La Nuova Europa - anno II - n.3 - 25 gennaio 1945

LA NUO-it4 EUROPA SETTIMANALE DI POLITICA E. LETTERATURA 'ANNO II - NUMERO 3 ♦ RO)IA - 21 GENNAIO 19>5 ♦ IN QUESTO NUMERO: PIETRO PAOLO ARA.VCI D.1 TRO'.\IPEO: G L l YEUILLOT p. G LUIGI SALVATORELLl: ITALIA A. PICCO'.'l'E STELLA: IN MOUTE E JUGOSLAVI.-! • • • p. 1 DI ADA NEGR! • p. 7 IL POLITICO: LA NOSTRA GUE'R· ALBERTO :\IORAVIA: CINEMA p, 7 RA ' · . ' 1 'p. 2 BO:-.'A\'E:-lTURA TECCH1:. 'l'RIBU• •••· LA SETTJJJA.VA , · p. 2 NALE DI GUERRA , • p. S FRANCESCO GABRIELI: PROBLE· Ali DEL VICINO ORIEN- o TE • · • , , •• · • , , I>- 3 GUIDO DE RUGGU<::R.0: LO STORl- CUIDO GIGLI: LA SITUAZIONE CIS.llO: LA FASE CROCIA- AtlLl'J.'ARE . p. 3 NA • · · · P· 9 A- FERRAR!: PI A.V I MO.V ETA R J: BRE'l'TON WOODS , • , p. 4. o EMILIOLAVAG:-l'I)lO: QUANTOSAL– l'EREJfO DEL NOSTRO PA.– TR!MO.VIO ARTIS'l'JC01 p.10 GABRIELE PEPE: NUOVI OR I E .V• FRANCESCO FLORA: R ES PO N S A· T A .li E N 7' I I DE O LO O I CI DEL BI LI 1'A' DELLE LETTE· SOCI AL l S MO I T A.LI ANO P· Il RE · • · · ._. · p. S MARIO VINCIGUERRA: G I ORNA L l FRANCESCO JOVINE: Q u AL e o s A N u o V I, A z I b' N Di!.' V E e e Hl E E' ACCAJJUTO ••••• p. G i>.."'lg. Il ITALIA E JUGOSLAVIA e I sono due modi per considerare I cenUssima. e guardiamo alla realtà le relazioni po1ltiche u·a due po- d'ogg-i, o meglio, ai datl pennanentl poli: concentrare lo sguardo nelle delle relaz:oni _ltalo-Jugosla,'.e. Si guar· questioni particolari che si 1>0ngono di alla situaZton~ geograftca o. alla fra l due, o esarninare 11 ra1>1>0rtoche struttura econon11ca. Sl c6ns!dermo 1 passa fra t loro interessi comple.SS :.vi. probleml polltlci fondamentali o le ro?· tra le loro esigenze vltaH: vederli, ci~. laz:oni.. culturali. la risposta è sempre nel quh.dro generale della 1>0Iii.tlcain· la stessa: Italia e Jugoslavia sono ternazionale. Il 1>rimo metodo è quello fatte I>er intendersi, per associarsi. La del nazionall.smo, pronto sempre a ba· loro produzione economica è in gran rattare per un piatto di lenticchie (in- parte complementare; l'Adriatico 1>er grandito dalla sua fantasia a banchetto le relazioni commerciali le unlsce an· epulonlco) il patrimonio ereditario ùt zichè dividerle: l'lta!ta settentr!onale l! una nazione, e la vita medesima dl il pont.e naturale di congiunzione fra questa; il secondo è U. metqdo dell'uo· l'Euro1>a òcciden.tale da una parte, la mo di stato, del patriota, pensoso delle Jugoslavia e più in generale Il mondo sorti del proprio paese. danubiano-balcanico dall'altra. Milano Italia e Jugoslavia, prese nel loro sl trova al centro di una grande tra• tnsieme, come totalità nazl.onall, hanno sversale europea che dalle spiaggte del. interessi contrastanti o convergent.t? l'Atlantico conduce a quelle del Dam1• Sono portate naturalmente a lottare fra bto inferiore. L'Italia apporta al jugo· :loro o ad accordarst.? L'Italia pensa slavi. il sussidio prezioso. insoslituibll~. forse ad annettersi la Jugoslavia o la dl un'antica civiltà mlllenaria, la civU· Jugoslavia a distruggere l'Italia? Allo tà greco-latlna e fatino-cristiana, la sviluppo dei due popali, alla loro stcu· civiltà de! Comuni e del Rinascimento: rezza. alla loro stessa esistenza glova la prezioso retaggio europeo che nè rapi– guerra o giova la collaborazione? ne barbariche nè distruzioni guerre- Se per conoscere intimamente una sch~ potranno mal stra1>pare al nostro realtà occorre guardare alla genesi dì. paese. La Jugoslavia a 9Ua vòlta apre qùesta realtà, se il vero sa[>ere è lo all'Italia una via capitale <il comunica– sotre per causa.