Nuova Repubblica - anno II - n. 23 - 10 dicembre 1954

6 GRUPPI al -la~ or o DIREZIONE La direzione di U. P. ha diramato il seguente comunicato: Il 28 novembre u. s. si è riuni– to a Romu il Comilalo Centra.le uni fica lo di Unità Popolare costi– tuito a seguito del convegno di Fi– renze di Autonon1ia Socialista e dei Convegni di Roma e Milano degli altri gruppi. Il Comitato Cen– trale ha eletto la direzione del Mo– vin1ento, che è risultata composta· da Bonomi, Caleffi, C:nvallera, Co– dignoln, Cossu, Finocchiaro, Mal– vezzi, Noventa, Parri, Piccardi, Pin– cherle, Sabnlucci, Sagona, Viuorel– li e Zuccarini. Dopo una relazione politica di Ferruccio Parri, il Comitato Cen– trale ha rilevato il conforlevole nf– flusso di adesioni che pervengono a Unirà Popolare du ogni parie d'Italia, traendone ,buon auspicio per lo sviluppo della sua azione in difesa della liberlà e dei fonda– inenti den1ocratici del Paese, con– quislali con la lolla di liberazione 1na inattuati e vieppiù minacciati. Unirà Popolare chiama a raceol– la tulle le forze disperse e deluse d'1 dieci anni di graduale involu– zione politica, e provenienti dalla Resistenza, e da .for1nazioni sociu– liste e den1ocratiche, per formare uno schieru,nento unitario, efficace strun1ento di rinnovamento politi– co e di trusfor1nazione sociale in senso laburista; sola possibilità di sotlrarre ]a democrazia italiana al dileimna morlale posto dall'urlo Ira le forze gravale dalla ipoleca con1unista e le forze a guida de– rnocristiana gravate da una pe~an• te ipoteca reazionaria. Il Comilalo Centrale ha inoltre approvato due o. d. g. Con il primo, a proposilo del progello di legge elellorale presen– talo dal Consiglio dei Ministri al Parlnmenlo, Unità Popolare denun– cia il proposito antidemocratico -di attuare unu discrin1inazione tra le fornu1zioni n1inori di parte ~over– nath•a e.. le altre, nell'assurda spe– ranza di slroncare ogni possibilità di affermazione di nuove forze po– litiche.' Con il secondo o.d.g. Unità Po– polare denuncia la politica illibe– rale ed anti operaia della classe pa– dronale che ha instaurato nell'in– terno delle fabbriche, e parlicolar– mente in alcune grandi aziende de] Nord, un regime di corruzione ed intin1idazione, tale da costitui– re una pericolosa situazione di pre- f ascismo. . In occasione della sua seduta del 28 novembre, la Direzione ha anche elello un Esecutivo Nazionale for– mato dai compagni Codignola, Cos-_ su, Parri, Piccardi, Vittorelli e Zuc– carini. FIRENZE Nella sua prima riunione la Com– missione d'iniziativa nominata dalla Assemblea il 26 novembre u. s. ha proceduto alla elezione dell'Esecuti– vo, che è risultato cosl composto: Al– berto Albertoni, segretario politico; Lelio Lagorio, vice segretario; Nello Traquandi, segretario amministrati– vo; Gennaro Campolmi, Pasquale Liverani, Franco Ravà e Marcello Trentanove, membri. Nella medesima seduta è stata co– stituita una commissione giovanile comoosta dai compa~ni Maria Gra– zia Balducci, Pasquale Liverani, Lu– ciano Màtteucci, Giorgio Pagliazzi, Valerio Parrini e Claudio Zanchi.· Tra le inizialive immediate di tale Commissione figurano lo, studio e la discussione dei problemi universitari, alcune riunioni culturali aperte an– che a simpatizzanti e amici, inchie– ste di carattere economico-sociale. VERONA Il gruppo ha ribadito la sua fidu– cia nell'impostazione politica e pro– grammatica di Unità popolare in oc– casione dell'assemblea svoltasi la r.e– ra del 4 dicembre. Alla relazione po– lirica del responsabile provinciale se– guì quella organizzativa, che fu tenu– ta dal com;,agno Ceriana. B -O N ;L mese di agosto u.s. la Camera del Lavoro di Alessandria, nelle sue trattative con la Borsalino, per ottenere qualcosa di più rispetlO al– l'accordo stipulato dalla CISL e UIL (conglobamento), prometteva al padro– ne di rinunciare, per un certo periodo di tempo, ad ogni sciopero di caratte– re economico. Il padrone offriva 1200 lire ad ogni operaio. La Camera del Lavoro accettava. In seguito il padro– ne ci ripensava e pretendeva, sem– pre per la solita somma, che la Camera del Lavoro rinunciasse anche