Nuova Repubblica - anno V - n. 31 - 4 agosto 1957

(174,) nuova rermbbJica Siamo fortunati: è pulita (Dis. di Dino IJoschi) SETTE GIORNI NEL MONDO MENO N EL MOMENTO in cui anche Nuova Repubblica si appresta a prendere le ferie estive, viene fatto di voltarsi indietro e di guardare l'evoluzione del– l'ultimo perfodo"per il quale siamo passati; periodo èhe non si può ritenere compiuto limitandolo all'inverno che si è concluso, ma che si deve esttmdere all'inizio di que– sta fase di transizione dalla guerra fredda alla disten– sione, dall'immobilismo internazionale ad una situazione in movimento; periodo che si deve quindi far cominciare dal xx· Congresso del PCUS. Per noi, in Italia, questo apparirà uno dei periodi più decisivi del dopoguerra, una di quelle fasi di transizione, di quelle svolte storiche che. determinano profonde riper– cussioni interne; e ad esso si potrà paragonare, per gli effetti antitetici che aveva prodotto, il periodo dell'im– mediato dopoguerra, quando la rottura fra i tre « grandi » produsse la guerra fredda anche nel nostro paese, deter– minò la formazione di due blocchi interni contrapposti, sostituì al ragionamento la paura, allo sforzo di compren– dersi gli unì con gli altri l'ostinazione a considerare l'av– versario seml;)re in mala fede, sempre deciso a tutto per annientarci, sempre chillso nel suo guscio per evitare il rischio stesso, perfino, di andare d'accordo con qualcuno. E ciascuno di noi, ciascuna delle forze politiche italiane, era un avversario in mala fede per qualcuno. Non si può affermare che questo clima sia completa– mente cessato, che questa atmosfera di diffidenza si sia completamente dissipata; ma se non si vuole contribuire con la propria pigrizia o con la propria inavvedutezza a perpetuare una fase storica, come quella della guerra fredda, che conviene al più presto confi-Ùare esclusiva– mente nella storia del passato, si devono avvertire, indi– viduare, sottolineare, accentuare i primi fermenti di una situazione nuova, per essere fra coloro che con maggiore· consapevolezza plasmeranno i caratteri di questa nuova s}tuazione anche sul piano interno. Il bilancio di questi diciotto mesi c'insegna che, dal xx· Congresso in poi, le cose si sono rimesse in movi– mento in Russia; che, dopo le remore poste dai superstiti dello stalinismo ad una destalinizzazione più agile e più spregiudicata, di cui l'Ungheria ha dovuto pagare il tra– gico prezzo, questo movimento si è rivelato inconteni~ bile - quaH che possano essere i suoi sbocchi pratici - determinando l'eliminazione dal gruppo dirigente centrale dell'URSS degli uomini~ maggiormente legati al passato'; un passato non solo di spietata repressione poliziesca al– l'interno, ma anche di connivenza con Hitler nel 19.39 e di compiaciuto incitamento alla guerra fredda nei rap– porti con l'Occidente. Nel campo occidentale, l'avventura di Suez ha ria– perto un processo dialettico 3ll'interno del blocco occi– dentale., purtroppo mettendo alla gogna le due potenze sulle quali si sperava di più per una graduale libera- PAURA zione dell'Europa occidentale dalle ipoteche americane. Ma è, apparso - e questo è un rilievo posjtivo - che quando altre potenze occidentali si mettono fuori legge, gli Stati Uniti, sia pure per· diférfdete qualche interesse contingente, s':t~.Q __ o assumere la parte di giudici anzichè di complici. - - Il complesso degli avvenimenti che si sono Successi in diciotto mesi ha snellito la situazione interna, ha riaperto un processo dialettico in seno al movimento operaio, ha spezzato i blocchi ermetici esistenti fin dal 18 aprile 1948 fra destra e sinistra. Se la diffidenza non è completamen– te scomparsa, la vita