p lll-:\lt:SSA - <e Gr1ngoire" ci IHt t1pprcso la morte recente di Germnine Duine, <;he per prima gettò te ha.si dcll'n,,nngunrdjsmo cinemntograJ,- <..'O, con i I film • Ames d'hommes foux :tt ( l9l7). Essa fu una dclJe poche donne (con In Sagan, la Preobragenskaia, Jn HieFcnsthal) chl· diedero la loro intensa n1>passionata e prof-icua atti\'ità ai prohll·mi creutivi della settima arte; nelle su<' up<'rc sempre si tenne salda ad un11 gcnumitì1 pura di mezzi espressivi, and1c se non di rado, attraverso semplici ardill'z.t.r tecniche. giunse a risultuti che non super~1rono il ,·alore cli intdligcnti tc'nlati\'i. ~la nc•lh, c,oluzionc ciel «mezzo ► cincmatu~rafil'o questi tentativi ebbero importanza grandissimn e, per molti Hrsi (inseriti i1l tutto il movimento di u, nn~rt1urdia ), rondamcntalc. J.'apporlo che al cincmu rornì la Oulac, e con lei l'llcrbicr, ~-fon llayi Delluc·, 13unuel, 0uJi e gli altri, occupo un post.o preciso nt'lla .sua .storia. I princ:ipali film dcllu Duine:, oltre ., • FèlC csµagnolc,. ( 1919) in l'Olrnbornzionc con Lou1s Delluc, sono « Lu sourhrnte ~hldamc Beudct • (1922} e • I.a coquille cl lt• c·t·crftymttn ,. (1928). L'articolo c.:hc qui si riproduce, trndQtto per la 1uimu volta in italiano, (·ontienc il suo t•redo '-.'Stetico; esso è stato pubblicato in un volum(• dj studi cincmntograficj, « Le rou<?C et le noir•. tinto alle slnmpe nel 1928. Attualissjmo <1ucslo i,rticolo si prcscnu1 uncor oggi. e non è <:hi non veda quanto esso si adegui ai gcnc.rali intendimenti di questo nostro numero. F'ERNAl,DO DI GIAMMATTIW (J N'AHTJ:: non cresce che in proporzione dell'intelligenza o delle tendenze degli artisti che cercano di esprimersi liberamente in essa. Ora, lino ad oggi, i reaJiz1A1lori di film hanno dovuto esprimersi a comando e non semplicemente esprimersi. Un libro, un articolo gettano il buon seme, mettono il dubbio negli spiriti ignari, con l'indipendenza cli un pensiero che non deve nulla e nulla si attende e modella l'art.e· senza preoccuparsi delle contingenze e delle necessità. La critica ~uscita la riflessione. provoca la meditazione di ognuno, meditazione favorevole a1• le creazioni agognate. L'opera <l'arte in sè compiuta e isolata, urta chi ha pregiudizi, sorprende senza lasciar(" tempo al pensiero di internamente evolversi, e ottiene talvolta un risultato opposto al suo fine implicito. La critica prepara, spiega, discute, fa appello direttamente all'intelligenza. L'opera invece si rivolge alla sensibilità, turba e provoca delle reazioni immediate. Perchè un'opera ottenga l'effetto bisogna che l'intelligenza abbia preparato la via alla sensibilità, che l'opera sia desiderata ancor prima di esistere, che il pubblico l'abbia quasi immaginata prima cli vederla. Scrin~vo nella mia rivistu • Schemas » queste poche righe, tutta una professione di fede: « L'idea-emozione non si riferisce esclusivamente all'evocazione dei fatti, ma ad ogni manifestazione che l'essere compie nella sua dop· pia vita fisica e morale. Quando il cinema si fa a rac· contare degli intrecci, a celebrare degli avvenimenti, a comporne a1tri per il maggior piacere della Iolla, dubito che raggiunga il suo scopo. li cinema coglie il movimento. Certamente lo spostamento di una persona per andare da un punto all'a]tro è movimento, come lo è pure la proie>:ione cli questo stesso essere nello spazio UEJ{MAINJ<J Ul'LAC' VISIVITA' NELCINEM·A Tradu,ione di GRAZIELLA FABBRI e di FERN.;.LDO DI GIAMMATTEO l' nel tempo, e dinamica è anche la sua evoluzione Jnorale, ma già il germinare di un chicco di grano S<Hnbra essere d'una concezione cinematograficamente pili perJ'etta, più precisa, in quanto <là al moYimcnt.o ineccanico di trasformazione logica il posto preponderante, creando con la sola Yisionc un nuo,·o dramma dello spirito e dei sensi ». lo appartengo dunque idealmente, se non effettivamente, ad una scuola che