agli scio– peri politici. Questa ùlteriore pretesa trovava irremovibili i sindacalisti della CGIL e le trattative v~nivano inter– rotte (vedi Prognmmui Comunista, n. agoslo). Che tattica è questa? Che dobbiamo pensare? Mentre i dirigenti sindacali erano pronti a rinunciare agli scio– peri di carattere economico, cioè que– gli scioperi che riguardano da vicino i lavoratori, non potevano rinunciare agli scioperi di carattere politico do– vendo per questi rispondere ai diri– genti del partito. Ma vi è anche un altro aspetto della politica sindacale della CGIL che si dovrebbe mutare, e questa volta non si tratta di metodo o tattica che dir si voglia, ma di .un errore di fondo, In regime fascista, quando grossi compiessi industriali venivano a tro– varsi in diflicoltà, o stavano addirit– tura per fallire, interveniva il Ministero delle Corporazioni che accollava allo Stato l'onere finanziario dell'impresa in deficit. Tutti d'accordo nel ritenere che lo Stato Corporativo interveniva in difesa degli industriali n.on certo costretto dalla pressione esercitata dai sindacati ma per la sua naturale espres– sione di classe padronale. Collusione di interessi operai e padronali Oggi abbiamo questo assurdo: a ri– chiamare provvedimenti governativi per gli industriali che dichiarassero di trovarsi in diflicoità, intervengono le organizzazioni sindacali con i mezzi umani a loro disposizione. E valga un esempio. Appena passata la guerra gli indu– striali della Magona si preoccuparono di rimettere insieme alla svelta i mac– chinari logori dell'azienda per iniziare subilo la produzione della banda sta– gnata, approfittando del fatto che la Magona si sarebbe venuta a trovare in una posizione di monopolio. Potendo gli industriali imporre il loro prezzo alle ditte consumatrici, la maggior parte appartenenli al set– tore alimentare (Cirio, Arrigoni ecc.), incominciò di fatto la cuccagna: gli azionisti si dividevano lauti profitti, le maestranze percepivano alti salari e le Commissioni interne e il P.C.I. ricevevano finanziamenti per le annua– li feste dell'Unità. Naturalmente l'organizzazione sinda– cale interessata non domandava ai pa– droni, .per la paura di perdere quel piatto di lenticchie, che questi riser– vassero almeno una parte dei loro profitti al necessario rimodernamento degli impianti. Gli industriali non si privavano di una lira per questo: sa– pevano che domani venendosi a tro– vare lo stabilimento in crisi, le or– ganizzazioni sindacali avrebbero chie– sto al Governo i necessari finanzia– menti. Quello che avvenne dopo, tutti lo sanno: altre industrie produttrici di banda stagnata, come i canlieri metal– lurgici di Castollamare, avendo rapi– damente rinnovato gli impianli, poteva– no vendere i loro prodotti a un prezzo pari alla metà di quello della Magona, la quale, legata ai suoi logori macchina– ri, e non potendo far fronte alla con– correnza, ordina.va .alla .direzione lo- NUOVA REPUBBLICA DISCUSSIONI PROGRAMMATICHE UNA CATTIVA POLITICA PER I LAVORA TORI cale di abbandonare lo stabilimento, che veniva occupato dalle maestranze. Quando cominciò a delinearsi questa crisi, le organizzazioni sindacali, come stava nelle previsioni dei padroni, CO· minciarono a proclamare sòoperi chie– dendo al Governo i soldi per i padro– ni. Lo Stato (noi) munifico provvide con quasi tre miliardi. Gli industriali incassarono anche quelli e poi chiu– sero lo stabilimento. Risultato: 2800 operai della Mago– na gettati sul lastrico, altri mille e più operai licenziati dalle ditte venutesi a trovare in crisi per Ja chiusura della Magona; 183 cittadini arrestati e in se– guiro condannati per gli scioperi ed altri, troppi, feriti dalle cariche dell:t polizia. Che cosa avrebbero dovuto fare le organizzazioni sindacali? I guai del tatticismo Evidentemente non collaborare a che I" esoso profitto servisse solo a ingras– sare le già pingui casse degli industria– li, ricevendo per quesla collaborazio– \¼ le briciole di un lauto pasto, ma denunciare la rendita, il soprapprofit– to, derivato da una situazione di mo– nopolio a danno del consumatore. Giunti a questo punto possiamo