temporaneo», allora attento ai temi più specificamente artistico-letterari su cui la cosiddetta «neo-avanguar­ dia» insisteva. 1L'una e l'altro, qualche anno più tardi, uscirono dal P.C.I.; ma già anteriormente nell'atteggiamento domi­ nante verso lo sperimentalismo ebbero peso preponde­ rante considerazioni politiche. Si leggeva infatti in esso una ipotesi di «rottura» facilmente equiparabile al «sinistrismo». Da qui lo scontro. Ma in entrambi i casi ricordati entra in gioco un fattore più complesso: la differenziazione tra un oriz­ zonte culturale meridionale-romano ed il polo setten­ trionale, e i� particolare milanese. Ad un profilo della storia culturale italiana degli ultimi due secoli che non tenga conto di questa opposizione sembra debbano 190

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