~. altora noi dobbla• izlone con l'Oriente balcanico e zol nfo concludere che fra l due st.atl. f.ra mondo slavo, comunicazione non solo le due enUtà nazionaH, Italia e Jugo· geografica e commerciale, ma splrltua– &lavia, non solo non esiste contrapD03i• le. Oriente e Occidente, slav~ e latlnt, zlone, ma solidarietà. Italia e Jugosla· Russla e Francia-Inghilterra: dalle re– via non sono sorte jn 11omedello st~ lazioni pacifiche o guerresche. confl· principio, per la sodd~sfazione delle denziall o sospettose, di comprensloM stesse esigenze: prinoipio di. nazlona- o dl eetraneità che si stabiliranno alla 1 liti!,, esigenze di indipendenza e dl unità flne della guerra fra questi grandt 11azlonale. E la realizzazione di queste comptesst, entro queste grandi coppie, esigerv.z:~ identiche non è avvenuta. lun· di.penderà essenzialmenJ-e l'avvenire go Unee contrastanti, ma parallele, o europeo. Ebbene, queste relazioni cor· 1>~•Uttosto converg:entl: ambedue le rono necessariamente attraverso It.alla cause nazionali hanno fatto parte del e Jugoslavia, richledono l'intesa ttalo– grandloso moto del-le nazionalità non Jug0,9lava come pre9Upposto necessa· tedesche contro l'Lmperialismo absbur- rio. Italia e Jugoslavia formano l'anello ghese. E' la SOiidari.età del moto nazto- dl congtunz¾one fra Occidente e Orlen• nale slavo e di quello italiano lucida· te europei. Mentre l'Italia da Trieste mente, 'caldamente. costantemente af· e da Venezia a Bari. è stata semprj? tn fermata da Giusep[>e MazzinL (ri.corde- intlml rapporti con l'Oriente balcanico derò soltanto le Lettere slave del 18!:>ì, e mediterraneo, la Jugoslavia ci pre– .ma bisognerebbe citare una lunga serie senta il fenomeno forse 1.mico di un dei suoi scr.itti e una moltltudtne delle popolo che per melà è stato alunno sue lettere). Il :Mazzini intul perfino, della civiltà occidentale o romana, per e asseverò costantemente, il nesso tra l'altra metà dl quella orientale o bt· le sorti dell'impero aooburgico e quelle zantina, e tuc.tavia forma un popolo dell"impero turco, pred.!oendo che dal solo. più o meno contemporaneo dissoh-1· !talla e Jugoslavia hanno un grande mento dei due i popoli slavi avrebbero compito euror>eo; se esse non l'adem· conseguito Ubertà e ,1.mlflcazione, e so- piranno, la nuova EuroJ>a non potrà stenendo che l'ItaUa, anche dopo co- sorgere, la stabilità e la pace europee stituita a libertà e unità. avrebbe do· rimarranno un sogno. E, s'intende, vuto propugnare, come sua miSstone, sarà anche un sogno la ricostruz:one la causa delle nazionalità slave: ciò italiana, la ricostrt1zione jugoslava. -Si che infattl avvenne nella guerra del rinnoveranno scissioni e contrapposi• 1914. Nella quale. ap1>unto 1 italiani e zlonl, di\1Sl.onl dl sfere d'influenza, jugoslavi si trO\·arono a combattere In- assoggettamenti dl popoli. istigazioni Si.eme contro l'imperialismo absbur- di odt nazionali, tutta la corsa a una gioo saldato a quello tedesco e altresl nuova guerra. A un'Italia e una Jugo– _all'impero ottomano, e dalla quale slavia nemiche rispondono, un po' prl· trassero, gli unl il completamento del ma o un po' dopo, un'Inghllterra e una ten-itorlo nazionale, gli altri addirit· Russia antagoniste, e un imperialismo tura la loro tmiflcazione statale. Soli- germanico alla riscossa che st caccia darietà d1 destini che fu suggellata in mezw a loro. (I.alla convenzione antiabsburglca con· Senza esagerarci U pericolo di una cl.usa a Rapallo net 1920. riscossa germanica <101)0 questa g,uerra; lda la8:li.amo pure la stotia anche re· pur riconoscendo 11cambiamento radl· ;!te R~ 1 s:i~u~f :~o~~o:!,~!;~~;~ ~~i~~~: te accampata sul fianco destro genna• nico, noi pensiamo che non si poss3 prescindere dalla possibilità, sebbene non immediata, di nuove irruztonl del· la Germania dall'uno o dall'altro lato del quadrilatero che essa occupa nel centro d'Europa. Occorre che tuttt t lati del quadrilatero siano ben custo diti; e quello meridionale non può es• serio se non dall'intimo accordo fra Italia e Jugoslavta. o dlL~i~~st~1:?J~ij~~fia~;1.