Nuova Repubblica - anno III - n. 15 - 19 giugno 1955

nuova re11ubblica LU C-1 IL TEATRO DIBRECHT L A RECENTE DISTRIBUZIONE in libreria del se– condo volume del 'l'eatro di Bertolt Brecht, a cura di Emilio Castellani e Renata Mertens, conclude l'iniziativa dell'editore Einaudi di pubblicare in due gros– si volumi (il primo uscì nel 1951) una larga scelta dei lavori del drammaturgo tedesco e, sebbene in misura mi– nore, dei suoi scritti teorico-polemici. In Italia il libro, si sa, giunge spesso sulia •scia del successo spettacolare; e successo, se non altro per le di– scussioni suscitate tra il pubblico e su Ila stampa, otten– nero le rappresentazioni di Madre Coraggio, inscenata nel 1052 dalla Compagnia del Teatro dei Satiri con la regìa cli Luciano Lucignani, e cli un'Antologia b,·echtiana, allestita qualche anno prima con elementi dell'ex Teatro dell'Università cli Padova dal regista nordamericano Eric Bentley, che ne parla diffosamente nel suo recente for– tunato volume lri Search o/ Theater (New York, Vintage Books, 1954). Ma un dramma di Brecht non è mai uni– voco, è piuttosto multiConne, aderente alla situazione im– mediata che affronta, legato soprathitto alla scena. Ciò fa si che, naturalmente, molto della sua suggestione poe– tica _vada perduto alla semplice lettura, affidata com'è al · giuoco di troppi elementi, che solo nella realizzazione sce– nica possono armonizzarsi ed assolvere a una funzione esemplare. Questa raccolta di testi · (la più ampia ed organica finora pubblicata in Europa, in attesa del com– pletamento dell'edizione tedesca) fo,rnisce tuttavia una pi_ù meditata occasione critica. Scorrendo le nitide pagjne dei due volumi, ma spe– cialmente <lei secondo, che raccoglie opere comprese -tra il 1939 e il 1947, si è indotti a constatare come l'at– tività drammatica di Brecht durante e dopo il secondo conflitto mondiale è stata un nuovo .ed essenziale passo avanti nell'elaborazione e nell'approfondimento deJla poe– tica del suo particolare realismo; per quanto il primo ine– liminabile richiamo, suggerito daJla struttura dei testi, sia ancora quello dell'esperienza espressionistica, sotto il cui segno si svolse la sua formazione artistica. Nato ad ~ugsh_urg nel 1898, vincitore del premio Kleist nel 1922 - con il suo primo 1~ teatrale (ma dopo aver esordito aJla fine della prima guerra mondiale come cantastorie, con una serie di ballate popolari ch'egli declamava per le strade e che cominciavano tutte con la formula: « lo sono Bert Brecht venuto daJla Selva ·Nera»), dramma– tmgo al Deutsches Theater cli Berlino fino all'avvento del nazismo, Brecht coJlaborò in quegli anni con Meyerhold e con Piscator, le cui teorie influirono profondamente sullo svolgimento della sua concezione teatrale. E' di que– sto periodo il lirismo patetico e pessimistico de L'opera da tre solai, ispirata a un grande modello cli satira so– ciale del '700 inglese, la 'Beggar's Opera di John Gay, e che pur non essendo la più originale,' resta la più uni– versalmente nota e celebre opera teatrale cli Brecht, forse anche per merito delle canzoni cli . Kurt Weill, divenute popolari in tutto il mondo, e della riduzione cinematogl'a– fica datane dal Pabst nel 1932·. Più tipici i successivi la– vori, limitati in genere ad un unico atto, ch'egli chiamò « Leherstiicke », cioè testi a scopo dichiaratamente didat– tico ed esemplificativo. Per comprendere questa esigenza, non si- può fare a meno cli collegarla all'influenza eserci– tata in Germania, durante la repubblica di Weimar, dal movimento funzionalista di ·walter Gropius e della Bau– haus, che dal campo dell'architettura passò presto a quel– lo dell.a