Passato e Presente - anno III - n. 15 - mag.-giu. 1960

2024 Franco Momigliano Di fronte ad una legge imposta dall'alto (la nuova legge della organ1 izzazione del lavoro) i cui motivi razionali restano sconosciuti, il gruppo operaio sembra produrre ·cosi una sua legge, una sua « mor2le collettiva)), che in pratica si traduce nella organizzazione della resistenza operaia alla nuova organizzazione del lavoro; ma il modo in cui essa si man-ifesta (ad es. lavarsi le mani prima e non dopo il suono ,del campanello, la modificazione degli utensili distribuiti dal magazziniere, lo stesso isolamento morale d,i ,chi cerc2 la collaborazion,e col capo, .ecc.) assume a nostro avviso un significato simbolico (al di là dei vantaggi pratici), diventa cioè manifestazione tipica dei gruppi sociali subalterni. Cosi in una fa·bbrica come la Renault, in cui violenza ,d1 irezionale e rappresaglia sono ·ben lontane dall'avere ;i.spetti simili a quelli largam-ente diffusi in molte fabbriche italiane, la morale collettiva operaia sembr_a tuttavia assumere come modello di riferimento la· morale carceraria, la solidarietà e omertà tipiche delle aree .di sottosviluppo. In questo senso •si può parlare della possibilitàdi formazione di un fenomeno di « area depressa>> nel movimento operaio delle grandi aziende. Quando gli obbiettivi di fondo della lotta di classe, quali controllo e socializzazione, vengono meno, quando d'altra parte il tema della lotta rivendicativa salariale ,diventa meno «probabile)) in termini di successo per la carenza 1 di unità sindacale, per la inadeguatezza della struttura del sindacato e degli strumenti salariali e contrattuali tradidizionali, quando lo isolamento · della classe operaia si accentua nel paese, e all'interno stesso della fabbrica (tra reparto e reparto), la ((lotta di classe>> tende a degra1 dare a ((resistenza)) contro la « organizzazione ,del lavoro)), della cui <<irrazionalità>> (equivalente a razionalità autoritaria) i <<capi>>diretti divengono i simboli. I capi a loro volta, in quanto custodi di una norma anche ad essi estranea, non ricavano la l(?rO autorità né dalla appartenenza ad un gruppo coscientemente innovatore, né dalla forza di un gruppo << collettivamente organizzato>> (la loro maniera di <<arrangiarsi)), osserva il Mothé, .non ha alcun carattere collettivo); la loro forza si può quindi richiamare solo a un principio gerarchico assoluto, e come tale • • non r1conos·c1uto. Il Mathé ,è ben ]ungi da ricavare queste considerazioni, dal dare queste interpretazioni; egli nega il fondamento razionale 'della nuqva organizzazione del lavoro, egli rivendica il valore della spontanea resistenza operaia; ma il quadro che ci fornisce è in realtà quello, con Biblioteca Gino Bianco

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