l'ordine civile - anno II - n. 20 - 15 ottobre 1960

l'ordine civile ,pag. 9 ----------------------------------------- mine ma insieme il limite della rinno,vata cultura italiana. Se infatti •questo è il periòdo del fiorire numeroso di genii, in ogni settore dello s.piri-tb umano, è anche vero che questa ci– viltà fondata solo sull'individuo si tolse da sola la possiibilità di maturare una profon~a esperienza collettiva che desse l'av- • vio senza interruzione ad un processo civile omo,geneo ed or- dinato. • D'altro lato la CoDJtroriforma cattolica, henchè abbando– nasse anzi combattesse vittoriosamente le forme esteriori del • noepa,ganesimo umanistico e cercasse in tutti i modi di fon– darsi nuovamente sul trrdiziona<le senso romano della Chiesa, , in pratica nel nostro Pj3ese dovette piegarsi ad una serie di compromessi con questa cultura privata ormai delle sue fo1·me più palesemente acristiiane ma pur rimaste, essenzialmente fondate sull'uomo come 1 individuo. Di qui quella caratteristica duttilità della Chiesa italiana nel risolvere caso per caso tutta una serie di problemi singoli, di qui H limite· e la grandezza dell'Ordine dei Gesuiti; che nei suoi principi fu il baluardo dell'ortodossia, ne agevolò in •pratica il perpetuarsi nella cul– tura del nostro paese di: quel ben « noto eleJnento di umanesi. mo individualista » che ancor oggi costituisce il fondo Jel<la nostra cultura . .Ma anche allora la Chiesa in vista de.i suoi fini superiori si preoccupò iprincipalmente di scendere sullo stes– so terreno degli avversari -per combatterli .più efficacemente. Dalla cultura rinascimentale che ahhiamò tratteggiato di– scende anche l'atteggiaiµento civile del nostro popolo. Il prin– cipe italiano del Rinascimento in poi ha una figura tutta sin– golare inconfondibile sé la confrontiamo con quella dei prin– cipi d'altri ·paesi .europyi. Anche se specialmente nelle epoche posteriori sarà ,ben difficile il realizzarsi di figure storiche si– mili a quella ipotizzata dal Macchiavelli, è pur vero che il principe italiano rimane innanzi tutto un ·maignifico signore, ehe vive la esistenza raffinata entro uno stato che fa da cor– nice alla sua pers~nalità. Egli n~n sentè quasi ,per nulla la sua funzione sociale. •Ciò a;vviene sia ,per i principi regnanti che per ·quei si,gnori che hene o male costitui'lcono le classi diri– genti dei vari stati. Soltanto in epoca assai tarda nell'Italia settentrionale, sotto l'influsso e l'esempio di classi aristocra– tiche a.ppartenenti a stati stranieri, qualcosa comincia a muo– versi. Ma· intanto l'Italia ha -perduto tempo prezioso rispetto ad ailtre nazioni e da questa spléndida inerzia signorile si ori– ginano alcune delle sventure del nostro paese. Tuttavia lo spi– rito di questo che abhi!amo c·hiamato « umanesimo individua– lista », diffusosi in Italia dal periodo rinasci-mentale in poi, non interessa solamen~e le cilassi colte e quelle dirigenti -del paese, ma si allarga progressivamente ad influenzare tutte fe I classi cittadine. Da qui quèl caratteristico atteggiamento ita- liano in cui così attenuato si presenta il suo senso sociale, mentre un pronunciato individualismo condiziona ogni atteg: giamento civile. D'altro lato l'alto concetto del valore dell'intelligenza dell'individuo conduce'i singoli sovente a:d una vera e propria egoistica lotta, in cui òna furlberia di bassa lega si sostituisce ~pesso all'intelligenza. I Da ,questa in.felice, evo-luzione culturale del popolo italia– no si satvarono solo a\cune regioni poste ai confini del paese e influenzate per secoli da correnti di pensiero e da abitudini civili, provenienti dal /contatto con le società transalpine. Ma accanto a ·questo aspetto negativo cosa ha maturato la cultura nazionale del Rinascimento in poi? Il prohlema si presenta per noi sotto il duplic~ aspetto puramente civile-politico e di quello cultur_'.'le in gepere. Riguardo al primo pro•blema no– nostante i profondi ry.volgimenti o,peratisi nel nostro paese dalla Rivoluzione Francese in poi, si può dire che l'ltailia nel– l'epoca contemporanea ha fallito nella e.reazione di una so– cietà civile unitaria, _sottomessa ad un principio superiore d'autorità, consapevole della superiorità dei fini civili collet– tivi su quelli individuali. La prospettiva· del rinnova.mento ci– vile italiano si aprì cJn l'invasione napoleonica d'Italia. L'e– sperimento mancò for,e 'di un adeguato ·periodo preparatorio e troppo immaturamente si concluse. Ma la storia dell'umani– tà è piena di esperimenti falliti e di teorie sepolte per l'a,v. verso corso degli avv~nimenti storici. L'occasione storica si ripresenta mezzo seco~o do-po. aHorchè una nuova ondata di rinnovamento attraversa l'Europa. Il problema unitario e na– zio~ale propo~eva il lr~n~ova?1ento ~elle st~ttur_e po!itich~ nazionali mediante l' hmmaz10ne dei vecchi stati regionali. Tuttavia anche se la parte più evoluta della nazione italiana era.ormai consapevole della necessità vitale di una so-cietà ci– vile nazionale, non si propose il problema più profondo del si,gnificato culturale e storico della nuova Italia. Non c'era stata da noi qualcosa di paragonabile alla rinascita cultmale economica e politica del popolo tedesco, che pur fondandosi su principi filosofici che in ultima analisi si dimostrano dan.