tecnica e delle arti applicate. Infatti gli espressio– nisti movevano dal presupposto di una totale scissura tra istinto e ragione, tale da abolire quest'ultima e ricreare un nuovo mondo dell'istinto. Il mondo di Brecht è invece ordine, misura umana, impulso vitale che si chiarisce e si controlla nel ritmo razionale dell'azione scenica: Si direbbe che ciò cbe ha salvato Brecht (e la sua opera) dal. n'aufiagio espressionista e post-espressionista sia stata, oltre al suo saldo ancoramento a una posizione morale e politica .di ,,a sto respiro quale lo storicismo marxistico, una chiara consapevolezza della funzione del– l'artista nella società. Intorno a quegli stessi anni (come giustamente osservava Paolo Chiarini in un suo saggio di qualche anno fa), Thomas Mann, -partendo dalla pro, pria dialettica individuale_ e allargandola a un'intera so– cietà al suo tramonto, aveva mostrato nella Montagna incantata come la missione dello scrittore fosse una mis– sione fondamentalmente pedagogica, in senso individuale e socia.le ( « la letteratura altro non è che la fusione del– l'umanesimo con la politica, ,fusione che avviene sponta– neamente giacchè l'umanesimo è già di per sè politica, e la politica è umanesimo »). Ora Brecht ripropone l'impe- • ·gno di un maggiore legarne con la vita reale, in senso però opposto a quello cli Mann, poichè il « processo di educa– zione» non si attua più partendo dall'intemo, ma viene imposto dal mondo degli altri, della cui esistenza è com– pito dello scrittore assumere coscienza e rendere conto. Inoltre, mentre Mann affermava che nel campo dello stile egli non conosceva ormai altro che la parodia (e Io dimo– strava con A,ltezza Reale e coi famosi quattro romanzi di Giuseppe), i,n senso molto simile c9ncludeva anche Brecht; l'fronia, in altri tern1ini~ è uno dei n1ezzi anche 7 DELLA RIBALTA ( Dis. dt Dino Boschi) RADIO E CENSURA - « Trasmettiamo un comunicato del Quirinale » stilistici attraverso cui egli giunge alla polemica del nuo– vo con 11 vecchio. La esigenza di razionalità, cioè di con– cretezza, lo induce alla po"lemica diretta contro tutte le forme di irrazionalismo della società contemporanea; e opere come Un "omo è un "omo, che mostra come il co– lonialismo corrompa e renda suo cieco strumento il prole– tario dei paesi imperialisti, o èome Santa Giovanna dei Macelli, che descrive le fasi della lotta di classe nei mat– tatoi di Chicago, ne rendono intensa, reclamante testimo– nianza. E' questo aspetto concreto, pragmatistico dell'arte di Brecht (ctù egli ha tenuto fede pagando cli persona, con l'esilio negli Stati Uniti e nell'Unione Sovietica du- 1·ante gli anni del nazismo) che ha suscitato le più violente reazioni, specie nei settori della cultura prossimi alle posi– zioni dell'idealismo e dell'esistenzialismo. E' certo che qnesto atteggiamento di Brecht è decisivo anche nei confronti delle sue discusse concezion'i teoriche circa la messinscena e la recitazione: come sta a dimo– strnre la s\ ,teoria del cosiddetto teatro « epico », in cui la forma narrativa si opporrebbe al degenere teatro « drammatico » del nostro tempo. Come metodo per la messinscena., il realismo epico è una via di mezzo tra i due estremi del teatro modemo, che potremmo chiamare naturalismo e simbolismo: mentre da una parte non ri– produce la realtà in tu.tti i suoi pa.rticolari, dall'altra evi– ta accuratamente l'astrattezza del simbolo, facendo uso di oggetti reali e ponendone in risalto solo alcuni. ·In fondo. rimovendo la finzione scenica convenzionale, Brecht non fa che agire in nome cli un elementare buon senso: perchè non accettare. la realtà del teatro in quanto