Nuova Repubblica - anno III - n. 38 - 27 novembre 1955

4 POPOLO .E CULTURA C<tro Codignofo, ,IVREA, novemb-re r co1ne :=.ai, nell'1-1prile sco1·so, ho commesso la solenne irnprnden,,a di presen!.0:"e al co~grèsso di ;Bari clell'Uniéihe ~ Haliana della (;ultura Pppolar.e una mia relazione -sull'edu– ca,,ione dei la,·oratorCsenla rÒnside;.a,·~ che, in ·itati~; la educazion~ in gene,,e èe111afeH'a •4i ;fede' e! cli. for.:naziòne di fod,•li. Me ne sono accorto poi, sotto gli attacchi da sini– stra e da destra; e non ne farei ·p~1·ola, se non fosse che gli allacchi presentano alcune caratteristiche comuni. Pri– ma tra le quali l>t distorsione dei fatti. Pr<'~dia,no, come ~sen1pio com'mendevole, la recen ione del n,lnme degli Atti fatta dal signor Enzo Sapta,·elli s,1 Jl contempornneo del 2~ settembre:- P,·edorriina il tono suf– ficiente verso i bo,·ghesucci che, senza iniziazioni parlico– bni, si interessano dei la,·oratori. Noto, tra l'altro, che tra i borghesucci sl,wa Cacérès, ex-oi)eràio, e presidente di un movimento, Peuple et Culture, di èhiara ispirnzione co- 111unista al111eno sino il 1!)47.· La niia relazione - acco– munata a qnella di Lt1ciano Cocligncila, senza. avvertite dèlla distinzione e anzi· sotto l'indicazione. cl,i una mia apµartenensa al Centro Culturale Olivetti crfe" non· è mai é~islita - viene presentata corne'.un tentativo di « capt.ue le ene,·gie intellettuali. ~!egli operaiie dei contadini, sempli– cemente per farne dei, cittadiÌÌÌ·'e' dei produttori modello, cl,e nello Stato e nella società· c'apitalistica si comportino come jngranaggi e pe.zzi ben Jub1·ificati di una n1acchina ». 'l'i rnando una copia della reÌazione, doYe potrai tro– val'e passi di questo tenore: .: Il problema è su questi ter– n,ini: partecipazione della massa popolare, su tern1ini suoi e non su termini adottali, al processo di formazione élèlla cultnrn come espressione sintetica di una società». Anco,·a: « Troppo spesso l'aggettivo popolare apposto alfa parola culturnle ,-iene interpretato nel senso di disfribu– zione cloYerosa per il cittadino munito di patente di cul– tura di un tantino delle sue cognizioni al cittadino sprov– veduto>. Pe,· essere piè1 chiaro aggi,mgevo che: « Soltanto allraverso l'indisc,·iininat~, 01-g'anica partecipazione di tutti - attra,·erso una èulhirn che sia effettiva ed originale espressione di tutti:- è possibile st1perare questo stadio, che è ancora e comunque quello della cultura come stru– mento cli potere, giustifìcazjone ideologica del potere e FALLIMENTI ~lMMAESTRATI L"4 'E' UN ASPETTO della crnnaca sociale italiana di '9 oggi che semb.ra ~uscitare poco interesse prèsso le grosse centrali sindacali (forse perché si riferisce a. piccoli nnclei di lavorato,·i) : ed è la s.totia dei fallimenti, delle lunghe c,·isi, della fine di tante piccole industrie. ]I pomeriggio ciel 28 maggio ultirno scorso gli operai di 11na piccola fabbrica di Pontedera, la trafileria. Puc. cioni, licenziati dalla direzione « per gravi motivi eco– no111ico-linanzia1·i > occuparono la fabbrica: 50 operai, uo– mine e donne, iniziavano così la disperata difesa del lol'O poeto di lavoro. A Perugia, nel giugno, le maestrnnze di una piccola fabbrica di maiolica, I' Ars Deruda, occnpa– vano la fabbrica per scongiurarne la chiusura: Erano 130 ope;·ai. In provincia di ·Bari tre gio!·ni dopq, la fonderia « Vincenzo Bianco> dichiarava· fallimento e gettava. alla farne 72 operai; nel luglio il mobilificio Chiarugi di Pon– sacco chiudeva, licenziando un centinaio di operai. E così vetrerie (oggi Ja CESA di Empoli, ieri Ja vetreria -'fad– clt'i), officine meccaniche, fabbriche di detersivi, fonderie di alluminio, biscottifici, pastifici, molini (di questi se ne YOgliono chiuclern 7000 per presunte inadempienze tec– niche); ogni giorno chiude una .fabbrica! E sempre sulle piccole aziende desolate, sugli operai che bivaccano aécanto a.Ile macchine, si stende l'ombra cli un grosso monopolio. Ila chiuso il molino di una ditta lucchese, « LAz1,ero11ie Lazzernschi :>, pnr fornendo lauti profitti ai pAdrnni, pm essendo modernissimo e perciò non costretto alla chiusura per ragioni tecniche: 30 operai sono stati gettali sul lastrico m·entri i padroni, risarciti da una « tassa assorbirnento impianti>, appositamente costituita per invogliare i pesci più piccoli a togliersi di mezzo, hanno polnto dedicarsi ad altra attività. 