Nuova Repubblica - anno IV - n. 28 - 8 luglio 1956

6 (118) nuova repubblica SCUOLA ETERNA CENERENTOLA ILCONTAGOCCE DELLO STATO interessati gli enti di riforma, si è facilitato il credito; si è alleggerito, per i comuni, il peso degli interessi sui mutui: non si è fatto l'essenziale e quasi direi l'unica cosa che. si doveva fare: sostituire al sistema delle agevo– lazioni di credito l'intervento finanziario e diretto dello Stato. L'atto più notevole di questi anni è stata la legge. Martino (la 649 dell'agosto '54), la quale ha già dato qualche· modesto frutto. E' una legge che sostituisce il contributo annuo di 800 milioni della legge Tupini con un miliardo e mezzo di contributi trentacinquennali ai comuni per la costruzione, il restauro, il riadattamento e l'arredamento degli edifici scolastici; è una legge che dà le garanzie dello Stato agli enti concessori di mutui e l'autorizzazione ad accendere nuovi debiti ai comuni de– ficitari e quindi con i loro futuri redditi fortemente ipotecati. Per l'edilizia scolastica i contributi dello Stato ai comuni sono stati così inferiori alle necessità che in questo triennio la carenza deJle aule è passata da 63.848 nel '52 a 69.090 nel '55; e si è giunti all'assurdo di comuni che non hanno i mezzi per valersi di un contributo statale già concesso. A che vale infatti offrire frigoriferi e lavatrici elettriche a chi non ha carne da cuocere e biancheria da cambiare? di ALBERTO L 'UFFICIO STAMPA del ministero della pubblica istruzione ha pubblicato in questi giorni i dati - çli una diligente e dettagliata rilevazione stati– stica sulle condizioni dell'edilizia scolastica in Italia. Da questa miniera di cifre si rilevano, soprattutto, i dati della consistenza patrimoniale e d'uso degli immobili co– struiti, adattati o comunque usati per uso scolastico, il fabbis_ogno di aule in ogni provincia, e i ·progressi asso– luti (ma regressi relativi!) rispetto ad un'analoga in– chiesta svolta tre anni prima, dagli stessi uffici, alla data cioè del Lo gennaio HJ52. Il ministro pone alla rilevazione statistica, come d'uso, la sua prefazione, molto breve e molto esplicita e in un certo senso coraggiosa, nella quale riconosce che i dati raccolti sono tali da alimentare un'appassionata polemica, derivante dall'amara considerazione che, malgrado studi, impegni, -leggi, finanziamenti, «provvidenze», ecc. oggi mancano alla scuola italiana più aule di quelle che man– càvano alla data della prima rilevazione. Consideriamo la scuola di base, quella elementare, il cui fabbisogno edilizio è stato calcolato sia al Lo gen– naio 1952, sia al Lo gennaio 1955, in base ai posti di ruolo: numero di aule= numero di insegnanti e, quindi nel modo più ottimistico: senza cioè considerare che troppe scuole, in molti ,abitati d'Italia, cessano con la terza o quarta classe. Dalla relazione a suo tempo pubblicata sul fabbiso– gno di aule al I.o gennaio 1952 si rilev~va una carenza di 63.848 aule, pari al 40,G~ dell'indispensabile. Dalla nuova rilevazione risnlta che la c,nenza al I.o gen– naio 1955 era di 69.0!JO aule, pari al 41,9% del necessario. Che cosa è avvenuto nel triennio? E' avvenuto che si sono istituite, ed era il lT\eno che si potesse fare, 7227 nuove classi; così le 8808. aule nuove non sono sta.te suf– ficienti a- mantenere la percentuale di carenza precedente, anche perchè a un, più attento esame molte aule dichia– rate la prima volta usabili si sono rivelate le catapecchie che in re.altà erano. I quadri statistici della pubblicazione ministèriale sono preziosi anclìe per le loro indicazioni regionali ·e meri– terebbe addentrarsi in nno studio comparativo sulle ·con– dizioni di miseria e di disoccupazione in relazione alle condizioni dell' edili~ia scolastica che sono, .in definitiva, le condizioni della scuola e della cultura popolare in Italia. Le