Vicking Eggcling, Ruttmann, H,rns Hichter, Man Ray hanno già resa illustre. Ma a que~ t-ta scuola del movimento puro, direi extra-oisivo, si oppone la: scuola «narrativa». E ciò che qui ,·orrci, sarebbe di riunire queste due scuole con il legame dei loro fattori in comune: Ja sincerità e conoscenza del visivo. Perchè il cine1na « narrativo » ci dà cosi raramente l'opera d'arte? Perchè manca di sincerità. Il realizzatore cinematografico è alla base del film. Ora, il realizzatore si esprin1e raramente, co· mc nelle altre arti, per bisogno di esprimersi. Fra dieci commedie, dieci libri, o dieci sceneggiature ispirate a principi letterari, si dice al realizzatore: • Scegliete il ,·ostro tema •. È la sola libertà che si concede. · Egli deve poi sottomettersi alla vicenda, e raccontare secondo gli sviluppi che la ,·olonhì e il gusto popolare esigono. 11 realizzatore non è dunque sincero poichè si sottomette ad una scelta e deve adattare volontariamente la sua sincerità a seconda del soggetto imposto, e del pubblico. La sua sincerità diverrà abilità, ingegnosità tc~ica, scnzo toccare mai le profondità vere dell'arte. Questo problema della sincerità è molto grave. Potrebbe anche essere la pietra cli paragone per il film riuscito e sbagliato. Quando un pittore vuol far cantare un colore sotto il suo pen,nello, egli lo sente, e ne sviluppa i toni diversi nella !orma scelta, forma astratta o forma concreta. Un drammaturgo, uno scrittore sentono pure il loro soggetto. Un oompositore, il tema delle sue armonie. Ora, l'autore cinematografico è il solo artista che non può servire completamente la sua arte nella spontaneità dell'ispirazione, sia che egli esegua il pensiero di un altro, sia che amputi il suo per piacere « industrialmente ». La sincerità è tuttavia il fattore primordiale che il progresso cinematografico deve seguire, poichè la sincerità sola può produrre opere d'arte. L'altro giorno assistevo ad una seduta di censura. Si proiettava un film russo la cui visione era giudicata inopportuna sugli schermi. ·Intorno a me sentivo delle rinessìoni: • Come mai i russi sono arrivati cosi rapidamente a realizzare dei buoni !iJm, quasi scmp1·e dei film al di sopra della mediocrità? », si diceva, nonostante le critiche politiche. Ed io pensavo tra me: perchè i russi sentono le loro immagini. Sia ne • La corazzata Potcmkin », sia ne « La Madre• essi contano .il loro sogno, la loro gioia, la loro sofferenza. Ognuna delle loro immagini viene dal profondo di loro stessi. Pri'ma cli tutto essi hanno scntil.o. Essi hanno vis/o, poi hanno espresso . Per il bene della settima arte non si dovrebbe nazionalizzare J'i- $pirazione del film, lasciare che ogni razza trovi nel proprio fondo la sua espressione visiva? Prima di tutto sincerità nazionRle. Poi sincerità individuale. Ora, nè l'una nè l'altra di que~ stc sincerità sono compagne a film che devono obbedire; per essere venduti, a leggi di rigido internazionalismo. La sincerità di razza e la sincerità personale dell'artista devono essere alla base dell'opera, sia che si tratti di tilm astratti, quanto di film "' narrativi ». Ma si pone un altro grande problema: quello dell'e~trin.sccazione visiva. La grande colpa del cinema, arte unicament.e visive, è che non ricerca attualmente la sua cmoti- ,·ità nel senso ,ottico puro. Ora, ogni dramma cinematografico che sia creato da forme in movimento o da esseri umani in istato di crisi, dev'essere visivo e non letterario, e l'impressione che deve comunicurc, l'insaziabilità dell'idea creatrice o del sentimento ,·ivificant.c, nasce dalle sole arinonic ottiche. Visivamente, il movimento, con i suoi ritmi, le sue rette e le sue curve, ci associa ad una ,·ita complessa. Ora, come si constata, ogni scoperta tecnica cinematografica mira ad uno soopo ben detenni· nato: affinare l'impressione visiva. n cinema cerca di farci YC· dere questo, di farci