Nuova Repubblica - anno III - n. 15 - 19 giugno 1955

o che interessa soprattutto le autorità - quello della si– curezza interna; ed un prol:rlema generale, che interessa il pubblico - quello delle quote d'immigrazione. McLeod ed i suoi colleghi hanno paura che in mezzo agli immi– granti riescano ad infiltrarsi negli Stati Uniti agenti so– vietici; panra sincera quanto ridicola perchè in un si– stema come quello americano è praticamente impossibile 1nantene1·e segreti scientifici o militari e nessun agente clandestino può probabilmente riuscire a sape,·e più di quello che qualsiasi funzionario diplomatico con un po' di cervello può ricavare dallo spoglio accurato della stampa americana. I termini del problema delle quote non si sono modificati gran che da quando è passata la legge sul– l'emigrazione del 1921. Su 154.000 immigranti a.utorizzati più di 100.000 possono venire dalla Gran Bretagna, dalla Germania e dall"Irlap.da; gli altri dal resto del mondo. ' E' vero che ci sono sempre aggiustan)enti: così nel 1948 entrarono circa 16.000 immigranti italiani (la quota dice 5645) nel 1950, 53.000 polacchi (la cifra "di quota .è 0488). Ma il grosso del pubblico è convinto oggi come lo era 34 anni fa che è bene far venire immigranti dall'Europa nord-occidentale, . che la corrente migratoria dell' Ew·opa sud-orientale va ridotta ad nn rigagnolo e che ocCorre tener lontani gli asiatici. Corsi era l'uomo che avrebbe applicato la legge sui prnfughi del l 952 proposta dal governo clemocrati"co, ap– provata con lievi modifiche dal governo repubblicano: duecentomila italiani, baltici, greei ecc. avrebbero potuto entrare negli Stati Uniti fuori quota. Corsi era anche l'uomo favo,·evole al trasferimento delle qL1ote: se non ci sono, come non ci sono, 05.000 inglesi per riempire la loro quota, pernhè non att1·ibuire la differenza ai paesi sovra popolati ed economicamente arretrati? La politica di Corsi sarebbe stata una politica liberale: contro di lui si souo coalizzati conservatori, repubblica.ni e democratici, paurosi - come sempre i conservatori - di tutto ciò che sa di nuovo, anche se il nuovo non sono che alcune centin,aia di n1igliaia di lavoratoTi eul'opei. MASSIMO SALVADORI * B I B I IL NAZISMO E LO STERMINIO DEGLI EBREI L :A PREFAZIONE DI MAURIAC a questo volume (Léon Poliakov, Il nazismo e lo sterminio degli ebrei. Torino, Einaudi, 1955) lascia poco margine per nuovi discorsi. Lo sterininio della « razza deicida» è qual– cosa che ci incolpa tutti, che scava sino al fondo della nostra civiltà, della nostra storia e della nostra religione: queste hanno· potuto persino fornirn delle tradizionali ,giu– stificazioni e dei rife1·imenti storici e non hanno saputo comunque creare tali inibizioni da rende1·e· del tutto in– concepibile un fat.to cosi mostruoso. Ciò che molto meno· frequentemente viene invece ri– levato è la incongrnenza stessa ciel fatto; la sua mostruo– sità attra,1erso l'assmclo. Poliakov ci dice che era neces– sario al nazismo formare un Diavolo contro il quale me– glio si delineasse la figura della razza pura. PL1rtroppo questo non è affatto inconcepibile. C'è sem– pre bisogno cli capelli di colore diverso per mantenere in piedi le idi'ozie razziste di questo o quel paese. E' una questione di limiti; ma è sempre concepibile che il lin– ciaggio privato si muti in sistema cli oppressione orga– nizzata e di aizzamento cli odii e di disprezzo. Ma ciò che vi è di assurdo nello sterminio degli ebrei è non solo la decisione di eliminare l'antitesi dialettica, invece cli limitarsi a sopraffarla e a mantenerla in condi– zione di esiste;..za artificiale; è anche - benchè sia odioso esprimersi in questo modo - la mole vertiginosa del com– pito. Gli ebrei erano milioni, in lontanissimi punti d'Eu– ropa, in un periodo in cui il solo trasporto per la depor– tazione imponeva diffic_oltà gravissime e la stessa rice.rca, in paesi come la Francia, l'Italia, la Romania, l'Ungheria era resa difficilissima da