con– venire, certo, con quei compagni che al recente Convegno di AS hanno affer– mato che per voler giovare alla classe lavoratrice bisogna essere con e nella classe lavoratrice: intendendo dire che la stragrande maggioranza dei lavora– tori italiani ha riposto le proprie spe– ranze nella CGIL. Ma poiché gli epi– sodi qui sopra riportati non sono ri– provevoli errori dovuti a dirigenti lo– cali ma fanno parte di un tatticismo generale consapevolmenle adottato per fini estranei alle rivendicazioni econo– miche della classe lavoratrice italiana, dobbiamo constatare che quesla viene troppe volte tradita nelle sue spe– ranze. Altro esempio: protezione della gra– nicoltura nazionale. Alcuni parlamenta– ri del P.C.I. ed esponenli della CGIL, invocarono, nell'agosto 1953, all'uni– sono con i rappresentanti dei grandi proprietari terrieri, l'aumento del prez– zo di consegna del grano all'ammasso. La protezione della granicollura - è chiaro - non avvantaggia il piccolo coltivatore diretto o il mezzadro, i quali consumano quasi tutto in famiglia il· grano che raccolgono, ma soltanto il lalifondista. Mentre chi paga per que– sta protezione sono gli operai, i brac– cianti, i poveri che spesso si nutrono di solo pane. Quesla protezione inoltre danneggia culture più redditizie per il piccolo coltivatore; ed è notorio che con que– ~f ultimo aumento il grano sul mer– cato nazionale costa il doppio di quello sul mer(ato mondiale. La produttività Passiamo ora ad un altro aspetto del– la politica economico-sindacale, presen– tata dalle organizzazioni sindacali ,~– dicenti «libere», come un toccasana: Ecco come i sindacalisli della UIL e della ClSL definiscono questa po– litica: 1) Limitazione degli scioperi in quanto costosi, « sia per i sacrifici che il loro impiego richiede ai lavoratori sia per il danno indiretto che n,; su– bisce la produzione». 2) Per ottenere l'aumento del sa- Ia[io reale - aumento di salario, di– minuzione dei prezzi - bisognerebbe aumentare la produzione, « produtti~ vità » « che consiste nel migliorar~ i macchinari e il rendimento della mano d"opera. Tutto in un armon~co sforzo di collaborazione Ira il Governo e le forze produttive». Queste le questioni cli fondo, su cui si basa l'azione della CISL e della UIL, Prima obiezione, sciopero: il capita– lista non avrà mai difficoltà, nella pre– sente situa:icione,a procurarsi - come se acquistasse utensili o macchinari nuovi per la sua fabbrica - presso gli affolla– ti uffici del lavoro, gli operai disoccupa– ti che, privi dei mezzi di produzione, si trovano nella necessità di cedere la loro capacità di lavoro al pari di ogni allra merce. Un normale atto di compra ven– dita: il salario diviene il prezzo della merce-lavoro. Lo sciopei-o dunque è un alto di concorrenza che il lilvoratore compie, ponendosi sullo stesso piano di una merce qualunque, in quanto la scarsità di una merce ne aumenta il valore, per concorrere a una più equa ripartizione del profitto. Ogni sl'.iopero recherà necessariamen– te danno alla produzione. L'entusiasmo, le idee politiche e l'opinione pubblica sono elementi secondari che hanno poco · peso, di cµi non occorre tener gran conto essendo lo sciopero un fallo puramente economico. Certamente è ovvio che la que– stione sciopero non può esaurirsi nelle brevi note qui sopra esposte. Questo è un complesso problema e andrebbero esaminati anche i casi in cui lo scio– però non si deve fare, poiché si risol– verebbe a vantaggio dei padroni; e co– me lo sc;opero non deve essere attuato, esonerando, per esempio, determin,we categorie di lavoratori perché ciò· com– porlerebbe danno alla produzione. À me bastava dimostrare che lo scio– pero è una assoluta necessità per la classe lavoratrice, un fattore a cui il lavoratore non può assolutamente ri– nunciare, nlentre una politica econo– mica di produttività è in antitesi fon lo sciopero. Seconda obiezione, produttività: que– sta politica, ripeto, è fondata su di un equivoco e inoltre, per la sua riuscita, si presuppone che venga at– tuata da un organismo sindacale che abbia la massima sensibilità degli inte– ressi della sola classe