Nuova Repubblica - anno III - n. 8 - 1 maggio 1955

nuova repubblica Insurrezione di Torino: partigiani in Via Roma Ricordi della Resistenza di FERRUCCIO PARRI '(Testo della..._ conversazione tenu .. ta alla Radio il 19 Aprile u. s.). T RE MOMENTI della lotta di Liberazione mi sembrano degni di pa.rticolare menzione in quanto superando i limiti dell'interesse biografico possono aiutare a compo1·1·equella valutazione d'insieme, che sui fatti di que– sto t1·iennio fatale, 1943-45, così decisivo per la storia del nostro Paese, è necessario ~i fissi nella mente degli Italiani, soprattutto degli ignari e 'dei dimentichi. . Il primo di questi momenti mi riporta agli ultimi mesi del 1943, ad insurrezione già avviata. Il secondo tempo è sempre più difficile dell'inizio ardente. Quelle nostre bande, improvvisate, raccogliticce, disarmate, quanto avrebbero potuto resistere? E la violenta repressione subito scatenata, quali possibilità di ripresa avrebbe potuto la– sciare al movimento? E cioè, quale presa, quale incidenza psicologica, esso avrebbe potuto esercitare su una societì, sagomata e deformata da venti anni di conformismo fascista? Al crollo politico e militare, così drammatico, del regime il popolo italiano reagiva nel 1943 con lo sgo– mento e la condanna: avrebbe saputo vedere le vie e trovar la forza della insurrezione per la resurrezione? Momento grave per noi di sospensione d'animo. E fu con senso profondo di gioia che un giorno ~el dicem– bre 1943 credetti di poter assicurare al C.L.N. clandestino di Milano che l'insurrezione aveva posto tali radici da poter!& considerare ormai inarrestabile. La sicurezza ci veniva avanti tutto dai giovani. Le idee semplici e grandi che avevano guidato l'uniti\ e la ascensione del popolo italiano dopo la lunga obliterazione riprendevano improvviso ed imperioso vigore; la rivendi– cazione dell'onor militare spin geva altre forze alla ribel– lione; i lieviti alimentati dalla ventenna.le protesta antifa– scista operavano con efficacia ed estensione inattesa, e da ignote ed oscure incubazioni spirituali scaturivano in ogni valle o provincia i miovi capi. La barbarie déll'occupa– ?:ione germanica, la. dissennatezza di Sal ò davano nuova fiamma alla rivolta morale che unifica.va la battaglia. Lo istinto generoso delle nuove generazioni ne riconosceva la verità e la necessità. Ed io sentivo che questo grande momento storico· ridava a.ll 'Italia la prima grande ragione cli orgoglio nazionale dopo la. vittoria del Piave, permessa anch'essa dal sacrificio delle nuove love. E D I'L SECONDO RICORDO vuol fermare il momento della prima ·consacrazione e della prima vittoria nelht lotta sanguinosa, anzi atroce, del 1944. Il '.7 dicem bre di quell'anno in una sala del Grand Hotel di Roma s.ir ,~,. r.faitland 'Wilson, comandante generale alleato per il Medi– terraneo, maestoso come un proconsole britannico, rice– veva una delegazione del C.L.N. Alta Italia e del Comando genera le del Corpo Volontari della Libert11. Si firmano dei protocolli di accorcio e di riconoscimel;lto clell'ullo e dell'altro organo. Sono il risultato di lunghe e defatiganti trattative. Nè le formule ci soddisfacevano intieramente, poichè ne era traspa.rente l'obiettivo di controllare il no– stro movimento. E tuttavia ·i delegati firmarono. 