Nuova Repubblica - anno IV - n. 47 - 18 novembre 1956

CIVILTA' OCCIDENTALE A PORTO SAIO - Cioccolato, sigarette? (Dis. di Dino Bos~hi) SETTE GIORNI NEL MONDO J EUROPEISMO MENOATLANTISMO I ' ON. Saragat h"a pubblicato alcuni articoli notevoli _,J ,sulla questione polacca e sulla _ques~ione ~ng~e– rese, specialmente quando ha rivendicato 1 prin– cipi che ,stanno· a fondamento del socialismo democratico contro quelli che animano un socialismo che tale non è. Meno .notevoli, però, sono le conseguenze che egli ha cominciato a trarne, in un'altra serie di articoli, dedicati alla politica estera che conviene seguire dopo le crisi polacca e ungherese, i quali .sembrano derive.re logica– mente dai primi. « Quando· si assiste allo spettacolo dell'invasione selvaggia di una nazione .come l'Ungheria da parte di una potenza egemonica, unicamente perchè il popolo unghere•se ha voluto essere libero - egli affer– ma in un articolo su Europeismo e atlantismo - allora si Sente più che mai il dovere di consolidare il sistema che sottra.rrà le Nazioni dell'Occidente al terribile de– stino cLi1sono ancora sottoposti gli Stati satelliti ». Egli aggiunge poi: « Ciò che avviene :oggi diventerà impo&– sibile domani se tutto l'Occidente sarà talmente forte ed ·unito· da· poter far accettare alla. Russia le cohdizioni d1 una vera distensione internazionale »r La tesi dell'on Saragat è certamente la .priffia' che viene alla mente di fronte alla grande tragedia ungherese. S; tratta però di vedere se essa sia la più g"iusta· é ··Ja più conveniente per raggiungere io scopo che anche l'on. Sarag·at si propone, quello dellà distensione, di una distensi9ne che, per sussistere, non sia _costretta a pla– care il d"esiderio sovietico Qi sicurezza· c·on · la rinuncia all'indipendenza di una nazione dopo l'altra. Distensione nella libertà. D'accordo. Ma come? Rendendo più unitario e più forte il ,blocco occiden– tale, rispÒr,de il leade1· socialdemocratico. Qui non Siamo più" d'accordo. Gli Stati Uniti non sono l'Unione Savie• t1ca. Non hanno mai, nei tempi recenti. agito come l'URSS in Ungheria: A Cuba, nel 1894, agirono quasi nzlÌo ste:;so modo Ma è acqua passata. Nel Guatemala, i loro intrig•l").1sono serviti, in tempi più vicini, a far cad.ere un governo democratico che voleva rendersi in– dipendente .dalla politica dei grandi trusts americani per sostìtu0:lb ·con un governo· ad essi ligio. Ma, si può osservaré,, -in --Euròpa ciò ·non è accaduto. ··Fare-·u;na,politica ·atlantica più u·nitaria significa pas– sar.e la st)Ugfla: su questè cose solo perchè non sono ancora àcq_3tiute· ,in questa ·forma in Europa; significa . accettare.,S.eÌ1za;)"fh1tàre 1'i."nditizzo della-potenza più forte di quest~:· blocco.' •·A:1\rimenti 'non hà senso parlare di politica più ·unitaria: L'on. Sàragat sa bene che non esistono iìitr-e: ,alternative se rÌon questa: o accettare negli incontri con gl.i Stati Uniti il punto di vista ame– ricano, o esprimere riserve e assumere un atteggiamento inc;iipendente dagli Stati Uniti, sulla cui posizione con– vergono· tutte-· le -altre -nazioni oc"Cidentali. <:::hi è d'ac– cordo con gli Stati Uniti è unitario, chi non lo è o tace o di~enta. << ç1nti-µnitario >>. --A questo punto, ci sentiamo obbiettare che la via della politica autonoma ,da queUa americana non è sem– pre la buon.a: Francia' e' 1ngh.i1tef~a· han·n·o Sbagliato, quan90 hary.~,o agito i.nQip.endentement~ dagli Stati Uniti nella qué~tidne di Suez e nell'attacco contro l'Egitto. D'8.ccordo. Ma perchè Francia e Inghilterra hanno agito per cpnto loro contro l'Egitto,' senzà ascolfare i ~onsigli ani.er( can,i} ,.P~~chè la diplom~zia ;americana, anche quan– do_;per .caso· iofila la strada giy.Jta, lo fa perchè quella stt~ada corrisponde agli interessi americani di potenza pr_1ma che a quelli collettivi del blocco occidentale. ~ N~:1 CjSO dL,Suez, gli Stati lJ)JiU, .non avevano grçssi interessi in gioco, come la Gran Bretagna, la Francia (e l'Italia), e quindi hanno preferito mostrare buon viso a Nasser, per procacciarsi - come Stati Uniti, non come Occidente - le simpatie del mondo arabo, peri– colosamente sedotto dall'URSS, anzichè stare in secondo