Ombre Bianche - anno III - n. 5-6 - febbraio 1981

Due anni dopo 9 se la colpa è dei vertici (e allora avanti con i nuovi organigrammi!) o dei delegati vetero-sessantottisti. Quello che ci spinge ad un rinnovato impegno di riflessione e di diffusione è la convinzione che il problema stia appunto nella distanza ''stellare'' tra la Politica (azione sindacale compresa, almeno nei suoi aspetti più istituzionalizzati e centralizzati) e la vita quotidiana della gente: su questo ci sembra di avere qualcosa da dire. La cultura della crisi, di cui, siamo d'accordo, c'è bisogno, non può essere la semplice presa d'atto dei mutamenti di scenario all'interno dei quali si svolge l'azione sindacale: ci sembra che in questo caso la "crisi" sia usata come un sipario che nasconde quello che succede nel palcoscenico quando si cambia scena, strumento di descrizione e di spiegazione ad un tempo (la ''crisi internazionale'', ad esempio). Se non vogliamo che i nostri discorsi appaiano tra qualche anno come i trattati sul flogisto (la teoria con cui si spiegava la combustione prima della scoperta dell'ossigeno), cioè "discorsi superati" in linguaggio "superato" perché i problemi che erano posti dipendevano dai termini in cui erano affrontati e questi termini hanno da tempo perso di senso, occorre continuare quella radicale verifica della nostra strumentazione culturale che sta alle origini di questa iniziativa editoriale. La situazione è evidentemente precaria; non siamo in grado di annunciare un fulgido e lungo cammino, bensì di provarci numero per numero, mantenendo ampi gli orizzonti della rivista oltre la definizione sindacale di ciò che è importante, pronti ogni volta, se il consenso dei lettori non ci sostiene, a chiudere definitivamente l'esperienza. Perché non fare della precarietà un elemento di for La? La Redazione BibliotecaGino Bianco

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