Nuova Repubblica - anno V - n. 39 - 29 settembre 1957
(182) nuova repubblica (IJi.1. di Dit10 /Jo.whi) I franchi tiratori tripartiti INVITO A SABA di PIER FRANCESCO LJSTRI N ON MOLTO tempo fa Umberto Saba indirizzava una lettera _a un amico r?~ano nella _quale tra l'altro era scritto: << Ho terribilmente sofferto: 25 anni di fascismo, sette di razzismo, uno di (ogni istante possibile) condanna a morte per me e per i miei. Dirai che non sono stato il solo a subire queste dolorose vicende: è vero, ma è anche vero però che non tutti avevan con sé né il mio attivo né il mio terribile passivo»; e più avanti: « Il signi– ficato e il valore della mia poesia (se un valore ha) è proprio quello di piacere, di consolare (sia pure per un attimo fuggente) quanti italiani la leggano a qualunque partito essi appartengano». Sono afl'ermazioni distinte e appartenenti a piani di– versi, ma valgono ottimamente a definire la qualità e il peso della sua presenza fra noi. La seconda, naturale per ogni poesia, è particolarmente vera per la poesia di Saba; la prima, nello spirito di desolata ma quieta confessione, testimonia la natura del suo canto, coerentemente anco– rato, dagli inizi, a , una particolare sco;-ata solitudine, e sempre più ad essa sospinto dagli eventi della sua e della nostra vita (quel «passivo» di noi tutti, e quell'« attivo)) di lui solo poeta). La poesia di Saba è il riflesso di una vicenda ~nteriore che segna il massimo sforzo, anche morale e perciò anche civile, di un poeta del '900 verso il suo ideale ascoltatore. Vediamo di dove egli era partito: « Così passo i miei giorni, i mesi, gli anni / Altro non chiedo in gioventù pia– cere I Che tessere nell'ombra vuoti inganni / Care im– magini, sì ma menzognere». Sono versi giovanili nei quali; all'accoglimento di movenze formali apertamente classi– che, che indicano una scelta sempre più nel futuro auto– noma e vittoriosa, si accompagna un compiacimento di intimistica, spirituale solitudine. E ancora: « Non v'è cosa al mondo che partire J Con essa io non vorrei tranne quest'una I Questa muta tristezza. E che i mfoi mali I Sono miei, sono all'anima mia sola ... ». Saba è ancora in questo clima che però verrà correggehdosi in una più virile e composta risoluzione d'animo: « La mia vita, mia cara / .Bambina / E' l'erta solitaria, l'erta chiusa I Dal muric– ciolo ... ». Vale notare, a definire la particolarissima e indi– vidualissima disposizione del Saba, come qui siamo assai lontani dalla metafisica disperazione montaliana della « Muraglia / Che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia•· Ben presto, arricchendo sempre più il naturale e pro-– digioso dono di canto che fin dagli inizi la distingue, la poesia del Saba si evolve ancora. Con rara acutezza Geno Pampaloni ha dimostrato tuttavia la asso]uta diversifica– zione di questo primo momento sabiano dalle poetiche crepuscolari, affermando di seguito in un bellissimo e re– cente ritratto del poefa come « Egli ristabilisce con la realtà un rapporto prezioso e vivido quanto più è diretto; entra in confidenza con le cose, e ne libera l'intimità, la dolcezza, quel calore sentimentaJe che è una delle possi– bilità per cui gli uomini possono riviverle in sé eterna– mente». Il rapporto poeta - realtà non appare in Saba volto aprioristicamente a vantaggio del primo ter– mine che riassorbe in sé e supera il secondo, opponen– dovisi con sotti1e vitalità concettuale; bensì si configura in un dualismo nel quale la rea1tà rappresenta il momento positivo che il poeta non riesce a partecipare praticamente ma che riesce a illuminare per forza di poesia. A questa realtà Saba sottende sempre la condizione del proprio sentimento, la sua umanità. E questa è dolente e si espri– me in toni perennemente malinconici, ripiegata su se stessa in intenta meditazione. Questo costante atteggiamento sentimentale del Saba e la felicità del canto che mai viene meno, permettono di definirlo l'unico poeta del '900 in grado di intitolare op– portunamente la propria opera «Canzoniere». Quante figure, quante immagini popolano la sua poe– sia? Ogni forma umana della realtà vive qui e riflette la propria sostanza di potenziale rapporto sentimentale, e il poeta ne libera la storia e ne ferma il destino: la fami– glia, la casa, la città, il paesaggio, la società; e poi la propria solitudine e dignità, e infine la corona non inter– rotta degli affetti e dei linguaggi che legano e dividono fuomo dall'uomo. Si pensi alJe poesie familiari - d'amore per Lina - («Per l'altezza l'amai del suo dolore! / Per– ché