intralci cli tutti i generi, com– presa talvolta la resistenza dei governi. Il libro non fornisce una docnmenta,;ione eccezionale: COMUNISTI BADOGLIANI di CARLO FRANCOVICH e ECJL SPRIGGE ba commemorato sul Manchester Guardian in due ai-ticoli lucidissimi (25 e 26 aprile) il decennale della Resistenza ìtaliana. Nessun altro era nrnglio qualificato per un simile compito dello scrittore e giornalista· anglosassone, che, grande amico ciel nostro paese e già da decenni in con– tatto con l'antifascismo italiano, ha poi seguito da vie~ - in prima linea e talvolta (come avvenne p. es. a Firenk.e) precorrendo anche le, prime pattuglie alleate - l'ultimo àt~J del d,·amma concluso a piazza Loreto. Ceci! Sprigge rivela in questi articoli una profonda conoscenza della situazione italiana e in poche parole spiega la funzione dei QLN, le caratteristiche de11a guerra partigiana, delle interferenze politiche straniere e della incomprensione, sistematicamente professata dalle autorità 11lleate di ·occupazione. Infine esprime questo giudizio sulla politica comunista, che ci trova in parziale accordo con lui: « Non fu la giusta rivendicazione dei comunisti di ave.re recitato una grandissima parte nella resistenza ita- · liana, ma fu la loro pretesa di arrogarsi tutto il prestigio di questa memorabile impresa storica e - ancor più - )'intollerabile tentativo <li servirsi della Resistenza per altri fini, in una situazione del tutto nuova, che li ha fatalmente allontanati dai loro e nostri valorosi alleati di allora, come ad esempio dagli nomini del partito d'Azione». Gli articoli naturalmente non trovarono il consenso del corrispondente londinese cle11'Unità, l'ex azionista Gian– franco Corsini, il quale inviò al Manchester Guardian la lettera qui riprodòtta, che fu pubblicata con il seguente commento dello stesso Sprigge. Al Direttore del M. G. Signore, poichè faccio parte di quei fiorentini che « hanno costantemente rischiato e non di rado. trovato la morte e là tortura» nella lotta contro i tedeschi, sono stato molto toccato dal tributo pagato alla Resistenza italiana dal signor Ceci! Sprigge, nei suoi recenti arti– coli « Dieci anni dopo il fascismo». Non posso tuttavia. esimermi dal discordare su alcuni giudizi che potrebbero impedire al lettore di apprezzare interamente l'importanza del cambiamento che avvenne in Italia tra il luglio l !)43 e la fine dell'aprile 1945. · Quando il signor Sprigge parla dell'« impotenza cli– m.ostrata dal re Vittorio Emanuele III e dal Maresciallo Badoglio, dopo la caduta di Mussolini» e della « stupe– fatta passività» nella quale, secondo lui, gli italiani caddero di conseguenza, non pare che egli tenga suffi– cientemente conto del fatto che se non fosse stato per la crescente resistenza del popolo italiano al fascismo e alla guerra fascista, il re e Badoglio non avrebbero mai compiuto il colpo cli Stato. E quando il signor Sprigge dice che « non si sarebbe potuto immaginare per la nazione una guida più sco– raggiante » trascura il fatto che il Maresciallo Badoglio era a capo di un governo di coalizione, che, in ogni caso, fu capace cli portare l'Italia in guerra contro la Germania dalla parte degli alleati e rese possibile la et·eazione di un comando unificato cli tutte le unità par– tigiane operanti nell'Italia del nord e del centro. Il signor Sprigge sembra aderire all'opinione profes– sata oggi eia alcuni ex-leaders del da-lungo-tempo-defunto partito d'Azione {al quale anch'io appartenni durante la guerra) i quali recriminano l'appoggio dato allora dai partiti democratici ciel CLN al governo di Badoglio. Fu proprio questa politica di unità_ nazionale che rese poi possibile la successiva eliminazione di Badoglio, del re e della monarchia, e condusse all'istaurazione della repubblica itali{tna. E' per questo che mi sembra erroneo sottovalutare l'intera fase Badoglio, e i fatti hanno di– mostrato quanto astratta fosse la opposÌzione a questa politica, ·di alcuni uomini del partito