didascalia, anche se come inclirizzo artistico• era «apprezzabile• ma non poteva e essere sorret• to da una sana estetica• (Barbaro, Bianco e Nero, agosto 1942) cosi le ombre .contrariamente o quanto riferiva anche Pirandello, possono, debbono parlare. e li perlato esprimerà quello che lo camera da sola non può raggiun• gere• (Chiarini, op. cit.). Venen· do cosi il sonoro, in questo caso - ed in altri: quando sin funzionalmente impiegato - n far parte dei mezzi espressivi del cinema. Diremo meglio, dunque, invito alle immagini sonore; dove però il sonoro (diologhi rumori musica pause) sia funzionale ed estetica• mente impiegato. Non come lo è attualmente. E l'invito - ripe· tiamo - è urgente e vitale: anche pcrchè con un cinema cine• matografico si verrebbe a risolvere pure l'annoso problema de:Io stile: chè il nostro cinema - come avverte un critico che se• guiamo con attenzione: Mario Gromo - «avrà trovato certamente un suo inconfondibile stile, e lo imporrà sempre più vittorioso, se sarà semplicemente cinematograiico •· (La Stampa, 19 Novembre 1942). Non dunque vuote parole, chiacchiere, vogliono essere le nostre: come qualcuno ha riferito. Non si parla mai abbastanza, e abbastanza seriamente, di cinema (e questo diciamo anche ali 'amico Gian i: che del resto, in fondo, è del nostro parere: altrimenti non continuerebbe, anche dopo l'amara lettera che pubblichiamo, ad aUidarc nlla carta del giornale e della rivista il suo amore per il cinema). Noi crediamo ancora nella po· !emico; che non lascia sempre «fumo freddo•. Crediamo negli inviti. E come noi, tutti coloro che abbiamo invit.~to e banno ade• rito a collaborare al «numero•. E abbiamo chiamato i giovani (molti noti, alcuni no: non importa) più preparati e provvisti di fede e di sensibilità cinematografiche. Nè poteva essere altrimenti: chè il numero vuole essere solo ed esclusivamente opera di questi. E che tra qqesti Iigurino poi alcuni «anziani>, come Chiarini e Barb·aro, non deve meravigliare. E l'uno e l'altro non potevano essere da noi dimenticati. E perchè diret• tori del Centro e per le idee e le teorie che vanno da tempo significando. Le quali si conchiudono in una frase dettata sin dal 1928 dalla Dulac: rendere il ci• nema visivo e sincero «è la prima grande riforma da tentare•. Ed è questo, appunto, quanto - modestamente - tentiamo fare. GUIDO ARISTARCO 4 ~lQ~(tl~ * m ~ * DA un loto il cosidetto me8tierc, che non çi interessa; dall'altro una tendenza verso un gustoso decorativismo, appoggiato ad una tecnica. Sia in questa che in quello, il risultato di un discreto e talvolta addirittura vistoso successo commerciale; co· munque di una fiducia da parte dei produttori OV\'ero dei capitalisti, tra i quali sono vecchie volpi e nuovi ingenui. Mal i segni di un cinema che sia avvincente, s'avvertono soltanto per qualche barlume. Spesso ho sentito dire, in tempi recenti, che il film era troppo lungo, e s'è dovuto tagliare. Altri, più furbi, di un film ne hanno fatti due. Ora è noto cornei i film debbono sottostare alle esigenze che diremmo di esercizio, poichè le sale cine· matografiche intendono presenta• re un certo numero di volte al giorno il programma che è com• poste dal film a soggetto, dal documentario e dal giornale Luce. Si legge in certe storie del cinema che film di Eric von Stro• heim erano lunghi migliaia e migliaia di metri, e che altre mani hanno provveduti a ridurli a lunghezza normale; Lo Duca nella sua recente llistoire ,du Cinéma ricorda le venti ore di proiezione di lntolera11ce di D. \V. Griffith, nella primitiva stesura. Lo Duca cita questi casi ed altri per dare stoccate olle censure che provvidero a mutilare opere d'arte. Ma, oggi non interviene In censura a tagliare, bensi l'esigenza spetta• colare. I Accade pertanto, che un iilm pcrchè ridotto a minori propor• zioni, riduca implicitamente i suoi eUetti. Mi pare che questo sia il caso di Ma/ombra, se non mi sbaglio. Molte sono le scene efficaci, ricche dl risorse, ma a quanto mi vien riferito da uno de, gli attori, il regista Mario Soldati s'è trovato tra le mani un film troppo lungo, cosicché ha dovuto tagliare durante il montaggio venendo a togliere raccordi e soluzioni che avrebbero meglio giusti[icato atteggiamenti di personaggi, i quali talvolta risultano arbitrari. Esigenza di ordine eminentemente commerciale, quella della lunghezza delle opere cinematografiche. Sarebbe come se un quadro non dovesse superare di FRANCESCO PASINETTI