tutto fu al mondo, e non mai scaltra I E tutto seppe, e non se stessa, amare»); si ricordino certi stupendi af– freschi come il seguente: « li vecchio / che bestemmia, la femmina cht bega I Il dragone che siede alla bottega / Del friggitore /' Ua tumultuante giovane impazzita I D'amo– re »; si considerino infine le poesie per Trieste. « Il gran merito di Saba - è stato scritto - sta pro-– prio nell'aver ridato dignità poetica agli oggetti per in– trinseco valore, l'aver insomma ritrovato la loro potenza espressiva senza assumerli a simboli ... il che non vuol significare il superamento o la rinuncia al linguaggio ana– logico, ma sì una diversa sistemazione da quella simbo– listica ». Questo è vero, ed è opportuno qui, per chi"si inte– ressa alle ragioni genetiche, del linguaggio poetico, sotto-– lineare questi versi: « Amai trite paro~ che non uno / osa– va. M'incantò la rima fiore / Amore >1 La più antica diffi– cile del mondo. J Amai la verità che giace al fondo / Qua– si un sogno obliato che il dolore J Riscopre amica». Con– fessione di credo formale che trova la sua più profonda necessarietà in altri versi: « Parole J Dove il cuore del– l'uomò si specchiava / - Nudo e sorpreso - alle origini; un angolo J Cerco nel mondo, l'oasi propizia / A detergere voi con il mio pianto / Dalla menzogna che vi acceca ». Sempre più, col maturarsi della sua pensosa spiritua– lità, la poesia di Saba investe motivi e valori uni.versali, riuscendo anche a incarnarli in una precisa dimensione storica: « Io vivo eppure sono un morto, sono / dentro un abisso; ed odo, ivi sepolto, J la vita che fra voi s'agita ... serbo ai cari miei la mia giorn_ata I anzi più mossa, più !attiva ancora / ad opere di buona fme ordinata ... )>. Ci stupisce perfino a momenti, il senso della sua alta per– plessità .civile («Mi volgo I vane e antiche domande: per– ché madre /m'hai messo al mondo? Che ci faccio adesso I Che sono vecchio, che tutto s'innova / Che il passato è macerie, che alla prova J Impari .mi trovai di spavento– se I Vicende ... ») che non può essere mai segno di impo– tenza e di rinuncia. Lo dimostra tutta l'ultima, elettissima sua produzione («La luna non è nata, nascerà I Sul tardi. Sono aperte anche le molte / Finestre delle grandi case folte I D'umile gente. E in me una verità / Nasce, dolce a ridirsi, che darà / Gioia a chi ascolta gioia da ogni cosa. I Poco invero tu stimi, uomo le cose / Il tuo lume, il tuo letto, la tua casa I Sembrano poco a te ... »). Ben a raglone quindi un giovane critico comunista ha ricono– sciuto in questi giorni: « cercavamo l'uomo nuovo ... Non avevamo compreso che l'uomo antichissimo di cui ci par– Java Saba, era la stoffa con la quale anche noi, quando avessimo potuto, avremmo dovuto costruire». La mesta occasione della sua scomparsa può quindi valere come un invito alla sua poesia, la cui presenza è capace di soddisfare anche le più inquiete e impegnate sensibilità contemparanee. La testimonianza distinta e in– sieme .fusa di un pceta e di un'epoca si può ritenere ideal– mente riassunta in questi versi dello stesso poeta: t< La fede avere / Di tutti, dire / parole, fare / Cose che poi ciascuno intende, e sono, / Come il vino e il pane / Come i bimbi e le donne, / Valori / Di tutti ». 7 • BIBLIOTECA CONCEZIONE CRITICA DEL SOCIAUS~ 1 IO LIBEHTAHIO R EVISIONISMO è detta quella dottrina che, dichi~r.::– ta la sostanziale incompatibilità fra il pensiero marxista e la concezione democratica, mira ad ela• borare un socialismo democratico che, alternativamente o simultaneamente, utilizzi ora quello ed ora questa, scm:a peraltro riuscirè a comporli in sintesi dialettica. Fra i più cospicui rappresentanti del C< revisionismo marxista )) Bernstein è colui che occupa, almeno nelJa recente tesi dÌ E. RikJi, il posto più importante. In effetti, il Bernstein, soprattutto in Socialism.o teorico e socialismo democrnti• co, partito dalJa constatazione che l'idea marxista del va– lore-lavoro è una mera astrazione concettuale sosteneva che essa, per pÒterla adeguatamente applicare' alla realtà economica, doveva essere corretta e integrata dalla con– cezione marginalista del Boehm-Bawerk. E continuando per questa strada, il Bernstein arrivava a dire che il marxismo altro non era che puro determinismo economico, riducente la storia a puro svolgimento fatale. Tuttavia Bernstein rimaneva affascinato dall'aspetto scientifico del marxismo, e non potendosene liberare completamente, tentava di conciliarlo con la libertà umana. Ma mentre Marx aveva risolto, almeno