d'Azione, a quel tempo. Carlo Ragghianti era uno di loro ed ha sm·itto recentemente un libro in cui ·conferma alcune cli quelle opinioni che il signor Sprigge appunto sostiene nei suoi articoli; ma non riesce a provarne la validità, come il pa1·tito d'Azione non riuscì allora ad adattarsi alla realtà del dopoguerra italiano. Non è perciò colpa dei comunisti se « una situa– zione ciel tutto nLfova, li allontanò fatalmente dai corag– giosi alleati di ieri» giacchè furono i leaders del par– tito d'Azione che per primi si estraniarono dalla vita politica italiana, rifiutando.si di accettare tutte le conse– guenze di qnesta « nuova situazione ». E ciò può facilmente esser provato dal fatto che dall'aprile del 1945 il partito d'Azione è sparito dalla scena politica (e alcuni dei suoi membri preminenti, come Ugo La Malfa, hanno trovato un comodo seggio nel suc– cessivo governo cattolico) mentre il partito comunista ha continuato a progredire. Sno G. F. Corsini. E' curioso che il signor Corsini pensi necessario fare quesia calda difesa dell'astuta e lungimirante politica co– munista durante la Resistenza italiana (unendosi al Re e a Badoglio, come egli dice, per poi elimina,·li), ponen– dola di contm all'ape,·ta politica degli azionisti ( e in larga misura dei socialisti) che per motiv-i di lealtà vo– levano rifiutarsi di collaborare col Re e con Badoglio. Curioso perchè, per quanto questo contrasto possa essere interessante, non ve n'è rnenzione nei miei articoli. Io alludevo ii.nicamente, alla fìne, al fatto che le due cor– fenti del Movimento di Resistenza, dopo il tr-ionfo del– l'aprile 1945, p1·esem st,·ade dive,·se. Io non ho « trascurato il fatto che il Maresciallo Ba– doglio era a capo di un governo di coal.izione che fu ca– pace di portare l'Italia nella gi,e1Ta contro la Germania »: 7,er la semplice ragione che questo fatto è del tutto im– maginario. La dichiarazione di gue1Ta della Monarchia contro la Gei·mania fu proclamata il 13 ottobre 194-3. Da allora per più di sei mesi il Ma,·esciallo Badoglio non fu capace di indurre uno $Olo dei partiti della Resistenza a partecipa,,·e al suo gabinetto, fìno a che il signor 7'o-' · gliatti, a1·1·ivandodalla Russia sovietica, capovolse la linea del suo partito, nella primavera del 1944- Badoglio potè allora fo1·rna1·eun governo di coalizione che du,·ò sei set- timane. c. s. * Siamo più che convinti che un comunista non po- tesse accettare le tesi del giornalistà inglese,· ma ci aspet- .nnQva repubblica OTECA * tuttavia il lavoro di «organizzazione» dello sterminio, più che le fasi « spettacolari» dello sterminio stesso sono segu ìti eia vicino· sino a dare una specie di allucinazione. Il problema ideologico, il problema politico, il problema economico ad un certo punto scompaiono e non rimane alcuna giustificazione. Non c'è nemmeno più l'odio al suo stato naturale cli violenza fisica immediata. E' una spe– cie di macchina di cui è estremamente difficile scguìre i complicati meccanismi. Alcune decine di uomini si sguinzaglip.no in tutta Eu– ropa, hanno poteri incontrollati, scavalcano schieramenti di– plomatici, politici, polizieschi, militari, organizzativi; anaf– fano treni, ordinano retate, deportano, massacrano, stu– diano piani che vanno dalla depo1·tazione, a fine guerra, nel Madagascar sino al funzionamento scientifico dello centrali cli sterminio, dalla raccolta dei capelli dello donne ai consigli ... psicologici sul miglior modo per far sì che i convogli arrivino sino alle camere a gas senza che i condannati se ne accorgano. Quei rapporti sono oltre la possibilità di comprensione. Certo, c'è l'indifferenza raggiunta con anni di propaganda anti-ebraica; c'è l'indifferenza per la vita umana in tempo di guerra, qr;ando si ani\7a a massacra.re in una notte due– centocinquantamila civili con un solo bombardamento, come ad Ambu.rgo. Ma leggere delle lotte sostenute da questi bracchi p~ avere un convoglio quando tutti i treni erano impegnati in traspor-ti di