certe dimensioni, o un romanzo un dato numero di pagine. Guar• dando al passato, scorgiamo che i primi film erano lunghi poco più di sedici metri, poi è venuta l'epoca dei 200-300 (un rollo), i.nCinc i 'duemila metri, poco meno, o poco più. Si può dire che analoga esigenza ha lo spettacolo teatrale: ed è forse questo che uno dei pochi elementi che acco• sta il cinema al teatro. Ma non entriamo nella vec• chia questione, sui rapporti tra teatro e cinema; chè il discorso ci porterebbe troppo lontano; nè all'altra faccenda, che in parte vi assomiglia, sull'autore del film. Soltanto è nostro proposito, per seguire il presupposto di questo. fascicolo, invitare chiunque faccia del cinema, ad avvicinarsi di più al cinema. Io apprezzo molto quei registi che sentono una tale necessità ed urgenza di esprimersi con le immagini, i suoni, i ritmi del cine· mo, da inventare talvolta il film, con le sue soluzioni, quando si trovino accanto alla macchina da presa, cioè durante la realizzazione. Io penso per esempio, che il documentario si presti molto bene a questo modo di regia, più. che il film normale, aderente alle consuetudini o a preconcetti. Ap~ plicato a raccontare un ambiente valendosi soltanto di mezzi pro. pri del cinema, il documentarista si darà pensiero di creare un contrappunto di immagin.i in certo modo inquadrate. Un esempio tipico, a questo riguardo, mi scm• bra Criniere. al vento di Giorgio Ferroni, al quale nessun presupposto letterario o teatrale eon<lueeva la mano nello stabilire ritmo e inquadrature. e implicita, in ciò che ho detto, quale sia la mia opinione nei riguardi dell'autore del film. Mi pare che certe preoccupazioni di aderire ad un testo nuocciano spesso al regista~ E ancor di più nuoce talora la scelta dei testi letterari cui poi si vuole ad ogni costo aderire. Ma qui inter"iene il felice intuito: F. M. Poggioli in Sissignora ha suscitato in me diletto, proprio per il modo cine• matografice con cui ba risolto il film. i'.el funzionamento e nella funzionalità delle immagini e d~lla lunghezza di ciascun quadro, nonchè nei movimenti di FondazioneRuffilli Forlì macchia.i (l'uso di movimenti soggctti,i e assai appropriato) ha raggiw,to singolare efficacia. Ho parlato di immagini, ma non voglio dimcnticawe i suoni;. purtroppo ben pochi sono i re• gisti cbe pensano sul serio al suono. E mi dispiace che la presa diretta sia considerata da troppi come un mostro da qualche tem• po in quo. Ma si pensi soltanto per dare un esempio di opero .ab· bastanza recente, alla importanza del suono e dei rumori nella se· quenza iniziale ,de La béte humaine di Jean Renoir. Non è mia intenzione procedere ad un elenco, cbe potrebbe essere lungo, di opere cinematografiche in cui vi sia autentico cinema. Soltanto ho voluto indi· care quale potrebbe essere una via da seguire: o meglio qualo deve essere In strada che chi intende fare dei cinema o chi lo sta fncèndo, ha da percorrere; con un pensiero costante, intimo, di quelle che siano le ragioni del cinematografo. I principi li ha dati Ricciotto Canudo trent'anni fa. Come allora, ancor oggi vi sono gli increduli o coloro che non comprendono. Purtroppo il cinema è la e• spressione d'arte per cui occorrono i denari prima; e questo fatto ostacola indubbiamente il cammino. Ma potrà venire il mo• mento in cui si giungerà ad equilibrio in questo senso: che personalità di spiccato senso artistico e di pronto intuito, siano le favorite. E non si deve- invocare il cosidctto gusto del pubblico, cui il produttore di scarsa intelligenza si ar!ida pcc far realizzare !ilm che invece piacciono al suo cattivo gusto! Nello stesso tempo i registi meglio provveduti, quelli che han· no dimostrato di possedere intuito cinematografico, dovranno te• nersi ben saldi nelle posizioni conquistate; senza aderire, soltanto perchè ciò procura vantaggi economici considerevoli, a qualsiasi iniziativa. Certo è preferi• bile, che essi piuttosto che i mestieranti vecchio stampo, realizzino quei film - se proprio si hanno da fare - per cui in par· tenza (dati i nomi degli attori, dato il carattere del soggetto e gli ingredienti clte sono da ap• plicare) risulta difficile che possa raggiungersi un cospicuo ri• sultato artistico; comunque sarà compito dei buoni registi, a costo di compromettersi, cercar di mettere a profitto la loro intel• ligenza, sviando dalle cattive in• tenzioni dei produttori. FRANCESCO PASINE'ITI
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