formalmente, il problema, ricorrendo, nel quadro stesso della dottrina, alla dialetti– ca della prassi, il Bernstein credeva di poter conciliare la necessità storica coJla libertà umana, riducendo il marxi– smo a canone d'interpretazione filosofica delle lotte sociali. Sotto l'influsso del neo-kantismo, poi, il Bernstein sotto– metteva il materiaJismo storico all'imperativo categorico. La lotta di classe veniva così espunta dal novero delle leggi inesorabili dello svolgimento storico, mentre le con– traddizioni interne del capitalismo divenivano superfeta– zioni del Marx, il quale aveva applicato aprioristicamente il metodo filosofico alrinterpretazione dei fenomeni eco– nomici. Tutto ciò, sul piano politico, tendeva a orientare il movimento socialista verso un'azione riformista in seno alla società capitalistica. « Il Riformismo - scrive B. - è una parola che, in fondo, non ha senso se non quando la si npplichi alle que– stioni teoriche. Ma trasferito nella vita politica, riformi• smo significa la politica del lavoro riformatore sistematico in opposizione a quella politica che considera la catastrofe rivoJuzionaria come uno stadio necessario ed inevitabile del' movimento». Benché le dottrine del B. avessero una certa propagazione nel mondo socialista europeo, non si può dire che esse fossero le soJe a porre, alla fine del se– colo, il problema del « revisionismo». H. Arvon ha parlato per la Francia di un revisionismo di Jean Jaurès. In Italia il dibattito revisionistico (ed è un peccato che il Lo Vecchio non l'abbia studiato in ma– niera più approfondita e che il Bulferetti l'abbia intravi– sto molto inadeguatamente), ancorché siano notissime le battaglie di un Labriola e di un Croce, ha avuto un ca– rattere estremamente vario grazie ad una miriade di per– sonalitf minori, ma non per questo meno interessanti. Fra queste personalità un posto a parte tocca a Sa– verio Merlino. Un ingiusto oblio era disceso su questo av– vocato napoletano, dalla vita avventurosa ed agitab, dal– l'eloquio facile e dal giudizio appassionato. Quanti, per esempio, fra i nostri giovani amici conoscono Socialismo o monopolio? o il saporosissimo Manualeuto di scienza eco– nomica ad uso degli operai o Pro o contro il sociali3-mo o il libretto edito da Piero. Gobetti: Politica e magistra– tura dal 1860 al 1925? In questi ultimi anni, grazie ad Aldo Venturini, quasi tutti gli scritti del Merlino ci sono stati resi accessibili. Ora lo stesso Verrturini, uno studioso di tendenza liber– taria come vorremmo ce ne fossero molti, in co1labora– zione con P. C. Masini, suo compagno e autore di un non dimenticato saggio sul ruolo degli anarchici nei consigli di fabbrica al tempo cli Gramsci, ci dà un'accuratissima scelta di scritti merliniani, che molto opportunamente - l'intuizione è stata veramente felice - è stata inti– tolata Concezione critic(t del sociati.smo libe-rtario (Firen– ze, Edizioni de Silva-La Nuova 1 Italia, 1957). Si tratta di una serie di scritti pieni di brio, di salacità, che videro la luce fra il 1889 ed il 1894, e che sono una caustica esposi– zione del comunismo anarchico sul quale grandeggia la potenza del mito etico, della storia dell'anarchia del se– colo XIX o delle basi d'un ·sistema collettivista. Forse è azzardato essere d'accordo cogli editori quando scrivono che questi testi conservano anc;ora oggi una loro intrin– seca validità; nondimeno riuscirebbe difficile non ricon~ scere in essi i documenti più importanti per la conoscenza dell'evoluzione, ideale e politica; da certe forme di estre– mismo improduttive a più rispondenti posizioni politiche ed ideologiche. Il Merlino, che Verrà sempre più orien– tandosi verso un socialismo libertario-"federativo, sarà un critico conseguente dell~individualismo anarchico alla Tucker, del comunismo anarchico alla Kropotkirye, ma anche del fabianesirrio, del broussismo, per non parlare del marxismo «ortodosso». Il socialismo, per M., è un complesso di idee, via via divenienti sempre più chiare e distinte, che hanno come fine precipuo il miglioramento dell'attuale 01·di– namento sociale, o meglio: Ia costruzione d'un ordina– mento sociale fondato sull'equa partecipazione di tutti al lavoro ed agli agi della vita. Questa aspirazione al benessere sociale, ch'è alla base del socialismo, va di– stinta dal corpo dottrinale in cui essa storicamente s'è venuta concretando, in quanto tale corpo dottrinale, utile per superare la fase astrattamente utopistica, essendo (segue a pa,g, 8, 3.a col.)
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