vedere quello. Costantemente, nella sue evoluzione tecnica, esso si rivolge al nostro occhio per toccare le nostre facoltà visive e la nostra scnsibiliti\. Sembra dunque, nella sua verità scientifica, doversi indirizzare unicamente alla vista, come la musica si rivolge unicamente all'udito. Ripeto ogni momento le parole: « visivo, visivamente, vista, occhio•· Esiste una contraddizione. Se, per la sua tecnica, il cinema è unicamente visivo, per una sua estetica ma]e intesa, esso di• sdegna ciò che è puramente yisivo: l'immagine, per non fare al• tro che riprodurre delle espressioni nelle quali l'immagine tiene forse un posto, se non il 'più importante. Ad esempio, il cinema registra delle impronte stereotipe fotografiche non per commuovere « visivamente», mn per raccontare od abbellire delle vicende che non sono state create essenzialmente per essere viste, ma per essere lette o ascoltate. Fondazione Ruffilli - Forlì .\nzichè att..encrsi al ,·olore clcllc immagini ed al loro ritmo, le opere attuali si attengono all'azione narrante. Fra dialogo muto· o musica di silenzio vi è tutto un mondo. Fino a qui il cinetnH ha t..eso ad essere un dialogo muto piuttosto che una musica. Due attori parlano tra di loro nel corso di una scena. Errore. Solamente Je espressioni silenziose del loro Yiso saranno visive. Ora, nel cinema «·narrativo», contano più i fatti cbe le espressioni. Dunque, lo strumento cinematografico nelle sue possibilità scientifiche è concepito per un fine, l'ispirazione cinematograf-ica, e ne persegue un nitro. Dove si trova la verità? Credo: nello strumento che ha creato la .settima arl.c. Ma pcrchè, mi direte, questa dualità di fine, Per l'errore fondun1entale, comune alle prime sceneggiature imbevute del pregiudizio che un'azjone drammatica non saprebbe svilupparsi altri1nenti che alla maniera di un romanzo o di un'opern tC11tra]e, c.ioè con dei latti precisi più che per la suggestione delle espressioni. L'azione umana, poìchè si trat• ta,·a di forla vivere: consisteva nel fare elci gesti, nel sorprendere l'andare e venire, le corse, ic battaglie, e, poiché bisognava saper trovare un pretesto-base n questa azione esteriore, ci si disse: «Adattiamo al cinema delle opere letterarie e drammatiche, che hanno conosciuto la Ia1na », ed ecco il cinema at..tualc. Quando si don1anda a noi sceneggiatori di realizzare un l'ilm, il produttore non ci dice: • Avete un'idea "isiva? Conoscete un teina visivo, immag·inate 001ne si svolger,à visivamente la vostra scena? », ma ci dice: « AdattaLe al.lo ~chcrmo quest'opera te~ltralc che ha dell'azione, o il tale rom<.mzo che IHt avuto grande tiratura », e si ricerca la vicenda, versando il visivo nel letterario. Di qui la stasi del cinema. Onde succede che la settima arte, mezzo d'espressione nuovo e magnifico, sembra pregna cli sterilità nei suoi spettacoli abituali, e d 1·icmpie di disillusione e a ,·olle di amarezza. Si è che lo schermo, lungi dal cogliere sulla superficie bianca della sua tela le • vibrazioni visive», si compiace a non riflettere che delle forme, oserei dire, « anti-visive ». \1antenersi nella visività, raggiungere la sensibilità per mezzo di artl).Onie, di accor<li d'ombra, di luce, di ritmo, di movimento, cli espressioni del viso, vuol dire rivolgersi alla sensibilità ed all'intelligenza attraverso l'occhfo. Una persona sorda non saprebbe udire che la musica interiore che canta jn lui, e non può in nessun caso percepire le onde sonore emanate dall'esterno e trovarvi una gioia. Ugualmente un cieco non saprebbe logicamente essere toccato dalle forme visive estranee alla sua conoscenza anteriore. Ora, ammetto benissimo che, nella forma attuale del cinema, un cieco possa provare piacere per un'opera filmata. Se qualcuno, accanto a lui, gli spiega il senso attivo delle immagini. Ecco il giovane 17
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