Il piccolo Hans - VI - n. 23 - luglio-settembre 1979

sfuggire elementi essenziali, e non certo disgiunti dalla questione centrale dello Stato e dell'atteggiamento de­ gli intellettuali italiani nei suoi confronti. In prima approssimazione si potrebbe osservare che la strut­ tura socio-economica di città come Torino o Milano è tale da mettere a nudo la contraddizione fondamen­ tale di classe, togliendo di fatto ogni illusione sul ca­ rattere mediatore dello Stato. Torino significa «con­ quista regia» e, di contro, «Ordine Nuovo»; Milano è il luogo ove nasce il movimento operaio, ma anche il fascismo. Va osservato che negli elenchi fortiniani di un'«alta borghesia» intellettuale, proclive _:_ a suo parere - ad una transizione indolore dal fascismo al post-fascismo, non appaiono nomi milanesi, bensì to­ rinesi e centro-meridionali: con l'unica eccezione di An­ tonio Banfi. Ma il destino, analogo a quello del «Poli­ tecnico», della sua rivista «Il pensiero critico», e le vkissitudini politiche dei suoi allievi, finiscono per dare una coloritura particolare anche al suo caso. Sia come sia, la presenza di questa specifica figura di intellettuale «alto-borghese» contribuì certo, negli anni quaranta o cinquanta a rendere meno gravoso il processo di «legittimazione» del P.C.I. nei confronti della società italiana: che non fu cosa da poco. Questa funzione specifica perse di importanza oggettiva via via che il consenso di massa verso i comunisti si estes·e nel modo noto. Ma forse dell'esperienza, dei problemi, del personale culturale di allora, è rimasta una traccia, un residuo tutt'altro che indifferente ai fini della «li­ nea» comunista: una preoccupazione, appunto, di «le­ gittimazione». Con uno «spostamento», però, densis­ simo di consèguenze: che tale legittimazione è orien­ tata sempre più al riconoscimento da parte dello Stato. Questo spostamento dalla ricerca di legittimazione so.ciale a quella di legittimazione statuale, non solo mo­ difica radicalmente i ruoli delle varie forze che si ri- 191

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