1\,tti rico1·dano la vicenda della piccola fonderia fio– rentina delle Cure. Jntervenendo nella polemica accesa dai provvedirnenti ciel sindaco La Pira, il direttore deila « è-fazione :>, Alfio Russo, scriveva: « La possibilità che una imprcsn fallisca o si trovi comunque in crisi, non è dal punto di vista giuridico una condizione di emergenza., al coutn,rio /11 parte dell'economia di mercato». E' in que– sta prnspettiva che s'inserisce la storia di tante piccole industrie; e quella umana, spesso ignorata, di centinaia cli lavorato,·i gettati ogni giorni alla fame. La storia della trafileria Puccioni è esemplare: tren– t'anni e più di attività, ottimi guadagni, una produzione costante e sicura con forte richiesta sul mercato nazionale ed esportazione all'estero, maestranze tecnicamente ben p1·eparale e «affezionate» all'azienda e al vecchio pa– drone. l\Ia viene il momento di sacrificare la fabbrica e g1i operni alle superiori esigenze del profitto e « dell'eco– n6n1ia di mercato>, e la fabbrica si chiude. Altre trafile- delle classi politiche et! economiche dominanti ». E p1·e: cjs~vo: « La cultL11'a_popolare è romunqne contro_ quest,i, cultlll'a cli élites per il mantenimento di éliles e non po– tri, affermarsi che contrn cli essa e contrn le st mttme sociali che li p1·ovocaho e se ne ser;ono·»: Cos'a c'e 'ntri.no .i pezzi ·ben lnqrificfti, non capisco. , "' . . l\Ia, dice il. buon Santa rei li,·«. i tratta _cli-espedi.enti organizzativi e didattici che non riescono ad innestarsi organicamente in un determinato ambiente sociale e na- , zionale e a colti,·are le Yère e p1·ofonde istanze di libe– razi.one ». Cioè si ti:attereboe. di a.tti~ità puramenJe dopò.-, la,·oristiche, relegate al tempo libero, preoccnpate' di non intel'fei-ire con il resto della giornata, dedicato alla santa attivitiL ciel laYoro. 1n realtà dicevo: « Non è possibile parlare di eclnca– zione popolare e dimenticare le condizioni obiettive della vita del lavoratore; non possiamo cioè dimenticare ciò che caratterizza la figura del lavorntore: le sue condizioni cli lavoro, il suo essere imme,·so in un processo produtti– vistico». E, più avanti: « Si è cioè impegnati a credere ad una missione sto1foa della massa popolare, come ca– paciti, potenziale di sviluppare una cultura nuova e cioè ~t,ovi ,·apporti sqci;li, non essendo possibile l'.una senza gli altri». Missione storica. dnlle 18 alle 20, come scuola sel'81e? « Non possiamo continuare ad attendere il lavora– tore all'uscita della fabbrica ... · if, cultura non ha orario, non è uno svago ricl'eativo ». E ancora: « Non possiamo chiedere ad un lavoratore cli svegliare la propria mente durante le ore libere, di tentare una p1·opria espressione culturale genuina, se poi, dmanle la maggior parte della sua giornata - cioè della sua vita. - le condizioni di lavoro ... gli impongono di non pensare, non partecipare, non agire ... Bisogna rendersi conto che se il lavoro è tale da soffocare o condizionare la Jibem espressione indivi– duale, non si potrà chiedere che questa venga tenuta in serbo sino alla sirena di fine lavoro. Questo dualismo ... incide sulla psicologia individuale, aumenta i complessi sociali, e finisce per eliminare presso la generalità il ter– mine· più debole, ·quello culturale e l'aspirazione ·ad esso». Un altro esempio di « inte1·prntazione ». è fornito da Il giornale dei lavorato,·i del 13 ottobrn scorso. Esso pub– blica una recensione degli Atti sotto il sereno titolo di « Stantìo, polemico e ol_tr.rnzista, il laicismo dell'Urna· rie, a.Itri padroni prndmranno anche per la trafileria. Puc– cioni ... Per risolvere