-c1~v(r~t;~e~I~ commercio, dl amicizia, di. arbitrato, ~ magai-l di alleanza. Ct vuol altro che le vecchie ricette della traàiztonale farmacla diplomatica per le future re• lQzioni italo-jugoslave, come ln gena?· raie 1>erIa eostruz!one della nuova I:;u– ropa. Occorre usc!re dal vecchi schemi. dipendenti tutti dal domma della sovra· nltà nazionale assoluta. dalla concezione d~gll stati nazionali posti uno accanto all'altro. chiusi. impenetrablli com~ comp::irtimenti stagni. Occorre lstlWlrc forme ,li. collabora2tone iottma. che :tb· bas3ino e S\"alut!no ¾e frontiere: occor· re (ripeterò le parole di Carlo Sforza) e che le frontiere future stano serate col lapis e non con l'Inchiostro•· O~· corre stabtlire passaggi e cong!unzlom là dove erano prima mur.i divisori: OC· corre ammettere. promuovere. proteg· gere. organ!z;rnzionl dl cultura. dl J3. voro, di politlca. di religione travall· cant.i 1 connn:: Istituti dl diritto eh~ assicurino al cittadini dl un paese piena stcurezza e uguagHanza di trattamento entro t corrfini dell'altro. Di queste ln· novazroni profonde. radlèali. nelJe re– la,z;lont fra 1>01>0li e popoli. fra stati e stati. Italia e Jugoslavia devono dar~ esempio all'Europa e li mondo, perchè :,~1110, forse J>iù che ~nl altra coppia dl stlU europei, necessità e tns.iem~ posstbllità concreta di realizzarle. Ma perchè questo sta p0ssib!Ie. oc– corre che non si ponga fra i due po- LA DISSIDENZA DEL 24 LUGLIO A RRTAMO un nuovo racconto dP.l Gran Consiglio del 24.·25 luylio 1943, nel ctii voto re Vittorio Emanuele III credette di trovare l' « ap· pEccaynolo costituzion.ale • per con(]cda• re Mussolini, dovo avergli lasciato per ventun anni violare la costituzione lt racconto, per verità, è nuovo Solo formalmente, tn quanto è Grandi che vcr la prima volta (se non ricordiamo male) ce lo fa. per il tramite di un oiornalista americano (v. Risorgimento liberale 13 oennato). Per il contenuto, nulla di m,ovo. salvo forse qÙalche par– ticolare. Ciano avrebbe rimproverato a M·ussolfni di essere entrato in ouerra e senza che il Gran Consiglio fosse con– su.l.tato e contro il varere riel ministro tfeoU Esteri•· Ma perchè aveva as-pet· tato tre an,tt a fargli. questi rimpro– veri? E perchè era rtmasto mtni.l.tro deoli esteri e membro del Gran Const· olio' Se la guerra fascista fosse andata bene, nessuno dei uerarcht si sarebbe mosso: essi avrebbero-raddoppiato nella servilitd a ilf ussolini. Ma se la guerra fascista fosse,andata b_ene,ci sarebbe stato il disastro della dominazione te• desco·nazlsta sull'Italia e sull'Europa, senza contare il rassodato e accresciuto suoverno in Italia. Ecco quel che btso• ona sempre richiamare alla mente dt certi italiani legoert, o smemoratt: per l'Italia. in questa guerra. 110nsi i tra!· tato dt un punto d'arrivo fallito, ma di un punto di partenza sbaolìato; non semplicemente di una guerra mal con· dotta, ma di una che non biso9nava fare, in nessun caso, e di un regime inllm-amente malvagio, che quella guer– ra fece apmmto perchè essa era con• fo-nne alla propria radicale malvagità; ·perchè quella (Jtterra era lo sbocco lo· gico, fatale, di tutta una politica in· terna ed. internazionale. Se talttno dei oerarcht st era accorto degM errori e delle colve, accumulate durante un 6P&Ol:Z:ION& UI A.BBON. POSTAI.a UNA COPIA L. 10 :~~- ~~ss mome~to. ~t; ai~~u~e~~ 1 ~a ' ~dr:~ ·:i~ 1 &~~rt;~~~ lari so rispetto alle gene- rai!. e de sser viste nel quadro di queste; ma ciò deve valere per am• bedue le parti, che devono rendcrsl conJo reciprocamente di t.:1lune esigen– ze lnsuperabilL Nol abbiamo de1>r,?Cato, durante tutto Il 1>e1·tododal senembrl? 