Ombre Bianche - anno III - n. 5-6 - febbraio 1981

La vita e la morte, il bene e il male 47 Vedere quella gente stropicciata era impressionante. I lineamenti del volto erano ancora umani, però il loro corpo sembrava quello delle bambole di pezza, tutto disarticolato. Una cosa rivoltante. Ciò che mi ha impressionato, a parte il viavai di dirigenti che arrivavano e fotografavano per documentare l'accaduto, è stato il pretore di Schio. È entrato in scena in maniera piuttosto oscena. Diremmo poco rispettosa. Questo ometto piccolo arriva lì e staccato, con la cicca in bocca, fa cadere la cenere dappertutto. Anche sopra i morti. Non smette di fumare, non ha un minimo di partecipazione umana. Non dimostra di essere commosso, di essere toccato nell'animo. Un abituè. Di fronte all'accaduto io non ricordo di aver provato sensazioni particolari. Sarà stato il fatto di essere immediatamente impegnato nell'organizzazione dell'assemblea, nel fare i comunicati sindacali da distribuire nelle altre fabbriche, nell'organizzare la cerimonia funebre. Diciamo che questi impegni mi hanno oc- ~upato talmente che mi hanno evitato un ripensamento, di fissare un momentino l'attenzione su questi problemi. Avevamo l'intenzione di fare una cerimonia comune delle due vittime in una giornata lavorativa, concedendo quindi la possibilità a tutti i lavoratori dipendenti, molti dei quali sono pendolari, di partecipare al funerale. Si voleva dare un minimo di caratterizzazione operaia alla cerimonia religiosa. Almeno come partecipazione. Questo intento è andato in fumo perché la direzione ha pensato di agire diversamente. Bisogna sottolineare che le due iniziative, quella aziendale e quella sindacale, marciavano separate, senza il minimo collegamento. Anzi, in concorrenza. La direzione ha programmato la cerimonia funebre nella giornata di sabato, stringendo moltissimo i tempi. Alla cerimonia c'è stata una partecipazione di massa, ·grossissima. Anche la cittadinanza ha risposto. Soltanto che, per mancanza nostra soprattutto, non c'era un'adeguata presenza sindacale visibile ed incisiva. 11lutto ha coperto tutto. Strane occhiate mi sentivo addosso. Io reggevo uno striscione sul quale c'era scritto "Giovanni e Michele vivono nelle lotte dei lavoratori". La gente che scendava dalla basilica non lo vedeva di buon occhio. E lo stesso succedeva per tutto il lavoro di controinformazione fatto a proposito dell'incidente. Noi si tentava di ribattere alla versione dell'azienda che passava sui giornali e fra la gente_.Non si era trattato di una ''tragedia, di un fatto imprevedibile ed inspiegabile''. Causa prima di quanto era successo era lo spazio ridottissimo in cui la gente è costretta a lavorare in quel reparto. _ _,;" Sono morti forzate. Primo perché non sono morti per cause normali·, naturali. Poi perché sono morti per la vita che noi facciamo. Siamo portati a considerarle normali rispetto a questo tipo di vita. Siccome son compagni nostri, noi proviamo rabbia, perché pensiamo immediatamente che, oltre ad essere nostri compagni, quella fine poteva succedere anche a noi. D'altra parte vediamo che l'azienda cerca di scaricare le colpe sull'errore, la fatalità. Nasconde così le proprie caBi I l~ ~-~~.~abilità.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==