positiYamente la crisi gli operai e le or– ganizzazioni sindacali formulavano delle proposte che si possono sintetizzare in quattro punti: · I) ag~ciare l'industria all'IRI (?) ; 2) istitlìfre. un'amministrazione_ controllata dal tri– bunale; 3) usufruire di un mntuo presso la cassa del Credito Italiano pér le piccole e medie a.oiende; 4) passare l'azienda in affitto ·agli operai. . Sulle prime tre proposte non discutiam9, perché ven– gono regolarmente formu.late ogni volta che una piccola azienda chiude, ma· sull'ultima proposta è necessario sof; fe,·marsi. Evidéntemente gli operai l'hanno formùlata per– ché consapevoli che le 01·dinazioni di derivati di ve1·gella ( reti metalliche, moscaiole, zanza,·iere ecc.) sopravan·zava no il ritmo lavorativo dell'azienda; che la fabbrica em at– t,·ezzata ra'Zionalmente, con trafile e telai modernissimi e una. loro cooperativa ne avrebbe quindi tratti ottimi guadagni. Dobbiamo allora domandarci: se la fabbrica era in piena. efficienza, se forniva ·ancora lauti profitti, perché tre mesi prima della cbiusma si venne nella. determina– zione di smontare e trasferire altrove il macchinario più model'llo ed essenziale alla produzione, e perché, infine, si chiuse la fabbrica stessa? Cerchiamo una risposta: in Italia la maggior produt– trice di derivati di ve1·gella è la soeieta Gerosa; ma chi produce la vergella, cioè il bene si11.11nentale rispetto alle l'Cti metalliche? Il monopolio Falck ! una delle ra– gioni determinanti. la crisi economico-finanziaria sarebbe, secondo la direzione della « Puccioni », appunto questa: l'elevato costo della vergell11 in considerazione delle diffi– coltà di traspo,to dal luogo di produzione. La società Ge– rosa invece è molto vicina alla l~alck. Cinquanta operai, uomini e donne, che da quattro mesi aspettano una risposta, ingl'assando e lubrificando le « lo- 1·0> foacchine, perché il lungo tempo di inattività non le deteriori, forse ora comprendono perché la loi·o proposta cli affittare la trafileria Puccioni non sari, mai accettata. Intanto per illudere la loro fame è stata fatta una sot– toscrizione fra i cittadini cli Pontedera (poche migliaia. di lire) e sopra la loro drammatica vicenda non son mancate le speculazioni demagogiche: i consiglieri comunali di maggioranza (socialcomunisti) prnposero che l'amministra– zione comunale versasse a favore dei lavora.tor~ della « Puccioni » la somma di lire 150.000; i socialdemocratici proposero che la somma fosse aumentata a lire 200.000; la minoranza DC propose il mezzo milione! l\Ia nessun contributo a favore degli operai della « Puccioni », •da pat'te dell'amministrazione comunale, ha ottenuto l'aut,;,– tizzazione del prefetto, « perché avendo gli operai òccu– pata la fabbrica si trovavano nell.illegalità ». Intanto gli operai rimangono a far la fame dentro la fabbrica chiusa, finché non si rass~gneranno alla l~ro ·si– tuazione di disoccupati e andranno a far la fila davanti agli uffici del Javol'O. PIETRO BIANCONI (86) nuova repubblica nitaria >, a cui fa bordone il sottotitolo « Noi giornni cre– .de,·amo che fosse solo un 'triste ricordo . torico, 1na la recente pubblicazione degli Atti di un congresso dellTJCP · ci IÌa la1·gamenle disillusi>. Non vo1·1·eiproYocare un complesso di frusU:azione nel ·signor L. L., ma, secondo: lui,: a, ei a1l:erm~o :- be « una autentica ed obiettiva ecJ,Ì,cazionè: P<ll;i1a1·e no\) può es– serci senza assoluta 'neùt1·alità '1'.;deoldgica nell'opera di educazione». Ciò che non- è affJtto )!'ero. Quanto ti ho citato più sopra basterebbe, se non c1 fosse ancora nna frase che risponde a pennello :« La cultura non è neutra né nentrale. Come non è neutrale la vita sociale, la lotti;\ per una societì, libera. Lo stesso afferma re la necessil,\ cli nna ·çpll_tira popolare, o megljo di_·un'ed_,1pazione popo– lare come propedeutica ad uria cultura di tutti, ·10 stesso aff~rm_ai·e•l'inutilità ed il pericolo - traduèibili in pre– cisi tel'll1ini politici ed economici - di una cultura