tale, cioè che la scena è la scena, il palcoscenico un piancito di legnò, la luce proviene da sorgenti a1·tificiali e così via? Abolita ogni possibilità cli illusione, lo spettatore dovrebbe entrare in uno stato di attenta consapevolezza, capace cli preser– varlo da suggestioni estrnnee alla specifica (secondo Brecht) funzione del teali·o; anzichè investirlo cli senti– menti, la realtà scenica dovrebbe trasrnette1·gli conoscenze, sottoporgli argomenti, inclmlo a decisioni di ordine esclu– sivamente intellettuale e morale. La tecnica della messin– scena selettiva diviene così pa.rte integrante dello spetta– colo, non più soggetta all'arbitrio del regista; Brecht stes– so ha fissato nei quaderni dei « modelli per la scena» al– cune regìe condotte secondo tali principi, applicandoli anche ad opere classiche (Antigonemodell, ecc.). Si trat– ta con1unque, più che di vere innovazioni, di un ritorno a forme sceniche tradizionali, in cui sono evidenti gli in– flussi del miste,·o medievale, della sacra rappresentazione, del teatro orientale, e in genere cli tutto il clrnn:ima orato– rio e apologetico (Per es., frequente il ricorso all'espe– diente cli inte.rrompere le scene con l'apparizione di car– telloni esplicativi, con-isponclente per altra via alle dida– scalie cinematografiche dell'epoca del «muto»). Come pu– re non nuovo, nel tipo di recitazione imposto agli attori, è il metodo detto clell'« alienazio11:e », che presuppone l'at– teggiamento freddo, distaccato, spesso ironico dell'attore rispetto al personaggio da interpretare. Norme che trova– no tutte la loro applicazione collettiva nel Berliner En– semble, i! teatro stabile fondato da Brecht a Berlino-Est nel 1949 assieme a Eric Engel, Caspar Nelier e sua moglie Helene vVeigel. Con la sua compagnia Brecht ha coi11- piuto nel dopoguerra diverse tomnées in vari paesi euro– pei, e avrebbe dovuto partecipare al Festival veneziano ciel 1951, se all'ultimo momento un provvedimento poli– ziesco dettato dalla faziosità ideologica dell'attuale presi– dente ciel consiglio (allora ministro degli interni) non avesse negato a Brecht e ai suoi il visto d'ingresso nel nostro paese. Concludendo, si potrà discutere o polemizzare in– torno all'arte di Brecht, e~altandola come l'unica forma possibile del teatro moderno o condannanclola come stm– rnento di propaganda al servizio delle sue convinzioni estetiche o politiche; non si potrà, a r~gion veduta, ne– garne l'alto valore di testimonianza della crisi del nostro tempo, l'estrema intelligenza formale, il proposito di aiu– tare l'uomo con autentica solidarietà e buona fede. LUDOVICO ZORZI MONOPOLIO DE LA CULT e Hl SEGUE l'attuale vita italiana ha troppo spesso occasione di rilevare che a ricopi-ire posti di re– sponsabilità, in mansioni pubbliche cli frequente pe– riodicità, vengono chian1ate, con monotona costanza, per– sone del medesimo Ol'ientamento politico cultmale e che in molti casi la designazione governativa si appunta sulla stessa ed identica persona che viene così ad assumere quasi il monopolio di determinate funzioni. Il fatto risulta, a tacer d'altro, per quanto riguarda la con1posizione delle comn1i$sioni gjuclicatrie;i d~i• ·con– corsi a cattedre, sia delle scuole medie e dei licei che ' dèlle Università. Se per quanto riguarda l'istruzione supe– riore si è provveduto, o si sta provvedendo, con una op– portuna disposizione, che impone una certa rotazione nella nomina dei con1missari e degli esaminatori, il ratto cli un increscioso monopolio cultlll'ale si ripete, su !a,·ga sca.la e senza iniziative che visibilmente e sensibilmente vi si op– ponga.no e Io contrastino, nel campo dei concorsi