Ombre Bianche - anno III - n. 5-6 - febbraio 1981

La vita e la morte, il bene e il male 45 Morire in fabbrica Ero lì che aspettavo che il gruista facesse la manovra, per prendere l'altro carro-ponte. Mi sono avviato verso l'altro lato del reparto. Avrò fatto tre metri. Ho sentito un urlo. È stato un attimo. Non so come ho fatto ad andarmene fuori. Il pezzo mi è caduto a trenta centimetri, dietro alle spalle. Ho scavalcato il pezzo caduto e mi sono accorto che dall'altra parte c'era sotto un compagno. Sembrava che avesse solo le gambe schiacciate. Gli altri han cominciato ad urlare. Han preso le catene ed han tentato di sollevare il pezzo. Alziamo piano - ci siamo detti - mettiamo sotto degli spezzoni. Per salvare il salvabile. Nell'attimo che è stata mossa la grù è venuto su quell'odore di sangue e di interiora. Sono corso dal capo a dirgli "fa arrivare un'ambulanza. Per salvare il salvabile". Poi sono tornato indietro, verso il reparto. A tre quarti della strada han cominciato a tremarmi le gambe. Non avevo più coraggio di andare avanti. Sono andato fuori della porta. Mi sono accesa una sigaretta. Mi han fatto sedere. Non ero capace di star seduto. Tremavo. Sono andato avanti così per mezz'ora. Intanto sono arrivati carabinieri ed altra gente. Stavo per andare dal capo per dirgli che io me ne andavo a casa, quando hanno esposto l'avviso che il lavoro era sospeso. Sono scappato. Sono stato coinvolto anch'io nel fatto. Ero andato a chiamare il gruista. Aveva appena mollato le catene della grù. Gli ho detto "Appena hai tempo, mi vieni a prendere una lamiera". "Vengo subito", mi risponde. Giro la schiena al gruista e faccio per tornare al mio posto. Ho fatto pochi passi che sento un compagno urlare. Era il grido, il segnale di pericolo che normalmente facciamo noi quando in reparto c'è qualcosa che non va. Mi giro e vedo il pezzo già inclinato. Scappar fuori non potevo perché non c'era spazio. Mi son buttato di lato. Il pezzo cadendo mi ha preso nella schiena. In tutto, da quando ho chiamato il gruista, saranno trascorsi trenta secondi. Il pezzo mi ha rotto la tuta e mi ha tagliato la schiena. Un bel taglio. Se ero un centimetro più indietro venivo agganciato e finivo sotto pure 10. Giovannino l'ho visto subito sotto. Ma non avrei mai pensato che la stessa sorte era toccata al gruista. Quando me l'han detto son rimasto di stucco. È difficile dire cosa si prova in quell'attimo. Si pensa solo a salvar la pelle. Quando mi son girato e ho visto il mio collega sotto, sono fuggito. Anche se la ferita mi faceva un male d'inferno. Da quando è successo questo fatto è rimasta una grossa paura in reparto. Tutte le volte che si sente una botta, un grido, ci giriamo tutti. Quando succede che un pezzo viene calato in fretta, o vien fatta una manovra un po' sbagliata, vedi tutto il reparto scattare. Da quella volta c'è sempre la gente sul chivalà. È interessante osservare le ultime statistiche degli infortuni avvenuti nella nostra fabbrica. Nel mese successivo all'incidente il grafico è quasi uguale a zero. Girava un senso di paura che rendeva guardinghi. Rumori, movimenti, operazioni un po' rischiose che una volta si consideravano stupidaggini adesso, non so come dire, ma sentivamo dentro qualcosa che ci bloccava. BibliotecaGino Bianco

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