arislo– c,·àtica ~ formalistica, indifferente ai p1·oblemi della ,·ita sociale, costituisce un orienl&mento e una scelta>. Come la mettiamo, L. L.? · · Già, par rispondei-e L. L., ma. quando lei afferma r·he reducazione dei lavorato,·i non è « genuina e libera> per– ·ché c-i J)reoccupiamo di fare dei « membri della' Chiesa e dei militanti del movimento operaio cristiano», questa è neutl'aliti, ideologica, dato che, fra l'altl'o, ella non con– trappone, ad esempiÒ, un·educazione intesa a formare de– gli attivisti comunisti. Cioè così va il discorso. Questa sua, caro signore, è opem di educazione e cli ct1ltma agnostiche - .o astori– cistiche -; tipicamente laicistiche - o liberal-bo,·ghesi. E ci sarebbe da spaventa_rsi perché, a prima vista, par– rebbe davvero che abbia suggerito una educazione ast,·alta, accademica, relegata tutta nella tecnica o nella copiatm·a di modelli. O che abbia volulo svalutare l'opera dei par– .titi, il lorn contributo indirettamente educativo, o la lotta sociale o anche le visioni ideologiche del niondo. Mentre, in realti,, - se ci si va a rileggere la mia relazione, che non è un esempio di retorica - ci si ac– corge che, tutto sommato, ho soltanto prnposto di distin– guere tra una educazione riferita alla reallà sociale e sto– rica, e una istruzione nell'ambito dei partiti e delle 01·ga– nizzazioni politiche sindacali e confessionali e a loro uso e consun10. E, se sono convinto che una cultura npo,·a signffic~ . anche società nuova - e non mi pare che esistano dieci modi di intendere ciò - non credo che cultura militante .significhi cultura tessorata. · Saluti cordiali dal tuo PINO TAGLIAZUCCIII L·A GIUSTA MERCED-E L A RELAZIONE deU'ing. De Biasi della Edison di Milano al recente convegno -di Palermo della CEPES ve,te'va st;lle ·.«_Nòove_ vfo per l'istruzione profes– sionale». Di nuove vie ci sarebbe, in verità,. un discreto bi. ogno. Dal 194!) si stanno spendendo miliardi, dice per )a forma– zione professionale delle mnestranze in Italia. li conti-i– buenle del medesimo paese non lo ba notato molto chia– rarnente. Per esempio, una parte della stainpa napoletana ci ha informati in questi giorni del regime di sfruttamento esi– stente nel cantiere cli lavoro istituito a Nola dal mini– stero del Lavoro e della Previden~a sociale pel' la costru– zione del semina~io vescovile. Gli operai addetti lavorano pel' circa GOO lire giornaliere. L'opinione illuminala si do– .manda se sia questa, per caso, la « giusta mercede». Olti·e– tutto a Nola non si istruisce prnfessionalmente nemm·eno la ·metà di un operaio, come almeno si potrebbe preten– dere, considerata la franca dimidiazione del salario. Ep– pme ia legge in base alla quale sono stati stanziati i quat– trini contempla l'assistenza ai lavoratori involontai-iamente disoccupati e, appunto, l'istn1zione professionale ( legge 2!) aprile l!l4!l, n. 264). L.UIL e la CISL non dimostrano preoccupazioni cli sorta per questa vergognosa condizione. li su citato relatore al convegno di Pale,·mo ha soste– nuto come pl'emessa indispensabi,le per una adeguata at– tività addestrativa la propaganda tra i lavoratori e tra la. gioventù in particolare; indicando a tal scopo maestl'i e... ·propagandisti. Nessun accenno alle organizzazioni sinda– cali esistenti. Per la verità, nell'Italia del sud la UJL e la CJSL esistono pochino pochino; e ciò spiega la dimenti– canza anche della CGIL. Intanto, mentre i massimi dirigenti delle due centrali viaggiano all'e.·tero per essere presenti alle varie assise sin– dacali, la CEPES si muove,·à per realizzare· qualcosa di co·ncreto: lo ha affermato il prof. Valletta la sera del 27 ottobre nel salone giallo della Consulta a Roma. Così, de– volut9 ad altri il. grosso pwblema, · i di,·igenti delle orga– nizzazioni « democratiçhe » troveranno il tempo per arti– coli cli fondo, iniziative politiche, viaggi tu,·istici e con• seguente miglioramento delle « ,elaEioni timane » inler– nazionali, AURO

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