Nuova Repubblica - anno II - n. 23 - 10 dicembre 1954

NUOVA REPUBBLICA 15 ;-tor1:1t nel· fflondo SICVREZZA e cause d'insicurezza L A nota con la quale, il 13 no– vembre scorso, il governo sovie– tico invitava ventitré paesi eu– ropei e gli Stati Uniti d'America a partecipare, a Mosca, ad una Confe– renza per l'esame del problema della creazione di un sistema di sicurezza collettiva in Europa, conteneva questa affermazione assai significativa: « La creazione in Europa di un sistema effettivo di sicurezza collettiva fonda– to sui rapporti comuni di tutti gli Stati europei faciliterebbe pure la so– luzione del problema tedesco ». L'o– stacolo principale alla ricostituzione dell'unità tedesca, proseguiva la nota sovietica, sarebbe costituito « dal pia– no mirante a trasformare la Germa– nia occidentale in uno stato militari– sta e ad includerla nei gruppi militari aggressivi ». t esatto che la creazione di un si– stema di sicurezza collettiva in Europa faciliterebbe la soluzione del problema tedesco? O non è vero invece l'in– verso? Non è vero, infatti, che la mancata soluzione del problema te– desco alla fine della seconda guerra mondiale e negli anni da allora tra– scorsi costituisce l'indice della tensio– ne fra i due blocchi e la causa prin– cipale della mancanza di sicurezza in Europa? La tesi sovietica, tenden– te ad anteporre il problema dei rap– porti di forza tra i due blocchi e quello della loro convivenza al pro– blema dell'unità tedesca non lascia forse gravare sulla prima serie di pro– blemi un'ipoteca che destina al falli– mento in partenza ogni negoziato sul– la sicurezza in Europa e nel mondo? Com'è possibile, infatti, sentirsi « si– curi », da una parte e dall'altra del– la « cortina di ferro», finché una na– zione che dal 1870 ha avuto un peso decisivo nella determinazione dell'e– quilibrio europeo si trovi divisa arti– ficialmente in due parti disuguali, con due governi antagonistici, ognuno dei quali è sorretto da uno dei due bloc– chi di potenze, e finché questa nazio– ne non abbia riassunto la struttura di uno Stato unitario, indipendente e sovrano, con frontiere accettate dai suoi organi rappresentativi e dalle potenze con le quali è ancora for– malr11cntein uno stato di guerra, so– speso solo da accordi di armistizio? Come è possibile, d'altra parte, il– ludersi di avere raggiunto un accor– do sulla sicurezza sottoscritto da tutti i governi europei e da quello degli Stati Uniti d'Ame.rica, quando man– chi a quest'accordo la firma di un governo pan-tedesco, ossia di un go– verno unitario di quel paese che ha scatenato la seconda guerra mondia: le, per la buona ragione che quel go– verno unitario tedesco non esiste e che nessun artificio diplomatico riu– scirà a trasformare due Stati tedeschi in uno Stato unificato e due governi iedeschi in un solo governo ·unificato? La situazione esistente tuttora in Germania è una situazione di guerra civile potenziale, di guerra civile pre– parata con metodi moderni, da grup– pi politici avversi trincerati ognuno in un territorio ben delimitato, aiuta– ti ed armati ognuno da due blocchi precisi di potenze mondiali, e finché questa situazione di guerra civile po– tenziale al centro dell'Europa non sarà stata risolta essa costituirà una situazione di guerra internazionale potenziale che nessun patto di sicu- . rezza sarà in grado di allontanare. Si può in un certo senso affermare, rovesciando il celebre aforisma di Lenin, che esistono oggi in Gerrva– nia le condizioni per la trasformazio– ne di una guerra civile reazionaria, fra due nazionalismi di colore diver– so, in una guerra internazionale im– perialistica. Finché non si sia tolta ai nazionalisti tedeschi di ogni tinta, dell'una o dell'altra Germania, questa arma che può di nuovo incendiare il mondo, essi saranno indotti ad aiz– zare i motivi imperialistici che sussi– stono nell'uno come nell'altro blocco per impedire l'intesa fra le loro cor- b 1oteca Gin renti pacifiche, che esistono anch'esse nell'uno come nell'altro blocco. La mossa sovietica, tendente ad indire una conferenza europea per la conclusione di un patto di sicurezza tra· i due blocchi, onde impedire la ratifica degli accordi di Londra e cli Parigi, che permetterebbero alla Ger– mania occidentale di iniziare il