Nuova Repubblica - anno V - n. 23 - 9 giugno 1957

( t 66) nuova rè11ubblicà' ·· La co,·ata (Oi.'f. di Dim> IJ,,.ychi) ( SETTE GIORNI NEL MONDO J ll MASSflCRO DIMELOUZA I L MASSACRO di 300 abitanti musulmani del villag– gio di Melouza, nella parte meÌ-idionale del dipar– timento di Algeri, ad opera di una banda del Eron– te della Liberazione Nazionale algerino (FLN), rion può non suscitare una condanna senza riserve, quali che siano le opinioni che si possano avere in merito alla guerra ci– vile in corso in Algeria. Si è trattato, infatti, di un·tipico atto di << genocidio », di uccisione in massa, che non può trovare__alcuna giustificazione nè alcuna attenuante, anche tenendo conto degli eccessi ai quali condùce una guerra di questo tipo. Frutto di una fredda premeditazione, esso è un puro ailo di barbarie. Un atto simile non sarebbe stato in alcun caso giusti– ficabile, neppure se fosse stato commesso contro il proprio avversario; ma lo è ancora meno, se è possibile esprimere questa astratta distinzione, nei confronti di una popola– zione anch'essa musulmana e quindi legata alla stessa causa per la quale il FLN algerino dichiara di combat– tere. Un intero villaggio non p\.lò essere giudicato reo di collaborazionismo e quindi passato collettivamente per le armi. Ancor meno giustificabile sarebbe un atto simile se, come è statexsostenuto da alcune parti, è stato commesso per liquidare e intimorire tutti i seguaci del movimento avverso, che fa capo al vecchio leader nazionalista algerino Messali Hadj. Il massacro di Melouza, che può essere derivato da una Qecisione di comandi locali del FLN, si proponeva evi– dentemente uno scopo politico, che può essere stato dupli– ce: ·quello di intimidire le popolazioni musulmane disposte a mantenere rapporti con le autorità francesi; e quello di liquidare le bande « messaliste », che godono della simpa– tia degli abitanti.della zona in cui è compreso il villaggio di Melouza. Il primo obiettivo non può certo essere raggiunto con quel mezzo. Se, in un primo momento, un'ondata di ter– rore potrebbe estendersi alle popolazioni musulmane del– ]'Algeria, subito dopo, invece, l'azione di repressione che compieranno le autorità francesi troverà maggiori solida– rietà presso queste stesse popolazioni. Diverso è il discorso per quello che riguarda le bande « messaliste ». Il gruppo nazionalista algerino che fa capo a Messali Hadj,. e che ha assunto, nel 1955, la denomina– zione di Movimento Nazionale Algerino (MNA), costituì, fino al 1954, la corrente di sinistra del movimento unita– rio che s'intitolava Movimento per il Trionfo delle Liber– tà Democratiche, reincarnazione del vecchio Partito del Popolo algerino, success0 esso stçsso al primo movimento nazionalista organizzato, il Movimento della Stella nord– africana, tutti quanti fondati e diretti fino al 1954 da Messali Hadj. La_base popolare di questi movimenti era essenzialmen– te in Francia, fra i lavoratori algerini emigrati nella me– tropoli, e ciò conferiva al << messalismo » il suo carattere di movimento nazionalista di sinistra. Solo in questo do– poguerra, il movimento ebbe serie ramificazioni in tutta l'Algeria. L'urto fra le tendenze si aggravò precisamente quando, con rorganizzazione capil_lare •del movimento in Algeria, cominciarono ~d arruolarsi an~he esponenti locali deJJa borghesia musulmana, i quali, nell'estate del 1954, qualche mese prima della rivolta, provocarono una scis– sione del MTLD. 11 movimento rivoluzionario vero e proprio si era tutta– via ricostituito, sulla base della vecchia organizzazione ri– voluzionaria messalista, dopo l'avvento al potere di Nasser, in Egitto, d_ov"~-tu creato un nuovo movimento, dal quale doveva sorgere poco dopo il FLN, con scopi meramente insurrezionali. A qlfesto movimento aderirono a 'poco a poco tutte le correnti della destra nazionalista algerina, anche quelle correnti che nel Passato avevano collabo– rato con la Francia, come il gruppo di Ferhat