Nuova Repubblica - anno V - n.32-36 - 8 settembre 1957

(175 179) nuova re,mbblica (.-i,rno x - I due {Jro.ndi dÌsr:1dono sulla (.Dis. di Dino Bo.~chì) perfezione dei loro missili interco11tine11lali) PRJl\1O GRANDE - IJ suo• missile mi ha raggiunto un secondo dopo ... SEfONDO GRANDE - Prego, prego: il mio 1nissile è arrivato un secondo prima ... SETTE GIORNI NEL MONDO L 'ANNUNCIO sovietico del successo dell'esperimento effethrnto col missile intercontinentale non è stato messo seriamente in dubbio da nessuno. Si è fatto giustamente rilevare - come il critico militare del New York Times, Hanson W. Baldwin - che un esperimento riuscito non implica ancora la produzione in massa di questa « arma definitiva», come la chiamano gli ameri– cani, che il raggio d'azione del missile sovietico r?ggiun– gerebbe le 4.000 miglia e non le 5.500 cui mira il missile americano per cqlpire qualunque punto del territorio di un eventuale nemico e che, infine, il ritardo americano sarebbe più apparente che reale. Fàtto sta che nessuno contesta che i sovietici abbiano una superiorità sperimentale in fatto di missili in!ercon– tinentali, che è paragonabile a quella che avevano gli americani nel campo termonucleare fino al 1949, fino a quando, cioè, il presidente Truman annunciò che anche i sovietici possedevano l'arma atomica. E che i russi vo– gliano servirsi di questa superiorità sperimentale a fini diplomatici, lo si è visto negli ultimi episodi delle tratta– tive alla sottocommissione per il disarmo dell'ONU, dove il delegato sovietico ha respinto il blocco delle proposte occidentale, insistendo sulla necessità d'isolare anzitutto un accordo pregiudiziale sulla cessazione per due anni degli esperimenti. Le trattative ,per il disarmo, riprese con tante spe– ranze il 18 marzo scorso, sono così giunte a un punto morto e non è mera coincidenza che ciò sia accaduto proprio nel momento in cui l'URSS annunciava i1 suc– cesso del suo nuovo missile. La replica degli occidentali è consistita in una precisazione, una volta tanto, del com– plesso delle proposte che erano andati presentando iso– latamente nel corso di I queste o di precedenti trattative. Nella loro nota del 29 agosto scorso, le potenze occi– dentali hanno infatti proposto in blocco: l'impegno a mettere fuori legge in caso di guerra l'impiego di ogni arma termonucleare, il controllo internazionale della pro– duzione di materiale fissile a scopi non militari, la so– spensione, sotto controllo internazionale, delle esplosioni atomiche per dodici mesi, periodo rinnovabile per altri dodici mesi qualora non si sia verificata nessuna viola– zione della tregua, la riduzione graduale delle forze con– venzioriali; l'accettazione del sistema di ispezione aerea, detto dei « cieli aperti », e la creazione di un organismo di controllo. ' La posizione sovietica, che puntualizza la necessità di sospendere pregiudizialmente ogni esplosione e che adduce a proprià giustificazione gl'indugi che derivereb– bero dall'accettazione in blocco di un piano così com– plesso come quello occidentale, che presuppone la solu– zione' di molti proble~i tecnici e politici attinenti, per esempio, al· controllo della produzione di materiale fis– sile e all'istituzione di zone di controllo aereo, rimane, tutto sommato, nonostante i punti che può avere a sua difesa, una posizione piuttosto chiusa, poichè si rifiuta di ,prendere in esame qua1unque altra· parte del piano Occidentale. Vi è tuttavia una notevole indecisione da entrambe le parti, e l'intenzione espressa dall'URSS di portare la ·questione alla prossima assemblea dell'ONU - mentre ma- nifesta senza dubbio propositi dilatori e tende a ottenere attorno alle proposte sovietiche, le quali sono più prati– che e di più facile realizzazione .immediata, la solidarietà di molte nazioni del blocco afro-asiatico - è tuttavia l'espressione di questa indecisione. L'<<arma