suo riarmo, di addèstrare un esercito na• zionale di mezzo milione di uomini e di procacciarsi, con la connivenza anche di una sola delle potenze fir– matarie (data questa falla, denun– ciata dai laburisti, negli accordi fra le nove potenze), un armamento ato– mico; non ha dunque avuto successo perché, ancora una volta, l'URSS, pur di non compromettere una solu– zione a I.ci favorevole del problema tedesco in avvenire, non ha avuto il coraggio di affrontare questo proble– ma nel presente e ha preferito pro– porre di risolvere il problema for– male della sicurezza anziché quello sostanziale della eliminazione delle cause d'insicurezza. L'invito sovietico è stato natural– mente respinto da tutte le potenze occidentali, senza eccezione, compre– sa la Iugoslavia (che pure si è sem– pre preoccupata pii, delle altre di un riavvicinamento fra i due blocchi, dal quale dipende in sommo grado la sua propria sicurezza, come nazione in– dipendente da ognuno dei due bloc– chi, nonchè la sua stabilità interna), permettendo loro di porre legittima– mente le due condizioni pregiudiziali della firma del trattato di Stato au– striaco e della conclusione di un pri– mo accordo sul problema delle ele– zioni libere in Germania. La conferenza di Mosca si è ugual– .mente riunita elaborando, a conclu– sione dei suoi lavori, un lungo docu– mento che contiene due novità non prive di importanza. La prima, mes– sa in rilievo da Le Mo11de, è costi– tuita dalla moderazione del tono e della sostanza di questo documento finale, che si accontenta di preannun– ciare la conclusione di un'alleanza orientale, simile a quella occidentale, in caso di ratifica degli accordi co– stitutivi dell'Unione europea occi– dentale, senza però passare ancora agli atti. Può darsi che l'accenno di Mendès-France a questa possibilità, senza dimostrare eccessiva preoccupa– zione, nel suo discorso ali' Assemblea Generale dell'ONU, abbia contribui– to a smorzare quello che altrimenti avrebbe potuto esservi di aggressivo in una simile minaccia. Vi è comun– que una notevole differenza fra il tono con il quale, prima della Con– ferenza di Mosca, le Izvestia, ave– vano mipacciato una cosa del genere, e quello del documento finale di Mo– sca. Può anche darsi che le altre na– zioni orientali abbiano fatto sentire il loro peso, ora che la politica della distensione interna, nelle varie de– mocrazie popolari, è in pieno svi– luppo. Ma la novità più importante è co– stituita dalla presa di posizione delle « otto» potenze orientali riunite a Mosca sul problema tedesco : « t an– zitutto indispensabile - dice la loro dichiarazione comune - rinunciare alla rimilitarizzazione della Germania occidentale e alla sua inclusione nei blocchi militari e concludere un ac– cordo per l'organizzazione nel 1955 di elezioni generali libere in tutta la Germania onde costituire su questa base un governo tedesco unico, rap- · presentante una Germania unificata, democratica e pacifica ». Se queste parole vogliono dire quel– lo che sembrano, si sta profilando an– che nel blocco orientale la possibilità di ljderire ad una tesi democratica per quello che riguarda la soluzione del problema tedesco. Ci siamo spes– so rammaricati che l'URSS favorisse una soluzione « pateracchio » del pro– blema tedesco, quale quella sostenuta in tutte le conferenze internazionali, compresa l'ultima, tenuta a Berlino, un anno fa, grazie alla quale l'unità tedesca, invece di emanare dal libe– ro voto della nazione tedesca, sareb– be imposta dall'alto, secondo il .me– todo del diktat, mediante la costitu– zione, pregiudiziale alle elezioni, di an un governo di compromesso concor– dato fra i due blocchi stranieri, com– prendente rappresentanti del governo di Bonn e di quello di Pankow. Un governo simile comprenderebbe con– servatori adcnaueriani e cominformi– sti della SED, escludençlo o ammet– tendo solo per la porta di servizio l'unica forza stabilizzatrice tedesca, i socialdemocratici, che in una Cer– lnania unificata e libera saranno qua– si certamente il partito di gran lun– ga più forte di tutti. - Si tratta di un'apertura notevole, se le potènze orientali sono disposte a fare seguire gli atti alle parole. Sotto questo pmfilo va giudicato il problema sul quale si discute affan– nosamente da