Abbas, non– chè la destra del vecchio MTLD e il. movimE!nto degli Ulama, ossia degl'insegnanti delle scuole coraniche. L'unico movimento nazionalista che rifiutò di aderire al FLN, pur finendo per partecipare con prqprie bande al– la guerra civile,' fu il movimento nazionalista di sinistra, il MNA, il cui leader, Messali Hadj, er'a ormai internato in Francia dal 1952. Pur rivendicando anch'esso, con mi– nore intransigenza del FLN, la totale indipendenza del– l'Algeria, il MNA ha infatti una visione più chiara dei problemi futuri dell'Algeria e mantiene una netta indi– pendenza dai Cairo. La sua liquidazione è quindi stata sin dal primo giorno uno degli obbiettivi fondamentali del FLN. Ciò nonostante, i quattro colloqui avuti l'anno scorso con i nazionalisti algerini da rappresentanti ufficiosi di Guy Mollet, fra cui il sen. Commin, che ebbe uno di tali incontri a Roma, il 2 settembre 1956, in occasione della sua mediazione fra i vari gruppi socialisti italiani, sono tutti avvenuti con rappresentanti del FLN, che ha oggi effettivam.ente, grazie all'appoggio esterno di cui gode, un maggior peso militare del MNA, e col quale non era necessariamente illogico trattare le condizioni di una tre– gua militare. Ma questa valorizzazione implicita del FLN, della qua– le l'episodio di Melouza dimostra i gravi pericoli, partiva dalla priorità che è stata finora data ai problemi militari rispetto a quelli politici. Non era certamente possibile at– tuare una politica di riforme perdurando la guerra civile. Ma si sarebbe certamente contribuito meglio ad affrettare. la tregua coi trattare in pari tempo il futuro statuto poli– tico dell'Algeria. · In tal caso, sarebbe apparso immediatamente in modo evidente che l'« interlocutore valido» non era il FLN o non era il solo FLN, che, grazie a questa sua valorizzazio– ne, ritiene di potersi difendere - o intimorire l'aVversa– rio, francese o musulmano - con azioni del tipo di quel– la di Melouza. L'avere dimostrato che un controllo del FLN su tutta l'Algeria introdurrebbe il regno del terrore non giustifica il mantenimento dell'attuale regime e con– ferma solamente che il conflitto algerino ha assunto un tale grado di asprezza che tutte le soluzioni ragionevoli di– ventano quasi impraticabili. Ma ciò non sopprime il problema di !ondo: che consi– ste nel consentire agli algerini, di nuovo in grado di ave– re i propri rappresentanti democratici, di decidere da sé della propria sorte. PAOLO VITTORELLI I LET'l'ERA ·DA BONN I' ()PERAZIONE VOLKSWAGEN di MARTIN FJSCHER L 'OPERAZIONE Volkswagen è un'altra delle brillan, ti iniziative escogitate dalla CDU per scardinare i rari controlli pubblici che ancora frenano l'econo– mia tedesca e ridare in mano al capitalismo privato tutte le leve della produzione. Annunciando, come sempre paf– futo e soddisfatto, al congresso di Amburgo dell'Unione democratico-cristiana, svoltosi nella metà di maggio, il proposito di consegnare all'iniziativa privata le grandi fabbriche di automobili di Wolfsburg, il ministro Erhard ha bandito il nuovo slogan nel cui segno la CDU combat– terà la prossima campagna elettorale: « Proprietà per tutti per mezzo delle azioni popolari ». Le Volksaktien sono dunqlle la grande scoperta di questa vigilia eletto– rale, la classica arma segreta per raggiungere il traguardo elettorale. E che si tratti di una pura manovra elettorali– stica è dimostrato dal fatto che non è seriamente pensa– bile di raccogliere i capitali e i finanziamenti di cui l'in– dustria tedesca continua, nonostante tutto, a lamentare la mancanza, con espedient~ di questo tipo, che hanno invece tutto il sapore di un nuovo tentativo per gettare polvere n~gli occhi e· fare contenti e nello stesso tempo gabbati gli ingenui che abboccano all'amo della socialità democristiana. Si tratta del resto di una iniziativa per– fettamente confor"me alla tradizione paternalistica degli industriali tedeschi, che troppo spesso si sono trovati di fronte una classe