'Tròppo grande, troppo importante e1·a la. vittoria implicita in quel riconoscimento. Non una ribellione episodica ed estempo1·anea, non un incidente di guerra civile, non dei semplici sabotatori a disposizione degli alleati. Ali' insurrezione popolare gli alleati e1·ano obbligati a riconoscere i diritti che spettano allo Ione politiche e militari regolari. Sapevano bene i delegati insurrezionali che i gravis– slmi sacrifici, di sangue non ci av1·ebboro valso da soli quella conq1usta. Era lo sforzo tonaco di organizzazione unitaria, o quindi di guerra u11itaria, che aveva dato peso così alto all'azione insurrezionale sulle vicende militari della gue1·ra, ed ora ci permetteva cli negoziare a Roma. Era la soluzione laboriosa ma sosta.nziale dei difficili rap– porti di equilibrio tra le djverse e divergenti forzo operanti che aveva permesso sul piano generale una direziono poli– tica unitaria, ed ora ci auto1·izzava a presentarci come governo di fatto dell'Italia occupata, legale npprosentanto in essa della volontà popolare e del governo di Roma. Voleva.mo che l'impegno d'ono1·e con il quale il popolo insorto assolveva il suo dovere di combattente valesse come precisa ipoteca sulla pace. Questa non fu quella che ci era dovuta; ma è chiaro che questo sforzo autonomo di 1·iscatto ci risparmiò sorti ben più tristi. Intendevamo che la concordia sostanziale delle forze popolari valesse come garanzia cloll'avvenire democratico del paese, come premessa di un nuovo patto costituzionale conforme allo spirito concordò od agli ideali comuni della insurrezione. Dne momenti che segnavano, pur tra il passato di dolore e di sangue e l'a.ngoscia dell'incerto avvenire, deci– sivi traguardi raggiunti. I L TERZO MOMENTO, quello della vittoria finale, ciel 25 aprile, non potè associarmi completamente all'esul– t1rnza generale. Momento di grandi speranze e di grandi p1·omosse. Non potevo io dissimularmi tuttavia le ragioni profonde di incertezza che nascevano dal ctmt.rasto non ancora appa– rente ma determinato dai fatti obiettivi della nostra storia, tra due Italie divise da un travaglio ed una lotta che non aveva potuto incidere a fondo, e rinnovare tutto il paese. Dieci a.nni di distanza permettono ora un bilancio più sicuro e, pur tra le difficoltà e le profonde divisioni di questi tempi, prospettive sempre aperte. La difficile e gloriosa conclusione unitaria del movimento di libera– zione fu una vittoria delle idee su noi stessi: gli ideali comuni come l'avevano promossa così l'avevano conte– nuta nei limiti della mèta comune. Non da altri ricevemmo libertiì., costituzione e demo– crazia: fu duro e sanguinoso guadagno della lotta di allora. Di qui la santità di q nesta conquista, intrisa di tanto sangue e di tanto pianto, frutto cl[ una donazione · di !ode e di martirio che non ha eguale nella storia d'Italia. Di qui la sua autorità, e la sna intima for,:a attuale e perenne. Di qui anche una profonda ragiono di sicurezza per l'avvenire. E l'augurio che lo riflessioni e lo spirito del decennale valgano a risvegliare e ravvivare le consa– pevoli buone volontà di cui ancor abbiamo bisogno per assicurare nel nostro paese una pacifica, moderna ed umana detnocrazia-: 5 HO SAPUTO D P di PIERO CA.LEFFI T ORNAI IN ITALIA, a Milano, nel settembre del l¾5, troppo tardi, por partecipare anche inclirettament& alla gioia del 25 11,prile,e cioè quando ]11, gente era tutta incla.ffa.rata a ricostruire le ossa della conviveoza civile e a porre le premesse della democrazia, e ormai ci gua.rdava con indifferenza, talora con fastidio e con una specie di paura che avessimo voglia di raccontare le nostro vioende, le vicende di noi scampati dai campi cli sterminio. Capirete, tutti avevano sofferto la loro parte o or·mai guardavano al domani. Ricorda.te il protagonista di « Napoli -milionaria>, quando toma datla deportazione in Polonia e tenta di raccontare la sua odissea a fanùliari e amici! Quelli lo interrompono con fastidio, e gli dicono che ormai è passata e bisogna pensare alltt salute. Anche loro ne han passate: infatti avev11no fatto quattrini con la. borsa nera. Non e1·a proprio semp1·e così per noi, ma certo la inc1·eduliti, degli r1lt1·i si condiva spesso con la ritornata bramosia cli vivere e di godere la vita, dopo tanti affanni. E avevano 1·agione. Em giù molt'o che si fosse