piano e appoggiare, entro i limiti di ~na politica di pace, la difesa degl'interessi degli utenti del Canale di Suez contro le mire egemoniche del dittatore egiziano. Gli Stati Uniti avrebbero potuto, con la ·1oro presenza e con la loro tradizione ideale anticolonialista, ricordare costantemente alle nazioni europee che l'era del colo- ~ nialismo è fiQi~a e che a nessuna nazione democratica 'è lecito violaf~a sovranità di un'altra nazione. Essi hann~ invece preferito ordire una serie d'intri– ghi al Cairo, facendo fallire ognuno dei passi occidentali, nella speranza che le figuraccie anglo-francesi nel Me– dio Oriente avrebbero aperto la strada all'influenza ame– •ricana. Il risultato non è stato brillante: essi hanno ·aperto la strada all'influenza s0vietica e hanno creato nella Francia e nell'Inghilterra la persuasione che solo un'azione di forza, indipendente dall'alleanza occidentale, poteva consentire loro di salvaguardare i loro di1:itti. L'indipe.ndenza che la Francia e 1'Ipghi1terra si sono 'così riconqmstaté è stata certamente male utilizzata; è pure possibile che l'Ungheria, una volta ridiventata ·in– ·dipendente, dess_e il potere a~ cardinale Mindszenty. Ma non v'è nessun democratico che negherebbe a qualche nazione il diritto alla libertà e all'indipendenza solo perché potrebbe farne un cattivo uso. Il colonialismo prende le mosse proprio da questa negazione. ~- La Polonia non ha rivendicato la sua indipendenza e t1a sua uguaglianza, l'Ungheria non ha fatto .una. rivolu– .zione contro i padroni sovietici perchè invidiavano ai paesi dell'Europa occidentale la loro compattezza attorno all'America, la forza che ne traevano. Esse invidiavano ai paesi dell'Europa occidentale la loro libertà, il loro regime democratico, la · possibilità di cambiare senza ' spargimento di sangue i capi che hanno sbagliato, di fare anche male, come la Francia e l'Inghilterra, contro il parere dell'America, senza rischiare l'annientamento del proprio paese ad opera dei carri armati e degli ae– rei americani. N ON si tratta, dunque, dopo la mirabile pagina eh.e l'Ungheria ha scntto nella storia della libertà, di rafforzare in occidente ciò contro cui l'Ungheria è in– sorta a Oriente,· ossia la mancanza d'indipendenza nazio– nale, bensì ciò che i'ha indotta a ribellarsi. , L'insegnamento da trarre dai fatti d'Ungheria, per quello eh~ riguarda la nostra politica estera, è dunqu~ di conquistare più indipendenza, sia pure nel blocco di cui facciamo già parte, non di rinunciare ancor più aU'indipendenza degli statì europzi · per realizzare una m.aggiore unità atiantic"a. In questo senso, ogni progresso dell'europeismo - che vuole dire indipendenza dei sin– goli stati europei da ogni stato guida attraverso la loro ·unità - si consegue a scapito dell'atlantismo. Quanto più gli stati europei tr.ovano una propria unità politica, , tanto più essi si rendono indipendenti dalla politica atlantica e tanto più contribuiscono a spezzare quella . dialettica da guerra fredda che contrappone l'atlantismo al c~munismo. Perciò, bisogna dire, non già « europei– smo più atlantismo egliale pace », come afferma l'on. Sa– . ra~·at, ben.sì .~< europeis~o meno atlantismo eguale pace_>>. PAOLO VITTORELLI 5 LETTERA DA PAHIGI di Cl V SEPPE ANDRICH L • EMEUTE GRONDE ». E' una vecchia frase (( " francese che suona bene all'orecchio. In real- . tà l'« émeute a grondé » e ha fatto molti danni e molte teste rotte Chi ha assistito, com'è capitato casual– mente al sottoscritto, all'assalto contro la sede centrale del partito comunista, ha qualche dubbio sulle cifre uffi– ciali: due morti, u_n centinaio di feriti! Soltanto? Eppure la battaglia è stata di un açcanimento inaudito, e s'è ri– petuta, a non molta distanza, alla sede del quotidiano co– munista L'Humanité e del quotidiano progressista Lìbé– ration, sui grandi Boulevards. Le strade erano zeppe' di polizia in un diametro di mezzo chilometro almeno attorno alle sue sedi attaccate; la polizia non si è mossa. Essa s'è limitata a sbarrare il passaggio più tardi, quando dai sobborghi della metra.. poli. hanno cominciato ad arrivare i rinforzi operai chia– mati dai comunisti. L'Ungheria