definitiva» fa tremare· le vene e i pdlsi a qualunque <:Jl:RQ politico, da ambedue le parti. Se l'arma atomica, comt -si è già potuto rilevarlo a Hiroscima nel 1945, è un'arma di distruzione massiccia di intere città, il missile intercontinentale, specie se prodotto in masSa, può distruggere, nello spazio di due o tre ore, interi con– tinenti, senza che per ora sia concepibile nessuna 'difesa o intercettazione. Con l'arma atomica, anche la più potente, la guerra termonucleare doveva concepirsi come una guerra in cui nessuna delle grandi città sarebbe stata risp.armiata. Ma, sia pure per ipotesi assurda, l'aggressore poteva sperare di sopravvivere e di vincere in mez~a un deserto infe– stato da radiazioni atomiche. Con il missile termonu– cleare, la guerra moderna deve concepirsi come un bom– bardamento fra due continenti, con missili proiettati nello spazio da venti a trenta minuti a circa 10 mila chilometri di distanza e carichi di esplosivi termonucleari. Data l'imprecisione del tiro, nonostante l'effetto di soÌ'presa, l'aggressore non sarebbe affatto al riparo dall'immediata rappresaglia dell'aggredito, dopo la quale nessuno dei due combattenti sarebbe in grado di sopravvivere. E' comprensibile che la discussione sulle garanzie re– lative al disarmo, giunti a questo punto del progresso scientifico in fatto di produziòne di armi balistiche, di– venti una cosa assai grave, in cui la stessa intransigenza dei negoziatori sia imputabile -non all'effetto della cat– tiva volontà ma al timore di non essere effettivamente garantiti çontro un'aggressione che distruggerebbe un intero paese con tutti i suoi abitanti. E pur supponendo che esista - cosa forse già assurda allo stato attuale - un governo o µn regime capace di preparare una simile azione di genocidio, a nessuno dei dirigenti delle grandi potenze sfugge la consapevolezza de1l'enorme responsabilità che pesa sulle spalle di chi deve non solo cautelare una parte del mondo contro la possibilità che un'altra si serva di questi strumenti di distruzione, ma anche assicurarsi che quest'altra parte, in possesso per prima di tali strumenti, non possa ricor– rere neppure alla semplice minaccia o far addirittura te– mere che possa un giorno ricorrere alla minaccia di ser– virsene come mezzo d'intimidazione diplomatica. In questa fase delle trattative per il disarmo e della corsa agli armamenti atomici e balistici, i rapporti in– ternazionali hanno quindi acquisito una delicatezza senza precedènti, forse maggiore di quella del periodo della guerra di Corea, quando Attlee si precipitò in volo da Truman per dissuaderlo dal servirsi della bomba ato– mica in Corea. Delicatezza che trova i dirigenti delle due parti molto più preparati e responsabili di q~anto non lo fossero dieci anni fa, quando era ancora in vita Stalin, ma che richiederà una vigile e. costante pres~ione dell'opinione mondiale a favore del disarmo affinche un errore anche piccolo non ci avvicini all'orlo del disastro. PAOLO VITTORELLI 5 MOSAIC SUDAMERI Una conferenza inutile ' A BUENOS AIRES si sono riuniti i ministri delle fi- . nanze e gli esperti economici dei paesi latino-ameri– cani e degli Stati Uniti. Si tratta di una conferenza eco– nomica promossa dall'Organizzazion·e degli Stati Amel'i– cani. Sembra difficile che questi ·governi riusciranno a met– tersi d'accordo. Nèl loro insieme, i sudamericarii - ·ad ~ eccezione dei deleg"ati dei «dittatori» - hanno un'unica posizione, che può essere così riassunta: 1) aumento degli investimenti internazionali di ca– rattere ufficiale piuttosto che degli investimenti privati; 2) creazione d'un sistema continentale capace di garantire la stabilità ·dei prezzi delle materie prime ven– dute dai sudamericani, e che costituiscono la loro fonte principale di dollari. Gli Stati Uniti ne sono i clienti più importanti. Al contrario,· gli Stati Uniti insistono per la libertà di prezzo delle