ancora vivi. Ma amarezze ne abbiamo Ì)rovate tante in quell'anno: solo che eravamo così pochi che nessuno se no accorgeva. Ern molto se riuscivamQ a reinserirci nella vita di tutti. Delle insurrezioni a Genova, Milano e Torino ho avuto notizia nell'ospedale di JTerisau, in Svizzera, dove ero stato scodellato il 6 giugno, dura.nte il viaggio cli ritorno in Italia da Mauthau en, perchè non ce l'M•e,·o fatta. Coso grosse e nuorn, nuove per il popolo italiano. La conclu– sione, una tale conclusione era già scontata a metil del 1944, quando ero stato arrostato; e tuttavia, apprendendola nei pa1-ticolari, se p·ure ormai monchi e incompleti, dai racconti dei visitato.ri e dai giornali svizzeri, veniva fatto di pensare che la storia d'Italia a,·esse preso una svolti\, ma una s,,olta molto larga; che si fosse insomma attuata una rivolnzionc, o meglio nna premessa 1·ivoluziona.ria, con la pa1·tecipa,.ione totale elci popolo. Ferruccio Parri era. presidente del Consiglio, la Rosistenza aveva avuto questa sanzione, consentita. anche dagli alleati. Non era poco. Così da lontano le cose si ingrandì-vano, le speran:r.e ·prendevano quasi corpo di certezze. Era bellissimo pen• sare che una vita come la mia, che valeva un soldo, senza una vera giovinez7.a, e con 1a ,nortiftcaz.ione, nei suoi anni centrali, della clittatma fascista~ nna vita tirata !nori fortu• · nosamcnle da quo! pasticcio infernale di Mauthausen, si protmesse nella maturit,', con quel bel trionfo della libera– zione dal fascismo e dal nazismo e da tutto ciò che essi avevano significato, con la prospeUiva di un mondo nel quale le iniquità, le sopraffazioni, le ingiustizie, la violenzt, l'odio fossero soltanto un ricordo di un passato del quale ci si vergognava. Vedete, mi era accaduto di udire dalla bocca cli un partigiano di vent'anni, con i suoi ulti1ni sospiri, una frase che mi si è irnp1·essa a fuoco nel cuore: « Almeno servisse a qualcosa >. E questo era avvenuto nel corso di una di qt;clle infernali notti d'aprile nelle quali giacevamo in sei s,1 ogni pagliericcio e ci si odiava tra noi e spesso sciupavamo le nostre residue forze in risse accanite per contenderci un po' cli poslo; e alla mattina il numero dei morti era sempre maggiore. E chissà che non sia btata proprio la notte ciel 25 aprile. Allora voi capite che quando uno ha sentito una frase come questa ha sempre pau.ra che oon si& servito a. niente, e si affanna e si tortura ed è irrequieto quando vede che tutto sembra congiura1·e per rendere inutile la morte del mio povero Pino, partigiano di vent'anni morio a Manthausen. Poi ci si ripensi\, e si dice che non è vero, che a qu&l– cosa è servit.o, o forse a molto, ma che la storia non si fa in dieci anni e che bisogna avere pazienza e bisogna essere tenaci e bisognit combattere ancora, pacatamente e civilmente, perchè insomma ora gli nomini sono più ra• gionevoli e gli istituti consentono il ra.gionamento. Non bisogna st&ncarsi, non bisogna « andare in con– gedo>. Non bisogna dimenticare niente per evitare i tr&• bocchett.i e gli agguati del!' oblio che è perdizione. Bisogna. che sia servito a qualcosa. AMNESIE Questo è il tele17ramma che il ministro dell'Iatn~zion~'. on. Ermini, Jw inviato il 18 avrile 1955 ai Provved,torah Cl{JliStudi: « Giorno 25 aprile p. v. ricorre anniversario nascita · G. Marconi. Pregansi SS. Ll. che in detta occasione venga ricordata in tutte le scuole dipendenti opera grande italiano. Coincidendo però .anniversario con giorno vacanza disponesi., che commemorazione sia tenuta in ogni scuola giorno 26 aprile con breve illustrazione opera grande scomparso »,. L'on. Ministro ha dimenticato di ricordare in qu~dll o::cMionc, alle dipendenti autorità scolMtiche, perclìè il !5 aprile Ma 17iomo di vacanza.

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