– nos.i ed infine fatali ai tedeschi, tutta'Via aveva .potuto matura– re· una impostazione nazionale e materialistica, germanica e pagana, che ·se creava una rolhusta costituzione statale nazio– nale la poneva già in partenza in ,pericoloso .contrasto con le più progredite ed elaborate impostazioni civili europee. In Italia non ci fu neppure -questo. L'Italia unita fu una creazione intuitiva e geniale di pochi uomini, una nuova ope– ra d'arte, frutto si di una certa epo·ca culturale, ma' frutto di una azione sostanzialmente •« individuale ». D',altra ·parte non ·esisténdo nè un mito italiano, nè una tradizione, che avreib– bero .potuto -colmare. almeno in •parte il vuoto -spirituale in Cui sorgeva l'Ita'1ia, si cercò di ravvivare di un contenuto ideologi. co •il nostro RisoJJgimento, che esso in realtà non ave-va o che era niente altro che la tradizione illuministico-liberale. Tuttavia non esistevano in Italia che tenui tradizioni sto– riche, ·limitate ad una cerc 1 hia relativamente ristretta -di perso– ~e, le quali a-v-essero avuto comunque contatto con la cultura francese. Veramente erano costoro la parte più dinamica e più « avanzata » nell'Italia della prima metà del secolo scorso e a tale « iHuminata » parte della nazione. sembrava dover spet– tare la ,guida futura del paese. Ma a fatto principalè che carat– terizzava -questo indirizzo -culturale era la mancanza di un momento critico veramente profondo e costruttivo nei con– fronti della cultura nazionale. La cultura dominante era pur sempre quella cattolica, ereditata dal ·pensiero della Contro– riforma, nelle forme da noi già accennate. Anche il movimen. to critico più importante e più caratteristicamente naziona'1e di ,questa epoca, il mazzinianesimò, che si inserisce in sostanza nel filone giansenista, si mÙ9veva ·pur -sempre entro dimen• sioni cattoliche. Ma appunto perchè della cultura cattolica criticava alcuni aspetti secolari e contingenti e puntava.-su momenti unitari ed universali, in una parola « romani », qu·a– li patria e popolo, nonchè ,su un fondamento trascendentale, Dio, poteva da questo ,filone scaturire l'evoluzione storicà più coerente alla spiritualità del nostro paese e fondata su principi di legge naturale, principi di ogni società civile. Ma il dHfondersi d-elle idee illuministiche e la concezio– ne intellettualistica dello Stato, nonché di tutto un atteggia– mento critico e quasi settario anticattolico, caratteristico della decadenza del pensiero iUuministico confondevano sempre più la incerta nascente cultura nazionale. In un paese catto– lico, come ancora era il nostro, sarebbe stata necessaria una critica di rinnovamento cattolico. La mancanza invece di un certo· elemento culturale, .frutto di una esigenza storica. na– zionale che interessasse l'intero corpo della nazione, poneva in contrasto inevitabilmen'te il nuovo stato con la tradizione civile del •paese, il •quale reagiva in modo negativo ed in genere ripiegandosi su se -st·esso, mentre solo poche -perso– nalità isolate e senza una sostanziale coerenza con la cultura nazionale emergevano a dir• cose in verità non sentite c 1 he la– sciavano indifferente la .grande maggioranza degli italiani. Sia nel campo culturale che in quello politico, il carat– tere. dominante delle maggiori figure nazionali è un notevole grado d'improviv.isazione, se non addirittura d'avventura, an– che intesa nel senso mi,gliore del termine. Numerosi sono anzi i fatti avventurosi che portarono all'Unità d'Italia! i corpi dei· volontari, l'aHeanza coi francesi, l'impresa dei MiUe, e così via. Le prime p~ove del ,giovane Stato non sfuggono a •questo carattere -e< avventuroso »; così l'impresa d'Africa e persino la prima guerra mondiale. Lo stesso fas<;ismo ha avuto la stessa attribuzione in un corrente luogo comune, il quale con– tiene però un fondo di verità: da ciò il carattere instabile e provvisorio di tante cose italiane dall'unità in poi. Molte figure della nostra cultura di fine secolo cercano anzi di pro• posito di sottolineare il loro carattere in_dividualistico ed av– v,enturoso. Sul piano culturale la società italiana si esprimeva così in una serie di pro,fonde contraddizioni, che si indiriz– zavano sul piano ,politico, grosso modo in due filoni e com– posti di forze spesso violentemente rivali fra loro.

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