per le scuole medie e liceali. Non intendiarno con ciò n1ettere in discussione il va– lore scientifico, il senso _cliresponsabilità, la probità e il desiderio di imparzialità delle persone in qnestione. I com– missari e gli esaminatori sono indubbiamente persone egre– gie. L'inconveniente !)asce dal fatto che una persona sta– bilmente identica, fisicaménte o moralmente, per idee e convinzioni, porta, inevjtabiln1ente, nella forn1ulazione dei te1ni e delle interrogazioni d'esan1e, nei criteri di valuta– zione e di giudizio dei fatti letterari, storici, scientifici e filosofici le medesime id~e, i medesimi indirizzi di pen– siero, esercitando così, in via indiretta, una azione non indifferente di polarizzazione della cultura secondo diret– tive ben defìnite. La vita è varietà e, innanzi tutto, la vita della cultura. Ogni orientamento ideologico, ogni scuola critica e indi– rizzo della ricerca scientifìca ha la sua ragion d'essere in problemi ed esigenze che vengono di volta in volta parti– colarmente sentiti e messi in primo _piano, ma il ritmo fisiologicamente normale della vita culturale in regime democratico implica ed esige che le varie voci vengano ascoltate -e possa.no farsi sentire. A torto ci si illude di provvedere al bene della cosa · pubblica, in regime democratico e in un settore così deli– cato e di fondamentale importanza come quello scolastièo e cnltnrale, mediante l'affermazione di conformismi ideo– logici e di stereotipi mentali. La « salus reipublicae » non è mai, in un 1·egime'·di democrazia politica, quale è oggi unicamente concepibile, cioè di democrazia sociale, nel– l'affermarsi unilaterale di or'ientamenti e di tendenze, che hanno senza dubbio serie e valide ragioni d'essere, n1a che si tramutano in forze deleterie e disgregatrici quando pre– tendano di imporsi incondizionatamente, riducendo prati– camente al silenzio le YOCi discordanti, anche esse utili, necessarie e salutai·i. · La formazione culturale e morale dei giovan• ricade, infine, sul loro senso di responsabilità, cli ponderazione e di riflessione, di scelta il più possibile equilibrata e non mai unilaterale e preconcetta dei valori elaborati ed emersi nel corso della storia. A stimolare queste fondamentali doti umane occorre ·provvedere eliminando, innanzi tutto, i pericoli di improvvisazione, di faciloneria, di giudizio af– frettato e sommario sui pl'Oblemi della vita, che sono con– seguenti ,all'affermarsi - diretto o indiretto, voluto o no - cli ortodossie culturali, di opinioni divenute « canoniche» e ovvie, non solo in morale e in politica., ma apche sul teneno da cui esse si alimentano, della scienza, della sto- . ria, della letteratura e della filosofia. La democrazia politica, in Italia, è di data recente, squassata nelle fondamenta dalla ventata fascista, in via di maturazione e di consolidamento. ;Non esiste in Italia tina tradizione democratica così solida da essere diventata costume di vita e di pensiero, abito di giudizio e di valu– tazione. Appunto perciò il problema nazionale italiano è, in questo momento, prima che problema di organizzazione e di azione politicamente qualificata, problem(. di chiarifi– cazione içleologica, di libera e franca discussione, soprat– tutto, di largo e multilaterale apprendimento, reale e serio, da parte della gioventù studiosa e in genere delle giovani generazioni, delle varie idee e dei difformi indù·izzi di pen– siero storica.mente affermatisi. Una politica culturale volu– tamente monocorde, sempre più orientata e decisa nelle difesa di un'unica verità, è profondamente antidemocratica. EMILIO OGGIONI

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