lavoratrice, da un organismo forte, autonomo e non le– gato alla politica governativa. Queste caratteristiche non distinguono la UIL e la CISL. Un caro compagno, membro, quale rappresentante della UIL, di una com– missione interna di fabbrica, cui fa– cevo osservare la beffa dell"aum~nto salariale concesso (conglobamento), vi– ziato per altro da una serie di for– mule e formulette che ancor non ne consentono !"applicazione, mi rispon– deva che non era tanto l'aumento con– cesso quanto il trionfo di un principio. Sbagliava. Le organitzazioni sindacali che anrano definirsi democratiche non hanno da proporre più alcun principio, poiché hanno già finito di rappresen– tare gli interessi dei lavorarori. Ciò anche in virtù della proclamata poli– tica di « produttività » se è vero, come è vero, che le esigenze fondamentali del capitalismo si possono sintetizzare nei termini seguenti : progressivo aumento di produzione, minor costo di produ– zione, maggior vendita del prodotto per co11seg11i.-e il 1/t(IJJimoprofitto. In fatti il Comitato Nazionale del– la produttività - che è una organiz– zazione padronale - d"intesa con la OECE, ha organizzato dei corsi per di– rigenti di azienda i,; varie città d'Ita– lia. In questi corsi •verrà mostrato a1 dirigenti quali sono i vantaggi della produttività in varie lezioni sul tip,, di queste: 1) Previsioni di vendita: elementi fondamentali da prendere in esame per fare dei razionali preventivi di vendita, studio dei mercati e dei prezzi, flut– tuazioni stagionali ecc.. 2) Stesura dei piani di produzione legame fra previsioni di vendita e programmi di produzione .... Un sindacatounitario Secondo quanto ho potuto leggere sull'organo dei dirigenti cli azienda (Realtà, 22 ottobre '54) la produzione induslriale italiana ha raggiunto, ri– spetlo al 1938, l'indice di 175. Dun– que le induSlrie italiane producono il 75% in più di quanto producessero nel 1938. Ciò è avvenuto principal– mente per il potenziamento dello sfrut– Jamento delle fonti di energia: da 15 miliardi di Kwh nel 1938 l'indu– stria elettrica è giunla nel 1954 a 36 miliardi, e la produzione del metano da 27 milioni di metri cubi è passata nel 1954 a 3 miliardi. Dunque la produzione industriale italiana è au– mentata del 75% ed è a11111e11tata del 1 pari la disocc11/1azionee l'angoscia del lavorato.-e occupato. Eppure la CISL e la UIL si sono fatte bandi1rici di una politica sinda– cale volta a potenziare il capitale pri– vato investito nelle aziende. Oggi la politica sindacale della UIL si può definire di collaborazione e in ciò la UIL non si differisce dalle or– ganizzazioni cattoliche. Queste prose– guono su di una strada che fatalmente porterebbe a questa conclusione: quan– do le orgtmizzazioni sindacali, padro– nali e governative, avessero raggiun– to la punta estrema della loro colla– borazione, dovrebbero far causa comu– ne per la « produttività massima», spianando la slrada ai monopoli. Jn questa gara per la produttività il linguaggio delle organizzazioni sin– <lacali in esame si confonde con quello flautato e dolcissimo delle organizza– zioni padronali: laylorismo all'interno delle aziende, un abbraccio fraterno fra dirigenti e operai compiuto come un rito sull'altare della Dea Produzio– ne, naluralmente se gli operai pro– durranno 1000 in luogo di 500. Non vi è assolutamente differenza di linguaggio, l'ipocrisia sovrasta ogni cosa: è possibile che questi « sinda– calisti » siano tanto ingenui da non capire che ciò che va benone per i padroni non può andar bene, evidenie– mente, alla stessa maniera per gli operai e i consumatori? In breve. la lotta dei lavoratori do– vrebbe avere come fine ultimo il pie– gare alle necessità popolari le leggi che regolano la produzione e far stru– mento di quesla lotta un organismo che abbia la massima sensibilità degli 1nteressi della sola classe lavoratrice: i sindacati. Vogliamo dire un sindacato forte, autonomo, unitario, consapevole che questa sua potenza proviene da milioni di lavoratori dagli interessi comun: inequivocabili, di classe. PIETRO BIANCONI

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