percentuali di carenza più basse si riscontrano nelle province di Cremona (4,4%), di Varese (7,3%), di Como (7,6%), di Milano (8,1%), cli Vercelli (10,5%), e di altre venti province, tutte .al di sotto del 20%. Fra il 20 e il 30% .troviamo diciassette province, ed altrettante poste fra il 30 e il 40%. Poi quindici fra il 40 e il 50%, undici fra il 50 e il GO%, tredici fra il 60 e il 70%, fino a giun– gere ai casi piL1gravi cli Salerno (70,7%), Avellino (71,7%), · Cata,nzaro (73,3%), Rieti (73,7%), Benevento (73,9%), Reggio Calabria (79,6%), Cosenza (80%) ! Il fabbisogno cli aule per la scuola elementare, senza tener conto della necessità di un ulteriore aumento di classi, è accresciuto ne H'ltalia settentrionale (dal 22 % al 24,2%) e in quella meridionale (dal 59,4% al 63,6%) ed è diminurto nell'Italia centrale (dal 46,2% al 43,5%) e in quella insulare (dal 58,3% al 55,8%). Né cifre più confortanti leggiamo passando ad esami– nare i dati statistici relativi ··alla scuola secondaria, la quale, come si sa, comprende anche l'istruzione che lo Stato dovrebbe assicurare a tutti, almeno fino al quat– tordicesimo anno di età. La percentuale di fabbisogno di aule per la scuola media è passata dal 29,1 % del 1952 al 34,6% del 1955. Nel ramo industriale si è passati ,.da una carenza del 37,8% a quella del 45,1 %, e nel ramo agrario si ha no– tizia del caso limite: il numero delle aule che ad esso erano destinate nel 1952 è diminuito nel triennio di ben 29 unità, così che il fabbisogno è passato dal 27,3 % al 38,1 % ! A qual fine si fanno le inchieste e si pubblicano co– stose relazioni in Italia, se poi dai dati e dai giudizi rac– colti non si trae ammaestramento per correggere errori o intraprendere vie nuove? Nella prima e coraggiosa rilevazione delle condizioni dell'edilizia scolastica alla data del l.o ge~naio 1952 si .leggevano parole sagge, che indicavano come Ìnadeguati i metodi ·seguiti nel passato e si facevàno raccomanda– zioni nuove: « i tentativi compiuti nel corso di quasi un ALBERTONI secolo per risolvere· il problema con la procedura delle agevolazioni di credito hanno, nei confronti delle loca– lità più povere, fatto fallimento; l'intervento diretto dello Stato nei confronti delle località disagiate si manifesta inevitabile e non procrastinabile ... ». Ma quale conto si è fatto di questa amara constatazione e di' altre ed anche dei consigli che molti uomini della scuola e funzionari del ministero, e parlamentari autorevoli, primo fra essi Umbe1·to Zanotti Bianco, dettero nelle polemiche di quei giorni? In quale conto si è tenuto un meditato progetto, in verità più modesto del necessario, presentato al ministro della PI fino dal 1952 dalla III Sezione del Consiglio Su– periore? Si proponeva., allora, una graduazione dei co– muni secondo un indice da 1 a 100, a formare il quale doveva concorrere a) per 50 punti la povertà ·della popo– lazione, b) per 30 punti la percentuale di analfabetismo,· c) per 20 punti il rapporto fra la popolazione e il· nu– mero delle aule scolastiche idonee. Si proponeva poi per la categoria a) (n. i~dice da 100 a '70) la sovvenzione to– tale dello Stato senza rimborso, per la categoria b) (n. in– dice da 69,99 a 50) la sovvenzione totale dello Stato per rimborso del 25% della spesa in cinquanta rate annuali senza interessi, per la categoria c) (n. indice da 49,99 ad inferiore) la sovvenzione totale dello Stato e il rim– borso del 50% della spesa in cinquanta rate annuali senza interessi. Per il finanziamento si proponeva un piano polien– nale, non superiore .ai dieci" anni, con uno stanziamento complessivo di 200 miliardi. Ma, naturalmente, non trat– tandosi di finanziare imprese a vantaggio di gruppi ma della povera gente, il progetto del Consiglio Superiore non ~~l.