qualche settimana in Europa occidentale: - Ratificare gli accordi di Londra e di Parigi · prima di un incontro a quattro o ra- tificare dopo? Ratificare incondizio– natamente oppure con una condìzio– ne risolutoria? Trattare con i russi prima di aver messo in esecuzione gli accordi di Londra e di Parigi o dopo avere iniziato ad edificare l'U– nione europea occidentale? .Questi quesiti hanno determinato una serie di posizioni graduate, nel quadro delle quali, naturalmente, non · hanno trovato posto né i cedisti no– stalgici, che sperano ancora, grazie ad una mancata ratifica di quegli ac– cordi, di riuscire a promuovere una risurrezione della CED, né i comin– formisti pili o meno ortodossi, gene– ralmente in ritardo di una mossa sul– le stesse· iniziative sovietiche. Si hanno cosl i sostenitori cli una ratifica im– mediata, che prescinda completamen– te da una possibilità di tenere le por– te aperte al dialogo con l'Oriente: è la posizione di alcuni ambienti ame– ricani, ma non si può neppure più affermare che questa sia la posiziono, ufficiale americana, improntata ad uno spirito più moderato e concilia– tivo. Vi sono poi coloro che invocano la ratilìca immediata cercando fin d'ora di fissare una data precisa per un incontro a quattro: è la posizione di Mendès-France sostenuta con ri– serve da Eden, che non vorrebbe im– pegnarsi tassativamente sulla data, forse perché preferirebbe prima di un incontro a quattro rifare le ele– zioni in Inghilterra. Vi sono in terzo luogo quelli che, - come Maurice Duverger, su Le Mo11de, interpre– tando la posizione di molti amici di Mendès-France, - propugnano una ratifica condizionata, subordinando l'inizio del riarmo tedesco al falli– mento di una trattativa con Mosca, onde far cadere le prevenzioni susci– tate a Mosca dalla formazione del– l'U.E.O. Vi sono infine quelli che vorrebbero anteporre la trattativa con Mosca ad ogni ratifica, essendo in gran parte contrari in qualunque ca– so ad un riarmo tedesco. L'apertura contenuta nella dichia– razione delle otto potenze riunite a Mosca offre forse la possibilità di su– perare il dilemma della ratifica. Lo stesso Duverger, che pure è un av– versario dichiarato del riarmo tede– sco, ammetteva che se i russi rifiuta– ·no in definitiva di mercanteggiare sull'alternativa « riarmo o riunifica– zione :o della Germania, è ineluttabile l'integrazione militare, in un modo o nell'altro, della Germania di Bonn nel blocco militare, occidentale, men– tre essi accetterebbero d'iniziare « le grand marchandage », il grande ba– ratto, solo trovandosi con le spalle al muro. « Rifiutare la ratifica de- -gli accordi di Parigi, diceva anzi, si– gnifica aprire loro una nuova scap– patoia». Ma, senza sospendere la procedu– ra di ratifica in corso, è possibile, prima che la ratifica sia diventata un fatto compiuto, chiedere ai russi di precisare la portata di quel pe– riodo della Dichiarazione di Mosca che abbiamo riportato. Se i russi ri– spondono nero su bianco che quelle parole significano che essi sono or– mai disposti ad accettare libere ele– zioni in Germania, garantite dal– l'ONU, dalle quali, secondo i prin– cipi democratici, emanerà un gover– no democratico di tutta la Germania, anche escludente, se sono minoran– za, i comunisti, può essere indetta senza indugi una vera Conferenza della Pace, che si chiuderà solo dopo che il governo tedesco uscito da quelle elezioni abbia potuto man– dare i suoi rappresentanti a nego– ziare il trattato di pace che pone anche formalmente fine alla secon– da guerra mondiale tra lo Stato te– desco e le Nazioni Unite. l'AOLO VIHORELl,J ~ e CLbCb/ZCb C uocH1 o prestigiatori? No11 sappiamo. Certo il 11uovo progetto elettorale forgiato . dal governo Scelba-Sara.gat somi– glia molto ad u11 bel pasticcio di lasag11e verdi e nello steso tempo può paragonarsi ad un rospo de11tro u11 cappello a cili11dro, ma le lasagne sono stracotte e il rospo è velenoso. Forse Scelba ha fatto il cuoco e Saragat il prestigiatore; gli altri ministri so– no serviti da contorno (bescia– mella, fegatini, burro, spinaci: ma11ca solta11to il sugo). Assistem– mo un'altra volta ad un elevato gioco di alchimia e dobbiamo ri– conoscere che il manovratore di allora era di ben altra classe; ep– pure la tanta accarezzata legge