era l'occasione. Ma chi ha veduto, 22 anni fa, i moti fascisti del 6 febbraio 1934, ha ricono– sciutò gli stessi elementi; dirò, per essere più preciso, i figli degli stessi elementi. I dirigenti erano proprio a·n– cora gli stessi, sia purè diradati dagli ·anni. Erano gli uo.:. mini che trionfarono, nel giugno 1940, all'arrivo delle armate hitler iaI).e. e che la Resistenza, sovente cieca- mente feroce, lasciò in pace più tardi. · Il governo di Guy Mollet pare abbia sentito qualche rumore, ma dopo. Il presidente del Consiglio ha sconfes– sato « certi eccessi >>.Ma non pare si sia reso ancòra conto che, vinti i comunisti, verrà Ja sua volta, come verrebbe anche quella. del democristiano Bidault, che oggi fa il fomentatore d'odio, ma a cui . i vincitori eve'n– tuali •di domani ricorderebbero di essere stato il cap~, sia pure nominale, della Resistenza. In realtà, qu~sta povera Francia non dipende pi4, per sua fortuna e per sua disgrazia, da quel governo ·socialista che le elezioni del 2 gennaio avevano faticosa– mente issato al potere. Per fortuna, perché si spera che gli avvenimenti saranno più forti del governo e lo obbli– gheranno a piegarsi alla realtà; per disgrazia, perché è stato un vero crimine condurre a una tale catastrofe un partito come la S.F.1.O., che pure aveva tanti titoli di benemerenza. La S.F.1.O. sarà domani accusata di avere favorito, per non dfre spalleggiato, questi movimenti fascisti; e la destra, oggi nascosta dietro la bandiera ... ungherese, non ,avrà a sua volta pietà di lei. Le disfatte diplomatiche, che si ~eguono l'una all'al– tra, e l'aggravarsi della situazione in tutta• l'Africa del Nord e nel Medio Oriente, spingono forse il governo a questa politica di pazzia e di disperazione, di cui i moti di questi ultimi giorni sono stati una conseguenza. Il g"overno inglese s'è « sgonfiato >>.Molfet e Pineau vorrebbei'o ancora tener duro. La Francia non ha avuto che il suo voto all'ONU contro l'unanimità degli altri membri. Il (< cessate il fuoco» in Egitto è avvenuto con- · tro la voiontà francese. La preparazione della spedi– zione contro l'Egitto, durata tre mesi, ha dimostrato ]a assoluta incapacità dei suoi dirigenti. Inoltre l'opiniol1.e pubblica è tenuta all'oscuro di tutto. L'Ungheria domina ogni cosa, ma 1 primi a infischjarsene sono proprio gli autori e gli esecutori delle violenze di questi giorni, che se ne servono solo come d'un pretesto . · Escono adesso le prime fotografie di Porto Said bom– bard~ta e conquistata; troppo facile è metterle accanto a quelie dei tumulti di Budapest .. Contro la repressione russa a Budapest si potrebb'e gridare con ragione, ma con le mani pulite. L'Algeria è ridotta a qualche angolino secondario dei giornali; che cosa sono 10 o io morti al giorno di fronte alle prospettive che gli ultimi avvenimenti hanno fatto intravedere? , Mendès-France ha parlato con serietà e dignità. Egli ha deplorato 11 « carattere irriflessivo e imprevidente» franco-britannico. I comunisti si sono lasciati vincere dal rancore·, e il vecchio deputato Rainette s'è fatto sospen– dere per 15 gior_ni dalle sedute dell'Assemblea Nazionale per aver gridato, in un istante di furore, « viva Maillot >>, un sottotenente disertore che s'era unito ai ribelli al– gerini. Ma già in Oriente le forze dell'ONU stanno per rim– piazzare le forze anglo-francesi, e anche i più ingenui si domandano: ma che cosa ha rag.giunto, che cosa voleva il governo francese? Nasser è tuttora in piedi. La «rivolta>> algerina con– tinua. Per pietà, i giornali non parlano più del Marocco e della Tunisia La situazione è peggiorata di dieci volte dopo « il bel colpo» dell'aeroplano d'Algeri ·e l'intervento in Egitto, tutto è più minaccioso di prima. E c'è questa impressione, in certi ambienti: che ·più la situazi0ne si 'ra drammatica e difficile, più il governo cerchi aggravarla, per una specie di sJato d'animo cata– strofic_o: pèra Sansone e tutti i filistei. I più sereni ricor– dano invece un personaggio dei racconti infantili della contessa di Ségur: Gribouille. Gribouille, che per ripa– rarsi dalla pioggia, si tuffò in un fiume.

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