~nse mai nemmeno ment~rf. all'orecchio dei nostri parla; Si' sono successivamente dettate nuove norme tecniche, sono state accelerate (ma non troppo) le procedure, si è aumentata la competenza delle autorità scolastiche, si è fatta una programmazione annuale con criteri di pre– cedenza secondo il bisogno per i nuovi edifici, si sono Ma a che cosa vale facilitare il credito a chi è dis– sestato? A che vale offrire alle migliori condizi~ni di pa– gamento frigoriferi e lavatrici elettriche a chi non ha carne da cuocere e biancheria da cambiare? E' inutile nascondersi la realtà che ognuno conosce: la quasi tota– lità dei comuni non .può e non potrà mai provvedere alla costruzione dei locali scolastici. Forse solo una parte di essi potrebbe mantenere l'equilibrio fra-popolazione sco– lastica ed aule, se l'equilibrio vi fosse: nulla più. SI SPENDONO dieci miliardi ,l'anno per l'amministra- zione fiduciaria della Somalia, diecine di miliardi per il teatro e il cinema, diecine di miliardi per costruire le piscine nei luoghi di mare ( !) o per incoraggiare la co– struzione degli alberghi, si sperperano miliardi per man– tenere ammassi e consorzi... Per l'edilizia scolastica si usa il contagocce e si giunge all'assurdo dei comuni i quali, ottenuta l'ammissione al contributo statale, non ne hanno usufruito. Uno specchietto statistico della rela– zione citata ci informa infatti che ben 31 miliardi di contributi, stanziatì in base alla legge Tupini, non sono stati utilizzati. Le regioni più arretrate. ne hanno usu– fruito meno: Trentino, Piemonte, Lombardia, ecc., meno povere, li hanno utilizzati fra il 56 e il 70%; Campania, Sicilia, Puglie, Lazio, Basilicata, Calabria, li hanno utiliz– zati in una misura che .va dal 32 al 15% ! Sarà tutta incuria dei sindaci e dei provveditori agli studi? Oppure sarà il sqlito caso di chi, ricevuto un dono di generi alimentari, non ha il combustibile per cuocerli? State certi che fra altri tre anni, leggendo le cifre di una terza rilevazione, si canterà vittoria per una ridu– zione di carenza di aule di due o tre punti, buon auspicio per confidare che dopo il duemila, se non vi saranno guerre e se si continuerà a non rispettare l'obbligo costi– tuzionale dell'istruzione obbligatoria fino al quattordi– cesimo anno, avremo raggiunto il sospirato equilibrio. Lette e meditate le cifre, lo sconforto dei lettori sarà mitigato solo se ricorderanno che in questi giorni, discu– tendosi alla Camera il bilancio militare, il ministro Ta– viani ha dato precise assicurazioni ai deputati del .sem– pre fiorente rettoricume patriottardo: « l'esercito e la flotta saranno ulteriormente potenziati ». UP J~iEI CON~SIGLI COMUN-ALI Diamo un secondo elenco di- consiglieri UP usciti dal· le elezioni del 27 maggio. ANCONA Gastelfidardo Guido Ottavianelli Serra S. -Quirico Giulio Grai;s1 Goffredo Lucarini BRINDISI Giuseppe Patrono S. Vito dei Normanni Giuseppe Brandi LA SPEZIA Cesare Godano PADOVA - Francesco Feltrin PIACENZA Amsioora Cherchi Gian Paolo Parenti REGGIO EMILIA Walter Mazzoli Rolo Carlo Bellesia ROMA Federico Comandini Luigi Piccinato SIENA Mario Delle Piane SONDRIO Alfredo Tavolaro Eugenio Pedrazzoli TORINO Ivrea Tancredi Aluffi Renato Chabod Pomaretto Enrico Palma Càrlo Travers ,TRAPANI Erice Antonino De Stefano TRIESTE Bruno Pinchcrle UDINE Gervignano Giuseppe Quargnali Mario Ciolli Pordenone Alfino Toscano Remanzacco Emilio Bernardinis S. Vito Sante Ciani :VARESE Franco Modesti Somma Lombardo Rodolfo Vanelli Giacomo Zocco Ramazzo :VENEZIA Diego Valeri Agostino Zanon Dal Bo :VERONA S. Bonifacio Silvano Zago :VICENZA Guerrino Bressan Fernando Bandini NEI CONSIGLI PROVINCIALI AREZZO Nedo Mori COMO Bruno Amoletti GROSSETO Francesco Chioccon MANTOVA Bozzolo Giuseppe Cattabiani MODENA Giorgio Fornieri RAVENNA Lugo Vito Baroncini REGGIO EMILIA Aldino Codeluppi VARESE Rodolfo Vanelli

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