operaia facilmente addomesticabile con il riformismo ·spicciolo delle belle frasi e di qualche con– cessione più vistosa che sostanziale . .Non è certo a caso che formule come il Volkskapitalismus, il capitalismo po- · polare, divenuto ora di moda, siano nate in Germania, dove la grande industria si è sempre arricchita e impin– guata a spese di lavoratori disposti più ad ammirare la capacità dei dirigenti di depredare sistematicamente la . classe operaia, che a rispondere all'appello dei loro inte– ressi di classe. Lo si è visto anche in questo dopoguerra, allorché gli operai di Krupp manifestarono la loro soli:. darietà con il padrone in occasione del processo per cri-' mini di guerra intentato contro il magnate dell'industria pesante. Un altro esempio interessante potrebbe essere offerto da un bilancio della cosiddetta cogestione, la Mit– bestim1nung, che dimostrerebbe il cammino percorso tra le illusioni di cui si è nutrita da dieci anni a questa parte la classe operaia tedesca e la realtà odierna di una Ger– mania in balia di un padronato sempre più potente e pronto a ricattare i lavoratori e a spezzare la loro soli– darietà con ogni espediente. Ma per tornare al caso Votkswa'1•-m, sarà bene chia– rire anzitutto l'attuale situaz_ione giuridica dell'impresa. Non si tratta di una proprietà dello Stato, bensì di una, impresa facente parte in origine del patrimonio del vec– chio Arbeitsfron.t, il Fronte del 1avorp del regime nazista, che dopo l'occupazione alleata fu affidato al controllo de~ Land della Bassa Sassonia nel quale si trovano le o!Ticine di Wolfsburg, e del minisÌero federale de11e finanze, im– pregiudicata rimanendo la questione della proprietà. Per prima cosa, quindi, il governo di Bonn, per poter proce– dere alla privatizzazione, dovrà risolvere il problem& della proprietà delle officine, per procedere subito dopo alla loro liquidazione. A parte le difficoltà che potrebbe incontrare l'iter legislativo della statizzazione, che dovrà passare al Bundesrat per l'approvazione, altre _P?rti i~ causa minacciano di intervenire e di fare opposizione ai . propositi di Erhard. Infatti la proprietà delle officine è rivendicata in primo luogo dalla lega sindacale, dal 0GB, che ha ~reditato per disposiziorie delle autorità occupanti la maggior parte del patrimonio della vecchia organizza-. zione corporativa nazista, e che già in passato ha ripetu– tamente chiesto di entrare in possesso anche delle officine Volkswagen. Un'altra categoria di interessati alla que– stione sono i vecchi sottoscrittori del capitale delle offi– cine che hanno intentato un processo tuttora in corso per 'rivendicare i loro diritti sulla massa dei beni del Fronte del lavoro. Come si vede, una situazione com– plessa, che getta non pochi dÙbbi sulla realizzabilità del progetto Erhard in questo scorcio di legislatura eh~ volge ormai al termine. E proprio la fretta con la quale e stat~ varato questo progetto all'ultimo momento conferma 11 carattere elettoralistico dell'operazione. Escluso che questa risponda a delle esigenze di na– tura economica, per esempio alla necessità di autofma~– ziamento delle officine, la ragione dell'i~iziativa va n– cercata quindi unicamente in sede poli~ica. ~ su ~uesto terreno sarà combattuta infatti la partita. Smora il g<r– verno della Bassa Sassonia si è mantenuto cauto nei coi:i: f:n:mti del progetto Erhard, mentre contrarie. si sono g1a dh::hiarate la lega sindacale e, con maggiore incerte~~a; la socialdemocrazia. E' facile scoprire gli aspetti pol1t1c~ di tutta questa manovra, se si pensa che si è sta_bilito d1 privatizzare proprio quella fra le. i~~rese_ pubbh?he che marcia a ritmo più veloce e con 1 ptu alti profitti. Il ca– pitale privato che nulla ha fatto per rimetter~ in sesto·· le fabbriche del VoJkswagen. si" vedrebbe larg1ta. adesso in grazioso dono un'impresa di prim'ordine, che da lavoro (seg1..te a pag. 6, 3.a col J

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