truppe, in momenti di crisi angosciosa; leg– gere quegli imperturbabili rapporti sull'andamento siste– matico della strage quando tL1tto andava in malora, dà veramente il senso della pazzia ragionante. Nella sua fred– dezza - che vuole evitare i racconti angos.ciosi delle stragi quando non siano assolutamente necessari - sta il merito maggiore del libro. L'assurdità della strage e l'allucinata esecuzione cli essa superano infatti, a mio parere, ogni al– tro aspetto e sono più forti dello stesso orrore. PINO TAGLIAZUCCHI tavamo che le avesse ribattute punto per punto, dimo– strando - se possibile - che i comunisti non tendono affatto a farsi la parte del leone nella recente storio– grafia sulla Resistenza. Sembra invece che la cosa che abbia maggiormente urtato il corrispondente dell'Unità sia il giudizio negativo espresso dallo Sprigge riguardo al governo di Vittorio Emanuele lii e del gen. Badoglio~ i quali - poichè pre– siedevano un governo di coalizione - non dovevano (secondo il Corsini) essere cosi bisti·attati. Ed in secondo luogo, per quanto riguarda il successivo distaccal'Si delle posizioni politiche del partito cl'Azione e del pa1,tito co– munista, a[ferma che questi ultimi avevano evidentemente ragione dato che sono tuttoTa vivi e vegeti e in cònti– nuo aumento, mentre i primi sono scomparsi dalla scena politica. Riguardo all'ultima questione aggiungeremo per conto nostro che, si, il partito d'Azione è morto e sia pace al– l'anima sua! 111a l'istanza da esso posta, l'istanza di un rinnovamento politico, ·di una sinisti·a democratica, so– cialista, ma di un socialismo autonomo non autoritario, non vincolato alla politica contingente di un·o stato guida, è tuttora viva ed operante con varie denominazioni, anche lì dove meno ce l'aspettavamo. Il tempo è galantuomo, e qualche volta anche i defunti possono avere ragione. * Per quanto riguarda poi il governo Badoglio, ci sem- bra che il Corsini esageri nello zelo apologetico. Va bene che nel marzo 1944 giunse in Italia dalla Russia Palmiro Togliatti ed invitò i cpmunisti ad ade– rire alle ultime richieste dei liberali e dei democristiani per formare un goveTno di coalizione sotto gli àuspici della monarchia del Sud, ma questo fatto (a nostro mo– desto avviso) ci mise in condizione di inferiorità nelle trattative di pace con gli alleati, esautOJ'Ò i CLN come organismi di governo, e ci regalò quella contini,ità dello Stato, cui tanto tenevano i liberali e per cui si perpetuò in Italia la legislazione fascista. Del resto fino all'arrivo di Togliatti in Italia, i co– munisti ufficialmente la pensavano nella stessa maniera degli azionisti (si pensi alle dichiarazioni di Scoccimarro nelle sedute del CLN centrale )e tanto più antibadogliano doveva allora essere il ·Corsini, che in quel tempo mili– tava nelle file del P. d'A. * Nella totale condanna del governo Badoglio Ceci] Sprigge ci trova completamente d'accordo con lui. Se du– rante i 45 giorni, al posto di Badoglio ci fosse statò un uomo più energico e più cosciente delle sue responsabilitù, non si sarebbe verificato il fatto che « molti italiani cad– dero in una stupefatta passività» come giustam~nt~ af– ferma il giornalista inglese. Bisognerebbe che i comunisti, vecchi e nuovi, si ·ren– dessero finalmente conto che anche la diplomazia russa può sbagliare. Fu uno sbaglio l'avere appoggiato il go– verno Badoglio, come fu uno sbaglio avere votato l'ar– ticolo 7, come fu uno sbaglio (ma forse adesso non sarà più ammesso nemmeno sussurrarlo ad orecchie fidate) avere appoggiato Tito nelle sue rivendicazioni su Trieste e Gorizia; come fu una porcheria il patto russo-tedesco nel '39 e via di questo passo. , Noi non crediamo all'infallibilità del Papa, ma; non crediamo nemmeno a quella dei Beria, ·dei Malenkov,, dei Kruscev, dei Togliatti e dei Viclali. ' E;' l'unica consolazione (ma quanto 'ci teniamo!} che ci viene dal militar·e in un «partitino».

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