ricomincia, si riprende a ragionare, non si ha più paura di criticare l'amico, come al tempo in cui ogni critica era considerata 'equivalente ad un atto di diserz:one, non si ha più paura di dare ragione, quan– do sia giusto, all'avversario, come al ·''"t~mpo in cui ogni giudizio positivo su un avversario era considerato equi– valente ad un atto di tradimento. Questa Eberazione graduale della paura, che deriva dall'allontanamento del pericolo di guerra mondiale, si ri– percuote anche all'interno dei partiti: Giolitti lascia il PCI senza essere nè vilipeso nè espulso; il PSI si divide su una questione fondamentale come l'unità europea senza per questo temere l'imminente scissione; Fanfani sembra cominciare ad apprezzare - naturalmente a suo modo - il rafforzamento dei socialisti. Rimangono senza dubbio delle voci dissonanti: se ne ritrovano ancora parecchie, per es·empio, in seno alla s0- cialdemocrazia. Ma le forze più serie convergono verso i grandi schieramenti, per fare una grande politica. Il tempo della reciproca distruzione potrebbe essere rapi– damente superato da quello della costruzione. E' una situazione che pone un grave quesito alle forze d'avanguardia, come è stata per esempio Unità po– polare. Di una funzione d'avanguardia ci sarà sempre bi– sogno. Ma non sempre si svolge con maggiore efficacia al– l'esterno delle grandi formazioni, specie quando queste non abbiano o non abbiano più, ar;iche per i più esigenti, il carattere di forITlazione chiusa, di truppa in trincea con l'arma al piede, di caserma dalla disciplina di ferro. Questo quesito è stato al centro del recente Convegno di Unità popolare. Lo è stato ora e non prima solo ·per– chè ora e non prima è maturata questa situazione iilter– nazionale, perchè ora se ne cominciano a scorgere gli effetti interni, perchè ora si tratta di scegliere il proprio posto per le prossime battaglie politiche. Ma siccome il problema si pone ora e non più tardi, questo è il mo– mento di affrontarlo, davanti ad una situazione che in– calza, che impone le scelte, davanti a un'opinione pub– blica che_ è funzione d'avanguardia orientare fin da oggi verso la formazione più adatta. PAOLO VITTORELLI 5 L'ONU E L'UNGHERIA Lfl,MISSIOI MIKOYfl~-SUS di FRANçOIS FEJTO "NELL' UNGHERIA kadar·izzata l'opinione pubblica è costretta a esprimersi in modo del tutto singolare. Il giornale Népszabadsàg, organo ufficiale di Kàdar, ha pubblicato nel numero del 12 luglio, col titolo « Ri– sposte a un dubbioso», un articolo che dimostra chia– ramente come il rapporto del comitato speciale dell'ONU sugli avvenimenti di Ungheria, uscito di recente a New York, preoccupi gli ungheresi. E questo nonostante il con– tenuto non sia stato reso noto altro· che in via indiretta, mediante gli attacchi di stampa diretti contro il rap– porto. Però esistono anche le stazioni radio occidentali, ascoltate da tutti. · Un lettore di Népszabadsàg - a quanto pare iscritto al Partito, ma « preoccupato della propaganda avversa– ria» - ha formulato al giornale, a proPosito del rap– porto, queste domande: 1) Poichè si dice di voler tenere informata la pubblica opinione, perchè non si fa uscire. in Ungheria una traduzione del rapporto dell'ONU? 2) Come mai gli articoli di Népszabadsàg, dove si accusa il comitato speciale di parzialità, non vengono mai firmati? Forse gli autori temono di rivelare la propria identità? 3) Perchè il governo lamenta il carattere unilaterale del rapporto dell'ONU, quando è sta.to proprio lui a impedire al comitato di completare la sua inchiesta in Ungheria? 