Ombre Bianche - anno III - n. 5-6 - febbraio 1981

8 di non averla letta e che riuscirebbero a vivere come una vittoria politica la sua eventuale ·chiusura) che si sentono legittimati, avendo le spalle coperte dalle certezze enunciate dalla massima dirigenza, a rinuncian: e a chiudere sul nascere qualsiasi discorso nuovo che apra percorsi la cui ortouossia non sia preventivamente qimostrata. Ancora, questo processo di centralizzazione, oltre che mettere in moto altre dinamiche che in diverse oc'casioni abbiamo esaminato, c;tumenta la diversità tra il sindacato-istituzione (quello degli apparati, soprattutto dal livello provinciale in su) e il sindacato di base. Non è che l'uno sia migliore, preferibjle, più legittimo dell'altro: vogliamo semplicemente sottolineare come ciascuno funzioni sempre di più con logiche profondamente diverse e come quella del sindacato-istituzione faccia fatica ad ammettere ipotesi come quelle proposte da O.B. Non pensiamo che queste linee di tendenza siano unmodificabili: altre volte nella sua storia il sindacato italiano e la Cisl hanno subito prof onde modificazioni. Esse, tuttavia, sono state l'esito di due circostanze concomitanti: a) un certo tipo di trasformazioni nella società italiana che, in un certo senso, favorivano l'affermarsi di un sindacato diverso da quello precedente; b) il coagularsi nel sindacato_di un'area di opposizione alla gestione maggioritaria: nel senso migliore del termine, una "corrente". Ora: a) le tendenze della società italiana e le scelte soggettive del sindacato fanno ritenere tutt'altro che reversibile il processo di centralizzazione del sindacato; b) O.B. non è una corrente, anche se i più svegli non se ne sono mai accorti, e non ha alcun desiderio e interesse a diventarlo. In sostanza, il dubbio che ci è venuto è che utopie come quella sul "sindacato popolare'' siano fantasmi che rischiano di confondere ed illudere la gente, e magari di "coprire'; una gestione burocratica del sindacato ("Vedete che bravi e pluralisti che sia~o? Ci sono anche quelli di O.B. "), facendo trascurare o sottoval.utare lo spazio che nel sindacato esiste per agire, nell'ambito del lavoro quotidiano di ciascuno, all'interno di argini che altri hanno delimitato (e che è possibile allargare o_dabbattere, ma non certo solo con una rivista). D'altra parte O.B. ha rappresentato per noi della redazione e, a quanto abbiamo s·entito da molti che abbia~o consultato sull'eventuale intenzione di chiudere, per altri ~ilitanti e quadri, .anche esterni al sindacato, un iniziale punto di riferimento culturale; l'inizio della definizione di un punto di vista, un pezzo di identità, UIJ'occasione rara di dibattito aperto e noµ precostituito, una ragione per poter dire ancora "è possibile provarci", e, perché no, una cosa che ci piaceva costruire. In un'organizzazione dove ogn_igiorno aumentano le cose che non ci piacciono fare, non si capisce perché dovremmo troncare proprio una di quelle che hanno più senso. E poi il dibattito delle ultime settimane, dopo la Fiat, rimescola un po' le carte, anche se sollecita di più gli schieramenti. Sarebbe assolutamente dannoso che tale Bi · f t l-4A',,..,~-toHtalità del -"documentone", si riducesse a stabilire

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