materie prime, e mostrano maggior prefe– renza agli investimenti privati. Non sembra che le due posizioni siano conciliabili. Un mercato comune dell'America latina, primo passo verso l'unificazione economica, e magari politica, del con– tine~te, aiuterebbe a sostenere i prezzi delle materie prime, condizione sine qua non dell'industrializzazione graduale dell'America latina. Ma gH eccessi di nazio– nalismo - che il presidente argentino Aramburu ha de• plorato nel suo discorso inaugurale - hanno reso vano finora ogni tentativo in tal senso. , 11 fralello del diuatore I L GENERALE Hector Bienvenido Trujillo ha preso possesso per la seconda volta deJla carica d1 pre– sidente della Repubblica dominicana. Ma il discorso del senator€ Herrera - che avrebbe dovuto logicamente ri– ferirsi al Presidente - fu invece dedicato .interamente al fratello di lui, Rafael Leonidas Trujillo. Trujillo (quello vero, per intendersi, il <( salvatore della patria » secondo il suo titolo ufficiale) ascoltava gli elogi alJa sua per– sona senza mostrare alcun segno di fastidio, nonostante la pesante uniforme azzurro-oro ed il tricorno a pennac– chi, che costittiiscono il pittoresco apparato inventato da lui stesso per questa cerimonia. Il «nuovo» Presidente dà inizio al suo mandato dopo le elezioni che non hanno interessato nessuno, in cir– costanze molto difficili. Sembra infatti che a Washington si tenda sempre di più a separarsi da Trujillo, dopo la sparizione del professore spagnolo rifugiato Jesus de Ga– lindez e l'assassinio del pilota americano Murphy. Al– meno, c'è in questa direzione una forte corrente in seno al Dipartimento di Stato. Gli esuli si mostrano ora molti attivi, e sembra ch;essi comincino a trovare qualche rispondenza nel paese, nonostante il « terrore» instaurato dalla « sicu– rezza » d'Espaillat. La prosperità della repubblica domi– nicana, che Trujillo ha certamente sviluppato, non va a beneficio che di poche città, mentre il grosso della po– polaziol1e, costituito di contadini, vive in uno stato inim– maginabile d'indigenza. Tuttavia, è proprio fra i pro– fittatori del regime che l'opposizione a Trujillo sembra ora prendere maggiore consistenza. Ancorn Ja,2;an nella Guyana L A GUYANA britannica sta dando in questo momento una duplice lezione di grande interesse. Nell'ottobre del 1953 il governo britannico depose il governo della Guyana, presieduto dal dentista Cheddi B. Jagan, per il fatto che il suo Partito Progressista Popolare faceva apertamente il giuoco dei comunisti. In seguito, Londra ideò un nuovo sistema d'auto– nomia, che consente al governatore di contare in ogni caso su una maggioranza in parlamento, dato che pro– prio a lui compete la nomina d'una metà dei membri dell'Assemblea. Questo ha rafforzato, arizichè indebolire, Jagan, come provano le recenti elezioni, che hanno dato a lui• 9 dei 14 seggi elettivi. Jagan, che dichiara di non essere comunista, presiederà probabilmente il prossimo governo, ancorché sorvegliato dal governatore. La prima lezione è appunto questa: che il comunismo non può essere eliminato con delle manovre, ma biso– gna prima eliminare i motivi del suo successo. Ed essi, 'nella Guyana britannica, sono due: la rivalità delle razze, e l'esistenza di grandi piantagioni che fanno dell'econo– mia della c01onia una vera sopravvivenza feudale. La seconda lezione è che Jagan, per mantenere la sua influenza, ha fatto ricorso ad un razzismo appena dis– simulato. I suoi sostenitori sono sta_ti eletti tutti nelle regioni abitate da cittadini d'origin~ indiana (dell'India asiatica), com'è egli s~esso. Al contrario, gli abitanti della capitale, Georgetown, hanno votato per tre candidati del partito dell'avvocato Burnham, un negro separatosi da Jagal1 due anni fa, éhe vorrebbe una posizione di sini– stra socializzante, ma anticomunista. VICTOR ALBA

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