4) Nello scorso dicembre si proibì ad Hammarskjoeld di venire a Budapest, col pretesto che la sua visita sarebbe stata una intromissione negli affari interni del paese. Og– gi ci si dichiara pronti a riceverlo. Bisogna credere che la sua visita, effettuata oggi, non sarebbe più un intervento negli affari interni ungheresi? Fatto assai indicativo: il giornale di Kàdar, invece di stendere il silenzio su tali domande, si tiene obbligato a rispondervi in tono garbato. Ma le spiegazioni fornite non denotano per questo meno imbarazzo. Infatti i due volumi litografati del rapporto del co– mitato speciale costituiscono, rionostante le lacune, un do– cumento storico di valore indiscutibile, che conferma - siamo lieti di constatarlo - le conclusioni a cui era– vamo pervenuti circa le cause dell'accaduto e le sue ca-– ratteristiche specifiche (1). Il rapporto, com'è il caso di notare, è opera dei delegati di Australia, 'ceylon, Dani– marca, Tunisia, Uruguay, che, nonostante le loro diverse idee politiche, sono giunti alla più completa unanimità di conclusioni, dopo aver ascoltato centoundici testimoni, tra i quali alcune personalità dirigenti dell'insurrezione. Il rapporto consente di comprender meglio l'evoluzione di Nagy e il ruolo giuocato da Jànos Kàdar. Ma ci inte– ressano qui, in primo luogo, le precisazioni forniteci su uno dei punti più oscuri dell'ottobre ungherese: la mis– sione di Mikoyan e di Suslov. E' ormai accertato che il Praesidium sovietico, colto di sorpresa dagli avvenimenti, inviò a Budapest sin dall'indomani del primo intervento sovietico, e cioè il 24 ottobre, le due personalità che erano più al corrente degli affari ungheresi. La loro missione non era soltanto informativa; poichè si trattava di aiuta– re i « compagni )) ungheresi a trovare una via d'uscita politica alla crisi. Mikoyan venne in rappresentanza della corrente « liberale» del Kremlino - di un Kremlino già fortemente diviso - mentre Suslov, che si accostò a Kru– sciov soltanto più tardi, rappresentava la tendenza « du– ra>). Non ci misero molto a rendersi conto del fatto che la direzione delle cose era già sfuggita del tutto a Ger0, a Hegediis e agli altri «capi»: rifugiati nella sede del Partito fortemente presieduta dalla polizia e dai carri sovietici, essi non avevano più alcuna influenza sul paese. A questo punto, Imre Nagy è già presidente del con– siglio, ma in pratica resta un prigioniero, confinato in un ufficio della sede del Partito e tenuto fuori dai contatti sovieto-ungheres1. Il 25 ottobre, per paura o per calcolo, i'AVO spara sulla folla disarmata riunitasi nella piazza del Parlamento per fraternizzare coi soldati russi e per chiedere di veder Nagy. Questo massacro - decisivo se– condo gli osservatori, poichè fece diverse centinaia di vit– time, per lo più donne e bambini - dà fuoco alle pol– veri. Quelli che all'inizio erano soltanto disordini si tra– sformano in insurrezione nazionale. Allora Mikoyan e Su– slov, fuori di sè, decidono di silurare Ger0, l'uomo di Mo– lotov, e di sostituirlo con Kàdar. Ma è tale la confusione (segue a pag. 6, 3.a col.) (1) Confronta soprattutto H nostro Ubro La tragedia un• gherese, ediz. Horay (ora tradotto per ie Edizioni Einaudi: Ungheria 1945-1957 - n.d.r.); t'« Introduzione aHa rivolta ungherese», in Temps Modernes, gennaio '57 (ora net votu– me uscito per Mondadori, clte si recensi.sce in questo stesso numero - 1ul.r.); i « Documenti suUe origini detta rivotu– ?iOne ungherese)>, in Lettres NouvelleS', giugno '57. Segna– timno nttresì l'uscita a Londra di un Libro Bianco: La Ri• voluzione ungherese, redatto impeccabilmente da Melvin J. Laski: (Juesto voLume, clie riunisce te principati testimo– nianze oculari .mUa ri.voita comptew benissimo il ra1)por– to dell'ONU.

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