del 7 giugno finì come fi11ì, la– sciandoci pieni di fierezza per es– sere stati proprio noi il solve11te inca/colato ma presente che fece bollire la tanto meditata combina– zione chimica: quel giorno dal– l'alambicco democristiano invece dell'oro uscì cenere. Gli alchimisti di oggi sono più modesti ma cercano di far ~soro dell'esperienza passata., eliminan– do U11ità Popolare, l'eleme11to in– comodo. Chi avrebbe creduto che proprio noi, i centoottantamila del 1953, fossimo gli oggetti di così accurata attenzione? Do– vremmo esserne fieri, come i tre– cento di Leo11ida e proclamare sull'urna funeraria che gli « ami– ci » del governo ci voglio110 pre– parare: « la 11ostra tomba è un'ara». Ma non ripeteremo que– sti nobili auto-epicedi, prima di tutto perché co11fidiamo che, al posto 11ostro, nelle sacre arche fi– niranno i nostri avversari (meta– foricamente s'intende: saremmo felicissimi di ·vedere Saragat cen– tenario, con un solo dente, rac– contare ai suoi bisnipoti com.e, verso il 1955, avesse compreso che la politica 11011era il suo forte e si fosse, accordamente, tra– sformato i11 coltivatore diretto)" poi perché, malgrado tutto, 11011 riusciamo a stimare il nuovo con– geg116 elettorale una cosa seria. Serio casomai è l'atteggiamen– to dei minori. Ricordiamo perfet– tamente l'allocuzio11e saragattia– na i11cui si alludeva al « destino cinico baro» e l'autocritica di tipo moscovita (a11che.se addol– cita dall'umanesimo goetiano che nel Nostro fa sempre capolino) con la quale Giuseppe S. si battl l'ampio petto, confessando che tutto sommato il sette giug110 ave– va commesso un sacco di corbel– lerie. Ricordiamo anche la sua ferrea volontà di propugnare per la prossima uolta la proporzio11a– le purissima senza surrogati. Poi il ferro si piegò al primo calore ministeriale, Saragat divenne vice– presidente del Consiglio, e la 11uova legge accettata dal « lea– der» dei minori, apparve iden– tica agli altri polpetto11i del '46 e del '4·8 co11 u11 bel premio di maggiora11za per i partiti più grossi e una conseguente morti/i• cazio11e dei partiti più piccoli. Eppure i minori sono r.imasti sod– disfattissimi della nuova legge elettorale co11 la quale sara11110 proprio loro a fare le spese dei guadag11i altrui. D.C. e social– conu,nisti sono i beneficiari mag– giori, le destre nero-azzurre fa– ranno lista comune e raccoglie– ran110 ossa 11011del tut.to spolpa– te: i nostri « amici » serviranno i11 tavola, ma al ba11chetto degli altri rimarra11no loro soltanto le solite briciole da spartirsi con la famelica i11gordigia dei valletti . Il « premio di maggiora11za » dei 11ostri « amici» è costituito da quella cristiana disposizio11e per la quale chi 110n ha deputati i11 parlamento (cioè U.P.) 11011 potrà partecipare al collegio unico na– zio11ale (supposto (SSere il refu– gium dei ca11didati di U.P.) se non raggiungerà almeno cinque– centom.ila voti (che, si augurano, U.P. 11011raccoglierà). U11 par– tito republica110-storico-catastale o u11 partito liberale-qualsiasi po– tran110 sempre contare sulla fa11- f ara di Pacciardi o sulla cornetta di Mala godi perché queste « for– ze » politiche non. hanno bisogno del quorum di cinquece11tomila voti per essere rapprese11tate a Montecitorio. Chi scrive queste 11ote previde prima del sett~ giug110 il falli– niento dei m.aggioritari e non sbagliò. Oggi gli sia co11se11tita u11'altra previsione. Alle prossime: elezio11i politiche del '58 (11011 prima perché gli «amici» hanno una gran paura e cercheranuo di prolungare il più possibile la du– rata dell'attuale legislatura) U11ità Popolare raccoglierà u11 milione di voti con grave 1nortificazione dei citati « amici». Quando pa~– seggeremo per le vie di Roma co11 l'aurea medaglietta di depu– t.ati al collo, in fro11te, all'occhiel– lo - comunque bene in vista - udiremo levarsi dai caffè di . via Veneto i lpgni melanconici degli attuali ministri commehioranti i giorni felici nei quali sedevano al parlamento e gli eve11ti di ·cui fu– ro110 protago11isti. Ci allonta11ere– mo giulivi mentre l'eco ci farà udire per l'ultima volta la voce metallica di Giuseppe S., sonora com.e sempre: « Capocotta non è Caporetto », urlerà quel Grande. Amen. PAOLOP.lVùLL"I 5

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