1943 ad oggi, una discussione prematu• ra del confini ltalo-jugoslavl. ritenendo che occorresse prima un'intesa gene– rale fra I due paest, e poi una sotu• ztone nel quadro di questa dei diss~dr territoriali. i\'la polchè da parte Jugo– slava si è proceduto diversamente, e sl sono moltiplicate le formulazioni uffl· ctall di rivendicazioni terraortall. doo– b~amo dlre che queste. cosi come di sono presentate, non sono accettablltl nè per n metodo. - che consisterebbe, a qu:rnto pare. In uha decisione dat-· l'alto. prescindente da qualsiasi con• sultazione delle po1>0lazioni. - nè per il contenuto. In part:colare. un regola• mento che stra1>passe Trieste all'Italia creerebbe un ostacolo insormontabile, non diciamo a quell'intesa Intima fra ! due popoli che abbiamo delineato qur sopra. ma addirittura allo stablllmento dl relaztonl normali fra loro. Trieste jugoslava s:3rei>be l'AlsaZ:a-Loreno !ta· Hana. Meditino bene questo confronto -- perfettamente esatto - 1 dl"rlgenti' Ju~oslavl: si ricordino che su quella « p!etra di scandalo• dell'Alsa.zia-Lo– rena ha inciampato e prec!J>ltato l'lm· pero germanico creato da Bismarck: che di Il è uscita la prima. e conseguen– temente la seconda guerra mondiale; r!flettano che gli Jtalianl sono un ~ polo dl quarantacinque mllionl, che non ha nessuna voglia di morire, nes· sun avvtamento a morlre: e traggano da tutto questo. le Inevitabili concln• stoni. E !e traggano con loro, o per loro, le tre potenze direttrlcl, cui spetta !a r~1>0nsab:!ità massima di tenere a po, sto i naziooalisml vec<:hi e nuovi, net– l'lriteresse della pace mondiale. LUIGI SALVATORELLI ventennio, - senza contare U periodo precedente alla presa di possesso deJ potere, - avrebbe dovuto opporsi o ri· trarsi a tempo. non condividere onori e prebende fi,no all"imm:inerite cata• strofe. per tentare allora U satvata!T Qio e la rei11.carnaziont'. DISCORSI COLONIALI S PUNTA, qua e ld, una rifioritura di anticolonialismo in Italia. V'è eh! ' constolia ault ttaliani di proclamare anticipatamente una spontanea totale rinutizia alle nostre colonie (non 1'QT· liamo, naturalmente, deU'impero etiO" pico. a cui nessuno pensa più). Tanto. si dice, è sicuro che ce le prende:r:~nno. Ma se è cosi sicuro, dove va a fi!l-ire l4 spontaneità detta decisione e ~ b~llezza del gesto? Noi verremmo a dP'e aaU altri: vedete, gli Italiani rinun::tan.o. a ciò che non possono pttì tenere,• apnte anche voi le mant per lasciar cadet"e quel che tenete saldamente tn pugno. Probo.bilmente l'unico risult~o. sarebb( queUo di farci ridere in faccia. La questione delle colonie itaUa.n.e non è ·w Viù importante nè la ptù ur– oente. e m>n credtamo et sia qisoano dt far moUi <:Us-corsisu di essa.. tn u.n senso o in un altro. Crediam.ò che a noi convenaa dignitd e riservatézza.. Se ci v< >rran.no tooliere le colonie. noi non voss.iamo certo pensare di opporci: ma non è questa una rlL(Jione per. recitare tt mea culpa per il fatto di esserci vro– curali delle colonie come oli altri e d' averle amministrale, tutto sommato, non peooW de(Jl4 altri. E quando pot si parla della auerra libica, si rico-rdf che quella non è stata un'impresa co– lrmtale, ma un'azione di equiltbrto me– diterraneo. • se pro-prio si deve discorrere delle n-0stre colonie, ml pare che noi pos• siCDM dire breuemente cosL· l'idea d' -un demanio coloniale dell' Eurapa fn :t/rEca (preparazWne aU'auto11omta del,– le po-polazioni) è ottima,· se tl de-manto non c'è, non v'è ragione sufficiente per– chè l'Italia sola rtmanoa senza coloni.e, Punto, e. basta.. I. ..

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